Il significato dell'aggettivo "canonico" in geometria

pier.paolo15
Salve a tutti, vi sottopongo una questione che mi accompagna fin dall'inizio dei miei studi universitari :P Spesso, in geometria ma anche altrove, compare l'aggettivo "canonico" per descrivere delle applicazioni. Per quanto ho capito, questo può avere due significati. Il primo è "naturale", "ovvio"; tale è ad esempio l'epimorfismo canonico tra una struttura algebrica e un suo quoziente, e su questo c'è poco da dire. Il secondo è "indipendente da scelte". In quest'accezione, l'aggettivo si trova specialmente quando si studiano strutture algebriche "libere" (io ho incontrato moduli liberi, semigruppi liberi e ovviamente spazi vettoriali, magari con strutture aggiuntive), o strutture geometriche basate su di esse (ad esempio gli spazi affini). E' noto che un'applicazione definita su una base si estende in modo unico a un omomorfismo definito su tutto l'ambiente; tuttavia, un'applicazione definita in questo modo non è "canonica", mentre lo è una che non si serve della scelta di una base. Accenno solo al fatto che l'aggettivo si trova anche in altri contesti: ad esempio, se $X$ è uno spazio topologico connesso per archi, $x, y \in X$, i gruppi fondamentali di $X$ con punti base $x$ e $y$ sono isomorfi, ma l'isomorfismo solitamente costruito non è "canonico", in quanto dipende dalla scelta di un cammino da $x$ a $y$.

Ora, i miei dubbi sono i seguenti:

1) Ho letto da qualche parte che è possibile formalizzare questa proprietà mediante la teoria delle categorie. Come si fa?

2) Questa domanda è direttamente collegata alla prima. Seguendo il discorso precedente, si può subito riconoscere un omomorfismo canonico e uno non canonico. Ma, quando l'omomorfismo (l'isomorfismo, di solito) esibito è non canonico, come si potrebbe provare che non ne esistono di canonici? E' chiaro che, fin quando non si formalizza una definizione, nessuna prova formale può essere data; tuttavia già dal primo anno gli studenti di matematica sentono frasi del tipo "lo spazio duale di uno spazio vettoriale $V$ di dimensione finita è isomorfo a $V$, ma non canonicamente", che restano, appunto, nozioni solo intuitive e dalla dubbia utilità.

3) Questa è più pratica. Cosa ci permette di fare un isomorfismo canonico, rispetto a uno non canonico? Ci sono delle costruzioni possibili solo in un caso? Ho letto che, in geometria differenziale, è possibile identificare canonicamente gli spazi tangenti a una varietà solo in alcuni casi, mentre è possibile sempre costruire degli isomorfismi scegliendo delle basi: cosa succede quando esistono isomorfismi canonici?

Spero di essere stato chiaro e sufficientemente preciso...grazie a tutti!

Risposte
killing_buddha
Canonico è sinonimo di "naturale" in teoria delle categorie; e naturale significa che esiste una trasformazione naturale tra due opportuni funtori.

La ragione per cui hai incontrato molto spesso delle trasformazioni naturali è che esse sono un po' ovunque (opposte a quelle non naturali, che non sono interessanti e che dunque si tende a dimenticare: è una meta-regola piuttosto comune della pratica matematica). Sostanzialmente, la ragione per cui famiglie abbastanza vaste di corrispondenze sono trasformazioni naturali è che esse si possono (de)scrivere come le unità o counità di opportune coppie di funtori aggiunti. Tutte le costruzioni fatte in Algebra elementare che coinvolgono una struttura libera (magmi, semigruppi, monoidi, gruppi, R-moduli, algebre su un anello...) si costruiscono così: la "mappa canonica" che immerge un insieme nella struttura libera su quell'insieme è l'unità di una aggiunzione \(F\dashv U \colon \textbf{Cosi}\leftrightarrows \textbf{Set}\).

Il problema di mostrare che non esistono trasformazioni naturali tra due funtori dati non ha una soluzione generale, che io sappia: se \(\textbf{Hot}\) è la categoria dell'omotopia degli spazi topologici non si può, ad esempio, trovare una trasformazione naturale \(1_{\textbf{Hot}} \Rightarrow 1_{\textbf{Hot}}\) diversa dall'identità, ma questo è un risultato abbastanza inaspettato (click).

Un isomorfismo canonico, o in generale una trasformazione naturale, ci permettono infine di fare... tutto quello che è possibile fare con una trasformazione naturale, ovvero variare "coerentemente" la forma della tua corrispondenza $FX \to GX$ al variare dei morfismi $f : X\to Y$.

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