Dualità canonica e proiettiva

killing_buddha
Vorrei capire cos'è di preciso la Dualità proiettiva. Di essa finora ho sentito almeno due definizioni diverse, che faccio fatica a far discendere l'una dall'altra: da un punto di vista "classico" penso di aver afferrato che si tratta di una caratteristica delle proposizioni che riguardano proprietà proiettive delle figure, e in buona sostanza afferma che ogni proposizione che coinvolga elementi dello spazio prioettivo $\mathbb{P}^n$, la relazione di inclusione e le operazioni di intersezione e unione ammette una sua "gemella" vera come la prima, in cui ogni oggetto di dimensione $k$ è sostituito da un oggetto di dimensione $n-k$, le relazioni di inclusione vengono rovesciate e le operazioni di intersezione e unione scambiate tra loro ("per tre punti non allineati passa solo un piano" diventa "tre piani che non facciano parte di un fascio si intersecano in un punto").

C'è però anche un altro modo di parlare della cosa, coinvolgendo alcune caratteristiche dello spazio duale associato allo spazio vettoriale che fa da sostegno al su proiettivo (e la mia prima vera domanda è proprio: che legame si riesce a trovare tra lo spazio duale e inteso come $Hom(V,\mathbb{K})$ e il suo proiettivo $\mathbb{P}(V^*)$? Analogamente a $\mathbb{P}(V)$ è l'insieme dei sottospazi duali di $V^*$?).
E' possibile definire infatti una applicazione $\Delta : \mathbb{P}(V) \to \mathbb{P}(V^*)$ (legata visibilmente alla dualità canonica, e alla nozione di ortogonale che essa induce: caratteristica dell'ortogonale duale era proprio quella di "rovesciare le inclusioni" e trasformare intersezioni in unioni..) che manda il sottospazio vettoriale $Z$ nel suo ortogonale $Z^*$: si può verificare con qualche conto che infatti $\Delta$ fa quel che deve fare la Dualità proiettiva definita nell'altro modo, e che dunque mediante essa si possono identificare sottospazi proiettivi e sottospazi di $\mathbb{P}(V^*)$... Ora, in che modo è possibile vedere che le due definizioni sono effettivamente equivalenti? Che cosa "viene prima" da un punto di vista logico, alla fine dei conti? E' la dualità canonica a indurre la dualità proiettiva oppure viceversa, o nessuna delle due e le due cose nonsono dipendenti come pensavo?


Grazie

Risposte
dissonance
Ciao! Non è una risposta alla tua domanda, però sul Sernesi 1 (pag.331) si parla dell'argomento facendo discendere il principio di dualità (quello che tu chiami dualità proiettiva) dall'applicazione $\mathbb{P}(V)\to\mathbb{P}(V')\to{\text{iperpiani di } \mathbb{P}(V)}$ (a un punto si associa un funzionale, a questo funzionale si associa il nucleo, che è un iperpiano, e allora consideriamo lo spazio proiettivo associato a questo iperpiano, detto in termini terra-terra).

Io sono praticamente digiuno dell'argomento, e quindi prendi con le pinze quello che dico, però penso che l'implicazione sia questa.

Sono andato a consultare pure Che cos'è la matematica, che dà una introduzione alla geometria proiettiva non basata sull'algebra lineare, e che dice (pag.251):
il punto e la retta si dicono elementi duali, tracciare una retta passante per un punto e segnare un punto su una retta si dicono operazioni duali, ...
due teoremi sono duali se mutano l'uno nell'altro quando tutti gli elementi e tutte le operazioni sono sostituiti dai loro duali.

che sembra smentire (se capisco bene, considerare duali punti e rette corrisponde a definire l'applicazione di prima, ma che cosa significa, in termini di algebra lineare, "operazioni duali"?).

Conclusione: secondo me dipende dall'impostazione che scegli: se usi l'algebra lineare, è l'applicazione di dualità che implica il principio di dualità. Fammi sapere che ne pensi.

killing_buddha
Ci ho pensato... è proprio da quel passo di Che cos'è la Matematica che trae spunto la mia riflessione... in definitiva pernso che il tutto risalga ad una proprietà che è intrinseca allo spazio proiettivo (la simmetria che esiste tra enti duali e relazioni "sensibili" alla dualità proiettiva), che poi può essere giustificata in termini algebrici tirando in ballo la dualità canonica (quell'applicazione bilineare che associa ad una coppia $(\zeta, v)$ lo scalare $\zeta(v)$ (la forma lineare $\zeta$ calcolata sul vettore $v$)... quel che non mi è chiaro è chi venga "prima"... è lo spazio proiettivo a indurre la dualità canonica, o viceversa, dalla presenza della dualità canonica si deduce la validità della dualità proiettiva? Oppure ancora le due cose si somigliano ma sono scollegate?

In fondo la cosa non apparirebbe strana in nessuno dei due sensi. se la dualità proiettiva induce la canonica, sarebbe un'altro esempio di come un oggtto geometrico "crea" un oggetto algebrico (penso al piano di Fano).. viceversa sarebbe come dire che un oggetto algebrico induce su una struttura (anch'essa algebrica,lo spazio vettoriale) la dualità proiettiva.

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