Irraggiamento termico
Salve a tutti.
Chiedo gentilmente un aiuto per capire il significato delle grandezze note come irraggiamento integrale ed emissività specifica che vengono definite nello studio dell'irraggiamento termico.
L'irraggiamento integrale $I$ viene definita come: la potenza emessa per unità di area in tutte le direzioni dello spazio, in tutto lo spettro(cioè tutte le lunghezze d'onda), matematicamente $I=(dq)/(dA)$ se $dq$ è la potenza infinetisima emessa dall'area $dA$. E già qui i libri di testo, come pure i nostri professori potrebbero dire che comunque si ipotizza che la potenza emessa da un'area infinitesima, sia anch'essa infinitesima e per di più dello stesso ordine. (è un sottointeso secondo me non trascurabile).
Successivamente viene definita l'emissività specifica $\epsilon$ come la potenza emessa per unità di area, in tutte le direzioni dello spazio per unità di lunghezza d'onda. E qui i problemi si fanno seri. Matematicamente viene definita come $\epsilon=(dI)/(d\lambda)$. Perchè?
Cioè partiamo da questo ragionamento: io so che una radiazione elettromagnetica che abbia una lunghezza d'onda fissata, cioè un numero fissato una volta per tutte, ha una potenza ben precisa. Ora $I$ rappresenta quella emessa in tutte le direzioni in tutto lo spettro delle lunghezze d'onda,per unità di area. Supponiamo di considerare un'intervallo di lunghezza d'onda $d\lambda$ intorno ad un valore $\lambda$ qualsiasi dello spettro, la potenza emessa dalla superficie infinitesima in quell'intervallo è $dI$. Perchè? Cioè voglio dire capisco che possa essere infinitesima questa potenza emessa nell'intervallo $d\lambda$ perchè infitesima è l'area,ma la potenza emessa in quell'intervallo dovrebbe essere semplicemente la somma delle potenze che si hanno per i valori di $\lambda$ compresi tra $\lambda$ e $\lambda + d\lambda$. Non capisco che senso ha definire una emissività per unità di lunghezza d'onda, cioè è come se definissi l'energia cinetica per unità di velocità!!
Cioè l'emissività specifica o monocromatica $\epsilon$ non dovrebbe essere semplicemente la potenza emessa per unità di area in tutte le direzioni a quella lunghezza d'onda fissata???che c'entra l'intervallo???
So di essere stato un po' confusionario ma la questione è sempre la stessa, l'ennesima: scrivere non è semplice e senza disegni è peggio, su internet ricerche su ricerche solo tempo perso, e i professori non hanno la pazienza per provare a capire quello che lo studente ha da chiedere.
Grazie per l'attenzione.Buona notte!
Chiedo gentilmente un aiuto per capire il significato delle grandezze note come irraggiamento integrale ed emissività specifica che vengono definite nello studio dell'irraggiamento termico.
L'irraggiamento integrale $I$ viene definita come: la potenza emessa per unità di area in tutte le direzioni dello spazio, in tutto lo spettro(cioè tutte le lunghezze d'onda), matematicamente $I=(dq)/(dA)$ se $dq$ è la potenza infinetisima emessa dall'area $dA$. E già qui i libri di testo, come pure i nostri professori potrebbero dire che comunque si ipotizza che la potenza emessa da un'area infinitesima, sia anch'essa infinitesima e per di più dello stesso ordine. (è un sottointeso secondo me non trascurabile).
Successivamente viene definita l'emissività specifica $\epsilon$ come la potenza emessa per unità di area, in tutte le direzioni dello spazio per unità di lunghezza d'onda. E qui i problemi si fanno seri. Matematicamente viene definita come $\epsilon=(dI)/(d\lambda)$. Perchè?
Cioè partiamo da questo ragionamento: io so che una radiazione elettromagnetica che abbia una lunghezza d'onda fissata, cioè un numero fissato una volta per tutte, ha una potenza ben precisa. Ora $I$ rappresenta quella emessa in tutte le direzioni in tutto lo spettro delle lunghezze d'onda,per unità di area. Supponiamo di considerare un'intervallo di lunghezza d'onda $d\lambda$ intorno ad un valore $\lambda$ qualsiasi dello spettro, la potenza emessa dalla superficie infinitesima in quell'intervallo è $dI$. Perchè? Cioè voglio dire capisco che possa essere infinitesima questa potenza emessa nell'intervallo $d\lambda$ perchè infitesima è l'area,ma la potenza emessa in quell'intervallo dovrebbe essere semplicemente la somma delle potenze che si hanno per i valori di $\lambda$ compresi tra $\lambda$ e $\lambda + d\lambda$. Non capisco che senso ha definire una emissività per unità di lunghezza d'onda, cioè è come se definissi l'energia cinetica per unità di velocità!!
Cioè l'emissività specifica o monocromatica $\epsilon$ non dovrebbe essere semplicemente la potenza emessa per unità di area in tutte le direzioni a quella lunghezza d'onda fissata???che c'entra l'intervallo???
So di essere stato un po' confusionario ma la questione è sempre la stessa, l'ennesima: scrivere non è semplice e senza disegni è peggio, su internet ricerche su ricerche solo tempo perso, e i professori non hanno la pazienza per provare a capire quello che lo studente ha da chiedere.
Grazie per l'attenzione.Buona notte!
Risposte
"Agente47":
L'irraggiamento integrale $I$ viene definita come: la potenza emessa per unità di area in tutte le direzioni dello spazio, in tutto lo spettro(cioè tutte le lunghezze d'onda), matematicamente $I=(dq)/(dA)$ se $dq$ è la potenza infinetisima emessa dall'area $dA$. E già qui i libri di testo, come pure i nostri professori potrebbero dire che comunque si ipotizza che la potenza emessa da un'area infinitesima, sia anch'essa infinitesima e per di più dello stesso ordine. (è un sottointeso secondo me non trascurabile).
Che vuol dire? Come fai a confrontare ordini di infinitesimo di due grandezze fisiche totalmente diverse?
"Agente47":
Successivamente viene definita l'emissività specifica $\epsilon$ come la potenza emessa per unità di area, in tutte le direzioni dello spazio per unità di lunghezza d'onda. E qui i problemi si fanno seri. Matematicamente viene definita come $\epsilon=(dI)/(d\lambda)$. Perchè?
Per una questione di lingua italiana una grandezza $y$ per unità di un'altra grandezza $x$ si intende la quantità $y$ diviso la quantità $x$. Per esempio la velocità è lo spazio percorso per unità di tempo. In generale questo dipende dall'intervallo di tempo che considero, così come la potenza emessa per unità di superficie dipende dalla superficie che considero. Se voglio definire quantità locali, come la velocità in un istante, o la potenza per unità di superficie in un punto, quanto di meglio posso fare è considerare intervalli di tempo sempre più piccoli intorno all'istante voluto, o superfici sempre più piccole contenenti il punto. Fisicamente si dice che si guardano quantità infinitesime, e si usa mettere una $d$ davanti. In realtà $dx$, $dA$, $d \lambda$ non sono quantità ben definite, ma sono una notazione di comodo per indicare un processo di limite. Quando hai un rapporto di infinitesimi stai invece facendo una derivata.
"Agente47":
Cioè partiamo da questo ragionamento: io so che una radiazione elettromagnetica che abbia una lunghezza d'onda fissata, cioè un numero fissato una volta per tutte, ha una potenza ben precisa. Ora $I$ rappresenta quella emessa in tutte le direzioni in tutto lo spettro delle lunghezze d'onda,per unità di area. Supponiamo di considerare un'intervallo di lunghezza d'onda $d\lambda$ intorno ad un valore $\lambda$ qualsiasi dello spettro, la potenza emessa dalla superficie infinitesima in quell'intervallo è $dI$. Perchè? Cioè voglio dire capisco che possa essere infinitesima questa potenza emessa nell'intervallo $d\lambda$ perchè infitesima è l'area,ma la potenza emessa in quell'intervallo dovrebbe essere semplicemente la somma delle potenze che si hanno per i valori di $\lambda$ compresi tra $\lambda$ e $\lambda + d\lambda$.
Esistono almeno due modi di rappresentare la realtà: discreto e continuo.
Una quantità è discreta se ha un numero finito o infinito numerabile di valori, è invece continua se può assumere valori in un intervallo. Un gas eccitato emette uno spettro discreto, cioè con delle righe a certe lunghezze d'onda corrispondenti alle transizioni tra i suoi livelli energetici. Per questo può essere modellato come una serie di valori di intensità a diverse lunghezze d'onda. In realtà però non è vero che emette solo a quelle lunghezze d'onda, ma in un range più o meno stretto attorno ad esse. Non è nemmeno possibile misurare l'intensità a una lunghezza d'onda precisa, tuttavia non ti interessa il dettaglio, quindi puoi usare un modello discreto.
Un forno caldo emette invece uno spettro decisamente continuo, tale che è impossibile usare un modello discreto.
Sul fatto poi, se la natura sia intrinsecamente discreta o continua il dibattito è ancora apertissimo, probabilmente non finirà mai. Per ora ti basta sapere che esistono questi due modi di rappresentarla, a seconda del contesto in cui ci si trova.
Spero di essere riuscito a chiarire almeno un po'.
Grazie.
Quanto prima voglio cercare di esporre il mio dubbio con l'aiuto di un grafico perché continuando a studiare un po' il concetto sta prendendo forma ma è ancora molto "liquido", non posso rischiare di provare ora a spiegarlo perché ho paura di confondermi da solo, quindi insisto ancora un po' nello studio.
Due domande posso fare però, la prima attinente al mio argomento, la seconda prendendo spunto dalla tua spiegazione.
1) Se non è possibile definire un'intensità per una lunghezza d'onda precisa: che significato ha la legge di Planck $E=h(v/\lambda)$ ? Se rappresenta l'energia associata alla radiazione elettromagnetica di lunghezza d'onda $\lambda$ , che senso ha parlare di energia per unità di lunghezza d'onda?(Nel mio post ho parlato di potenze ma suppongo che se esista un'energia ben definita altrettanto si può dire per la potenza). Detto anche in altre parole se una superficie grande o piccola che sia emette una radiazione elettromagnetica, la sua energia, e quindi la potenza, non dipende solo dalla sua velocità(che dipende solo da mezzo di attraversamento) e dalla sua lunghezza d'onda? Perchè dovrei pensare che dipende dalla natura del corpo che la emette? ecco che comincio ad incasinarmi...passo,gentilmente, all'altra domanda:
2) Che differenza c'è tra considerare un processo di limite, e grandezza infinitesima? Cioè considerare $dy/dx$ specificando che sono due grandezze infinitesime, cioè piccole a piacere e dire che invece$dy->0$ ; e $dx->0$ non è la stessa cosa?? O forse quel che cambia è la dipendenza che esiste tra l'una e l'altra? Cioè $dy->0$ se $dx->0$ mentre nel caso degli infinitesimi questa dipendenza potrebbe mancare?
Quanto prima voglio cercare di esporre il mio dubbio con l'aiuto di un grafico perché continuando a studiare un po' il concetto sta prendendo forma ma è ancora molto "liquido", non posso rischiare di provare ora a spiegarlo perché ho paura di confondermi da solo, quindi insisto ancora un po' nello studio.
Due domande posso fare però, la prima attinente al mio argomento, la seconda prendendo spunto dalla tua spiegazione.
1) Se non è possibile definire un'intensità per una lunghezza d'onda precisa: che significato ha la legge di Planck $E=h(v/\lambda)$ ? Se rappresenta l'energia associata alla radiazione elettromagnetica di lunghezza d'onda $\lambda$ , che senso ha parlare di energia per unità di lunghezza d'onda?(Nel mio post ho parlato di potenze ma suppongo che se esista un'energia ben definita altrettanto si può dire per la potenza). Detto anche in altre parole se una superficie grande o piccola che sia emette una radiazione elettromagnetica, la sua energia, e quindi la potenza, non dipende solo dalla sua velocità(che dipende solo da mezzo di attraversamento) e dalla sua lunghezza d'onda? Perchè dovrei pensare che dipende dalla natura del corpo che la emette? ecco che comincio ad incasinarmi...passo,gentilmente, all'altra domanda:
2) Che differenza c'è tra considerare un processo di limite, e grandezza infinitesima? Cioè considerare $dy/dx$ specificando che sono due grandezze infinitesime, cioè piccole a piacere e dire che invece$dy->0$ ; e $dx->0$ non è la stessa cosa?? O forse quel che cambia è la dipendenza che esiste tra l'una e l'altra? Cioè $dy->0$ se $dx->0$ mentre nel caso degli infinitesimi questa dipendenza potrebbe mancare?
1) La legge di Planck è scritta male; forse intendevi:
[tex]E = h \left ( \frac{c}{ \lambda} \right )[/tex]
Questa legge ci dice quanta è l'energia associata a un fotone di lunghezza d'onda $\lambda$.
L'energia emessa da una superficie dipende da quanti fotoni emette e a che lunghezze d'onda li emette.
La potenza emessa da una superficie dipende da quanti fotoni emette e a che lunghezze d'onda li emette per unità di tempo.
L'energia o la potenza per unità di lunghezza d'onda considerano solo fotoni di una certa lunghezza d'onda (sempre da intendersi come un piccolo range di lunghezze d'onda) e possono essere definite solo se stiamo usando un modello continuo.
2) Parlare di grandezze infinitesime è un modo puramente intuitivo, molto comodo, ma niente affatto rigoroso. Se ci si riflette troppo a fondo si rischia di trovare perplessità,imprecisioni. E' il tipico modo di ragionare in fisica, utilissimo per capire la sostanza dei fenomeni, e anche per dedurre leggi matematiche piuttosto velocemente, ma non è per niente rigoroso, anzi direi che è matematicamente sbagliato, e talvolta può anche portare a ricavare risultati falsi. Tuttavia il più delle volte funziona bene; quindi ci permettiamo il lusso di usarlo.
Il processo di limite invece è formalmente rigoroso e matematicamente corretto, a volte più tedioso, meno intuitivo; insomma, più sofisticato.
Questa è la differenza.
[tex]E = h \left ( \frac{c}{ \lambda} \right )[/tex]
Questa legge ci dice quanta è l'energia associata a un fotone di lunghezza d'onda $\lambda$.
L'energia emessa da una superficie dipende da quanti fotoni emette e a che lunghezze d'onda li emette.
La potenza emessa da una superficie dipende da quanti fotoni emette e a che lunghezze d'onda li emette per unità di tempo.
L'energia o la potenza per unità di lunghezza d'onda considerano solo fotoni di una certa lunghezza d'onda (sempre da intendersi come un piccolo range di lunghezze d'onda) e possono essere definite solo se stiamo usando un modello continuo.
2) Parlare di grandezze infinitesime è un modo puramente intuitivo, molto comodo, ma niente affatto rigoroso. Se ci si riflette troppo a fondo si rischia di trovare perplessità,imprecisioni. E' il tipico modo di ragionare in fisica, utilissimo per capire la sostanza dei fenomeni, e anche per dedurre leggi matematiche piuttosto velocemente, ma non è per niente rigoroso, anzi direi che è matematicamente sbagliato, e talvolta può anche portare a ricavare risultati falsi. Tuttavia il più delle volte funziona bene; quindi ci permettiamo il lusso di usarlo.
Il processo di limite invece è formalmente rigoroso e matematicamente corretto, a volte più tedioso, meno intuitivo; insomma, più sofisticato.
Questa è la differenza.
Dunque, ho consultato il Parolini-Del Monaco-Fontana(il più utile),il Cengel,il Bonacina-Cavallini-Mattarolo, il Guglielmini-Pisoni, più svariati appunti ufficiali e non dei professori e altre università.
La conclusione a cui sono giunto è questa: la tua osservazione riguardo il mondo discreto o continuo è stata utilissima ed essenziale, infatti ho capito che il mio dubbio derivava proprio da questo contrasto, ossia aver studiato più e più volte alcune leggi senza sapere che hanno validità solo nel campo discreto, come ad esempio la legge di Planck che ci permette di associare ad una radiazione elettromagnetica di lunghezza d'onda $\lambda$ il valore minimo di energia che questa possiede. Nel campo continuo non è così. La conlusione a cui sono giunto: l'energia o la potenza associata ad una
radiazione di lunghezza d'onda $\lambda$ è zero!! O meglio non ha senso parlare di energia associata ad una lunghezza d'onda. Vado a spiegare perché(fermo restando che potrei ancora una volta sbagliarmi).
$\epsilon$ rappresenta l'emissività specifica, ed ha senso fin tanto chel'intervallo $d\lambda$ di lunghezza d'onda, intorno ad un valore di lunghezza d'onda arbitrario, è maggiore di zero. Ho pensato ad $\epsilon$ come alla densità, è possibile associare ad un punto $P(x,y,z)$ un valore di densità $\rho$ ma non ha senso parlare di massa nel punto $P$(dove la massa nel mio parallelo ha il ruolo dell'energia della radiazione). Al massimo possiamo parlare di massa nell'intorno nel punto $P$, ma non di massa associata al punto $P$; al punto $P$ possiamo però associare la densità $\rho$ definita come $\rho=(dm)/(dV)$ da cui anche il significato di massa per unità di volume. Ma $\rho$ ha senso finchè $dV$ resta maggiore di zero (se pur piccolo), se $dV=0$ non ha senso definire la densità non avendo senso neanche senso considerare la massa $dm$. Questo sempre sotto ipotesi di buon senso cioè che il rapporto $(dm)/(dV)$ resti finito cioè una dipendenza diretta tra massa e volume. Quindi posso definire una funzione $\rho=\rho(x,y,z)$. Analogamente considerando l'irraggiamento integrale $I$ questo rappresenta la potenza emessa per unità di superficie in tutte le direzioni in tutto lo spettro di lunghezza d'onda. Se considero degli intervalli di lunghezze d'onda $\Delta\lambda$ la potenza all'interno di questi intervalli si riduce rappresentando una porzione della potenza totale. Tornando al mio parallelo è come considerare la massa totale m come I, dunque considero degli intervalli di volume $\DeltaV$ come gli intervalli di lunghezza d'onda $\Delta\lambda$ e quindi all'interno di quei volumi troverò delle porzioni di m.Ancora una volta posso ben supporre che al diminuire dell'ampiezza di questi intervalli(o equivalentemente aumentandone il numero) la potenza irraggiata all'interno di quegli intervalli sarà sempre minore. Al limite per $\Delta\lambda->0$ la potenza emessa tende a zero. Da qui posso definire $\epsilon$ come rapporto $(dP)/(d\lambda)$ e posso affermare senza dimostrarlo(cioè ammettiamo che sia vero) che il rapporto è finito, come succede per la densità nelle ipotesi diciamo normali, senza considerare buchi neri ecc.
A questo punto posso dire alla stessa maniera che la potenza emessanell'intervallo $d\lambda$ è pari a $\epsilon d\lambda$ e quella contenuta in un intervallo finito che va da $\lambda_1$ a $\lambda_2$ sarà pari all'integrale ecc.
Quindi parlare di potenza emessa (per unità di area in tutte le direzioni ecc)ha senso finchè abbiamo un intervallo se l'intervallo diventa zero come numero preciso, non ha senso(se questa è la teoria che usiamo,se poi vogliamo usare
altre teorie come quella quantistica la è un altro discorso).
Ho fatto una fatica enorme per giungere a questo risultato e scriverlo è stato altrettanto faticoso, spero di non sbagliarmi e di essere stato chiaro.Su l'altro discorso quello sugli infinitesimi mi permetto di non essere d'accordo(ovviamente nel senso di scambio di idee), ma al momento lo salto perchè non ho le forze di riportare la mia idea essendo lunga ed ingarbugliata (sempre però alla luce di conoscenze accettate dal mondo scientifico).
Vorrei chiederti un altro aiuto, un'altra grandezza che viene definita è : l'intensità di radiazione globale $I$ definita come $I=(dq)/(dAd\omega cos\theta)$cioè la potenza emessa in tutte le lughezze d'onda,in una specifica direzione,per
unità di area normale alla direzione considerata per unità di angolo solido.Ora $dq$ è la potenza infinitesima emessa dall'area emittente $dA$ considerata su un corpo opaco, $d\omega$ è l'angolo solido infinitesimo con vertice in P
("baricentro" dell'area $dA$) che definisce la direzione particolare considerata, $cos\theta$ è l'angolo tra la normale all'area $dA$e la direzione particolare considerata. Il prodotto $dA cos\theta$ rappresenta l'area apparente ossia l'area
dA proiettata ortogonalmente alla direzione considerata.Allego immagine presa dal mattarolo(beta è theta):

La mia domanda è:
perchè mai devo considerare l'area apparente? Cioè capisco che è una definizione e quindi va presa per come è, ma che c'entra il coseno di $\theta$, cioè io avrei definito $I$ come potenza emessa dall'unità di area per unità di angolo solido
basta. Ad esempio se l'area dA emettesse un flusso di acqua in tutte le direzioni e a me interessa definire una grandezza direzionale, potrei considerare la portata di acqua per unità di angolo solido per unità di area. Perchè dovrei considerare l'angolo $\theta$??
Effettivamente il Parolini definisce due volte la stessa grandezza una volta con una volta senza quel coseno, ma non ho capito molto perchè!
Grazie
La conclusione a cui sono giunto è questa: la tua osservazione riguardo il mondo discreto o continuo è stata utilissima ed essenziale, infatti ho capito che il mio dubbio derivava proprio da questo contrasto, ossia aver studiato più e più volte alcune leggi senza sapere che hanno validità solo nel campo discreto, come ad esempio la legge di Planck che ci permette di associare ad una radiazione elettromagnetica di lunghezza d'onda $\lambda$ il valore minimo di energia che questa possiede. Nel campo continuo non è così. La conlusione a cui sono giunto: l'energia o la potenza associata ad una
radiazione di lunghezza d'onda $\lambda$ è zero!! O meglio non ha senso parlare di energia associata ad una lunghezza d'onda. Vado a spiegare perché(fermo restando che potrei ancora una volta sbagliarmi).
$\epsilon$ rappresenta l'emissività specifica, ed ha senso fin tanto chel'intervallo $d\lambda$ di lunghezza d'onda, intorno ad un valore di lunghezza d'onda arbitrario, è maggiore di zero. Ho pensato ad $\epsilon$ come alla densità, è possibile associare ad un punto $P(x,y,z)$ un valore di densità $\rho$ ma non ha senso parlare di massa nel punto $P$(dove la massa nel mio parallelo ha il ruolo dell'energia della radiazione). Al massimo possiamo parlare di massa nell'intorno nel punto $P$, ma non di massa associata al punto $P$; al punto $P$ possiamo però associare la densità $\rho$ definita come $\rho=(dm)/(dV)$ da cui anche il significato di massa per unità di volume. Ma $\rho$ ha senso finchè $dV$ resta maggiore di zero (se pur piccolo), se $dV=0$ non ha senso definire la densità non avendo senso neanche senso considerare la massa $dm$. Questo sempre sotto ipotesi di buon senso cioè che il rapporto $(dm)/(dV)$ resti finito cioè una dipendenza diretta tra massa e volume. Quindi posso definire una funzione $\rho=\rho(x,y,z)$. Analogamente considerando l'irraggiamento integrale $I$ questo rappresenta la potenza emessa per unità di superficie in tutte le direzioni in tutto lo spettro di lunghezza d'onda. Se considero degli intervalli di lunghezze d'onda $\Delta\lambda$ la potenza all'interno di questi intervalli si riduce rappresentando una porzione della potenza totale. Tornando al mio parallelo è come considerare la massa totale m come I, dunque considero degli intervalli di volume $\DeltaV$ come gli intervalli di lunghezza d'onda $\Delta\lambda$ e quindi all'interno di quei volumi troverò delle porzioni di m.Ancora una volta posso ben supporre che al diminuire dell'ampiezza di questi intervalli(o equivalentemente aumentandone il numero) la potenza irraggiata all'interno di quegli intervalli sarà sempre minore. Al limite per $\Delta\lambda->0$ la potenza emessa tende a zero. Da qui posso definire $\epsilon$ come rapporto $(dP)/(d\lambda)$ e posso affermare senza dimostrarlo(cioè ammettiamo che sia vero) che il rapporto è finito, come succede per la densità nelle ipotesi diciamo normali, senza considerare buchi neri ecc.
A questo punto posso dire alla stessa maniera che la potenza emessanell'intervallo $d\lambda$ è pari a $\epsilon d\lambda$ e quella contenuta in un intervallo finito che va da $\lambda_1$ a $\lambda_2$ sarà pari all'integrale ecc.
Quindi parlare di potenza emessa (per unità di area in tutte le direzioni ecc)ha senso finchè abbiamo un intervallo se l'intervallo diventa zero come numero preciso, non ha senso(se questa è la teoria che usiamo,se poi vogliamo usare
altre teorie come quella quantistica la è un altro discorso).
Ho fatto una fatica enorme per giungere a questo risultato e scriverlo è stato altrettanto faticoso, spero di non sbagliarmi e di essere stato chiaro.Su l'altro discorso quello sugli infinitesimi mi permetto di non essere d'accordo(ovviamente nel senso di scambio di idee), ma al momento lo salto perchè non ho le forze di riportare la mia idea essendo lunga ed ingarbugliata (sempre però alla luce di conoscenze accettate dal mondo scientifico).
Vorrei chiederti un altro aiuto, un'altra grandezza che viene definita è : l'intensità di radiazione globale $I$ definita come $I=(dq)/(dAd\omega cos\theta)$cioè la potenza emessa in tutte le lughezze d'onda,in una specifica direzione,per
unità di area normale alla direzione considerata per unità di angolo solido.Ora $dq$ è la potenza infinitesima emessa dall'area emittente $dA$ considerata su un corpo opaco, $d\omega$ è l'angolo solido infinitesimo con vertice in P
("baricentro" dell'area $dA$) che definisce la direzione particolare considerata, $cos\theta$ è l'angolo tra la normale all'area $dA$e la direzione particolare considerata. Il prodotto $dA cos\theta$ rappresenta l'area apparente ossia l'area
dA proiettata ortogonalmente alla direzione considerata.Allego immagine presa dal mattarolo(beta è theta):

La mia domanda è:
perchè mai devo considerare l'area apparente? Cioè capisco che è una definizione e quindi va presa per come è, ma che c'entra il coseno di $\theta$, cioè io avrei definito $I$ come potenza emessa dall'unità di area per unità di angolo solido
basta. Ad esempio se l'area dA emettesse un flusso di acqua in tutte le direzioni e a me interessa definire una grandezza direzionale, potrei considerare la portata di acqua per unità di angolo solido per unità di area. Perchè dovrei considerare l'angolo $\theta$??
Effettivamente il Parolini definisce due volte la stessa grandezza una volta con una volta senza quel coseno, ma non ho capito molto perchè!
Grazie
Il discorso è un po' lungo, e al momento non ho il tempo per rispondere punto per punto, però sostanzialmente mi pare corretto.
Per quanto riguarda la domanda, dipende da cosa serve sapere. Per esempio supponi che stai osservando un pezzo della superficie del Sole. Essa emette in tutte le direzioni, ma tu ricevi solo quella parte di radiazione che è diretta verso il tuo telescopio, quindi entra in gioco l'angolo.
Per quanto riguarda la domanda, dipende da cosa serve sapere. Per esempio supponi che stai osservando un pezzo della superficie del Sole. Essa emette in tutte le direzioni, ma tu ricevi solo quella parte di radiazione che è diretta verso il tuo telescopio, quindi entra in gioco l'angolo.
Il sostanzialmente corretto mi da un po' di conforto...una settimana di ricerca non va buttata. urrrrrrrrrà.
Riguardo alla domanda sul coseno che compare nella definizione dell' intensità di radiazione $I$,non ho capito lo stesso.
Il coseno potrei fare a meno di metterlo, anche perchè ragionando così a naso vedo che per $\theta ->\pi/2$; $I$ sembra tendere a infinito o comunque cresce. Il che sembra strano perchè più mi metto di "lato" ad una sorgente più diminuisce la potenza ricevuta, qualcuno potrebbe dirmi, ma $dq$ dipende dalla direzione e quindi non so cosa succede a $I$ nel suo complesso, anzi in generale posso proprio dire che $dq$ tende più velocemente a zero quando $\theta$ si avvicina a $\pi/2$, quindi $I$ potrebbe tendere a zero ugualmente; ed allora io dico: se $dq$ dipende da $\theta$ l'introduzione del coseno dell'angolo $\theta$ a cosa serve???
Intanto grazie a robbstark a cui chiedo senza malizia o invadenza: sei anche tu uno studente?
Se altri hanno qualche consiglio è ben accetto:).
Riguardo alla domanda sul coseno che compare nella definizione dell' intensità di radiazione $I$,non ho capito lo stesso.
Il coseno potrei fare a meno di metterlo, anche perchè ragionando così a naso vedo che per $\theta ->\pi/2$; $I$ sembra tendere a infinito o comunque cresce. Il che sembra strano perchè più mi metto di "lato" ad una sorgente più diminuisce la potenza ricevuta, qualcuno potrebbe dirmi, ma $dq$ dipende dalla direzione e quindi non so cosa succede a $I$ nel suo complesso, anzi in generale posso proprio dire che $dq$ tende più velocemente a zero quando $\theta$ si avvicina a $\pi/2$, quindi $I$ potrebbe tendere a zero ugualmente; ed allora io dico: se $dq$ dipende da $\theta$ l'introduzione del coseno dell'angolo $\theta$ a cosa serve???
Intanto grazie a robbstark a cui chiedo senza malizia o invadenza: sei anche tu uno studente?
Se altri hanno qualche consiglio è ben accetto:).
"Agente47":
in generale posso proprio dire che $ dq $ tende più velocemente a zero quando $ \theta $ si avvicina a $ \pi/2 $
Esatto quindi hai $0/0$, che è indeterminato, cioè permette ad $I$ di assumere qualsiasi valore. Il che ha senso:
se tu guardi una superficie di taglio, non ricevi nulla della radiazione che la attraversa, e quindi non hai informazioni che ti permettano di misurare $I$; quindi, per quanto ne sai $I$ può essere qualsiasi.
"Agente47":
ed allora io dico: se $ dq $ dipende da $ \theta $ l'introduzione del coseno dell'angolo $ \theta $ a cosa serve???
Proprio perchè $dq$ dipende da $\theta$, ti spunta $cos theta$ nella formula.
Chiarire ulteriormente a parole non è facile. Ti pongo una domanda per farti riflettere, sperando che ti conduca nella direzione giusta:
Immagina un tubo orizzontale dove scorre l'acqua. Prendi una superficie e normale al tubo e una inclinata, e prova a definire il flusso per ciascuna delle due superfici. (Esse sottendono lo stesso angolo solido, per cui $\omega$ non è rilevante in questo problema).
[ot]Mi sono laureato in Fisica a dicembre, da settembre inizierò il PhD in Astrofisica.[/ot]
Perfetto, a calcolare il flusso di acqua che attraversa una superficie A ci sono arrivato.
E lo riporto per chiarezza:
Considero un tubo di flusso individuo una superficie A piana genericamente orientata rispetto alla direzione di scorrimento, sia $\theta$ l'angolo formato tra la normale alla superficie e la direzione di scorrimento.
Il flusso Q lo definiamo come la massa che attraversa la superficie nell'unità di tempo, per unità di area, ossia:
$Q=(dm)/(dt dA)$ che possiamo scrivere come $Q=\rho(dV)/(dA dt)$ dove $dV$ è il volume di acqua che ha attraversato la superficie A, che può essere scritta come $dV=dAcos(\theta)dS$ dove $dS$ intanto è lo spazio percorso dall'acqua, quindi la formula finale è $Q=\rho((dAdScos(\theta))/(dAdt))=\rho v cos(theta)$.
Fin qui tutto ok, ma qui considero il flusso che attraversa l'area A, se come in figura sto considerando un flusso di potenza emessa dalla superficie,già ce l'ho, cioè nella formula di $I$ non considero l'angolo formato tra la normale ad una superficie attraversata dal flusso e la direzione di propagazione della potenza emessa(che oltretutto è considerato già nella definizione di angolo solido), ma tra la direzione di propagazione e la normale alla superficie emittente. Questo non lo capisco proprio.
Non saprei proprio, forse non mi resta che prenderla per buono. L'unica cosa che mi viene in mente è questa: in realtà dipende dall'utilità cioè io posso definire un intensità che chiamiamo $I_n$ definita come $I_n=(dq)/(dAd\$ d\omega)$ che rappresenta quindi la potenza emessa in tutto lo spettro, per unità di superficie emittente, per unità di angolo solido. Dall'altra parte posso definire $I$ come potenza emessa in tutto lo spettro, per unità di angolo solido, per unità di superficie apparente.
Però restano molti dubbi. Non saprei proprio......
E lo riporto per chiarezza:
Considero un tubo di flusso individuo una superficie A piana genericamente orientata rispetto alla direzione di scorrimento, sia $\theta$ l'angolo formato tra la normale alla superficie e la direzione di scorrimento.
Il flusso Q lo definiamo come la massa che attraversa la superficie nell'unità di tempo, per unità di area, ossia:
$Q=(dm)/(dt dA)$ che possiamo scrivere come $Q=\rho(dV)/(dA dt)$ dove $dV$ è il volume di acqua che ha attraversato la superficie A, che può essere scritta come $dV=dAcos(\theta)dS$ dove $dS$ intanto è lo spazio percorso dall'acqua, quindi la formula finale è $Q=\rho((dAdScos(\theta))/(dAdt))=\rho v cos(theta)$.
Fin qui tutto ok, ma qui considero il flusso che attraversa l'area A, se come in figura sto considerando un flusso di potenza emessa dalla superficie,già ce l'ho, cioè nella formula di $I$ non considero l'angolo formato tra la normale ad una superficie attraversata dal flusso e la direzione di propagazione della potenza emessa(che oltretutto è considerato già nella definizione di angolo solido), ma tra la direzione di propagazione e la normale alla superficie emittente. Questo non lo capisco proprio.
Non saprei proprio, forse non mi resta che prenderla per buono. L'unica cosa che mi viene in mente è questa: in realtà dipende dall'utilità cioè io posso definire un intensità che chiamiamo $I_n$ definita come $I_n=(dq)/(dAd\$ d\omega)$ che rappresenta quindi la potenza emessa in tutto lo spettro, per unità di superficie emittente, per unità di angolo solido. Dall'altra parte posso definire $I$ come potenza emessa in tutto lo spettro, per unità di angolo solido, per unità di superficie apparente.
Però restano molti dubbi. Non saprei proprio......
"Agente47":
L'unica cosa che mi viene in mente è questa: in realtà dipende dall'utilità cioè io posso definire un intensità che chiamiamo $ I_n $ definita come $ I_n=(dq)/(dAd\$ d\omega) $ che rappresenta quindi la potenza emessa in tutto lo spettro, per unità di superficie emittente, per unità di angolo solido. Dall'altra parte posso definire $ I $ come potenza emessa in tutto lo spettro, per unità di angolo solido, per unità di superficie apparente.
Però restano molti dubbi. Non saprei proprio......
Per unità di superficie apparente, volendo, rende bene l'idea.
Pensa che quando tu osservi una stella, la luce che vedi non è la somma delle emissioni delle aree sul guscio sferico, ma la somma delle emissioni dalle aree apparenti.