Chiarimento sulle adiabatiche irreversibili.
Salve a tutti!
Riflettevo sulle adiabatiche irreversibili.
Ma, prima, un passo indietro. Ai fenomeni in cui c'è attrito.
Mi pare di poter dire che le trasformazioni che avvengono con attrito tra due superfici comportino scambi energetici tra le due superfici non sono nella modalità lavoro (il lavoro delle forze d'attrito) ma anche nella modalità calore. Se, infatti, una forza d'attrito, macroscopicamente misurata, provoca la variazione dell'energia cinetica del corpo che le è soggetto, altre forze, legate al fenomeno e non, quindi, alla forza di attrito così come noi la analizziamo in meccanica classica
(ripeto, per scrupolo di chiarezza: una cosa è il fenomeno d'attrito, una cosa sono le forze di attrito, concettualmente sembrano essere due fenomeni distinti), provocano la variazione di energia interna: il lavoro di queste altre forze, lavoro disordinato, è proprio il calore che compare al primo principio della termodinamica, preso in considerazione in fenomeni, appunto, d'attrito.
Consideriamo adesso una trasformazione adiabatica, e precisamente una trasformazione irreversibile. C’è una specie di idea che si forma subito nella mente, almeno nella mia, a proposito delle adiabatiche irreversibili. Che, cioè, siano trasformazioni che non esistono. E’ ovviamente un’idea derivante da una considerazione superficiale della cosa.
Provo a considerare un esempio di una siffatta trasformazione. Prendo quindi un dispositivo pistone-cilindro, e considero del gas che è al suo interno. Scelgo come sistema le pareti del cilindro più il gas al suo interno. Il pistone fa parte dell’ambiente.
Il sistema è isolato dal punto di vista termico. Quindi la trasformazione appare adiabatica. Tuttavia tra pareti e pistone c’è attrito. E, come detto, attrito non vuol dire necessariamente forze d’attrito. Quindi tra sistema (o una parte di essi, in questo caso le pareti) e il pistone (parte dell’ambiente) c’è anche uno scambio termico.
In sostanza, il caso particolare serve a tentare di giustificare, in un caso pratico, il fatto che una trasformazione adiabatica irreversibile presenti sempre scambi di calore tra sistema e ambiente.
Infatti, io non riesco ad immaginare una trasformazione irreversibile che non ne abbia. Se i fenomeni di attrito, fenomeni irreversibili per antonomasia, non sono caratterizzati solo da scambi di energia nella modalità “lavoro(delle forze d’attrito)”, allora io non riesco ad immaginare altri fenomeni dissipativi in cui non vi siano scambi di calori. Fenomeni contemporaneamente “adiabatici” e “irreversibili” appunto.
A conferma di questo dubbio viene anche il fatto che la variazione di entropia ha a che fare con scambi di energia nella modalità calore. Se la trasformazione è adiabatica, non ha scambi di calore, ma se è irreversibile, la variazione di entropia non è nulla, l’entropia non rimane costante.
In definitiva: c’è un reale esempio pratico di adiabatica irreversibile? Come è possibile correggere le incongruenze?
Riflettevo sulle adiabatiche irreversibili.
Ma, prima, un passo indietro. Ai fenomeni in cui c'è attrito.
Mi pare di poter dire che le trasformazioni che avvengono con attrito tra due superfici comportino scambi energetici tra le due superfici non sono nella modalità lavoro (il lavoro delle forze d'attrito) ma anche nella modalità calore. Se, infatti, una forza d'attrito, macroscopicamente misurata, provoca la variazione dell'energia cinetica del corpo che le è soggetto, altre forze, legate al fenomeno e non, quindi, alla forza di attrito così come noi la analizziamo in meccanica classica
(ripeto, per scrupolo di chiarezza: una cosa è il fenomeno d'attrito, una cosa sono le forze di attrito, concettualmente sembrano essere due fenomeni distinti), provocano la variazione di energia interna: il lavoro di queste altre forze, lavoro disordinato, è proprio il calore che compare al primo principio della termodinamica, preso in considerazione in fenomeni, appunto, d'attrito.
Consideriamo adesso una trasformazione adiabatica, e precisamente una trasformazione irreversibile. C’è una specie di idea che si forma subito nella mente, almeno nella mia, a proposito delle adiabatiche irreversibili. Che, cioè, siano trasformazioni che non esistono. E’ ovviamente un’idea derivante da una considerazione superficiale della cosa.
Provo a considerare un esempio di una siffatta trasformazione. Prendo quindi un dispositivo pistone-cilindro, e considero del gas che è al suo interno. Scelgo come sistema le pareti del cilindro più il gas al suo interno. Il pistone fa parte dell’ambiente.
Il sistema è isolato dal punto di vista termico. Quindi la trasformazione appare adiabatica. Tuttavia tra pareti e pistone c’è attrito. E, come detto, attrito non vuol dire necessariamente forze d’attrito. Quindi tra sistema (o una parte di essi, in questo caso le pareti) e il pistone (parte dell’ambiente) c’è anche uno scambio termico.
In sostanza, il caso particolare serve a tentare di giustificare, in un caso pratico, il fatto che una trasformazione adiabatica irreversibile presenti sempre scambi di calore tra sistema e ambiente.
Infatti, io non riesco ad immaginare una trasformazione irreversibile che non ne abbia. Se i fenomeni di attrito, fenomeni irreversibili per antonomasia, non sono caratterizzati solo da scambi di energia nella modalità “lavoro(delle forze d’attrito)”, allora io non riesco ad immaginare altri fenomeni dissipativi in cui non vi siano scambi di calori. Fenomeni contemporaneamente “adiabatici” e “irreversibili” appunto.
A conferma di questo dubbio viene anche il fatto che la variazione di entropia ha a che fare con scambi di energia nella modalità calore. Se la trasformazione è adiabatica, non ha scambi di calore, ma se è irreversibile, la variazione di entropia non è nulla, l’entropia non rimane costante.
In definitiva: c’è un reale esempio pratico di adiabatica irreversibile? Come è possibile correggere le incongruenze?
Risposte
Non ti seguo....
Se il sistema è adiabatico significa che non scambia calore con l'ambiente, se nel tuo sistema il pistone non lo includi allora il sistema non è adiabatico dato che scambia calore col pistone (poi bisogna vedere se il pistone può scambiare calore con l'ambiente o no). Se nell'esempio che fai includi anche il pistone nel sistema e supponi che tutto sia adiabatico allora il calore prodotto per attrito va a riscaldare il gas nel pistone. Non c'è molto altro da dire, ma forse non ho capito il dubbio....
Se il sistema è adiabatico significa che non scambia calore con l'ambiente, se nel tuo sistema il pistone non lo includi allora il sistema non è adiabatico dato che scambia calore col pistone (poi bisogna vedere se il pistone può scambiare calore con l'ambiente o no). Se nell'esempio che fai includi anche il pistone nel sistema e supponi che tutto sia adiabatico allora il calore prodotto per attrito va a riscaldare il gas nel pistone. Non c'è molto altro da dire, ma forse non ho capito il dubbio....
E' vero, non sono riuscito a fare un esempio di adiabatica irreversibile. Potreste aiutarmi?
Posso provare a considerare il caso in cui gli attriti siano interni, e il sistema sia adiabaticamente separato dall'ambiente. Resta da vedere se questo sia l'unico per il quale sia possibile parlare di trasformazione adiabatica e irreversibile.
Posso provare a considerare il caso in cui gli attriti siano interni, e il sistema sia adiabaticamente separato dall'ambiente. Resta da vedere se questo sia l'unico per il quale sia possibile parlare di trasformazione adiabatica e irreversibile.
Credo di averti già risposto tempo fa a dubbi del genere, ma evidentemente non sono stato convincente. Ci riprovo
Chi ha inventato il primo principio della termodinamica ha deciso di mettere un po' d'ordine in una serie di fenomeni e concetti che, a guardar bene, sfumano uno nell'altro perché in sostanza a livello microscopico sempre della stessa cosa si tratta: scambi di energia.
Chi ha deciso di fare ordine in questa delicata materia ha deciso che:
(permettimi in questo caso di rovesciare la convenzione del lavoro, considerando positivo il lavoro entrante, ovvero dU=dL+dQ):
dL è solo quella energia che entra nel sistema in forma meccanica, ovvero in forma Fds;
dQ è solo quella energia che entra nel sistema per conduzione, convezione, irraggiamento;
Non ci sono altri modi per comunicare energia a un sistema. Poi queste due forme di energia vanno a modificare la velocità delle molecole del sistema, ovvero l'energia interna.
Sempre nell'ambito delle condizioni adottate, si dice adiabatico un processo che non scambia dQ.
Il caso che tu proponi è un ingresso di lavoro, punto e basta, quindi è pur sempre un processo adiabatico.
Se il sistema al suo interno mette in gioco fenomeni dissipativi tali per cui questo lavoro si trasforma in modo da non poter essere restituito tutto in modo reversibile, sono fatti interni del sistema che comportano un aumento di entropia non calcolabile direttamente, ma ricavabile solo indirettamente. Per calcolarlo quello che si può fare è inventare una trasformazione reversibile che porti il sistema alle stesse condizioni termodinamiche finali. Per farlo è sicuramente necessario comunicare al sistema un calore dQ, e allora si può calcolare dS=dQ/T.
Se poi tu nella tua testa preferisci pensare che il lavoro comunicato al sistema passa per una fase in cui si trasforma internamente in calore.... beh questo lo puoi anche pensare, però non è conforme con l'ordine mentale che chi ha inventato il primo principio intendeva instaurare.

Chi ha inventato il primo principio della termodinamica ha deciso di mettere un po' d'ordine in una serie di fenomeni e concetti che, a guardar bene, sfumano uno nell'altro perché in sostanza a livello microscopico sempre della stessa cosa si tratta: scambi di energia.
Chi ha deciso di fare ordine in questa delicata materia ha deciso che:
(permettimi in questo caso di rovesciare la convenzione del lavoro, considerando positivo il lavoro entrante, ovvero dU=dL+dQ):
dL è solo quella energia che entra nel sistema in forma meccanica, ovvero in forma Fds;
dQ è solo quella energia che entra nel sistema per conduzione, convezione, irraggiamento;
Non ci sono altri modi per comunicare energia a un sistema. Poi queste due forme di energia vanno a modificare la velocità delle molecole del sistema, ovvero l'energia interna.
Sempre nell'ambito delle condizioni adottate, si dice adiabatico un processo che non scambia dQ.
Il caso che tu proponi è un ingresso di lavoro, punto e basta, quindi è pur sempre un processo adiabatico.
Se il sistema al suo interno mette in gioco fenomeni dissipativi tali per cui questo lavoro si trasforma in modo da non poter essere restituito tutto in modo reversibile, sono fatti interni del sistema che comportano un aumento di entropia non calcolabile direttamente, ma ricavabile solo indirettamente. Per calcolarlo quello che si può fare è inventare una trasformazione reversibile che porti il sistema alle stesse condizioni termodinamiche finali. Per farlo è sicuramente necessario comunicare al sistema un calore dQ, e allora si può calcolare dS=dQ/T.
Se poi tu nella tua testa preferisci pensare che il lavoro comunicato al sistema passa per una fase in cui si trasforma internamente in calore.... beh questo lo puoi anche pensare, però non è conforme con l'ordine mentale che chi ha inventato il primo principio intendeva instaurare.
"turtle87":
Il sistema è isolato dal punto di vista termico. Quindi la trasformazione appare adiabatica. Tuttavia tra pareti e pistone c’è attrito. E, come detto, attrito non vuol dire necessariamente forze d’attrito. Quindi tra sistema (o una parte di essi, in questo caso le pareti) e il pistone (parte dell’ambiente) c’è anche uno scambio termico.
In sostanza, il caso particolare serve a tentare di giustificare, in un caso pratico, il fatto che una trasformazione adiabatica irreversibile presenti sempre scambi di calore tra sistema e ambiente.
Esiste un altro tipo di irreversibilità, ammesso che in quello che hai presentato includi anche l'eventuale attrito viscoso tra parete e fluido contenuto all'interno. L'altro tipo di irreversibilità è quello dovuto alla diffusione delle onde di pressione all'interno dei fluidi.
Se per esempio si prende un sistema adiabatico costituito da un fluido contenuto all'interno di un cilindro munito di pistone, idealmente privo di attrito, e si applica una forza al pistone tale da farlo accelerare fino ad una velocità sufficientemente maggiore rispetto a quella del suono nel fluido, avremmo che la pressione all'interno di questo non sarà costante, ma sarà maggiore verso la zona di contatto con il pistone. Fermato il pistone, all'equilibrio, all'interno del fluido la pressione ritorna costante (per un gas perfetto ad esempio questa può essere calcolata conoscendo il volume raggiunto e il lavoro prodotto dalla forza esterna).
Facendo riespandere il fluido con una forza resistente esterna, ovvero compiendo lavoro sull'ambiente esterno, non si può raggiungere lo stato termodinamico dello stato iniziale del sistema cedendo lo stesso lavoro, perchè la pressione del fluido a contatto con il cilindro non sarà pari a quella assunta durante la compressione (cosa che si può verificare applicando l'equazione delle onde di pressione all'interno del fluido), quindi la trasformazione è irreversibile.
Hai parlato di scambio termico sottoforma di calore tra parete del cilindro e pistone. Se il cilindro cede calore al pistone, dal bilnacio termodinamico sul solo cilindro non riesco a capire cosa risulta, si ha una variazione di energia interna negativa?
"Falco5x":
dL è solo quella energia che entra nel sistema in forma meccanica, ovvero in forma Fds;
dQ è solo quella energia che entra nel sistema per conduzione, convezione, irraggiamento;
Ecco è proprio questo il punto.
Queste ipotesi portano a dei risultati non corretti.
Grazie a tutti per le risposte (e i dubbi sollevati).
Quello che mi ha tratto in inganno (poi, riflettendo, mi sono accorto che non era che un inganno) è stato considerare delle macchine che trasformavano del lavoro in calore. Leggendo in prima istanza la frase "la macchina trasforma lavoro in calore" io ho pensato subito al fatto che l'energia scambiata grazie al lavoro compiuto dalla macchina si trasformasse in lavoro. Non ho invece considerato che tale energia, prodotta dall'attrito, si tramutasse tutta in un aumento di energia interna. Ho in pratica, ignorato che di questa macchina facesse parte anche il calorimetro grazie al quale l'energia interna acquisita grazie al lavoro d'attrito si trasferisse nuovamente in calore. In pratica ho ignorato che:
Lavoro d'attrito $=>$ variazione di energia interna $=>$ calore.
Ho semplicemente "saltato" il termine di mezzo, cosa che concettualmente non si può fare, almeno nel caso in questione, come del resto ci insegna l'esperimento di Joule.
Questo punto conto di approfondirlo in un'altra discussione. Riguarda appunto l'approssimabilità di una trasformazione con trasformazioni notevoli più semplici da discutere.
Per quale motivo?
dL è solo quella energia che entra nel sistema in forma meccanica, ovvero in forma Fds;
dQ è solo quella energia che entra nel sistema per conduzione, convezione, irraggiamento;
Quello che mi ha tratto in inganno (poi, riflettendo, mi sono accorto che non era che un inganno) è stato considerare delle macchine che trasformavano del lavoro in calore. Leggendo in prima istanza la frase "la macchina trasforma lavoro in calore" io ho pensato subito al fatto che l'energia scambiata grazie al lavoro compiuto dalla macchina si trasformasse in lavoro. Non ho invece considerato che tale energia, prodotta dall'attrito, si tramutasse tutta in un aumento di energia interna. Ho in pratica, ignorato che di questa macchina facesse parte anche il calorimetro grazie al quale l'energia interna acquisita grazie al lavoro d'attrito si trasferisse nuovamente in calore. In pratica ho ignorato che:
Lavoro d'attrito $=>$ variazione di energia interna $=>$ calore.
Ho semplicemente "saltato" il termine di mezzo, cosa che concettualmente non si può fare, almeno nel caso in questione, come del resto ci insegna l'esperimento di Joule.
Per calcolarlo quello che si può fare è inventare una trasformazione reversibile che porti il sistema alle stesse condizioni termodinamiche finali. Per farlo è sicuramente necessario comunicare
Questo punto conto di approfondirlo in un'altra discussione. Riguarda appunto l'approssimabilità di una trasformazione con trasformazioni notevoli più semplici da discutere.
Ecco è proprio questo il punto.
Queste ipotesi portano a dei risultati non corretti
Per quale motivo?
Quello che non capisco è come possa generarsi calore, come viene fuori questa energia, cosa avviene a livello microscopico sulla superficie di contatto tra i due corpi quando c'è attrito e spostamento relativo, non c'è semplicemente una forza risultante e uno spostamento, per cui l'energia prodotta consiste nel lavoro prodotto dalla forza d'attrito è $vecF_(attr)*dP$ e nulla più?
Se ho capito bene quanto dice Falco, e quanto in effetti mi suggerisce la mia intuizione, quando si ha attrito tra due corpi, la sola cosa che si ha è la variazione di energia interna. Se poi, una volta avuta questa variazione, il sistema viene messo a contatto con il calorimetro, esso cede calore. Concettualmente, il lavoro non si trasforma subito in calore, ma passa prima per una variazione dell'energia interna.
A livello microscopico, con l'attrito, se il sistema è fermo, si ha un semplice aumento dell'energia delle particelle del sistema. Che vuol dire, come ben saprai, aumento dell'energia interna.
Una volta avutasi questa variazione di energia interna, il corpo aumenta la sua temperatura, che è legata appunto all'energia cinetica media delle particelle. Messo a contatto con una sorgente a temperatura più fredda, il sistema si raffredda, cede cioè parte della propria energia a questa sorgente. Si ha quindi questo scambio di calore.
Quando si legge che "una macchina trasforma lavoro in calore", bisogna praticamente includere anche l'aumento di energia interna provocata dal lavoro d'attrito, della macchina, e la successiva cessione di questa energia interna acquisita grazie all'attrito, sottoforma di calore, ad un altro sistema (la sorgente) capace di riceverla (in virtù della differenza di temperatura).
Come dicevo, quindi, logicamente avverrebbe (uso il condizionale perchè chiedo comunque conferma) il passaggio:
Attrito (acquisito dal sistema) => Aumento di energia interna da parte del corpo => Cessione di calore alla sorgente (con conseguente diminuzione dell'energia interna del sistema, precedentemente aumentata a causa dell'attrito).
A livello microscopico, con l'attrito, se il sistema è fermo, si ha un semplice aumento dell'energia delle particelle del sistema. Che vuol dire, come ben saprai, aumento dell'energia interna.
Una volta avutasi questa variazione di energia interna, il corpo aumenta la sua temperatura, che è legata appunto all'energia cinetica media delle particelle. Messo a contatto con una sorgente a temperatura più fredda, il sistema si raffredda, cede cioè parte della propria energia a questa sorgente. Si ha quindi questo scambio di calore.
Quando si legge che "una macchina trasforma lavoro in calore", bisogna praticamente includere anche l'aumento di energia interna provocata dal lavoro d'attrito, della macchina, e la successiva cessione di questa energia interna acquisita grazie all'attrito, sottoforma di calore, ad un altro sistema (la sorgente) capace di riceverla (in virtù della differenza di temperatura).
Come dicevo, quindi, logicamente avverrebbe (uso il condizionale perchè chiedo comunque conferma) il passaggio:
Attrito (acquisito dal sistema) => Aumento di energia interna da parte del corpo => Cessione di calore alla sorgente (con conseguente diminuzione dell'energia interna del sistema, precedentemente aumentata a causa dell'attrito).
Attenzione però a non dare a queste distinzioni tra varie forme di energia un significato eccessivo. In fondo si tratta di classificazioni arbitrarie. Si è deciso di parlare di dQ solo quando c'è trasferimento di energia termica da e verso il sistema, cioè attraverso la parete ideale che separa il sistema dal resto dell'universo. Si sarebbe anche potuto decidere diversamente... non ci sono fortissime ragioni di principio che hanno portato a decidere così, però si è visto che è una classificazione comoda. Pertanto nell'esempio di Turtle si ha trasformazione diretta da dL a dU semplicemente perché una volta entrato dL nel sistema la trasformazione di lavoro in energia termica dL - dU è interna a esso, dunque non si può parlare di dQ, che entrerebbe in gioco solo se questa energia termica provenisse dall'esterno del sistema.