Perché l'argomento di funzioni trigonometriche, esponenziali... deve essere adimensionale?
Come da titolo.Grazie a tutti!
Risposte
Ciao
quantomeno per le funzione trigonometriche direi proprio che non deve essere adimensionale
l'argomento di una funzione seno o coseno è un angolo, quindi parliamo di gradi o radianti
quantomeno per le funzione trigonometriche direi proprio che non deve essere adimensionale
l'argomento di una funzione seno o coseno è un angolo, quindi parliamo di gradi o radianti
Per quanto riguarda seno e coseno invece mi risulta siano adimensionali perchè essi hanno come argomento angoli che sono misure date da rapporti di lunghezze ( arco / raggio ) .Più che altro non capisco perchè , ad esempio , gli esponenziali debbano avere argomento adimensionale. Forse avrei dovuto tagliare una parte della domanda

Dato l'arco \(\widehat{AB}\) di lunghezza \(L\) della circonferenza di raggio \(r\), l'angolo sotteso è \(\theta=L/r\). Le dimensioni scompaiono a causa del rapporto e \(\theta\) è l'argomento di una funzione trigonometrica. Non so quanto sia corretto, spero di averti lasciato un suggerimento. Edit: anticipato.
Per l'esponenziale prova a vederla in questi termini: la funzione esponenziale è l'estensione ad esponente reale (stiamo parlando, suppongo, di funzioni di variabile reale) della potenza. Si dà cioè significato ad un'espressione del tipo $a^x$ con $x in RR$ a partire dalla definizione di $a^n$ con $n in NN$. Cosa si definisca essere il risultato dell'operazione $a^n$ è elementare e facilmente accettabile nel caso che $n$ sia un numero naturale (quindi adimensionale). Non si dà - perché non si riesce o semplicemente perché non interessa - una definizione di cosa intendere dell'espressione $a^n$ se $n$ è una quantità dimensionata. Altrimenti detto, se è elementare il fatto che $2^3$ significhi il prodotto di $1$ per $2$ ripetuto per $3$ volte, non si capisce come si dovrebbe intendere se, ad esempio, il $3$ ad esponente fossero $3$ metri. Posso ripetere $3$ volte una cosa, non ha senso il ripetere "$3$ metri di volte" una cosa. Analoghe considerazioni per il logaritmo.
Anche a me sembra l'idea migliore. Si può anche pensare alla legge di decadimento wiki, l'esponenziale viene fuori come soluzione di \(\dot{n}(x)=-\lambda n(t)\) ma non so quanto sia lecito procedere a ritroso per giustificare in generale la mancanza di dimensioni.
Ha presente la definizione di "seno" ?
Nel cerchio goniometrico, di raggio unitario, il seno è l'ordinata dell'estremo dell'arco, misurata con l'unita di misura rappresentata dal raggio.
$sen\alpha = y/r $
Poi però, quando si considera la funzione $senx$ , ti devi scordare degli angoli : $x$ è una variabile reale.
Nel cerchio goniometrico, di raggio unitario, il seno è l'ordinata dell'estremo dell'arco, misurata con l'unita di misura rappresentata dal raggio.
$sen\alpha = y/r $
Poi però, quando si considera la funzione $senx$ , ti devi scordare degli angoli : $x$ è una variabile reale.
"navigatore":
Ha presente la definizione di "seno" ?
Nel cerchio goniometrico, di raggio unitario, il seno è l'ordinata dell'estremo dell'arco, misurata con l'unita di misura rappresentata dal raggio.
$sen\alpha = y/r $
Poi però, quando si considera la funzione $senx$ , ti devi scordare degli angoli : $x$ è una variabile reale.
Sì, ripartire dalle definizioni è la strada migliore:
$ log (x) = int_{1}^{x} 1/t \text{d}t $
Detto questo $ {\text{d}t}/t $ è adimensionale, è - come tale - il logaritmo.
Senza dimenticare che in fisica le equazioni dimensionali non prevedono funzioni trascendenti, ma questa cosa voi matematici non potete capirla.

Me lo son sempre chiesto anch'io.
In generale, credo che il segreto sia ricondurre le funzioni trascendenti a qualcosa di non trascendente.
Ad esempio, trovo che l'idea di galessandroni sia ottima, anche se non sono d'accordo con le sue conclusioni.
Nello specifico, in questo caso non è \( {\rm d}t \) ad avere dimensione, dato che nella scrittura
\[ \int_a^b f(x)\, {\rm d}x \]
è solo \( f \) che conta, mentre il resto è una pura convenzione grafica.
Riprendendo proprio il suo esempio, hai
\[ \ln x = \int_1^x \frac{1}{t}\, {\rm d}t = \lim_{n \to +\infty} \sum_{k=1}^n \frac{x-1}{n} \frac{1}{\xi_k} \]
Come vedi, il logaritmo è ricondotto a un qualcosa di non trascendente.
Per concludere basta osservare che \( \xi_k \) e \( \frac{x-1}{n} \) hanno la stessa dimensione (essendo entrambi riferiti all'asse delle ascisse), pertanto il risultato finale è che \( \ln x \) è adimensionale.
In generale, credo che il segreto sia ricondurre le funzioni trascendenti a qualcosa di non trascendente.
Ad esempio, trovo che l'idea di galessandroni sia ottima, anche se non sono d'accordo con le sue conclusioni.
Nello specifico, in questo caso non è \( {\rm d}t \) ad avere dimensione, dato che nella scrittura
\[ \int_a^b f(x)\, {\rm d}x \]
è solo \( f \) che conta, mentre il resto è una pura convenzione grafica.
Riprendendo proprio il suo esempio, hai
\[ \ln x = \int_1^x \frac{1}{t}\, {\rm d}t = \lim_{n \to +\infty} \sum_{k=1}^n \frac{x-1}{n} \frac{1}{\xi_k} \]
Come vedi, il logaritmo è ricondotto a un qualcosa di non trascendente.
Per concludere basta osservare che \( \xi_k \) e \( \frac{x-1}{n} \) hanno la stessa dimensione (essendo entrambi riferiti all'asse delle ascisse), pertanto il risultato finale è che \( \ln x \) è adimensionale.
Riccardo, non sei d'accordo con la scrittura $ {\text{d}t} / t $ o sulla bonaria presa in giro con cui ho concluso il post (in ogni caso non mi offendo, tranquillo)?
Ho scritto che le equazioni dimensionali "non prevedono funzioni trascendenti" perché essendo della forma:
$ [U_{gf}] = [x^a \cdot y^b \cdot z^c \cdots] $
dove $ U_{gf} $ rappresenta l'unità di misura di una generica grandezza fisica e a destra la sua equazione dimensionale, dove $ x $, $ y $, $ z $, e via dicendo sono le unità di misura fondamentali del Sistema Internazionale, mentre $ a $, $ b $, $ c $ eccetera sono i relativi esponenti interi.
Se invece fai riferimento alla scrittura dell'integrale allora il tuo metodo è più rigoroso.
Ho scritto che le equazioni dimensionali "non prevedono funzioni trascendenti" perché essendo della forma:
$ [U_{gf}] = [x^a \cdot y^b \cdot z^c \cdots] $
dove $ U_{gf} $ rappresenta l'unità di misura di una generica grandezza fisica e a destra la sua equazione dimensionale, dove $ x $, $ y $, $ z $, e via dicendo sono le unità di misura fondamentali del Sistema Internazionale, mentre $ a $, $ b $, $ c $ eccetera sono i relativi esponenti interi.
Se invece fai riferimento alla scrittura dell'integrale allora il tuo metodo è più rigoroso.
Mi riferivo alla scrittura \( \frac{{\rm d}t}{t} \), sul resto direi che siamo d'accordo.
Qui c'è la solita….dicotomia, per così dire, tra matematica e fisica.
Quando scrivo : $ v = s/t$ , mi riferisco a grandezze fisiche : velocita, spazio, tempo, messe però in relazione tra loro da un formula matematica.
Nessuno mette in dubbio che si tratti di una formula matematica, giusto? E nessuno dubita che si tratti di una relazione tra grandezze fisiche, ovvio. E queste grandezze hanno ciascuna la propria dimensione.
E se scrivo la velocita cosi : $v =(ds)/(dt) $ ???
Dirò che si tratta di una derivata, concetto matematico, quindi non del rapporto tra due differenziali ma di un limite ben definito, di cui quello è solo un simbolo, oppure continuerò a vedere l'aspetto fisico, e dirò invece che si tratta proprio di un rapporto, in cui il numeratore ha la dimensione di una lunghezza e il denominatore quella di un tempo ?
Si perde il senso della dimensione fisica, calcolando il limite del rapporto incrementale ?
E quindi, scrivendo : $ds = v*dt $ , e integrando tra $0$ e $T$ per calcolare la lunghezza di una traiettoria :
$ S = int_0^T vdt$
darò ancora un significato fisico all'espressione sotto il segno di integrale, o le darò solo un significato matematico, per cui $dt$ è solo un simbolo?
Quando scrivo : $ v = s/t$ , mi riferisco a grandezze fisiche : velocita, spazio, tempo, messe però in relazione tra loro da un formula matematica.
Nessuno mette in dubbio che si tratti di una formula matematica, giusto? E nessuno dubita che si tratti di una relazione tra grandezze fisiche, ovvio. E queste grandezze hanno ciascuna la propria dimensione.
E se scrivo la velocita cosi : $v =(ds)/(dt) $ ???
Dirò che si tratta di una derivata, concetto matematico, quindi non del rapporto tra due differenziali ma di un limite ben definito, di cui quello è solo un simbolo, oppure continuerò a vedere l'aspetto fisico, e dirò invece che si tratta proprio di un rapporto, in cui il numeratore ha la dimensione di una lunghezza e il denominatore quella di un tempo ?
Si perde il senso della dimensione fisica, calcolando il limite del rapporto incrementale ?
E quindi, scrivendo : $ds = v*dt $ , e integrando tra $0$ e $T$ per calcolare la lunghezza di una traiettoria :
$ S = int_0^T vdt$
darò ancora un significato fisico all'espressione sotto il segno di integrale, o le darò solo un significato matematico, per cui $dt$ è solo un simbolo?
@navigatore Secondo me il dubbio non è così grande. Nella realtà quando calcoli la velocità non fai che un rapporto fra grandezze finite quindi nella derivata la grandezza è il rapporto fra le grandezze originali. Discorso simile vale per l'integrale, dove stai calcolando l'area. Il \(\mbox{d}t\) non dovremmo neanche nominarlo in questi discorsi.
@smèagol
io non ho dubbi sulla interpretazione delle equazioni "fisiche" , e mi comporto in una certa maniera.
Le mie domande sono retoriche, fatte per stimolare chi vuol formulare una sua risposta.
io non ho dubbi sulla interpretazione delle equazioni "fisiche" , e mi comporto in una certa maniera.
Le mie domande sono retoriche, fatte per stimolare chi vuol formulare una sua risposta.
una domanda che centra ben poco... Umbreon93 studi al poli di torino?
Aggiungerei un'opinione, in relazione alla funzione esponenziale: se la si vuole definire in termini di serie di potenze, è evidente che tutti i termini $x^k/(k"!")$ devono essere omogenei per dare senso alle ridotte della serie, il che è possibile soltanto se $x$ è adimensionale.
Analogo discorso può riferirsi ad un'altra definizione classica di esponenziale, $e^x=lim_(n to + infty)(1+x/n)^n$.
Mi pare comunque che alcune osservazioni fatte nel presente thread mirino più a mostrare che le funzioni citate (seno, o logaritmo) siano adimensionali, piuttosto che il loro argomento, o no?
Analogo discorso può riferirsi ad un'altra definizione classica di esponenziale, $e^x=lim_(n to + infty)(1+x/n)^n$.
Mi pare comunque che alcune osservazioni fatte nel presente thread mirino più a mostrare che le funzioni citate (seno, o logaritmo) siano adimensionali, piuttosto che il loro argomento, o no?
"Palliit":
Mi pare comunque che alcune osservazioni fatte nel presente thread mirino più a mostrare che le funzioni citate (seno, o logaritmo) siano adimensionali, piuttosto che il loro argomento, o no?
Hai ragione, in effetti è proprio così.
Ho scritto anche, a proposito del "seno" , che $senx$ è una funzione reale di variabile reale (scordatevi gli angoli, ripeto!) .
Essa è definita in $R$ e assume valori in $[-1, +1]$ .
In sostanza, $x$ è un numero reale.
Che poi coincide con la misura in radianti di un certo angolo, a meno di multipli di $2\pi$.
E il radiante è un rapporto tra due lunghezze, quella dell'arco di circonferenza e quella del raggio della circonferenza.
Va bene così ?
Ma l'attributo "adimensionale" mi fa andare in allarme : c'è differenza tra "numero puro" e "grandezza adimensionale" . Spesso le due definizioni vengono identificate, e non va bene.
Essa è definita in $R$ e assume valori in $[-1, +1]$ .
In sostanza, $x$ è un numero reale.
Che poi coincide con la misura in radianti di un certo angolo, a meno di multipli di $2\pi$.
E il radiante è un rapporto tra due lunghezze, quella dell'arco di circonferenza e quella del raggio della circonferenza.
Va bene così ?
Ma l'attributo "adimensionale" mi fa andare in allarme : c'è differenza tra "numero puro" e "grandezza adimensionale" . Spesso le due definizioni vengono identificate, e non va bene.
"Palliit":
Aggiungerei un'opinione, in relazione alla funzione esponenziale: se la si vuole definire in termini di serie di potenze, è evidente che tutti i termini $x^k/(k"!")$ devono essere omogenei per dare senso alle ridotte della serie, il che è possibile soltanto se $x$ è adimensionale.
\[
2 = 1 + 0.5 + 0.25 + ...
\]
E' la serie geometrica di ragione \(0.5\), a sinistra ho \(kg\) e a destra sto sommando \(kg\). Mi sembra che abbia senso.
@sméagol: se $a=0.5 kg$, allora: $1+a+a^2+...=1+0.5kg+0.25kg^2+...$, che è privo di senso.
"navigatore":
Ho scritto anche, a proposito del "seno" , che $senx$ è una funzione reale di variabile reale (scordatevi gli angoli, ripeto!) .
[...]
Ma l'attributo "adimensionale" mi fa andare in allarme : c'è differenza tra "numero puro" e "grandezza adimensionale" . Spesso le due definizioni vengono identificate, e non va bene.
Sì, c'è differenza.
Si definisce adimensionale quella grandezza fisica le cui dimensioni sono tutte con esponente pari a 0. Per esempio $ [{m}/{m}] = [{m^1} \cdot {m^{-1}}] = [m^0] $
Invece un numero puro è un numero che non deriva da grandezze fisiche, ma è in esse coinvolto come $ \pi, \sqrt(2), 1/2, \text{ecc.} $