Forme bilineari ed ortogonalità rispetto ad essa

matemos
Buonasera,

sento la necessità di aprire questa discussione non molto formale, per la verità, perché non riesco intuitivamente a figurarmi un concetto.
Ho studiato la forma bilineare questo pomeriggio e come da essa sia possibile slegare l'ortogonalità dal concetto di angolo e, anzi, a passo di gambero definire (in una intuizione geometrica dello spazio in cui definisco quella forma bilineare) tramite Cauchy-Schwarz addirittura l'angolo partendo dal "prodotto vettoriale" (uso impropriamente il termine in modo voluto per enfatizzare).
Comunque a parte il formalismo che mi pare di averlo capito, certe volte amo fantasticare e quasi "filosofeggiare" su quanto appreso, per ricondurlo a qualcosa di più apprezzabile. So che a volte è errato, ma tant'è mi piace.

Venendo al dunque: mettiamo un esempio io definisca una forma bilineare che mi definisce una ortogonalità per due vettori (geometrici) a 40°, a questo punto potrei dire che in quel "mondo" l'ortogonalità è data da quello che per un isomorfismo sarebbe per me 90°.Tutto tornerebbe se una volta mappato da quello spazio allo spazio consono facessi i calcoli nel mio spazio geometrico e poi ritornassi in quello.
Inoltre un "abitante" di quello spazio non si accorgerebbe di nulla, per lui funzionerebbe ogni calcolo, norma, e geometria da lui creata in quello spazio.
Non mi torna tuttavia una affermazione del libro, una osservazione dove dice:
Chiamato V lo spazio, $A^⟂$ il sottospazio ortogonale allo spazio $A$ che è un sottospazio di V
"non è detto in generale che $A^⟂+A=V$"
Eppure mi fa strano, se io stabilisco una geometria in quello spazio che visto dal mio è 40°non dovrebbe comunque essere $A^⟂+A=V$" e mi chiedo, non dovrebbe esserlo sempre? Nella sua geometria "un abitante" non dovrebbe per tutte le costruzioni fatte (coerenti nel suo spazio) non accorgersi di alcuna differenza? (E invece di questo ci si accorge $A^⟂+A=V$ sempre)

Risposte
killing_buddha
Beh, in generale non è nemmeno detto che $A$ e \(A^\perp\) siano in somma diretta; è sufficiente prendere una forma bilineare che ha dei sottospazi isotropi.

matemos
Ma forse non mi torna qualcosa per come è stato introdotto dal mio libro, ti spiego:
1) Mi è stato inizialmente definito il prodotto scalare standard.

2)In un secondo momento introduce il prodotto scalare come concetto più generico, parla di prodotti scalari non euclideo (intendendo cioè un prodotto non standard) un esempio potrebbe essere $(x_1,x_2,x_3).(y_1,y_2,y_3)=3x_1y_1+4x_2y_2+5x_3y3$ insomma una qualsiasi funzione che rispetti commutatività, distributività rispetto alla somma e omogeneità con lo scalare e definita positiva. E ogni prodotto ha il suo bel "complemento ortogonale" che ha la caratteristica di essere in somma diretta con il sottospazio corrispettivo per creare lo spazio generico.

3)In un terzo momento introduce le forme bilineari simmetriche (consideriamola definita positiva) e lo spazio vettoriale ortogonale rispetto alla forma bilineare simmetrica, ma in questo caso, l'analogo del complemento ortogonale, cioè il sottospazio vettoriale ortogonale non è in somma con il sottospazio corrispettivo.

Perché in 2 afferma essere sempre in somma diretta e in 3 no?

Ma io non credo di capire che differenza vi sia tra la forma blineare simmetrica e il prodotto scalare non standard introdotto come secondo concetto di astrazione sopra esposto. E' la stessa cosa mi pare (in 2 e 3).

Dove sbaglio?

EDIT:
Uhm o forse è proprio la condizione che è definito positivo a far diventare in somma diretta? Rileggendo il paragrafo infatti dice solo "non è detto in generale" forse per "in generale" intende proprio questo.
Attendo tue risposte illuminanti sul punto 1 e 2 :roll:
Soprattutto se è proprio la definita positività a farmelo diventare in somma diretta mi chiedo (e vi/ti chiedo) perché basta questa condizione per farlo diventare complemento ortogonale, non capisco?!?!?


EDIT serale: mi sembra, andando avanti nella lettura, il libro confermi che in effetti quando si definisce la forma bilineare simmetrica come positiva allora automaticamente il sottospazio vettoriale ortogonale coincida con il complemento ortogonale,ma questo legame non riesco tuttavia a vederlo.
Qualcuno mi potrebbe gentilmente spiegare il perché?
Lascio quanto scritto sopra per chiarezza.
Grazie ancora

dissonance
Io sinceramente non ho letto quasi niente, ma lo stesso provo a rispondere, suggerendo di ragionare sulla forma bilineare \(\eta\colon \mathbb R^2\times \mathbb R^2\to \mathbb R\) definita da
\[
\eta( (t, x), (t', x')) = tt'-xx'.\]
Tra l'altro questo non è un esempio artificiale, perché si tratta della cosiddetta metrica di Minkowski. (Per un fisico teorico questa forma bilineare è più importante che quella standard di \(\mathbb R^2\)).

matemos
Ciao dissonance grazie per l'intervento.
Diciamo che rispetto all'apertura le idee mi si sono un attimo evolute, se giustamente non hai voglia di leggere tutto il realtà lamia domanda per ora si riassumerebbe in:

" mi sembra, andando avanti nella lettura, il libro confermi che in effetti quando si definisce la forma bilineare simmetrica come positiva allora automaticamente il sottospazio vettoriale ortogonale coincida con il complemento ortogonale,ma questo legame non riesco tuttavia a vederlo.
Qualcuno mi potrebbe gentilmente spiegare il perché? "

killing_buddha
Se $g$ è una applicazione bilineare non degenere su $V$, essa dà un isomorfismo \(\tilde g\) di $V$ col suo duale \(V^\lor = \hom(V,k)\), definito seguendo $g$ nella catena di isomorfismi
\[
\text{Bil}(V\times V,k)\cong \hom(V\otimes V,k)\cong \hom(V,V^\lor)
\] che manda $v$ in $\tilde{g}(v)=g(v,-) : w\mapsto g(v,w)$ (il fatto che $g$ sia non degenere è equivalente al fatto che \(\tilde g\) sia un isomorfismo). Tutto è definito in modo tale che l'ortogonale \(W^{\perp,g}=\{v\in V\mid g(v,w)=0\;\forall w\in W\}\) di un sottospazio $W\le V$ corrisponda, mediante l'isomorfismo, all'ortogonale \(W^{\perp,\lor} = (V/W)^\lor\). La ragione è che dato un vettore \(v\in W^{\perp,g}\) esso determina una $alpha_v$ il cui nucleo contiene $W$, e si ha l'isomorfismo \[\hom_{\ker \supseteq W}(V,k)\cong \hom(V/W,k)\cong (V/W)^\lor.\]

matemos
Grazie,

cavolo penso dovrò leggerlo 5 o 600 volte prima di capire tutto :-D
Mi sento ignoranterrimo :lol:

dissonance
Ma no, è solo che il nostro amico KB ama il linguaggio dell'algebra superiore. Io invece amo il punto di vista opposto, quello di tenere il linguaggio più elementare possibile, e rispondo dicendo che, se ti è chiaro il concetto di "complemento ortogonale" in \(\mathbb R^n\) con il prodotto scalare standard, allora ti è automaticamente chiaro lo stesso concetto in un qualsiasi spazio vettoriale di dimensione finita con un prodotto scalare (e qui assumo che "prodotto scalare" = "forma bilineare simmetrica definita positiva").

Infatti, questo concetto di "prodotto scalare" è esattamente la "ovvia" generalizzazione a spazi vettoriali qualsiasi del prodotto scalare standard di \(\mathbb R^n\). Ho virgolettato "ovvia" perché naturalmente c'è voluta testa per arrivare a dare una presentazione così elegante di questa teoria.

killing_buddha
La generalità è elementare perché è un approccio unitario; è la particolarizzazione a essere incomprensibile. :)

matemos
Diciamo che mi sfugge il perché sia proprio il "definito positivo" a far si che diventi l'analogo del prodotto scalare la forma bilineare. Perché basti quel piccolo qualcosa in più. Parlo a livello intuitivo, perché killing rimane troppe spanne sopra la mia conoscenza attuale. :oops:

"dissonance":
Ho virgolettato "ovvia" perché naturalmente c'è voluta testa per arrivare a dare una presentazione così elegante di questa teoria.

Perfettamente d'accordo, sono affascinato da questa branca della matematica per me sconosciuta fino a pochi mesi fa,mi sta aprendo un mondo bellissimo.

dissonance
"killing_buddha":
La generalità è elementare perché è un approccio unitario; è la particolarizzazione a essere incomprensibile. :)

Questo conferma il fatto che abbiamo una visione antipodale della matematica. Infatti, non sono solo in disaccordo con la tua affermazione: sono convinto che sia vero l'esatto contrario.

Sono punti di vista opposti, entrambi rispettabili.

killing_buddha
Coraggio. Ti ho dato tutti i pezzi, e trovo che sia un ottimo esercizio che ti mostra che dopo aver diagonalizzato matrici inizia la matematica seria.

Se $g$ è una applicazione bilineare non degenere su $V$, essa dà un isomorfismo \(\tilde g\) di $V$ col suo duale \(V^\lor = \hom(V,k)\), definito seguendo $g$ nella catena di isomorfismi
\[
\text{Bil}(V\times V,k)\cong \hom(V\otimes V,k)\cong \hom(V,V^\lor)
\]che manda $v$ in $\tilde{g}(v)=g(v,-) : w\mapsto g(v,w)$

Dimostra l'esistenza di questa identificazione
(il fatto che $g$ sia non degenere è equivalente al fatto che \(\tilde g\) sia un isomorfismo).

dimostra questa equivalenza logica.
Tutto è definito in modo tale che l'ortogonale \(W^{\perp,g}=\{v\in V\mid g(v,w)=0\;\forall w\in W\}\) di un sottospazio $W\le V$ corrisponda, mediante l'isomorfismo, all'ortogonale \(W^{\perp,\lor} = (V/W)^\lor\).

Ciò che segue è una osservazione concisa che ti suggerisce come si dimostra: devi definire una mappa \(W^{\perp,g}\to (V/W)^\lor\) e mostrare che è lineare ed invertibile. L'ho fatto io, indirettamente, quando ti ho detto
La ragione è che dato un vettore \(v\in W^{\perp,g}\) esso determina una $alpha_v$ il cui nucleo contiene $W$, e si ha l'isomorfismo \[\hom_{\ker \supseteq W}(V,k)\cong \hom(V/W,k)\cong (V/W)^\lor.\]

Buon lavoro!

anto_zoolander
@killing

[ot]vorrei fosse tutto così evidente per me, così come lo è per te :-D[/ot]

killing_buddha
Il modo migliore per capire quanto poco ti risulti evidente è iniziare a scriverlo. Io lo faccio continuamente, quindi ho un certo anticipo, ma gran poco mi appare immediato.

Sto appunto cercando di capire un paio di cose talmente ovvie che l'autore del papero che sto leggendo non le ha neanche definite.

siddy98
"matemos":
Diciamo che mi sfugge il perché sia proprio il "definito positivo" a far si che diventi l'analogo del prodotto scalare la forma bilineare.


Non vorrei dire fesserie, ma se ricordo bene si richiede che la forma bilineare sia definita positiva affinché si possa dedurre, a partire da un prodotto scalare, una norma, e quindi una distanza (ed eventualmente una metrica e poi ancora una topologia, dico bene?)

Se pensiamo al prodotto scalare standard in $RR^n$, allora $||v||=\sqrt(v\cdot v)$ (indico con $||\cdot||$ e $v\cdot v$ rispettivamente la norma e il prodotto scalare standard sui reali, e con $(\cdot ,\cdot)$ una forma bilineare generica) , ma questo presuppone che $v\cdot v$ sia positivo, cosa banalmente vera per il prodotto scalare standard.

Se invece si ha a che fare con una forma bilineare generica, e si vuole generalizzare questa definizione, bisogna prima assicurarsi che $(v,v)$ sia $>=0$, ovvero che la forma sia almeno semidefinita positiva, per poter definire $||v||:=(v,v)^(1/2)$. Semi-definita però non basta, perché intuitivamente una norma si dovrebbe annullare se e solo se il vettore di cui si misura la norma è nullo, per cui si aggiunge la richiesta $(v,v)=0 \hArr v=0$, che non è nient'altro se non la definizione di forma bilineare definita positiva.

Invito tutti a correggere le mie eventuali castronerie :-D

killing_buddha
"siddy98":
[quote="matemos"]Diciamo che mi sfugge il perché sia proprio il "definito positivo" a far si che diventi l'analogo del prodotto scalare la forma bilineare.


Non vorrei dire fesserie, ma se ricordo bene si richiede che la forma bilineare sia definita positiva affinché si possa dedurre, a partire da un prodotto scalare, una norma, e quindi una distanza (ed eventualmente una metrica e poi ancora una topologia, dico bene?)[/quote]
Sì, hai ragione, infatti la struttura indotta da $g$ su una varietà di Lorentz $(M,g)$ (ad esempio lo spazio di Minkowski) è solo una pseudometrica, non una metrica.

matemos
In effetti ho avuto una illuminazione stamane quando ho notato cosa accade con cauchy-schwarz sulle semidefinite.
Il problema invece posto da killing mi rimane, dovrò pensarci un po' su :D

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