Coordinate polari da un p.to di vista topologico
Sull'argomento "coordinate polari" ho una concezione un po' empirica, e avrei bisogno di chiarimenti. Che genere di spazio è quello delle coordinate polari? Uno spazio topologico omeomorfo a $RR^2$? Una varietà differenziabile? E qual'è, in simboli, l'operazione che noi facciamo quando, ad esempio, calcoliamo un limite di funzione passando a coordinate polari? (Spero sia chiaro, nel caso riformulo la domanda in maniera più precisa). Faccio un esempio: vogliamo calcolare, se esiste, $lim_{\vec{x}\to\vec{0}}\frac{x^2}{x^2+y^2}$. Passiamo a coordinate polari: dobbiamo calcolare $lim_{rho\to0}\frac{rho^2cos\theta}{rho^2}$ che non esiste e vabbé. Come si può giustificare, in termini di topologia, l'operazione in corsivo?
Risposte
dobbiamo calcolare $lim_{rho\to0}\frac{rho^2cos\theta}{rho^2}$ che non esiste e vabbé. Come si può giustificare, in termini di topologia, l'operazione in corsivo?
Questo limite esiste, da osservare che:
$lim_(\vec x to \vec 0) \frac{x^2}{x^2+y^2}$
dove:
$\vec x = (x,y)$
viene trasformato in:
$lim_(\vec v to \vec 0) \frac{rho^2cos theta}{rho^2} = 1$
dove:
$\vec v = (rho, theta)$
Il passaggio da una all'altra sottostà alla trasformazione:
${(x=rho cos theta),(y=rho sin theta):}$
con inversa:
${(rho =sqrt(x^2+y^2)),(theta=arctg (y/x)):}$
"LordK":
Questo limite esiste
a cosa ti riferisci? $lim_{vecx\tovec0}(x^2)/(x^2+y^2)$ non esiste ... o mi sbaglio? Se valuti sull'asse $y$ ottieni la funzione nulla, se valuti sull'asse $x$ ottieni $1$. Invece è vero che $lim_{(rho, theta)\to(0,0)}(rho^2cos\ theta)/(rho^2)=1$, e difatti questi due limiti non sono equivalenti. $vec0$ in coordinate polari è $(0, theta)$, con un $theta$ qualunque. O mi sto confondendo? Sono proprio tutte queste cose a non essermi chiare. Ad esempio, se $vec0$ non è univocamente determinato, come facciamo a farci tendere una variabile?
Credo che la risposta più semplice sia osservare che la mappa che trasforma coordinate polari in coordinate cartesiane (o "l'inversa") non è bigettiva. Quando passiamo a coordinate polari e vogliamo che tutto torni dobbiamo rinunciare ad una semiretta contenente l'origine. Operando una restrizione a $]0,infty[times]-pi,pi[$ ad esempio la mappa $G(ro,theta)=(rocostheta,rosentheta)$ è bigettiva ed è un diffeomorfismo.
Quest'ultima proprietà si dimostra facendo vedere che è bigettiva e che è un diffeomorfismo locale e fa in modo che a livello topologico tutto funzioni.(per il livello topologico basta un omeomorfismo, la proprietà di diffeomorfismo fa funzionare bene ad esempio la misura e la usiamo nei cambiamenti di variabile degli integrali).
Quest'ultima proprietà si dimostra facendo vedere che è bigettiva e che è un diffeomorfismo locale e fa in modo che a livello topologico tutto funzioni.(per il livello topologico basta un omeomorfismo, la proprietà di diffeomorfismo fa funzionare bene ad esempio la misura e la usiamo nei cambiamenti di variabile degli integrali).
...biettiva... non bigettiva...

... veramente bigettiva si dice anche (a dire il vero la "g" si usa più per surgettive al posto di suriettive, ma la radice è la stessa),
mentre biettiva dovrebbe essere una contrazione di biiettiva o bijettiva (...dovrebbero essere le forme più "corrette"...)
PS. ho dovuto cercare con google "biettiva", non l'avevo mai visto scritto con una sola "i".
mentre biettiva dovrebbe essere una contrazione di biiettiva o bijettiva (...dovrebbero essere le forme più "corrette"...)
PS. ho dovuto cercare con google "biettiva", non l'avevo mai visto scritto con una sola "i".
Trovo nei testi la parola biettiva e la uso da anni. Credo si tratti della normale semplificazione linguistica che avviene nei secoli e che trasforma spesso ī -> j -> ii -> i dopo i suoni vocalici e ī -> j -> gi dopo i suoni consonantici. La stessa cosa che è successa per la parola oggetto che ad esempio in inglese mantiene la j (Object) e che si è separata dalla sorella gemella obietto (objetto) da cui deriva obiettivo.
In ogni caso se non piace diciamo biunivoca e non se ne parla più.
In ogni caso se non piace diciamo biunivoca e non se ne parla più.

"Megan00b":
la mappa $G(rho, theta)=$ [eccetera] è bigettiva ed è un diffeomorfismo
mmhh... si pensavo anche io a qualcosa del genere ma non mi sono tanto convinto. Qual'è l'immagine di quella $G$? $RR^2$ meno una semiretta? E allora come facciamo ad usarla per calcolare, ad esempio, limiti nell'origine, se l'origine non è un punto mappato dalla $G$?
Non volevo essere così polemico sorry ^_^
"dissonance":
[quote="Megan00b"] la mappa $G(rho, theta)=$ [eccetera] è bigettiva ed è un diffeomorfismo
mmhh... si pensavo anche io a qualcosa del genere ma non mi sono tanto convinto. Qual'è l'immagine di quella $G$? $RR^2$ meno una semiretta? E allora come facciamo ad usarla per calcolare, ad esempio, limiti nell'origine, se l'origine non è un punto mappato dalla $G$?[/quote]
Spostando l'origine????!!!!!!
Oppure devi arrangiarti con le mani, l'origine la puoi anche mettere in coordinate polari ma devi stare attento che ci sono infiniti punti che la rappresentano. Cioè devi fare sostanzialmente un limite che dipenda da un parametro ($ro$) e far variare $theta$ e valutare bene la situazione su in che modo dipenda dal parametro. Insomma un casino considerevole, forse ti conviene provare un'altra strada.
[OT]
Nota linguistica: preferisco di gran lunga biiettiva... E "qual'è" si scrive senz'apostrofo.
[/OT]
Ad ogni modo, non credo ci siano tanti problemi.
La trasformazione che Megan00b chiama $G$ è un diffeomorfismo di $]0,+oo[\times ]-\pi ,\pi[$ in $\RR^2\setminus \{ (x,y) \in \RR^2 : \quad x<=0 " ed " y=0\}$.
Per coprire tutto $\RR^2\setminus \{0\}$ ti servono due "copie" di $G$, una definita appunto in $]0,+oo[\times ]-\pi ,\pi[$ e l'altra definita in $]0,+oo[\times ]0 ,2\pi[$ (ad esempio).*
Quando usi le coordinate polari per calcolare un limite, semplicemente "fai a meno" di distinguere le due copie di $G$ considerando la trasformazione polare definita su una striscia chiusa (ad esempio $[0,+oo[\times [0 ,2\pi]$).
__________
* Due "copie" sono sufficienti anche a coprire tutto $\RR^2$; basta cambiare il polo e scegliere un appropriato intervallo di variazione per l'anomalia.
Nota linguistica: preferisco di gran lunga biiettiva... E "qual'è" si scrive senz'apostrofo.
[/OT]
Ad ogni modo, non credo ci siano tanti problemi.
La trasformazione che Megan00b chiama $G$ è un diffeomorfismo di $]0,+oo[\times ]-\pi ,\pi[$ in $\RR^2\setminus \{ (x,y) \in \RR^2 : \quad x<=0 " ed " y=0\}$.
Per coprire tutto $\RR^2\setminus \{0\}$ ti servono due "copie" di $G$, una definita appunto in $]0,+oo[\times ]-\pi ,\pi[$ e l'altra definita in $]0,+oo[\times ]0 ,2\pi[$ (ad esempio).*
Quando usi le coordinate polari per calcolare un limite, semplicemente "fai a meno" di distinguere le due copie di $G$ considerando la trasformazione polare definita su una striscia chiusa (ad esempio $[0,+oo[\times [0 ,2\pi]$).
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* Due "copie" sono sufficienti anche a coprire tutto $\RR^2$; basta cambiare il polo e scegliere un appropriato intervallo di variazione per l'anomalia.