La norma di un vettore cambia?

Giuseppino2
Ma la norma di un vettore è un valore fisso oppure può variare, per uno stesso vettore, al variare della base?
Fino a qualche minuto fa ero certo che la norma, in quanto coincidente col modulo del vettore, fosse fissa, non variasse cambiando base. Poi pensandoci bene, la norma è data dalla radice quadrata della somma dei quadrati delle coordinate del vettore rispetto alla base (di solito quella canonica), ma se cambio base, cambiano anche le coordinate del vettore quindi dovrebbe variare anche norma?
Dunque il modulo del vettore è una grandezza fissa, mentre la norma varia al variare della base rispetto alla quale trovo le coordinate del vettore. Dove sto sbagliando??

Risposte
dissonance
Stai sbagliando quando dici che la norma (al quadrato) di un vettore è la somma delle coordinate al quadrato. Questo vale solo se hai scelto una base ortonormale.

michele.assirelli
Se non ricordo male effettivamente la norma può cambiare al cambiare della base, è giusto dissonance?

dissonance
No, ma non è che "la norma cambia". La norma di $vec v$ è pari a \(\|\vec v\|^2=\vec v\cdot \vec v\), dove il puntino indica il prodotto scalare. Questa è la definizione e non abbiamo mai usato nessuna base, quindi la norma non dipende dalla scelta di una base. Ora se sviluppiamo $vec v$ in coordinate rispetto alla base $vec e_1\ldots vec e_n$, otteniamo
\[
\vec v\cdot \vec v = (v_1 \vec e_1 +\ldots + v_n \vec e_n)\cdot (v_1 \vec e_1 +\ldots + v_n \vec e_n)=\sum_{i,j} v_iv_j \vec e_i\cdot \vec e_j.\]
Solo se la base è ortonormale, il che significa \[\vec e_i \cdot \vec e_j=\begin{cases} 1, & i=j \\ 0, & \text{altrimenti}\end{cases}\]troviamo che $\vec v\cdot \vec v = \sum_{i=1}^n v_i^2$.

Giuseppino2
Credo tu stia sbagliando, la norma è la radice quadrata di quello che tu hai scritto

Giuseppino2

Magma1
"Giuseppino":
Credo tu stia sbagliando, la norma è la radice quadrata di quello che tu hai scritto

Ha sviluppato il ragionamento considerando la norma al quadrato: $|| v|| ^2$ :idea:

Emar1
@dissonance: Però nel caso delle norme \(p \not = 2\), che non sono indotte da prodotto scalare, non esiste una definizione astratta se non quella in coordinate (che io sappia). In questo caso la domanda è più interessante...

Ad esempio nel caso di spazi funzionali è possibile un definizione che astrae le coordinate come \(\|f\| = (\int |f|^p)^{1/p}\), ma in uno spazio vettoriale $V$ generico no...
Per poter definire una norma tramite coordinate è necessaria una base e quindi ha senso chiedersi: la norma varia al variare della base?

Poi nel caso di $RR^n$ il tutto si confonde perché i vettori sono già ennuple...

Non ci avevo mai pensato più di tanto. Che dici?

vict85
La norma è una struttura aggiuntiva che puoi definire su uno spazio vettoriale. Il cambio di base non cambia nulla dello spazio, compresa la norma.
Se cambi la base cambia l'espressione della norma in coordinate, non la norma.

dissonance
@vict: credo che la domanda di Emar sia se si può dare una definizione di norma $p$ su $\mathbb{R}^n$ che sia intrinseca, ossia in cui le coordinate non appaiono mai. La mia risposta è che, volendo, si può fare: se uno definisce una applicazione
\[
\mathcal{D}_p(u)=\left( |u_1|^{p-1}\text{signum}(u_1),\,\ldots\, ,|u_n|^{p-1}\text{signum}(u_n) \right), \]
(dove "D" sta per "dualità", riferito a questa nozione di dualità) e usa la notazione \(\langle\cdot, \cdot\rangle\) per il prodotto scalare usuale, allora ecco la definizione di norma $p$:
\[
\langle \mathcal{D}_p(u), u\rangle = \| u\|_p^p.\](La funzione signum è quella che vale $+1$ o $-1$ a seconda del suo argomento).

Si potrebbe obiettare che questa costruzione usa le coordinate sia nella definizione di \(\mathcal{D}_p\) sia nella definizione del prodotto scalare usuale. Ma questo succede pure per la norma $2$. Gira e volta, le coordinate ci sono sempre. Poi uno si costruisce sopra una teoria per vederle il meno possibile.

P.S.: Può essere che la geometria di Finsler contenga un punto di vista un po' meno farlocco del mio sulla questione.

vict85
La definizione integrale che ha scritto Emar stesso non usa affatto una base, insomma la definizione di integrale non viene fatta in coordinate.

Per le norme su spazi di dimensione finita l'uso delle coordinate è più comune ed è facile capire perché: sono definizioni semplici e sono molto comode per i calcoli.

dissonance
Ma sono coordinate pure quelle in realtà, vict. Quando scrivi $f(x)$, è come se tu stessi scrivendo $a_j$: è la "coordinata $x$-esima della funzione $f$".

vict85
Ci sono varie cose discutibili nella tua frase:
    [*:3vci986v] Un insieme di funzioni dovrebbe avere come base un sottoinsieme dell'insieme di funzioni considerato;[/*:m:3vci986v]
    [*:3vci986v] Le funzioni \(\displaystyle f_y(x) = \begin{cases} 1 & \text{se } x = y \\ 0 & \text{altrimenti} \end{cases}\) non formano una base delle funzioni da \(\displaystyle \mathbb{R} \) in \(\displaystyle \mathbb{R} \) .[/*:m:3vci986v]
    [*:3vci986v] Il valore di un integrale è indipendente dal valore della funzione in un singolo punto rendendo quindi la tua rappresentazione della funzione totalmente inutile. [/*:m:3vci986v][/list:u:3vci986v]

    [edit] Ho corretto una cosa, ne ho pensata una e scritta un'altra.

Emar1
Stavo per concludere un lungo post esponendo le mie perplessità e mi sono accorto del mio errore. Cancello tutto e riparto :D

Il fatto è che in $RR^n$ il tutto si confonde e mi ero per quasi dimenticato che in $RR^n$ gli elementi sono realmente $n$-uple di numeri, a prescindere dalle coordinate associate ad una base.

Quando scrivo:
\[\|v\| := \left( \sum_i |v^i|^p\right)^{\frac{1}{p}}\]
i $v^i$ non sono le componenti di $v$ rispetto a qualche base, ma è il vettore "astratto" stesso! Poi "casualmente" corrispondono alle componenti nella base ortonormale canonica.

Mi sono capito.

Quella sopra è già una definizione intrinseca a tutti gli effetti dato che siamo in $RR^n$!


"dissonance":
La mia risposta è che, volendo, si può fare: se uno definisce una applicazione
\[
\mathcal{D}_p(u)=\left( |u_1|^{p-1}\text{signum}(u_1),\,\ldots\, ,|u_n|^{p-1}\text{signum}(u_n) \right), \]
(...)

Ho trovato di recente quest'espressione dimostrando che \((\mathbb{R}^n,\| \cdot \|_p)^* \cong ((\mathbb{R}^n), \|\cdot\|_q)\) e \(\) con ($p$ e $q$ coniugati) con cenni al caso $L^p$ (Teorema di Riesz in $L^p$).

Interessante anche la discussione che hai linkato, salvata nei preferiti per quando ritornerò su queste cose :wink:

"dissonance":
Ma sono coordinate pure quelle in realtà, vict. Quando scrivi $ f(x) $, è come se tu stessi scrivendo $ a_j $: è la "coordinata $ x $-esima della funzione $ f $".


Devo dire che non ti seguo neanche io...

dissonance
Non mi sono spiegato. Ovviamente la roba della coordinata $x$-esima non era da intendersi alla lettera! :-) (Anche se in meccanica quantistica è una cosa che si fa, ma questa è una divagazione, tanto per mettersi nella giusta lunghezza d'onda).

Il mio punto di vista è che la formula $\int |f(x)|^p dx$ e la formula $\sum_j |a_j|^p$ sono concettualmente esattamente la stessa cosa: una definizione di norma basata sulla scelta di una particolare rappresentazione del vettore. Che poi la rappresentazione sia "canonica" o meno, poco cambia, a mio avviso. Infatti, tanto canonica non è: si definiscono un sacco di norme su spazi di funzioni basate sulla trasformata di Fourier, ossia, partendo da una diversa rappresentazione dei vettori.

E' nel solco di questo punto di vista, affermo che la definizione di norma $2$ su $RR^n$ in termini di prodotto scalare, o di norma $p$ in termini di questa "applicazione di dualità" che ho introdotto nel post precedente, sono solo apparentemente delle definizioni indipendenti dalle coordinate, intese ancora una volta nel senso generico di "scelta di una particolare rappresentazione dei vettori".

bosmer-votailprof
Molto interessante il discorso, ma secondo me il problema è più semplice se visto da un altro punto di vista.
Allora la norma di un vettore in uno spazio euclideo normato cambia sì, cambiando sistema di rifermento, per una ragione secondo me molto semplice, perché ad esempio posso applicare una trasformazione galileiana al sistema, per ad esempio traslare l'origine. Poiché la norma di un vettore in uno spazio vettoriale non è una proprietà intrinseca del vettore ma dipende dallo spazio vettoriale, per il semplice fatto che rappresenta la distanza fra il vettore e l'origine, allora alterando lo spazio si altera anche la distanza, perché sto spostando un punto, o sto "cambiando la scala".

Se invece ci stiamo chiedendo "ma la lunghezza di un vettore non è una sua proprietà intrinseca?" anche qui la risposta è si ma va vista nell'ambiente corretto, ad esempio se prendiamo lo spazio affine $\A^2$ che ha come spazio tangente lo spazio euclideo $\E^2$ allora in tale ambito posso definire delle operazioni che convertono punti in vettori e che danno la distanza fra punti che coincide con la lunghezza del vettore che congiunge i punti, che è indipendente dalla base (anche perché non la posso fissare in $A^2$ ) tale operazione è riconducibile alla norma della differenza fra due vettori, perciò la norma di un vettore cambia se cambio il mio sistema di riferimento, ma la norma della differenza fra due vettori no.

Spero di non aver detto castronerie...

vict85
"dissonance":
Non mi sono spiegato. Ovviamente la roba della coordinata $x$-esima non era da intendersi alla lettera! :-) (Anche se in meccanica quantistica è una cosa che si fa, ma questa è una divagazione, tanto per mettersi nella giusta lunghezza d'onda).


Capita di usare questo "punto di vista" delle funzioni anche in matematica, ma non si tratta di una base vettoriale. Tra l'altro un insieme di funzioni potrebbe essere di dimensione finita oppure numerabile (per esempio l'insieme dei polinomi) e/o non possedere come elementi le funzioni che ho definito prima (come accade per le funzioni continue o le funzioni periodiche).

"dissonance":
Il mio punto di vista è che la formula $\int |f(x)|^p dx$ e la formula $\sum_j |a_j|^p$ sono concettualmente esattamente la stessa cosa: una definizione di norma basata sulla scelta di una particolare rappresentazione del vettore. Che poi la rappresentazione sia "canonica" o meno, poco cambia, a mio avviso. Infatti, tanto canonica non è: si definiscono un sacco di norme su spazi di funzioni basate sulla trasformata di Fourier, ossia, partendo da una diversa rappresentazione dei vettori.


Nota che le successioni \(\displaystyle e_i^j = \begin{cases}1 & \text{se } i=j \\ 0 & \text{altrimenti}\end{cases} \) non generano lo spazio \(\displaystyle \ell^p \) (seppur ho visto in teoria dei segnali delle definizioni di basi fatte apposta per permetterlo[nota]La cosa non è banalissima perché le somme infinite possono dare sorprese.[/nota]). Nel caso delle funzioni continue invece non è sufficiente neanche permettere somme numerabili.
Insomma entrambi possono essere viste come sorte di generalizzazioni delle definizioni in coordinate sugli spazi finiti ma non lo sono davvero.

"dissonance":
E' nel solco di questo punto di vista, affermo che la definizione di norma $2$ su $RR^n$ in termini di prodotto scalare, o di norma $p$ in termini di questa "applicazione di dualità" che ho introdotto nel post precedente, sono solo apparentemente delle definizioni indipendenti dalle coordinate, intese ancora una volta nel senso generico di "scelta di una particolare rappresentazione dei vettori".


In uno spazio vettoriale coordinate significa "scelta di una base", altrimenti è ovvio che non è possibile definire una norma senza avere una qualche rappresentazione del vettore (sia essa dipendente dalla teoria degli spazi vettoriali o intrinseca dell'insieme considerato).

vict85
"Bossmer":
Molto interessante il discorso, ma secondo me il problema è più semplice se visto da un altro punto di vista.


Come ho già detto, la norma non cambia sotto alcun punto di vista, a meno di cambiarla volutamente.

"Bossmer":
Allora la norma di un vettore in uno spazio euclideo normato cambia sì, cambiando sistema di rifermento, per una ragione secondo me molto semplice, perché ad esempio posso applicare una trasformazione galileiana al sistema, per ad esempio traslare l'origine.


Spazio vettoriale e spazio affine non sono la stessa cosa. Su uno spazio vettoriale non puoi traslare l'origine. Detto questo la lunghezza dei vettori applicati su uno spazio affine non cambia con la traslazione dell'origine.

"Bossmer":
Poiché la norma di un vettore in uno spazio vettoriale non è una proprietà intrinseca del vettore ma dipende dallo spazio vettoriale, per il semplice fatto che rappresenta la distanza fra il vettore e l'origine, allora alterando lo spazio si altera anche la distanza, perché sto spostando un punto, o sto "cambiando la scala".


La norma di vettore in uno spazio normato fissato è una proprietà intrinseca del vettore, ovvero non cambia. Ma tu stai confondendo spazi affini con spazi vettoriali. Ovviamente la distanza tra un punto dello spazio e l'origine cambia con il cambio dell'origine ma non cambia la norma dello spazio vettoriale associato (la norma è attaccata allo spazio vettoriale e non allo spazio affine), di fatto cambia il vettore che stai considerando.

"Bossmer":
Se invece ci stiamo chiedendo "ma la lunghezza di un vettore non è una sua proprietà intrinseca?" anche qui la risposta è si ma va vista nell'ambiente corretto, ad esempio se prendiamo lo spazio affine $\A^2$ che ha come spazio tangente lo spazio euclideo $\E^2$ allora in tale ambito posso definire delle operazioni che convertono punti in vettori e che danno la distanza fra punti che coincide con la lunghezza del vettore che congiunge i punti, che è indipendente dalla base (anche perché non la posso fissare in $A^2$ ) tale operazione è riconducibile alla norma della differenza fra due vettori, perciò la norma di un vettore cambia se cambio il mio sistema di riferimento, ma la norma della differenza fra due vettori no.

Spero di non aver detto castronerie...


Qui non ho proprio capito che intendi: il discorso lo trovo troppo confuso.

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