Cosa succede alla massa della molla quando viene compressa?
a questa domanda è giusto rispondere che la massa aumenta, in quanto comprimendola aumenta la sua energia potenziale elastica. aumentando la sua energia, dalla relazione $E=mc^2$aumenta anche la massa, anche se di una quantità insignificante rispetto alla massa totale della mola, giusto?
Risposte
Volevo dire questo:
Se la massa della molla (e quindi la sua variazione) è una grandezza fisica, deve poter essere misurata.
Allora ho cercato di applicare una 'normale' procedura per la misura della massa per un oggetto macroscopico e verificato che, anche in condizioni ideali di strumentazione (che per altro ritengo impraticabili), la misura non può essere effettuata (se non congelando anche ogni povero lombrico). Ribadisco, non si tratta di uno scherzo, l'effetto dello starnuto del lombrico è effettivamente di tale ordine di grandezza.
Questo mi ha portato a concludere che la quantità misurata di tale variazione di massa è comunque trascurabile (e quindi nulla) per qualunque sistema fisico di interesse.
Ovviamente non si tratta di una dimostrazione (in termini matematici). Non posso escludere che qualcuno riesca a trovare una procedura più furba in grado di evidenziare tale variazione su un corpo macroscopico. Tuttavia, siccome si tratterebbe di una dimostrazione 'semplice' e diretta della teoria della relatività, dubito che sia così facile da effettuarsi.
ciao
Se la massa della molla (e quindi la sua variazione) è una grandezza fisica, deve poter essere misurata.
Allora ho cercato di applicare una 'normale' procedura per la misura della massa per un oggetto macroscopico e verificato che, anche in condizioni ideali di strumentazione (che per altro ritengo impraticabili), la misura non può essere effettuata (se non congelando anche ogni povero lombrico). Ribadisco, non si tratta di uno scherzo, l'effetto dello starnuto del lombrico è effettivamente di tale ordine di grandezza.
Questo mi ha portato a concludere che la quantità misurata di tale variazione di massa è comunque trascurabile (e quindi nulla) per qualunque sistema fisico di interesse.
Ovviamente non si tratta di una dimostrazione (in termini matematici). Non posso escludere che qualcuno riesca a trovare una procedura più furba in grado di evidenziare tale variazione su un corpo macroscopico. Tuttavia, siccome si tratterebbe di una dimostrazione 'semplice' e diretta della teoria della relatività, dubito che sia così facile da effettuarsi.
ciao
scusa mirco, ma come hai detto te, la variazione di massa è trascurabile, vuol dire che sei te che la trascuri perchè il tuo sistema di misura nn è abbastanza sensibile... però ciò nn esclude che c'è una variazione di massa.. è un pò quello che era successo quando einstein usci con la teoria della RR, praticamente tutti i chimici del mondo la confutarono perchè le bilance che usavano nn erano in grado di osservare cambiamenti nella massa delle sostanze che reagivano, ma einstein rispose che il loro limite erano appunto le bilance...
ora il problema sulla molla è solo un giochetto teorico, nulla di che... però in via teorica la variazione di massa della molla esiste.. o sbaglio?
ora il problema sulla molla è solo un giochetto teorico, nulla di che... però in via teorica la variazione di massa della molla esiste.. o sbaglio?
dipende, bisogna porre bene il problema, la massa della molla più o meno come è distribuita e come varia la sua distribuzione al variare del potenziale elastico della molla?
"fu^2":
scusa mirco, ma come hai detto te, la variazione di massa è trascurabile, vuol dire che sei te che la trascuri perchè il tuo sistema di misura nn è abbastanza sensibile... però ciò nn esclude che c'è una variazione di massa.. è un pò quello che era successo quando einstein usci con la teoria della RR, praticamente tutti i chimici del mondo la confutarono perchè le bilance che usavano nn erano in grado di osservare cambiamenti nella massa delle sostanze che reagivano, ma einstein rispose che il loro limite erano appunto le bilance...
ora il problema sulla molla è solo un giochetto teorico, nulla di che... però in via teorica la variazione di massa della molla esiste.. o sbaglio?
Veramente io ho ipotizzato di avere una bilancia perfetta e, nonostante questo, la misura non si può fare.
Inoltre i Chimici da te citati tutti i torti non l'avevano! Nel senso che non mi sembra che tuttora i Chimici debbano usare la teoria della relatività nel loro ambito e quindi che la legge di conservazione della massa per loro vale anche dopo Einstein.
Penso che proprio questo sia il nocciolo del problema: cosa intendiamo per massa? Se è quella grandezza che si misura come nel mondo macroscopico con una bilancia (o simili) allora, secondo il mio modesto parere, chiedersi se la compressione della molla la aumenta è 'fisicamente' poco sensato visto che non si riesce a misurarlo.
Se invece ci si chiede cos'è la massa di un neutrone o di un buco nero (oggetti per i quali il procedimento di misura della bilancia non è attuabile) il problema è un altro. Si tratta però a questo punto di assumere che la proprietà 'massa' si possa estendere con lo stesso significato ai tre oggetti (molla, neutrone e buco nero). E' evidente che Einstein la pensava così (e non è il solo), ma ritengo che si tratti di una convinzione di tipo filosofico più che fisico (simile a quella che 'Dio non gioca a dadi' ecc..).
Cosa significa in via teorica? Esiste una massa teorica e una fisica? Oppure vuoi dire: cosa prevedono in proposito la teoria meccanica classica ($\Delta m=0$) e la teoria meccanica relativistica ($\Deltam=E/c^2$)? Pensi che la relatività comprenda la meccanica classica come un caso particolare o che siano due teorie distinte? Come vedi la stiamo buttando in filosofia!
ciao
beh mirco dal piccolo assaggio che ho avuto in questi mesi alle superiori di relatività, mi è passato il messaggio che la relatività comprendi tutto e che la meccanica classica sia solo un "sottoinsieme" (nn è il termine giusto, ma rende l'idea) della teoria della relatività.
il $Deltam=0$della meccanica classica è solo un'approssimazione che si accorda bene con il mondo macroscopico e quindi può soddisfare le misure in questo ambito, perchè la veriazione di massa è prorpio minima, tendente a zero.
Guardandola sotto questo punto di vista allora la molla nn subisce variazioni di massa, in quanto esse son fin troppo piccole rispetto al sistema che vai a studiare...
però se la molla la considerassi come una molla ipotetica, grande più o meno come un neutrone, allora il fatto che si allunga o si accorcia inciderebbe sulla sua massa mica da ridere, o sbaglio?...(correggimi se dico boiate
)e quindi la dovresti prendere in considerazione, per questo motivo prima ho sottileato il termine "in via teorica"...
il $Deltam=0$della meccanica classica è solo un'approssimazione che si accorda bene con il mondo macroscopico e quindi può soddisfare le misure in questo ambito, perchè la veriazione di massa è prorpio minima, tendente a zero.
Guardandola sotto questo punto di vista allora la molla nn subisce variazioni di massa, in quanto esse son fin troppo piccole rispetto al sistema che vai a studiare...
però se la molla la considerassi come una molla ipotetica, grande più o meno come un neutrone, allora il fatto che si allunga o si accorcia inciderebbe sulla sua massa mica da ridere, o sbaglio?...(correggimi se dico boiate

non son certo di aver capito il punto di vista di mirco59, ma mi pare che si concentri sul concetto di misurabilità della grandezza, e di sue eventuali variazioni.
Se è così, non mi trovo molto d'accordo perché mi sembra riduttivo. La ragione principale è che non mi sembra corretto subordinare la validità di un'affermazione, la sua verità, alle possibilità o ai limiti che la tecnologia e/o i sistemi/strumenti di misura, o gli scenari in cui effettuare la misura, impongono. E' come voler dire che le proprietà della natura dipendono da ciò che l'uomo può capire, e cambiano al cambiare della conoscenza e/o della tecnologia. Se applichiamo il concetto al fatto della molla, cosa succede se immaginiamo invece una situazione in cui la misura si possa fare? Basterebbe, nel delineare l'esperimento mentale (come ha fatto mirco59) introdurre una serie di ipotesi che eliminino tutti i fattori di disturbo. Basta domandarsi della massa della molla nell'ipotesi che il campo gravitazionale in cui è immersa è uniforme nello spazio e costante per tutto il tempo in cui la misura viene effettuata. In pratica, basta ipotizzare che non ci sia nessun lombrico. E' legittimo introdurre ipotesi siffatte, perché non confliggerebbero con leggi fisiche note, che verrebbero da esse violate. Non siamo, per esempio, in uno scenario quantistico.
La domada sulla variazione della massa della molla è legittima, perché essa non chiedeva se la variazione fosse macroscopica e misurabile. Se anche non fosse misurabile, non sarebbe legittimo concludere che non esiste. Si potrebbe concludere solo che non è misurabile. Ma nessuno ha chiesto se lo è. La domanda sottende la possibilità di formulare una risposta alla luce delle leggi della fisica attualmente ritenute valide. Per quanto ne so io, mi pare che oggi nessuno dubiti della relatività e dell'equivalenza massa energia. Naturalmente si può immaginare che nel 3000 d.c. la fisica avrà fatto passi avanti, e magari avrà superato la teoria della relatività. Ciò non toglie che alla domanda si possa dare una risposta coerente con le teorie fisiche attualmente accettate, e tra queste la relatività.
Se è così, non mi trovo molto d'accordo perché mi sembra riduttivo. La ragione principale è che non mi sembra corretto subordinare la validità di un'affermazione, la sua verità, alle possibilità o ai limiti che la tecnologia e/o i sistemi/strumenti di misura, o gli scenari in cui effettuare la misura, impongono. E' come voler dire che le proprietà della natura dipendono da ciò che l'uomo può capire, e cambiano al cambiare della conoscenza e/o della tecnologia. Se applichiamo il concetto al fatto della molla, cosa succede se immaginiamo invece una situazione in cui la misura si possa fare? Basterebbe, nel delineare l'esperimento mentale (come ha fatto mirco59) introdurre una serie di ipotesi che eliminino tutti i fattori di disturbo. Basta domandarsi della massa della molla nell'ipotesi che il campo gravitazionale in cui è immersa è uniforme nello spazio e costante per tutto il tempo in cui la misura viene effettuata. In pratica, basta ipotizzare che non ci sia nessun lombrico. E' legittimo introdurre ipotesi siffatte, perché non confliggerebbero con leggi fisiche note, che verrebbero da esse violate. Non siamo, per esempio, in uno scenario quantistico.
La domada sulla variazione della massa della molla è legittima, perché essa non chiedeva se la variazione fosse macroscopica e misurabile. Se anche non fosse misurabile, non sarebbe legittimo concludere che non esiste. Si potrebbe concludere solo che non è misurabile. Ma nessuno ha chiesto se lo è. La domanda sottende la possibilità di formulare una risposta alla luce delle leggi della fisica attualmente ritenute valide. Per quanto ne so io, mi pare che oggi nessuno dubiti della relatività e dell'equivalenza massa energia. Naturalmente si può immaginare che nel 3000 d.c. la fisica avrà fatto passi avanti, e magari avrà superato la teoria della relatività. Ciò non toglie che alla domanda si possa dare una risposta coerente con le teorie fisiche attualmente accettate, e tra queste la relatività.
"kinder":
non son certo di aver capito il punto di vista di mirco59, ma mi pare che si concentri sul concetto di misurabilità della grandezza, e di sue eventuali variazioni.
Se è così, non mi trovo molto d'accordo perché mi sembra riduttivo. La ragione principale è che non mi sembra corretto subordinare la validità di un'affermazione, la sua verità, alle possibilità o ai limiti che la tecnologia e/o i sistemi/strumenti di misura, o gli scenari in cui effettuare la misura, impongono. E' come voler dire che le proprietà della natura dipendono da ciò che l'uomo può capire, e cambiano al cambiare della conoscenza e/o della tecnologia.
L'alternativa è pensare che esistano dei modelli della natura che l'uomo non può pensare. Ma questa mi sembra una condraddizione.
"kinder":
Se applichiamo il concetto al fatto della molla, cosa succede se immaginiamo invece una situazione in cui la misura si possa fare? Basterebbe, nel delineare l'esperimento mentale (come ha fatto mirco59) introdurre una serie di ipotesi che eliminino tutti i fattori di disturbo. Basta domandarsi della massa della molla nell'ipotesi che il campo gravitazionale in cui è immersa è uniforme nello spazio e costante per tutto il tempo in cui la misura viene effettuata. In pratica, basta ipotizzare che non ci sia nessun lombrico. E' legittimo introdurre ipotesi siffatte, perché non confliggerebbero con leggi fisiche note, che verrebbero da esse violate. Non siamo, per esempio, in uno scenario quantistico.
Veramente il povero lombrico era solo un esempio scelto piccolo apposta! Vi sono miriadi di altri effetti più gravosi che non possono essere controllati in quel genere di misura. Se una cosa non si può fare non si può fare. Poco conta che io possa dire: 'supponiamo che si possa fare'.
"kinder":
La domada sulla variazione della massa della molla è legittima, perché essa non chiedeva se la variazione fosse macroscopica e misurabile. Se anche non fosse misurabile, non sarebbe legittimo concludere che non esiste. Si potrebbe concludere solo che non è misurabile. Ma nessuno ha chiesto se lo è.
Non ho mai detto che fosse 'illegittima' o 'non legittima'. Ho solo detto che la risposta è zero al meglio delle nostre capacità di misura (e anche oltre). Se una grandezza non è in qualche modo misurabile, è ancora lecito definirla una grandezza fisica?
Il problema è proprio cosa di intende per 'essere una grandezza fisica' e non tanto se esiste o meno una non meglio precisata 'variazione di massa'.
"kinder":
La domanda sottende la possibilità di formulare una risposta alla luce delle leggi della fisica attualmente ritenute valide. Per quanto ne so io, mi pare che oggi nessuno dubiti della relatività e dell'equivalenza massa energia. Naturalmente si può immaginare che nel 3000 d.c. la fisica avrà fatto passi avanti, e magari avrà superato la teoria della relatività. Ciò non toglie che alla domanda si possa dare una risposta coerente con le teorie fisiche attualmente accettate, e tra queste la relatività.
Infatti, anch'io ho valutato il presunto effetto relativistico usando la teroria, per vedere se era verificabile. Il problema che ho posto (e riconosco che è attinente ma un po' diverso dal quesito di partenza) è prorpio questo: ha senso porsi la domanda se non posso verificarla?
ciao
"fu^2":
beh mirco dal piccolo assaggio che ho avuto in questi mesi alle superiori di relatività, mi è passato il messaggio che la relatività comprendi tutto e che la meccanica classica sia solo un "sottoinsieme" (nn è il termine giusto, ma rende l'idea) della teoria della relatività.
il $Deltam=0$della meccanica classica è solo un'approssimazione che si accorda bene con il mondo macroscopico e quindi può soddisfare le misure in questo ambito, perchè la veriazione di massa è prorpio minima, tendente a zero.
Guardandola sotto questo punto di vista allora la molla nn subisce variazioni di massa, in quanto esse son fin troppo piccole rispetto al sistema che vai a studiare...
Conosco questa posizione filosofica ma non la condivido.
Ho difficoltà anche ad accettarla in Matematica dove è forse più giustificata. In particolare, se io prendo il numero complesso $1+0*i$, questo è lo stesso numero reale $1$, lo stesso numero intero $1$ lo stesso numero naturale $1$?
Non ne sono tanto sicuro, per quanto l'estensione dei numeri (nel senso inverso) sia stata inventata in modo da rendere coerenti le varie nozioni. Oppure, la retta euclidea è un caso particolare della geodetica dello spazio di Riemann quando la curvatura tende a zero?
Nel caso della Matematica però si tratta di un lavoro prodotto dal pensiero umano e basta, nel caso della Fisica penso che ci sia qualcosa di esterno con cui fare i conti.
Per me le due teorie (meccanica classica e relativistica) sono distinte ed entrambe coerenti e valide purchè usate nei loro ambiti.
Nessuno userebbe la teoria della relatività per analizzare la traiettoria di un'astronave in una missione spaziale, come nessuno usa la geometria non euclidea per trovare l'area di un triangolo!
Ogni teoria fisica è uno strumento predittivo e quindi la sua validità si verifica a posteriori nella capacità di anticipare i fenomeni in modo sufficientemente accurato.
Pensare, o pretendere, che una teoria fisica descriva ( o peggio 'sia') la realtà, significa attibuirle caratteristiche metafisiche che a mio avviso la snaturano.
"fu^2":
però se la molla la considerassi come una molla ipotetica, grande più o meno come un neutrone, allora il fatto che si allunga o si accorcia inciderebbe sulla sua massa mica da ridere, o sbaglio?...(correggimi se dico boiate)e quindi la dovresti prendere in considerazione, per questo motivo prima ho sottileato il termine "in via teorica"... .
Sincermante ho qualche problema a pensare che si possa rimpicciolire una molla alle dimensioni di un neutrone (lì veramente si entra nell'ambito della meccanica quantistica e la cosa si complica un po' come possibilità di estensione del modello predittivo macroscopico). Ma la questione è proprio questa: la massa di oggetti così piccoli non è misurabile con il procedimento con cui si misura la massa di oggetti fatti di miliardi di miliardi ... di neutroni.
Per definire la massa di un neutrone si deve ricorrere a altre definizioni operative (altri metodi di misura) e con tali procedimenti si possono effettivamente trovare riscontri alla relatività.
ciao
"Maxos":
sbagli in più parti
però il punto è che mi son spiegato male
il problema è unidimensionale, devi vederti un'asta di una certa lungezza (lo spessore non è importante mentre la largezza non la vedi proprio) che si muove parallelamente alla sua lunghezza su un piano e una buca di cui importa solo la lunghezza.
Ti do un indizio:
il punto è che il sistema del regolo è inerziale fino ad un certo punto......
risaltando a qualche decina di post più sopra..oggi durante l'ora di filosofia mi è venuta l'illuminazione (ero troppo concentrato a seguire hegel).. mentre guardi dal punto di vista della buca il rettangolo è contratto e quindi cadrebbe, ma quando il rettangolo ariva nella buca ed è contratto subisce un'accelerazione e quindi si esce dal campo della RR e la sua lunghezza è quella a riposo, quindi più lunga di quella della buce e quindi il rettangolo passa e non cade, è giusta la risposta e il ragionamento?

Dunque,
se ho capito bene :
fornendo energia ad un corpo se ne aumenta la massa (di E/c*c), analogamente sottraendo energia se ne diminuisce la massa. Pertanto (e perdonate in anticipo le stupidaggini che seguiranno)
1) Una molla compressa ha massa maggiore quando è a riposo
2) Un corpo riscaldato ha massa maggiore di quando è freddo
3) Il nucleo di un atomo stabile ha massa minore della somma delle masse dei protoni e neutroni (liberi e a riposo) da cui è costituito
4) Il nucleo di un atomo instabile ha massa minore della somma delle masse........ da cui è costituito
5) un corpo fermo in un campo gravitazionale ha massa diversa( minore?) di quando è fermo in assenza di campo gravitazionale(?? mi sembra fin troppo sorprendente)
6) che l'asta cada o non cada nella buca ce lo dice la relatività generale e non quella ristretta ( ma un'asta più lunga della buca può benissimo cadervi dentro anche senza contrazioni relativistiche)Analogamente è il gemello che resta sulla terra ( nel famoso paradosso dei gemelli)
ad essere più vecchio di quello che ritorna da un viaggio spaziale fatto ad altissime velocità.
7) Non avrebbe senso parlare di aumento della massa della molla perchè non misurabile. Ma si tratterebbe di essere in grado di stimare variazioni di massa dell'ordine di 1/10^18,non sarei tanto sicuro che non si possa fare già oggi con opportuni accorgimenti.Sono invece sicuro che
1=1+0*i, almeno questo concediamocelo!
se ho capito bene :
fornendo energia ad un corpo se ne aumenta la massa (di E/c*c), analogamente sottraendo energia se ne diminuisce la massa. Pertanto (e perdonate in anticipo le stupidaggini che seguiranno)
1) Una molla compressa ha massa maggiore quando è a riposo
2) Un corpo riscaldato ha massa maggiore di quando è freddo
3) Il nucleo di un atomo stabile ha massa minore della somma delle masse dei protoni e neutroni (liberi e a riposo) da cui è costituito
4) Il nucleo di un atomo instabile ha massa minore della somma delle masse........ da cui è costituito
5) un corpo fermo in un campo gravitazionale ha massa diversa( minore?) di quando è fermo in assenza di campo gravitazionale(?? mi sembra fin troppo sorprendente)
6) che l'asta cada o non cada nella buca ce lo dice la relatività generale e non quella ristretta ( ma un'asta più lunga della buca può benissimo cadervi dentro anche senza contrazioni relativistiche)Analogamente è il gemello che resta sulla terra ( nel famoso paradosso dei gemelli)
ad essere più vecchio di quello che ritorna da un viaggio spaziale fatto ad altissime velocità.
7) Non avrebbe senso parlare di aumento della massa della molla perchè non misurabile. Ma si tratterebbe di essere in grado di stimare variazioni di massa dell'ordine di 1/10^18,non sarei tanto sicuro che non si possa fare già oggi con opportuni accorgimenti.Sono invece sicuro che
1=1+0*i, almeno questo concediamocelo!
Mirco59
Rispondo alla tua domanda:
“...ha senso porsi la domanda se non posso verificarla?”
con un esempio che mette in evidenza il difetto della prospettiva da cui guardi il problema.
Cambiamo esempio, mettendoci in una condizione classica: supponiamo di avere una massa di 10.000 kg di acqua contenuta in un contenitore perfettamente adiabatico, in condizioni di equilibrio termico alla temperatura do 20 °C.
Supponiamo altresì che disponga di un termometro che riesce a misurare la temperatura con una precisione fino al millesimo di grado K, e supponiamo che questa sia la sensibilità massima oggi ottenibile nella misura di temperatura.
Supponiamo che aggiunga a detta massa d’acqua 1 kg d’acqua alla temperatura di 21 °C, ed attenda finché non si sia ripristinato l’equilibrio termico.
La domanda è: qual’é la temperatura raggiunta dalla massa di 10.001 kg di acqua all’equilibrio?
Proviamo ad usare approcci alternativi:
1) Misura: faccio la misura prima e dopo; il termometro mi fornisce la stessa misura, quindi concludo che la temperatura non cambia, o che se è cambiata, la sua variazione è inferiore alla sensibilità dello strumento;
2) Applico le leggi della termodinamica classica: tramite il primo principio ottengo che la nuova temperatura d’equilibrio é di un decimillesimo di grado maggiore di quella iniziale della massa di 10.000 kg. Poiché conosco la sensibilità del termometro, riesco già a prevedere che questo non sarà in grado di rilevare l’incremento di temperatura, quindi non effettuo la misura.
E adesso rifacciamoci la domanda che ti fai tu: “ha senso porsi la domanda se non posso verificarla?”
E io ti chiedo: ti sembra ben posta se applicata al caso da me proposto? Secondo te non ha senso farsi la domanda perché l’incremento di temperatura non è misurabile. Però, seguendo il tuo discorso, la domanda acquista senso se il kg di acqua che aggiungo è a 40°C invece di 21 °C.
Come faccio a sapere se la domanda ha senso? Per verificarlo posso solo fare la misura o utilizzare le leggi fisiche. Secondo il tuo ragionamento, se la misura non mi indica variazione della temperatura, questo è segno del fatto che non aveva senso farsi la domanda? Secondo il tuo punto di vista, per rispondere alla domanda posso applicare il primo principio della termodinamica? Se si, tu concludi che se il calcolo mi porta a capire che la variazione non è misurabile, allora la domanda perde di senso? Se no, perché? In ogni caso, il fatto che la domanda abbia senso o no, seguendo il tuo ragionamento, si evince solo a posteriori, dopo che ho effettuato la misura o il calcolo.
Rispondo alla tua domanda:
“...ha senso porsi la domanda se non posso verificarla?”
con un esempio che mette in evidenza il difetto della prospettiva da cui guardi il problema.
Cambiamo esempio, mettendoci in una condizione classica: supponiamo di avere una massa di 10.000 kg di acqua contenuta in un contenitore perfettamente adiabatico, in condizioni di equilibrio termico alla temperatura do 20 °C.
Supponiamo altresì che disponga di un termometro che riesce a misurare la temperatura con una precisione fino al millesimo di grado K, e supponiamo che questa sia la sensibilità massima oggi ottenibile nella misura di temperatura.
Supponiamo che aggiunga a detta massa d’acqua 1 kg d’acqua alla temperatura di 21 °C, ed attenda finché non si sia ripristinato l’equilibrio termico.
La domanda è: qual’é la temperatura raggiunta dalla massa di 10.001 kg di acqua all’equilibrio?
Proviamo ad usare approcci alternativi:
1) Misura: faccio la misura prima e dopo; il termometro mi fornisce la stessa misura, quindi concludo che la temperatura non cambia, o che se è cambiata, la sua variazione è inferiore alla sensibilità dello strumento;
2) Applico le leggi della termodinamica classica: tramite il primo principio ottengo che la nuova temperatura d’equilibrio é di un decimillesimo di grado maggiore di quella iniziale della massa di 10.000 kg. Poiché conosco la sensibilità del termometro, riesco già a prevedere che questo non sarà in grado di rilevare l’incremento di temperatura, quindi non effettuo la misura.
E adesso rifacciamoci la domanda che ti fai tu: “ha senso porsi la domanda se non posso verificarla?”
E io ti chiedo: ti sembra ben posta se applicata al caso da me proposto? Secondo te non ha senso farsi la domanda perché l’incremento di temperatura non è misurabile. Però, seguendo il tuo discorso, la domanda acquista senso se il kg di acqua che aggiungo è a 40°C invece di 21 °C.
Come faccio a sapere se la domanda ha senso? Per verificarlo posso solo fare la misura o utilizzare le leggi fisiche. Secondo il tuo ragionamento, se la misura non mi indica variazione della temperatura, questo è segno del fatto che non aveva senso farsi la domanda? Secondo il tuo punto di vista, per rispondere alla domanda posso applicare il primo principio della termodinamica? Se si, tu concludi che se il calcolo mi porta a capire che la variazione non è misurabile, allora la domanda perde di senso? Se no, perché? In ogni caso, il fatto che la domanda abbia senso o no, seguendo il tuo ragionamento, si evince solo a posteriori, dopo che ho effettuato la misura o il calcolo.
"fu^2":
risaltando a qualche decina di post più sopra..oggi durante l'ora di filosofia mi è venuta l'illuminazione (ero troppo concentrato a seguire hegel).. mentre guardi dal punto di vista della buca il rettangolo è contratto e quindi cadrebbe, ma quando il rettangolo ariva nella buca ed è contratto subisce un'accelerazione e quindi si esce dal campo della RR e la sua lunghezza è quella a riposo, quindi più lunga di quella della buce e quindi il rettangolo passa e non cade, è giusta la risposta e il ragionamento?
Hai quasi capito ma ti sfugge la natura del mondo.
Cioè, non è una cosa relativa che il regolo cada o no, è una cosa assoluta, o casca o non casca.
La risposta è che casca.
Il fatto è che il cadere del regolo è qualcosa che non può essere istantanea come in mecc. class., dunque si deve supporre che progressivamente i punti del regolo che si trovano sopra il buco vengano accelerati in basso dalla gravità, quindi il regolo si deforma in una parabola e quindi, pur vedendo la buca contratta, esso ci casca dentro e si va a schiacciare contro la parete, la forza che arresta il regolo non agisce istantaneamente e pian piano il regolo si contrae e si incastra nella buca, poi naturalmente le varie forze che schiacciano eccetera sono impossibili da descrivere bene e ce ne strafreghiamo.
Il punto insomma è che il corpo rigido è assurdo in relatività ristretta.
Se vuoi i dettagli anche da tutti e due i sistemi per filo e per segno ti copio una paginetta ben fatta e te la mando.
Poi ci sarebbe anche il paradosso delle astronavi di Bell.....
beh maxos se hai tempo e voglia mi farebbe piacere... grazie...
e anche l'altro paradosso mi piacerebbe dargli un'occhiata
ciao e grazie...
e anche l'altro paradosso mi piacerebbe dargli un'occhiata

ciao e grazie...
"kinder":
.....
E adesso rifacciamoci la domanda che ti fai tu: “ha senso porsi la domanda se non posso verificarla?”
E io ti chiedo: ti sembra ben posta se applicata al caso da me proposto? Secondo te non ha senso farsi la domanda perché l’incremento di temperatura non è misurabile. Però, seguendo il tuo discorso, la domanda acquista senso se il kg di acqua che aggiungo è a 40°C invece di 21 °C.
Come faccio a sapere se la domanda ha senso? Per verificarlo posso solo fare la misura o utilizzare le leggi fisiche. Secondo il tuo ragionamento, se la misura non mi indica variazione della temperatura, questo è segno del fatto che non aveva senso farsi la domanda? Secondo il tuo punto di vista, per rispondere alla domanda posso applicare il primo principio della termodinamica? Se si, tu concludi che se il calcolo mi porta a capire che la variazione non è misurabile, allora la domanda perde di senso? Se no, perché? In ogni caso, il fatto che la domanda abbia senso o no, seguendo il tuo ragionamento, si evince solo a posteriori, dopo che ho effettuato la misura o il calcolo.
Caro Kinder
mi fai un sacco di domande e la questione è stimolante! Purtroppo non ho tempo di risponderti in modo completo, almeno per ora. Pertanto cerco di procedere in modo sintetico.
1) Il mio ragionamento non si applica solo alla relatività ma a qualsiasi teoria (anche alla TD classica): si tratta proprio del limite di validità della previsione di una teoria fisica in quanto tale.
2) Il problema non è se tale quantità (variazione di massa o di temperatura) possa essere calcolata (o meglio stimata) nell'ambito di una certa teoria. Anch'io ho fatto quella stima per $\Delta m$ e penso che avrei saputo stimare anche il $\Delta T$

3) Nel tuo controesempio potrei trovare un significatvo numero di questioni a favore della mia posizione, cioè che anche quel $\Delta T$ è nullo in quanto non misurabile (anche facendo l'ipotesi che il termometro sia perfetto!), tra queste:
- gli ineliminabili effetti di disturbo (imperfetta adiabaticità, presenza dell'ambiente, immissione del termometro....)
- le definizioni stesse di temperatura e di equilibrio termico: sei sicuro che la misura puntuale (o locale) del termometro rappresenti la grandezza che tu calcoli, ovvero la temperatura media dell'intera massa? Se si, come metti in conto: la stratificazione dovuta alla variazione di densità, la turbolenza e i moti convettivi interni, le fluttuazioni statistiche locali della temperatura ....? Sei sicuro che tutto ciò sia inferiore alla variazione di temperatura che vuoi definire?
Siccome mi sembra che tu attribuisci al mio ragionamento un eccesso di empirismo e una debolezza dal punto di vista teorico, allora ti propongo una domanda teorica relativa alla molla: l'eventuale aumento di massa si riferisce alla massa inerziale o alla massa gravitazionale?
ciao
mirco59
non attribuisco alla tua posizione un eccesso di empirismo, né una debolezza teorica. Credo che le differenze di posizione tra te e me siano di natura sostanzialmente epistemologica. Nonostante l'argomento sia, secondo me, interessante, temo che la discussione possa condurre ad una deriva, rispetto al quesito iniziale di questo topic, che era eminentemente fisico.
Comunque, provo a risponderti, cercando di non essere prolisso, e spero di non sintetizzare erroneamente le tue posizioni.
Mi pare che le questioni che poni siano riassumibili come segue:
1) verificabilità sperimentale di una valutazione fatta su una base teorica
2) il senso da dare ad una valutazione teorica in relazione alla sua riproducibilità sperimentale e misurabilità
3) i limiti imposti sulla misura dalla realtà fisica del sistema oggetto di misura, rispetto ad un modello teorico dello stesso, inclusi i disturbi
La mia visione rispetto a questi temi si riassume come segue:
1) una teoria è considerata vera fino a prova contraria. Con questo, sorvolo sul lungo processo scientifico che ha condotto a classificare la teoria come riconosciuta valida dalla comunità dei fisici. Quindi, non sono titubante nel suo utilizzo ogni volta, nel timore che prima o poi possa saltar fuori il fenomeno che la mette in crisi. Mi fido finché non si dimostra sbagliata o lacunosa. Cioè, ho fiducia;
2) fintanto che è riconosciuta valida, ne considero valide le conseguenze e le valutazioni fatte in coerenza ad essa, che pertanto hanno senso. Lo stesso senso che ha la teoria che considero valida. Se io dubitassi del senso delle previsioni, o valutazioni, della teoria, dovrei dubitare del senso della stessa teoria;
3) il problema della rappresentatività del modello fisico rispetto alla realtà sperimentale che vado a modellare non è connesso alla teoria ed alla sua validità. E' ovvio che lo scenario sperimentale che vado a progettare, pur essendo il più scevro possibile da inquinamenti non voluti, sarà comunque contaminato dalla complessità della realtà fisica. Questo, però, è un problema dello sperimentatore, che deve sapere bene se le condizioni che sta creando sono adeguate alla riproduzione del fenomeno ed a una sua corretta misurazione. Il problema che ci stiamo ponendo non è, a mio avviso, riferibile ad una corretta sperimentazione. L'esperimento mentale gode del privilegio di essere liberato da tutti gli inquinanti che risultano scomodi, fino ad isolare i soli fenomeni di interesse. Allora, semmai, potrei capire un'altra obiezione, riferita al senso dell'esperimento mentale, non della valutazione teorica. Tornando al mio esempio, io ho fatto l'ipotesi di una massa d'acqua in un contenitore adiabatico, ed in equilibio termodinamico. A fronte di una tale ipotesi, le possibilità sono due:
1) si accetta uno modello teorico del genere, e si procede col ragionamento;
2) si arresta il ragionamento, perché se ne nega la validità, per effetto dell'irrealizzabilità di un sistema adiabatico ed in equilibrio termodinamico.
La mia posizione è favorevole alla possibilità 1. Ti faccio notare in proposito, e capisco bene che tu lo sai, che c'è tutta una termodinamica delle trasformazioni reversibili, che non viene considerata senza senso per il solo fatto che tali trasformazioni non esistono nella realtà. Chissà quanto esercizi avrai fatto a Fisica I (e magari anche a Fisica Tecnica e Macchine) su tali schemi. E' vero?
non attribuisco alla tua posizione un eccesso di empirismo, né una debolezza teorica. Credo che le differenze di posizione tra te e me siano di natura sostanzialmente epistemologica. Nonostante l'argomento sia, secondo me, interessante, temo che la discussione possa condurre ad una deriva, rispetto al quesito iniziale di questo topic, che era eminentemente fisico.
Comunque, provo a risponderti, cercando di non essere prolisso, e spero di non sintetizzare erroneamente le tue posizioni.
Mi pare che le questioni che poni siano riassumibili come segue:
1) verificabilità sperimentale di una valutazione fatta su una base teorica
2) il senso da dare ad una valutazione teorica in relazione alla sua riproducibilità sperimentale e misurabilità
3) i limiti imposti sulla misura dalla realtà fisica del sistema oggetto di misura, rispetto ad un modello teorico dello stesso, inclusi i disturbi
La mia visione rispetto a questi temi si riassume come segue:
1) una teoria è considerata vera fino a prova contraria. Con questo, sorvolo sul lungo processo scientifico che ha condotto a classificare la teoria come riconosciuta valida dalla comunità dei fisici. Quindi, non sono titubante nel suo utilizzo ogni volta, nel timore che prima o poi possa saltar fuori il fenomeno che la mette in crisi. Mi fido finché non si dimostra sbagliata o lacunosa. Cioè, ho fiducia;
2) fintanto che è riconosciuta valida, ne considero valide le conseguenze e le valutazioni fatte in coerenza ad essa, che pertanto hanno senso. Lo stesso senso che ha la teoria che considero valida. Se io dubitassi del senso delle previsioni, o valutazioni, della teoria, dovrei dubitare del senso della stessa teoria;
3) il problema della rappresentatività del modello fisico rispetto alla realtà sperimentale che vado a modellare non è connesso alla teoria ed alla sua validità. E' ovvio che lo scenario sperimentale che vado a progettare, pur essendo il più scevro possibile da inquinamenti non voluti, sarà comunque contaminato dalla complessità della realtà fisica. Questo, però, è un problema dello sperimentatore, che deve sapere bene se le condizioni che sta creando sono adeguate alla riproduzione del fenomeno ed a una sua corretta misurazione. Il problema che ci stiamo ponendo non è, a mio avviso, riferibile ad una corretta sperimentazione. L'esperimento mentale gode del privilegio di essere liberato da tutti gli inquinanti che risultano scomodi, fino ad isolare i soli fenomeni di interesse. Allora, semmai, potrei capire un'altra obiezione, riferita al senso dell'esperimento mentale, non della valutazione teorica. Tornando al mio esempio, io ho fatto l'ipotesi di una massa d'acqua in un contenitore adiabatico, ed in equilibio termodinamico. A fronte di una tale ipotesi, le possibilità sono due:
1) si accetta uno modello teorico del genere, e si procede col ragionamento;
2) si arresta il ragionamento, perché se ne nega la validità, per effetto dell'irrealizzabilità di un sistema adiabatico ed in equilibrio termodinamico.
La mia posizione è favorevole alla possibilità 1. Ti faccio notare in proposito, e capisco bene che tu lo sai, che c'è tutta una termodinamica delle trasformazioni reversibili, che non viene considerata senza senso per il solo fatto che tali trasformazioni non esistono nella realtà. Chissà quanto esercizi avrai fatto a Fisica I (e magari anche a Fisica Tecnica e Macchine) su tali schemi. E' vero?
@ Kinder
il nocciolo è proprio questo: cosa si intende per modello fisico o, più in generale, per teoria fisica.
In tal senso io la penso così: un modello è da considerasi valido fisicamente se permette di fare previsioni utili su un fenomeno fisico.
Fenomeno fisico ritengo che si possa definire qualcosa che sia in qualche modo misurabile (direttamente o indirettamente), ovvero che esista un procedimento (sperimentale) in grado di estrarne una quantità numerica (con tutti gli annessi e connessi della precisione, della incertezza, ecc...).
Ogni teoria implica una serie di ipotesi (la gran parte implicite e alcune anche non chiare) che permette al modello di essere trattato in tempi ragionevoli con limitate risorse di calcolo da menti limitate in tempi finiti. Quando risolviamo problemi, tutte queste ipotesi sono, più o meno espressamente, assunte. Quanto interpretiamo un fenomeno fisico però la situazione cambia in modo sostanziale.
Allora, per tornare al punto di partenza, se la domanda fosse stata:
secondo la teoria della relatività, quanto varia la massa della molla quando è compressa?
In questo caso la risposta sarebbe stata un calcolo e una previsione: $\Delta m=E/c^2$
Se invece la domanda fosse stata:
secondo la meccanica classica, quanto varia la massa della molla quando è compressa?
La risposta, altrettanto coerente, sarebbe stata $\Delta m=0$.
Tieni conto che io non penso che la relatività sia una estensione della meccanica classica ma un'altra teoria. Non credo nemmeno che sia migliore (anche se formulata dopo) ma solo più adatta a prevedere certi fenomeni (e tra questi non c'è la massa della molla).
Ma la domanda era (almeno l'ho interpretata così): la massa della molla cosa fa (davvero) quanto comprimo?
Qualsiasi sia la mia previsione, è in questo caso doveroso chiedersi: come faccio per verificarla? Ovviamente, con la misura. Ma, intanto, la misura di cosa? Della massa secondo la relatività o di quella secondo la meccanica classica? E poi: come faccio la misura? A queste domande ho provato a rispondere simulando un esperimento, che assume la massa secondo la meccanica classica, credo dimostrando che non sia possibile dare una risposta (almeno per ora e per me povero mortale, forse c'è chi è in grado di eseguire l'esperimento scegliendo una molla migliore e una procedura molto accurata, ma allora perchè non lo fa e 'dimostra' la TR nel mondo macroscopico candidandosi a pieno titolo al premio Nobel?).
Pertanto, data l'impossibilità attuale di fornire una risposta conclusiva a tale questione, considero la stima fatta non fisica ma solo conseguenza logica (e quindi necessaria) delle ipotesi di una particolare teoria, assunta valida.
Detto in altro modo, non conosco la possibilità di stabilire se la massa della molla sia influenzata dal suo schiacciamento e qualsiasi misura io possa fare mi darebbe un risultato apparentemente affetto solo da disturbi di misura. In ogni altra condizione, sperimentalmente, direi che la quantità misurata è nulla. In questo caso, lascio a te dire che è zero oppure che è una quantità talmente piccola che non produce alcune effetto fisico rilevabile. Secondo me le due risposte sono equivalenti.
ciao
PS: hai comunque eluso la mia domanda finale su quale tipo di massa eventualmente aumenta con la compressione!
il nocciolo è proprio questo: cosa si intende per modello fisico o, più in generale, per teoria fisica.
In tal senso io la penso così: un modello è da considerasi valido fisicamente se permette di fare previsioni utili su un fenomeno fisico.
Fenomeno fisico ritengo che si possa definire qualcosa che sia in qualche modo misurabile (direttamente o indirettamente), ovvero che esista un procedimento (sperimentale) in grado di estrarne una quantità numerica (con tutti gli annessi e connessi della precisione, della incertezza, ecc...).
Ogni teoria implica una serie di ipotesi (la gran parte implicite e alcune anche non chiare) che permette al modello di essere trattato in tempi ragionevoli con limitate risorse di calcolo da menti limitate in tempi finiti. Quando risolviamo problemi, tutte queste ipotesi sono, più o meno espressamente, assunte. Quanto interpretiamo un fenomeno fisico però la situazione cambia in modo sostanziale.
Allora, per tornare al punto di partenza, se la domanda fosse stata:
secondo la teoria della relatività, quanto varia la massa della molla quando è compressa?
In questo caso la risposta sarebbe stata un calcolo e una previsione: $\Delta m=E/c^2$
Se invece la domanda fosse stata:
secondo la meccanica classica, quanto varia la massa della molla quando è compressa?
La risposta, altrettanto coerente, sarebbe stata $\Delta m=0$.
Tieni conto che io non penso che la relatività sia una estensione della meccanica classica ma un'altra teoria. Non credo nemmeno che sia migliore (anche se formulata dopo) ma solo più adatta a prevedere certi fenomeni (e tra questi non c'è la massa della molla).
Ma la domanda era (almeno l'ho interpretata così): la massa della molla cosa fa (davvero) quanto comprimo?
Qualsiasi sia la mia previsione, è in questo caso doveroso chiedersi: come faccio per verificarla? Ovviamente, con la misura. Ma, intanto, la misura di cosa? Della massa secondo la relatività o di quella secondo la meccanica classica? E poi: come faccio la misura? A queste domande ho provato a rispondere simulando un esperimento, che assume la massa secondo la meccanica classica, credo dimostrando che non sia possibile dare una risposta (almeno per ora e per me povero mortale, forse c'è chi è in grado di eseguire l'esperimento scegliendo una molla migliore e una procedura molto accurata, ma allora perchè non lo fa e 'dimostra' la TR nel mondo macroscopico candidandosi a pieno titolo al premio Nobel?).
Pertanto, data l'impossibilità attuale di fornire una risposta conclusiva a tale questione, considero la stima fatta non fisica ma solo conseguenza logica (e quindi necessaria) delle ipotesi di una particolare teoria, assunta valida.
Detto in altro modo, non conosco la possibilità di stabilire se la massa della molla sia influenzata dal suo schiacciamento e qualsiasi misura io possa fare mi darebbe un risultato apparentemente affetto solo da disturbi di misura. In ogni altra condizione, sperimentalmente, direi che la quantità misurata è nulla. In questo caso, lascio a te dire che è zero oppure che è una quantità talmente piccola che non produce alcune effetto fisico rilevabile. Secondo me le due risposte sono equivalenti.
ciao
PS: hai comunque eluso la mia domanda finale su quale tipo di massa eventualmente aumenta con la compressione!
"Maxos":
Dunque.
Il RR esiste il tetravettore momento che corrisponde alla quadrupletta formata dalle tre componenti del momento ordinario e dall'energia relativistica, che naturalmente è somma della energia di particella libera e quella potenziale.
non è che sia convinto sulla parte "e quella potenziale"... così sembra che l'energia relativistica ($m\gammac^2$ sia sempre conservata, il che è falso... basta che ci sia una forza esterna (considero una particella) e per definizione l'energia relativistica cambia... non capisco cosa intendi...
cmq bello il paradosso del buco

mirco59
Dopo aver letto la tua ultima nota devo correggere quanto da me affermato all’inizio della mia precedente: ora penso che la tua visione sia improntata ad un eccessivo empirismo, e mi spiego.
La tua visione emerge esplicitamente, secondo me, nelle seguenti righe, che estraggo dalla tua nota:
“Allora per tornare al punto di partenza, se la domanda fosse stata:
secondo la teoria della relatività, la massa della molla .....
in questo caso la risposta sarebbe stata un calcolo e una previsione ...
se invece la domanda era:
secondo la meccanica classica, la massa della molla .....
la risposta, altrettanto coerente, sarebbe stata 0.
.....
Ma se la domanda invece era (come a me è sembrato): la massa della molla cosa fa (davvero)?
L'unica risposta è chiedersi: come faccio a verificarlo? Ovviamente, con la misura.”
Da queste righe io deduco che tu riconosci solo alla misura la capacità di pervenire ad una conoscenza della realtà fisica, e dei fenomeni. Come avevo suggerito, il problema è di natura epistemologica, quindi un po’ troppo lungo per essere trattato in quest’ambito. Non è un tema da poco e credo che sia stato trattato da diversi studiosi di teoria della conoscenza scientifica. Mi limito solo a farti notare che quello che a te sembra abbia carattere di necessità (L'unica risposta è chiedersi: come faccio a verificarlo? Ovviamente, con la misura.), e che si fa garante della conoscenza della realtà (cosa fa la molla davvero), è molto più opinabile di quanto forse a te non sembra. Tu pensi che davvero una misura garantisca la conoscenza della realtà? Se tu guardi più a fondo il concetto di misura, cos’è e come si fa, scoprirai un impressionante volume di assiomi logici, postulati, principi e ipotesi che hai tacitamente (o inconsciamente) utilizzato, fino a non poter più distinguere tra fondamenti della conoscenza che proviene da una misura e teoria. L’unica vera distinzione che io trovo tra i due approcci, teorico e sperimentale, sta nella presunzione di quest’ultimo di stabilire un ponte con la realtà, mediato dai sensi, mentre la teoria potrebbe essere generata tutta nella mente. Secondo me la verità è che la misura non ha nessun senso, se non proiettata su un impianto teorico di riferimento. Oggi la maggior parte delle misure sono segnali elettrici, che rimangono tali se non sottoposti ad un algoritmo ed ad una teoria che gli attribuisce un significato. Quest’algoritmo come lo si genera? Anzi esagero: ma che cos'è un segnale elettrico?
Concludo dicendo che questa distinzione netta tra teoria e misura non è in linea col metodo scientifico, che vede nell’integrazione dei due aspetti la garanzia dei suoi risultati.
Non ho eluso la domanda sul tipo di massa, m’è solo sfuggita. Sul tipo di massa che aumenta, non oso andare contro ciò che illustri personaggi hanno detto. Galilei/Newton avevano già stabilito il WEP che faceva equivalere massa inerziale e massa gravitazionale. Einstein l’aveva generalizzato col EEP.
Aumenta quindi il rapporto tra l’energia della molla ed il quadrato della velocità della luce nel vuoto, per l’appunto la massa in ambito relativistico. Questa massa misura l’inerzia del corpo. La massa gravitazionale è nata colla legge di gravitazione di Newton. In relatività generale la gravità è una manifestazione della geometria dello spazio-tempo indotta dalla presenza di massa-energia, e non mi pare ci sia spazio per il concetto di massa gravitazionale. Su ciò, però, passo la parola ai fisici.
Dopo aver letto la tua ultima nota devo correggere quanto da me affermato all’inizio della mia precedente: ora penso che la tua visione sia improntata ad un eccessivo empirismo, e mi spiego.
La tua visione emerge esplicitamente, secondo me, nelle seguenti righe, che estraggo dalla tua nota:
“Allora per tornare al punto di partenza, se la domanda fosse stata:
secondo la teoria della relatività, la massa della molla .....
in questo caso la risposta sarebbe stata un calcolo e una previsione ...
se invece la domanda era:
secondo la meccanica classica, la massa della molla .....
la risposta, altrettanto coerente, sarebbe stata 0.
.....
Ma se la domanda invece era (come a me è sembrato): la massa della molla cosa fa (davvero)?
L'unica risposta è chiedersi: come faccio a verificarlo? Ovviamente, con la misura.”
Da queste righe io deduco che tu riconosci solo alla misura la capacità di pervenire ad una conoscenza della realtà fisica, e dei fenomeni. Come avevo suggerito, il problema è di natura epistemologica, quindi un po’ troppo lungo per essere trattato in quest’ambito. Non è un tema da poco e credo che sia stato trattato da diversi studiosi di teoria della conoscenza scientifica. Mi limito solo a farti notare che quello che a te sembra abbia carattere di necessità (L'unica risposta è chiedersi: come faccio a verificarlo? Ovviamente, con la misura.), e che si fa garante della conoscenza della realtà (cosa fa la molla davvero), è molto più opinabile di quanto forse a te non sembra. Tu pensi che davvero una misura garantisca la conoscenza della realtà? Se tu guardi più a fondo il concetto di misura, cos’è e come si fa, scoprirai un impressionante volume di assiomi logici, postulati, principi e ipotesi che hai tacitamente (o inconsciamente) utilizzato, fino a non poter più distinguere tra fondamenti della conoscenza che proviene da una misura e teoria. L’unica vera distinzione che io trovo tra i due approcci, teorico e sperimentale, sta nella presunzione di quest’ultimo di stabilire un ponte con la realtà, mediato dai sensi, mentre la teoria potrebbe essere generata tutta nella mente. Secondo me la verità è che la misura non ha nessun senso, se non proiettata su un impianto teorico di riferimento. Oggi la maggior parte delle misure sono segnali elettrici, che rimangono tali se non sottoposti ad un algoritmo ed ad una teoria che gli attribuisce un significato. Quest’algoritmo come lo si genera? Anzi esagero: ma che cos'è un segnale elettrico?
Concludo dicendo che questa distinzione netta tra teoria e misura non è in linea col metodo scientifico, che vede nell’integrazione dei due aspetti la garanzia dei suoi risultati.
Non ho eluso la domanda sul tipo di massa, m’è solo sfuggita. Sul tipo di massa che aumenta, non oso andare contro ciò che illustri personaggi hanno detto. Galilei/Newton avevano già stabilito il WEP che faceva equivalere massa inerziale e massa gravitazionale. Einstein l’aveva generalizzato col EEP.
Aumenta quindi il rapporto tra l’energia della molla ed il quadrato della velocità della luce nel vuoto, per l’appunto la massa in ambito relativistico. Questa massa misura l’inerzia del corpo. La massa gravitazionale è nata colla legge di gravitazione di Newton. In relatività generale la gravità è una manifestazione della geometria dello spazio-tempo indotta dalla presenza di massa-energia, e non mi pare ci sia spazio per il concetto di massa gravitazionale. Su ciò, però, passo la parola ai fisici.
@ kinder
Condivido in gran parte ciò che hai scritto, ma non la tua critica al mio intervento. Non ho mai affermato che sperimentalmente si ottiene la 'verità assoluta' di ciò che è la natura. Sono ben consapevole che scivolerei nelle contraddizioni che tu ha mostrato.
La verità vera (ontologica) della natura è un problema a mio parere estraneo (o esterno) alla scienza e in particolare alla fisica! La scienza descrive solo il come mai il perchè. Il 'perchè' ce lo vogliamo mettere noi per deformazione antropolgica legata al fatto che abbiamo (o pensiamo di avere) una volontà. Non vorrei essere considerato un metafisico empirista!
Ho sostenuto invece che una teoria fisica ha necessità di conferme sperimentali. Si tratta di una affermazione ben diversa da quella che mi attribuisci e che, se vuoi, evidenzia una nostra diversa posizione rispetto alla fisica stessa: cos'è, di cosa si occupa, quali sono le sue finalità e i suoi limiti.
La stessa TRG fino alle misure di Eddington sulla deviazione della luce da parte del sole era un elegante esercizio matematico, molto promettente in verità, ma non una teoria fisica. Dopo di allora la sua considerazione è cambiata.
Per tornare alla domanda sul tipo di massa. La tua risposta sembra dimostrare quello che io sostenevo. Se tu dici che la massa gravitazionale e inerziale sono per la relatività la stessa cosa (e quindi che per la variazione di massa della molla non è necessario specificare a quale ci riferiamo), la valutazione dell'aumento di massa nell'ambito della relatività diventa una necessità logica. IL problema che risolvi è infatti del tipo: secondo la teoria della relatività di quanto aumenta la massa della molla.....?
Può darsi che insigni fisici e scienziati abbiano sostenuto l'equivalenza tra le due masse, ma mi sembra che la cosa non sia per niente scontata. Mi spieghi infatti perchè ancora ci sono fisici impegnati a verificarla (o a escluderla) sperimentalmente?
ciao
Condivido in gran parte ciò che hai scritto, ma non la tua critica al mio intervento. Non ho mai affermato che sperimentalmente si ottiene la 'verità assoluta' di ciò che è la natura. Sono ben consapevole che scivolerei nelle contraddizioni che tu ha mostrato.
La verità vera (ontologica) della natura è un problema a mio parere estraneo (o esterno) alla scienza e in particolare alla fisica! La scienza descrive solo il come mai il perchè. Il 'perchè' ce lo vogliamo mettere noi per deformazione antropolgica legata al fatto che abbiamo (o pensiamo di avere) una volontà. Non vorrei essere considerato un metafisico empirista!
Ho sostenuto invece che una teoria fisica ha necessità di conferme sperimentali. Si tratta di una affermazione ben diversa da quella che mi attribuisci e che, se vuoi, evidenzia una nostra diversa posizione rispetto alla fisica stessa: cos'è, di cosa si occupa, quali sono le sue finalità e i suoi limiti.
La stessa TRG fino alle misure di Eddington sulla deviazione della luce da parte del sole era un elegante esercizio matematico, molto promettente in verità, ma non una teoria fisica. Dopo di allora la sua considerazione è cambiata.
Per tornare alla domanda sul tipo di massa. La tua risposta sembra dimostrare quello che io sostenevo. Se tu dici che la massa gravitazionale e inerziale sono per la relatività la stessa cosa (e quindi che per la variazione di massa della molla non è necessario specificare a quale ci riferiamo), la valutazione dell'aumento di massa nell'ambito della relatività diventa una necessità logica. IL problema che risolvi è infatti del tipo: secondo la teoria della relatività di quanto aumenta la massa della molla.....?
Può darsi che insigni fisici e scienziati abbiano sostenuto l'equivalenza tra le due masse, ma mi sembra che la cosa non sia per niente scontata. Mi spieghi infatti perchè ancora ci sono fisici impegnati a verificarla (o a escluderla) sperimentalmente?
ciao
Non sono sicuro che abbiamo una diversa visione di "cos'è, di cosa si occupa, quali sono le sue finalità e i suoi limiti. ", riguardo la fisica. Per lo meno, non lo ricavo dagli scambi di opinione finora avuti.
Forse basta intendersi. Io ritengo implicito il fatto che, ad una domanda, si dia una risposta alla luce della teoria teoria ritenuta più valida. Quindi, l'affermazione del tipo "alla luce della TRG..." la ritengo solo implicita, non sbagliata. Dico questo perché mi sembra pleonastico, giacché oggi sarebbero in pochi a dare una risposta alla luce della meccanica newtoniana, soprattutto quando il fenomeno su cui ci si interroga trova collocazione solo nella teoria della relatività.
Riguardo la distinzione delle masse, la loro equivalenza era già stata dedotta sperimentalmente (nei limiti di misura) ed innalzata al livello di principio con la WEP. In quanto principio, l'affermazione trova giustificazione solo nel fatto che è sempre stata osservata come vera. Ciò non toglie, ma è vero per tutti i principi, che può essere superata da un'osservazione (ovviamente rigorosa) che la contraddice.
Forse non siamo così distanti.
Forse basta intendersi. Io ritengo implicito il fatto che, ad una domanda, si dia una risposta alla luce della teoria teoria ritenuta più valida. Quindi, l'affermazione del tipo "alla luce della TRG..." la ritengo solo implicita, non sbagliata. Dico questo perché mi sembra pleonastico, giacché oggi sarebbero in pochi a dare una risposta alla luce della meccanica newtoniana, soprattutto quando il fenomeno su cui ci si interroga trova collocazione solo nella teoria della relatività.
Riguardo la distinzione delle masse, la loro equivalenza era già stata dedotta sperimentalmente (nei limiti di misura) ed innalzata al livello di principio con la WEP. In quanto principio, l'affermazione trova giustificazione solo nel fatto che è sempre stata osservata come vera. Ciò non toglie, ma è vero per tutti i principi, che può essere superata da un'osservazione (ovviamente rigorosa) che la contraddice.
Forse non siamo così distanti.