Valvola di laminazione
salve.
parlando di valvole di laminazione(fluido incomprimibile) il docente ha ricavato tramite il primo principio per i sistemi aperti questa formula $p_i*v=p_u*v$..ovvero $h_i=h_u$ privato del termine energia interna.
questo perché, l'energia interna in uscita è uguale a quella in ingresso.
sotto quali ipotesi l'affermazione fatta sopra è corretta?
il docente ha intrapreso questa strada per arrivare a concludere che deve esistere un energia che tiene conto del fatto che in realtà le pressioni sono diverse (fatto sperimentale) questa energia l'ha associata alle perdite di carico.
quello che non mi è chiaro resta quell'ipotesi di energia interna in ingresso uguale a quella in uscita.
trovo difficile che l'energia interna che dipende esclusivamente dalla temperatura (anche in un liquido incomprimibile) possa rimanere la stessa se la pressione diminuisce/aumenta.
parlando di valvole di laminazione(fluido incomprimibile) il docente ha ricavato tramite il primo principio per i sistemi aperti questa formula $p_i*v=p_u*v$..ovvero $h_i=h_u$ privato del termine energia interna.
questo perché, l'energia interna in uscita è uguale a quella in ingresso.
sotto quali ipotesi l'affermazione fatta sopra è corretta?
il docente ha intrapreso questa strada per arrivare a concludere che deve esistere un energia che tiene conto del fatto che in realtà le pressioni sono diverse (fatto sperimentale) questa energia l'ha associata alle perdite di carico.
quello che non mi è chiaro resta quell'ipotesi di energia interna in ingresso uguale a quella in uscita.
trovo difficile che l'energia interna che dipende esclusivamente dalla temperatura (anche in un liquido incomprimibile) possa rimanere la stessa se la pressione diminuisce/aumenta.
Risposte
Non ho capito molto del ragionamento, né quello che si voleva dimostrare.
Se il fluido è laminato le pressioni tra ingresso ed uscita sono diverse ($p_u
$h_u-h_i=q-l$
cioè la variazione di entalpia tra uscita ed ingresso è pari alla differenza tra calore assorbito e lavoro fatto all'esterno nel volume di controllo. Se questi sono entrambi nulli allora l'entalpia tra ingresso ed uscita deve essere la stessa.
$h_u=h_i -> u_u+ p_u v_u = u_i + p_i v_i$
Se $p_u< p_i$ e il fluido è incomprimibile ($v_u=v_i$) allora $u_u>u_i$.
Se il fluido è laminato le pressioni tra ingresso ed uscita sono diverse ($p_u
cioè la variazione di entalpia tra uscita ed ingresso è pari alla differenza tra calore assorbito e lavoro fatto all'esterno nel volume di controllo. Se questi sono entrambi nulli allora l'entalpia tra ingresso ed uscita deve essere la stessa.
$h_u=h_i -> u_u+ p_u v_u = u_i + p_i v_i$
Se $p_u< p_i$ e il fluido è incomprimibile ($v_u=v_i$) allora $u_u>u_i$.
sono d'accordo con quanto dici..
tuttavia il professore fà uno strano ragionamento,che cercherò adesso di sintetizzare..
il prof introducendo il concetto di valvola di laminazione parte dal presupposto che l'energia interna in entrata sia uguale a quella in uscita..questa è l'ipotesi che tra l'altro usa in tutta la trattazione sui sistemi aperti(perchè?)
arriva quindi a scrivere il primo principio applicato al caso in esame, da qui tira fuori l'informazione $p_i*v=p_u*v$ perché i termini energia interna,lavoro e calore a suo modo di dire sono nulli..(sono d'accordo sul calore e sul lavoro ma non sull'energia interna).si potrebbe quindi concludere che la pressione di ingresso è uguale a quella di uscita...e invece no!
a questo punto dice:"fatti sperimentali dicono che la pressione in uscita è minore di quella in ingresso".
deve quindi esistere un energia che tiene conto di questo fatto e in modo analogo all'esperimento di joule e alla scoperta dell'energia interna,deve esistere anche in questo caso un energia che ha chiamato $dU_a$
e quindi in realtà il primo principio andrebbe scritto in questo modo $p_i*v=p_u*v+dU_a$
infine conclude dicendo che quel $dU_a$ altro non è che un indice di perdita energetica che viene chiamato "perdita di carico"
il suo ragionamento non fa una piega,eccetto,a mio modo di vedere, nella prima parte dove dice che l'energia interna in ingresso è uguale a quella in uscita e quindi riesce a togliere il contributo di quest'ultima.
mi risulta più facile vedere il suo $dU_a$ come la differenza tra i due contributi di energia interna..
tuttavia il professore fà uno strano ragionamento,che cercherò adesso di sintetizzare..
il prof introducendo il concetto di valvola di laminazione parte dal presupposto che l'energia interna in entrata sia uguale a quella in uscita..questa è l'ipotesi che tra l'altro usa in tutta la trattazione sui sistemi aperti(perchè?)
arriva quindi a scrivere il primo principio applicato al caso in esame, da qui tira fuori l'informazione $p_i*v=p_u*v$ perché i termini energia interna,lavoro e calore a suo modo di dire sono nulli..(sono d'accordo sul calore e sul lavoro ma non sull'energia interna).si potrebbe quindi concludere che la pressione di ingresso è uguale a quella di uscita...e invece no!
a questo punto dice:"fatti sperimentali dicono che la pressione in uscita è minore di quella in ingresso".
deve quindi esistere un energia che tiene conto di questo fatto e in modo analogo all'esperimento di joule e alla scoperta dell'energia interna,deve esistere anche in questo caso un energia che ha chiamato $dU_a$
e quindi in realtà il primo principio andrebbe scritto in questo modo $p_i*v=p_u*v+dU_a$
infine conclude dicendo che quel $dU_a$ altro non è che un indice di perdita energetica che viene chiamato "perdita di carico"
il suo ragionamento non fa una piega,eccetto,a mio modo di vedere, nella prima parte dove dice che l'energia interna in ingresso è uguale a quella in uscita e quindi riesce a togliere il contributo di quest'ultima.
mi risulta più facile vedere il suo $dU_a$ come la differenza tra i due contributi di energia interna..
Mah... non saprei... Detto tra noi direi che sia sbagliato quel modo di procedere.
La valvola di laminazione comporta una trasformazione isoentalpica per cui la variazione di energia interna tra ingresso ed uscita non può essere nulla se il fluido è incomprimibile. La pressione si degrada e va ad aumentare nel caso di fluido incomprimibile l'energia interna infatti: si ha quindi un aumento di temperatura (lo puoi quantificare facilmente assumendo una certa perdita di pressione realistica e come fluido acqua, vedrai che è molto piccolo).
La valvola di laminazione comporta una trasformazione isoentalpica per cui la variazione di energia interna tra ingresso ed uscita non può essere nulla se il fluido è incomprimibile. La pressione si degrada e va ad aumentare nel caso di fluido incomprimibile l'energia interna infatti: si ha quindi un aumento di temperatura (lo puoi quantificare facilmente assumendo una certa perdita di pressione realistica e come fluido acqua, vedrai che è molto piccolo).
"giolb10":
deve quindi esistere un energia che tiene conto di questo fatto e in modo analogo all'esperimento di joule e alla scoperta dell'energia interna,deve esistere anche in questo caso un energia che ha chiamato $dU_a$
e quindi in realtà il primo principio andrebbe scritto in questo modo $p_i*v=p_u*v+dU_a$
infine conclude dicendo che quel $dU_a$ altro non è che un indice di perdita energetica che viene chiamato "perdita di carico"
Ma se eguagliamo ciò che dice il tuo prof $p_i*v=p_u*v+dU_a$ con quanto discende dal principio di conservazione dlel'energia per sistemi aperti cioè $p_u*v+U_u=p_i*v+U_i+Q$ (non c'è sicuramente nessun L utile da mettere in bilancio e quindi non lo cito), salta fuori per confronto $dU_a=U_u-U_i-Q$, il che vuol dire che la perdita di carico, che non è altro che un attrito tra fluido e pareti della valvola, ha come effetto quello di aumentare l'energia interna e/o produrre del calore che viene trasmesso in uscita. Se la valvola ha una conducibilità termica ottimale ed è raffreddata opportunamente può anche essere che l'energia interna del fluido rimanga costante, ma non deve essere un postulato bensì una conseguenza di scelte costruttive opportune. Se la valvola invece è adiabatica l'energia interna aumenta proprio a causa della perdita di carico, o almeno così mi pare.
"giolb10":
si potrebbe quindi concludere che la pressione di ingresso è uguale a quella di uscita...e invece no!
a questo punto dice:"fatti sperimentali dicono che la pressione in uscita è minore di quella in ingresso".
deve quindi esistere un energia che tiene conto di questo fatto e in modo analogo all'esperimento di joule e alla scoperta dell'energia interna,deve esistere anche in questo caso un energia che ha chiamato $dU_a$
e quindi in realtà il primo principio andrebbe scritto in questo modo $p_i*v=p_u*v+dU_a$
infine conclude dicendo che quel $dU_a$ altro non è che un indice di perdita energetica che viene chiamato "perdita di carico"
il suo ragionamento non fa una piega,eccetto,a mio modo di vedere, nella prima parte dove dice che l'energia interna in ingresso è uguale a quella in uscita e quindi riesce a togliere il contributo di quest'ultima.
mi risulta più facile vedere il suo $dU_a$ come la differenza tra i due contributi di energia interna..
Si in realtà la variazione di energia interna non può essere tolta. Anche in teoria ci va messa, non è qualcosa che deriva solo da risultati sperimentali. Casomai è l'indeterminazione che deriva dalla sua presenza che può essere risolta con dati sperimentali, da cui si ricavano correlazioni che permettono di calcolare le perdite di carico in base alle configurazioni geometriche delle pareti che racchiudono il fluido, la rugosità di tali superfici, la velocità del fluido, la sua viscosità e densità, il fatto che il flusso sia laminare o turbolento.
La variazione di energia interna comunque non è presente solo in caso di perdite di carico, ma anche quando il fluido è ideale (non viscoso) e la velocità attraverso la sezione di ingresso e uscita sono differenti.
@faussone: concordo con te. anche io non trovo spiegazione a questo modo di procedere.
@falco:nella trattazione sui sistemi aperti il professore hai più volte ribadito che si parla ovviamente di condotti adiabatici.(non vi è tempo per il passaggio di calore)
@sonoqui:d'accordo anche con te..
come definite voi le perdite di carico? come le ho definite io sopra? ovvero come la perdita di pressione.
si possono definire anche come variazione di energia interna?
grazie
@falco:nella trattazione sui sistemi aperti il professore hai più volte ribadito che si parla ovviamente di condotti adiabatici.(non vi è tempo per il passaggio di calore)
@sonoqui:d'accordo anche con te..
come definite voi le perdite di carico? come le ho definite io sopra? ovvero come la perdita di pressione.
si possono definire anche come variazione di energia interna?
grazie
ragazzi scusate l'intrusione ma ho notato un errore di fondo in quello che dite(il famoso docente di cui parla giolb è anche il mio).
il discorso è questo:(parlerò esclusivamente di fluidi incomprimibili)
dopo aver notato che, in un percorso IDEALE ADIABATICO (es tubazione ideale), si ha:
$ du=int c_v*dt $
da cui se sviluppo il differenziale di $dt$ ottengo:
$ dt=( dt/(dp ))_v*dp+( dt/(dv) )_p*dv $
ora, il secondo termine è palesemente nullo, mentre il primo risulta essere<<<1 quindi ingegneristicamente trascurabile.
in coinclusione per un percorso IDEALE ADIABATICO ho $du=0$
passiamo ora al discorso della laminazione:
non era una premessa dire che $du=0$, ma una specie di dimostrazione per assurdo dell'esistenza delle dissipazioni all'interno della valvola, mi spiego:
la domanda da farsi era perchè non quadra il bilancio energetico scritto con le approssimazioni spiegate sopra?
e l'ovvia risposta è che ci sono delle dissipazioni di cui tenere conto.
infatti il docente durante la sua spiegazione non ha menzionato nemmeno una volta la parola laminazione;
in sostanza ne stava spiegando l'esistenza, come se prima non la conoscessimo.
p.s scrivere il primo principio come ha fatto giolb, cioè: $p_i⋅v=p_u⋅v+dU_a$ significa ammettere e riconoscere l'esistenza della variazione di energia interna solo che ha usato una notazione differente.
infati $dU_a$ non sarebbe altro che la variazione di energia interna causata dagli attriti cioè in altre parole la variazione tra ingresso e uscita.
il discorso è questo:(parlerò esclusivamente di fluidi incomprimibili)
dopo aver notato che, in un percorso IDEALE ADIABATICO (es tubazione ideale), si ha:
$ du=int c_v*dt $
da cui se sviluppo il differenziale di $dt$ ottengo:
$ dt=( dt/(dp ))_v*dp+( dt/(dv) )_p*dv $
ora, il secondo termine è palesemente nullo, mentre il primo risulta essere<<<1 quindi ingegneristicamente trascurabile.
in coinclusione per un percorso IDEALE ADIABATICO ho $du=0$
passiamo ora al discorso della laminazione:
non era una premessa dire che $du=0$, ma una specie di dimostrazione per assurdo dell'esistenza delle dissipazioni all'interno della valvola, mi spiego:
la domanda da farsi era perchè non quadra il bilancio energetico scritto con le approssimazioni spiegate sopra?
e l'ovvia risposta è che ci sono delle dissipazioni di cui tenere conto.
infatti il docente durante la sua spiegazione non ha menzionato nemmeno una volta la parola laminazione;
in sostanza ne stava spiegando l'esistenza, come se prima non la conoscessimo.
p.s scrivere il primo principio come ha fatto giolb, cioè: $p_i⋅v=p_u⋅v+dU_a$ significa ammettere e riconoscere l'esistenza della variazione di energia interna solo che ha usato una notazione differente.
infati $dU_a$ non sarebbe altro che la variazione di energia interna causata dagli attriti cioè in altre parole la variazione tra ingresso e uscita.
ciao.
buona risposta che tuttavia non mi soddisfa ancora,perché trovo delle incongruenza che non posso ignorare.
1°: perché la prima derivata parziale risulta molto minore di 1? in pratica mi stai dicendo che ho una piccolissima variazione di temperatura ogni volta che vario la pressione a v costante...ci credo poco!(non conosco i dati sperimentali ma trovo difficile che variando la pressione la temperatura rimanga pressoché costante...) se però fosse realmente così allora si spiega tutto, e il ragionamento del docente risulterebbe coerente!
per quanto riguarda la dimostrazione dell'esistenza delle perdite di carico:
il professore avrebbe detto :"immaginiamo per assurdo che l'energia interna sia nulla"?
non ricordo.il docente ha tracciato le ipotesi e tra queste vi era quella incriminata,ovvero :"energia interna in uscita è uguale a quella in entrata"...che è esattamente ciò che affermi tu dicendo che quella derivata ha pendenza molto prossima allo zero.
quindi questa è una IPOTESI ,o per lo meno è quello che il prof ha fatto intendere!
nelle tue ultime frasi noto un controsenso. tu dici che quel $dU_a$ sarebbe la variazione di energia interna causata dagli attriti(che è quello che penso anch'io..vedi qualche messaggio sopra) ma in precedenza affermavi che la variazione fosse pressoché nulla.
immagino già la tua l'obbiezione:" è UNA DIMOSTRAZIONE PER ASSURDO!"
NO! qui ci sono due assurdi. e il $dU$ quasi nullo che lo rende addirittura trascurabile è un IPOTESI ,dovuta stando a quanto dici all'evidenza sperimentale.!
buona risposta che tuttavia non mi soddisfa ancora,perché trovo delle incongruenza che non posso ignorare.
1°: perché la prima derivata parziale risulta molto minore di 1? in pratica mi stai dicendo che ho una piccolissima variazione di temperatura ogni volta che vario la pressione a v costante...ci credo poco!(non conosco i dati sperimentali ma trovo difficile che variando la pressione la temperatura rimanga pressoché costante...) se però fosse realmente così allora si spiega tutto, e il ragionamento del docente risulterebbe coerente!
per quanto riguarda la dimostrazione dell'esistenza delle perdite di carico:
il professore avrebbe detto :"immaginiamo per assurdo che l'energia interna sia nulla"?
non ricordo.il docente ha tracciato le ipotesi e tra queste vi era quella incriminata,ovvero :"energia interna in uscita è uguale a quella in entrata"...che è esattamente ciò che affermi tu dicendo che quella derivata ha pendenza molto prossima allo zero.
quindi questa è una IPOTESI ,o per lo meno è quello che il prof ha fatto intendere!
nelle tue ultime frasi noto un controsenso. tu dici che quel $dU_a$ sarebbe la variazione di energia interna causata dagli attriti(che è quello che penso anch'io..vedi qualche messaggio sopra) ma in precedenza affermavi che la variazione fosse pressoché nulla.
immagino già la tua l'obbiezione:" è UNA DIMOSTRAZIONE PER ASSURDO!"
NO! qui ci sono due assurdi. e il $dU$ quasi nullo che lo rende addirittura trascurabile è un IPOTESI ,dovuta stando a quanto dici all'evidenza sperimentale.!
il ragionamento si fa per passaggi logici:
1)ho dimostrato che du per i sistemi adiabatici ideali e approssimabile allo zero(la derivata trascurabile lo è per dati sperimentali).
2)mi chiedo: SE è giusto quello che ho dimostrato sopra (detto in modo esplicito du=0 per sistemi adiab. e ideali) , perchè non ottengo lo stesso risultato passando per un tratto di tubazione chiamato ''valvola''?
3)noto che passando per il suddetto nasce un termine che viene chiamato $dUa$.
4)chiamo questo fenomeno laminazione, quel tratto di tubo ''valvola di laminazione'' e definisco un indice di rendimento del tubo(detto in parole molto molto grezze) e lo chiamo perdite di carico;
ora c'è da fare un passo in più verso la generalizzazione e dire che allora TUTTI i condotti se NON SONO IDEALI hanno pedite di carico indipendentemente dalla presenza o meno di valvole.
è ovvio che in questo caso non siamo più in un modello IDEALE quindi in $dUa$ esiste ed è diverso da zero.
magari il ragionamento può anche non quadrarti ma la logica è giusta.
1)ho dimostrato che du per i sistemi adiabatici ideali e approssimabile allo zero(la derivata trascurabile lo è per dati sperimentali).
2)mi chiedo: SE è giusto quello che ho dimostrato sopra (detto in modo esplicito du=0 per sistemi adiab. e ideali) , perchè non ottengo lo stesso risultato passando per un tratto di tubazione chiamato ''valvola''?
3)noto che passando per il suddetto nasce un termine che viene chiamato $dUa$.
4)chiamo questo fenomeno laminazione, quel tratto di tubo ''valvola di laminazione'' e definisco un indice di rendimento del tubo(detto in parole molto molto grezze) e lo chiamo perdite di carico;
ora c'è da fare un passo in più verso la generalizzazione e dire che allora TUTTI i condotti se NON SONO IDEALI hanno pedite di carico indipendentemente dalla presenza o meno di valvole.
è ovvio che in questo caso non siamo più in un modello IDEALE quindi in $dUa$ esiste ed è diverso da zero.
magari il ragionamento può anche non quadrarti ma la logica è giusta.
questi "passaggi logici" mi sono chiari come dicevo sopra. tutto sarebbe più coerente se quella derivata avesse davvero pendenza quasi nulla,cosa di cui non sono per niente convinto. questa "EVIDENZA SPERIMENTALE" non trova credito/riscontro su varie fonti che ho consultato su internet!
posso concludere allora che questa "PSEUDOIPOTESI" non sia una verità assoluta ma sia dovuta ad un momento di deliro/follia da parte del docente..
(scherzavo..magari sta leggendo.. e ti chiede tramite MP il mio nominativo per un eventuale orale
)
comunque il tuo messaggio di sopra continua ad essere ambiguo. ci sono troppi controsensi..aspettiamo qualche risposta dai più saggi!!
posso concludere allora che questa "PSEUDOIPOTESI" non sia una verità assoluta ma sia dovuta ad un momento di deliro/follia da parte del docente..



comunque il tuo messaggio di sopra continua ad essere ambiguo. ci sono troppi controsensi..aspettiamo qualche risposta dai più saggi!!
non c'è nessuno che ci può dare un parere?
"giolb10":
e quindi in realtà il primo principio andrebbe scritto in questo modo $p_i*v=p_u*v+dU_a$
infine conclude dicendo che quel $dU_a$ altro non è che un indice di perdita energetica che viene chiamato "perdita di carico"
il suo ragionamento non fa una piega,eccetto,a mio modo di vedere, nella prima parte dove dice che l'energia interna in ingresso è uguale a quella in uscita e quindi riesce a togliere il contributo di quest'ultima.
mi risulta più facile vedere il suo $dU_a$ come la differenza tra i due contributi di energia interna..
Non è una formula generale questa e non è valida in generale per i fluidi incomprimibili. Probabilmente non hai riportato tutte le ipotesi fatte dal professore.
In teoria dovrebbe essere considerata nel bilancio energetico anche una variazione dell'energia cinetica se le velocità in ingresso e in uscita sono differenti.
"giolb10":
come definite voi le perdite di carico? come le ho definite io sopra? ovvero come la perdita di pressione.
si possono definire anche come variazione di energia interna?
La definizione delle perdite di carico l'ho trovata come quel termine aggiuntivo verificato sperimentalmente presente nell'equazione di Bernouoilli quando il fluido incomprimibile, con flusso stazionario, è viscoso.