Chiarimenti effetto fotoelettrico
Perchè l'effetto fotoelettrico dimostra la natura corpuscolare della luce? Cioè, perchè per svincolare l'elettrone dal metallo è necessario ammettere la presenza di qualche particella (i fotoni)? Un campo elettrico, o una qualsiasi forma di energia non potrebbero spiegare ugualmente l'emissione di elettroni?
Risposte


Ok, il fatto è che non riesco proprio a immaginarmi delle particelle come i fotoni. Quando ad esempio un'onda elettromagnetica incide su un un atomo, si dice che questo può assorbire ed emettere fotoni. Ma che significa "emettere" un fotone? Come si fa a creare una particella che viaggia alla velocità della luce e solo a quella velocità?
Altro dubbio: nell'effetto compton, si considera un urto tra un fotone ed un elettrone, per cui dopo l'urto il fotone è deviato rispetto alla sua direzione iniziale. Come può una particella di massa nulla che può andare solo alla velocità della luce, ad essere soggetta ad una forza che la fa deviare dalla sua direzione?
Altro dubbio: nell'effetto compton, si considera un urto tra un fotone ed un elettrone, per cui dopo l'urto il fotone è deviato rispetto alla sua direzione iniziale. Come può una particella di massa nulla che può andare solo alla velocità della luce, ad essere soggetta ad una forza che la fa deviare dalla sua direzione?
"albireo":
Ok, il fatto è che non riesco proprio a immaginarmi delle particelle come i fotoni. Quando ad esempio un'onda elettromagnetica incide su un un atomo, si dice che questo può assorbire ed emettere fotoni. Ma che significa "emettere" un fotone? Come si fa a creare una particella che viaggia alla velocità della luce e solo a quella velocità?
La Fisica si approccia allo studio dei fenomeni naturali tramite modelli. Per esempio, considera il sistema costituito da un atomo isolato nel suo stato fondamentale e da un fotone incidente. La Natura ci mostra l'esistenza di una certa probabilità che il fotone scompaia. Non solo, la Natura ci dice anche che questa probabilità è particolarmente elevata quando l'energia del fotone incidente è uguale alla differenza di energia tra l'energia di un generico stato eccitato dell'atomo e l'energia del suo stato fondamentale. Si suole dire che, data la scomparsa del fotone, l'atomo ha assorbito il fotone portandosi in uno stato eccitato. La Natura ci dice anche che è possibile il processo opposto, l'emissione spontanea. Un atomo nel suo stato eccitato emette un fotone per riportarsi nello stato fondamentale. Questo è quanto. Compito della Fisica è costruire un modello più o meno elegante che renda conto delle evidenze sperimentali. Il modello si chiama Elettrodinamica quantistica, la teoria che studia l'interazione tra elettroni, positroni e fotoni. Il modello rende conto di questi fenomeni con una precisione sbalorditiva. Il perchè certi fenomeni avvengano rientra nell'eleganza della teoria, insomma, nei princìpi sui quali essa si fonda. E per quanto possano essere primi questi princìpi, non è possiile farne a meno.
"albireo":
Altro dubbio: nell'effetto compton, si considera un urto tra un fotone ed un elettrone, per cui dopo l'urto il fotone è deviato rispetto alla sua direzione iniziale. Come può una particella di massa nulla che può andare solo alla velocità della luce, ad essere soggetta ad una forza che la fa deviare dalla sua direzione?
Ammessa l'esistenza del fotone, il fatto di avere massa nulla non gli impedisce di avere un impluso ed un'energia, è possibile studiare la sua interazione con un elettrone libero applicando il modello delle due palline. Con qualche nozione di cinematica relativistica e pochi passaggi, è possibile ottenere i risultati sperimentali, fatto piuttosto sorprendente. Lo stesso non si può dire dell'assorbimento e dell'emissione da parte di un atomo. In questo caso, il modello che rende conto delle evidenze sperimentali è notevolmente più complesso.
"speculor":
La Fisica si approccia allo studio dei fenomeni naturali tramite modelli. Per esempio, considera il sistema costituito da un atomo isolato nel suo stato fondamentale e da un fotone incidente. La Natura ci mostra l'esistenza di una certa probabilità che il fotone scompaia. Non solo, la Natura ci dice anche che questa probabilità è particolarmente elevata quando l'energia del fotone incidente è uguale alla differenza di energia tra l'energia di un generico stato eccitato dell'atomo e l'energia del suo stato fondamentale. Si suole dire che, data la scomparsa del fotone, l'atomo ha assorbito il fotone portandosi in uno stato eccitato. La Natura ci dice anche che è possibile il processo opposto, l'emissione spontanea. Un atomo nel suo stato eccitato emette un fotone per riportarsi nello stato fondamentale. Questo è quanto. Compito della Fisica è costruire un modello più o meno elegante che renda conto delle evidenze sperimentali. Il modello si chiama Elettrodinamica quantistica, la teoria che studia l'interazione tra elettroni, positroni e fotoni. Il modello rende conto di questi fenomeni con una precisione sbalorditiva.Il perchè certi fenomeni avvengano rientra nell'eleganza della teoria, insomma, dai princìpi sui quali essa si fonda. E per quanto possano essere primi questi princìpi, non è possiile farne a meno.
Mmh...quindi da ciò che mi dici il mio dubbio in teoria è lecito, ma in pratica non ha importanza o non ha senso perchè i risultati sono quelli e il modello funziona
Guarda, è sorprendente come la Fisica sia riuscita a volgere a proprio favore ciò che poteva essere considerata a prima vista una sua limitazione. Mi riferisco al Principio d'indeterminazione di Heisenberg. Nella teoria quantistica non relativistica, il Principio d'indeterminazione prevede che non sia possibile determinare in modo arbitrariamente preciso la posizione e l'impulso di una particella in un determinato istante. Questo ha portato all'abbandono del concetto di traiettoria e all'introduzione del concetto di funzione d'onda $[\psi(vecx,t)]$. Il concetto di funzione d'onda poggia sul fatto che sia possibile misurare in ogni istante e con precisione arbitraria la posizione di una particella. Quando si trattò di formulare una teoria quantistica relativistica, presto ci si rese conto che dover ammettere l'esistenza di una velocità limite avrebbe portato profonde ripercussioni sul Principio d'indeterminazione medesimo. Nella nuova teoria, risultava impossibile misurare la posizione di una particella con precisione arbitraria e in un tempo finito. Insomma, si perdeva irrimediabilmente la collocazione temporale delle particelle medesime. Per fare un esempio, se si volesse misurare con precisione arbitraria e in un determinato istante la posizione di un elettrone, l'interazione tra lo strumento di misura e l'elettrone medesimo determinerebbe la creazione di coppie elettrone-positrone. Tu capisci che, se vado per misurare la posizione di una particella e alla fine me ne trovo una moltitudine, lo scopo iniziale della misura perde assolutamente di significato. In parole povere, così come nella teoria non relativistica il concetto di traiettoria perdeva di significato, così nella teoria relativistica perdeva di senso il concetto di posizione di una particella in un determinato istante. A questo punto mi chiederai: che cosa è allora possibile misurare nella teoria relativistica? Dobbiamo accontentarci, solo le proprietà delle particelle libere. Perchè mi chiederai. Perchè solo se la particella è libera io posso prendermi tutto il tempo di cui necessito per effettuare una misura arbitrariamente precisa, per esempio, della sua energia. Del resto, se la particella è libera, la sua energia si conserva dopo l'interazione in esame, e allora me la posso andare a misurare facendola entrare in un calorimetro dove, in un tempo arbitrariamente lungo e dipendente dalla precisione che voglio ottenere, essa verrà rilasciata. In sintesi: nella teoria quantistica relativistica le uniche grandezze osservabili sono quelle delle particelle libere, per le quali mi posso prendere tutto il tempo di cui necessito per portare a termine la mia misura con una precisione arbitraria. Ovviamente, il rovescio della medaglia è che si debba definitivamente abbandonare la pretesa di poter descrivere nei dettagli ciò che avviene durante l'urto: hai un certo insieme di particelle prima dell'urto, hai un altro insieme di particelle dopo l'urto, in mezzo una scatola nera il cui modello, lungi dal poter descrivere ciò che capita dentro, riesce a mettere in relazione l'insieme iniziale con quello finale. Ora dovrebbe essere più chiara la mia considerazione iniziale. Proprio il Principio d'indeterminazione spinse a dover considerare il tutto sotto un altro punto di vista. Proprio sentendosi liberati da quel senso di oppressione che il dover spiegare in tutti i dettagli l'interazione tra le particelle inevitabilmente portava con sè, i fisici trovarono la forza di abbandonare per la seconda volta il vecchio modello e ad approdare ad una teoria che potesse spiegare le uniche cose che in effetti poteva spiegare, la Seconda quantizzazione. Ebbene, il Principio d'indeterminazione rappresentava una solidissima base per compiere quel salto. In definitiva, smettila di pretendere troppo da te stesso e dalla Fisica. Mi dispiace e ti sembrerà impossibile ma, è il Principio d'indeterminazione che te lo consente.
P.S.
Probabilmente non hai mai incontrato gli operatori che vengono utilizzati nello sviluppo della Teoria quantistica dei campi. Nel caso dell'effetto Compton, si tratta di uno "strano" dispositivo matematico che distrugge l'elettrone e il fotone negli stati iniziali per poi ricrearli negli stati finali. Insomma, una sorta di stregoneria. Tuttavia, sono le considerazioni teoriche che ne hanno giustificato l'introduzione a rendercelo un po' più familiare.
P.S.
Probabilmente non hai mai incontrato gli operatori che vengono utilizzati nello sviluppo della Teoria quantistica dei campi. Nel caso dell'effetto Compton, si tratta di uno "strano" dispositivo matematico che distrugge l'elettrone e il fotone negli stati iniziali per poi ricrearli negli stati finali. Insomma, una sorta di stregoneria. Tuttavia, sono le considerazioni teoriche che ne hanno giustificato l'introduzione a rendercelo un po' più familiare.
Grazie per la risposta che mi hai dato, non ero a conoscenza dei fatti che hai descritto, e sicuramente non ho ancora le conoscenze necessarie per comprendere bene questo tipo di fenomeni.
Effettivamente sembrano un pò delle stregonerie, quindi hai ragione, ora come ora non posso far altro che acettare le cose così come sono per quanto possano sembrarmi incomoprensibili, ma spero di affrontare questi studi in futuro, di capirci un pò di più e magari porre anche delle domande più sensate.
Effettivamente sembrano un pò delle stregonerie, quindi hai ragione, ora come ora non posso far altro che acettare le cose così come sono per quanto possano sembrarmi incomoprensibili, ma spero di affrontare questi studi in futuro, di capirci un pò di più e magari porre anche delle domande più sensate.
Ciao, riprendo un attimo questo post perchè come ho già detto non ho ancora questo tipo di conoscenze per cui vorrei chiederti: esiste una spiegazione al fatto che nell'effetto fotoelettrico il fotone scompare e nell'effetto compton no?
Piccolo OT ma neanche tanto
Ok, grazie del consiglio!
Il processo in cui un elettrone libero, quale quello considerato nell'effetto Compton, assorbe un fotone, è vietato dalla conservazione del quadrivettore energia-impulso. Infatti, prima dell'urto, nel sistema di riferimento in cui l'elettrone è in quiete:
$[p^mu=(m_e,vec0)] ^^ [k^mu=(omega,vecomega)]$
Dopo l'urto, in assenza del fotone e nel medesimo sistema di riferimento:
$[p^mu=(E,vecp)]$
Imponendo la conservazione del quadrivettore energia-impulso e la condizone di massa invariante dell'elettrone:
$\{(E=m_e+omega),(p=omega),(E^2-p^2=m_e^2):} rarr \{(E=m_e+omega),(p=omega),(m_e^2+2m_eomega+omega^2-omega^2=m_e^2):} rarr {(E=m_e+omega),(p=omega),(2m_eomega=0):}$
si ottiene una terza equazione manifestamente impossibile. Solo se l'elettrone è in uno stato legato, quale quello considerato nell'effetto fotoelettrico, il fotone può essere assorbito senza violare questo principio di conservazione.
$[p^mu=(m_e,vec0)] ^^ [k^mu=(omega,vecomega)]$
Dopo l'urto, in assenza del fotone e nel medesimo sistema di riferimento:
$[p^mu=(E,vecp)]$
Imponendo la conservazione del quadrivettore energia-impulso e la condizone di massa invariante dell'elettrone:
$\{(E=m_e+omega),(p=omega),(E^2-p^2=m_e^2):} rarr \{(E=m_e+omega),(p=omega),(m_e^2+2m_eomega+omega^2-omega^2=m_e^2):} rarr {(E=m_e+omega),(p=omega),(2m_eomega=0):}$
si ottiene una terza equazione manifestamente impossibile. Solo se l'elettrone è in uno stato legato, quale quello considerato nell'effetto fotoelettrico, il fotone può essere assorbito senza violare questo principio di conservazione.
Grazie per la spiegazione e la dimostrazione, le ho capite!
Per quanto riguarda l'effetto fotoelettrico hai detto invece che è possibile che si verifichi l'assorbimento del fotone senza violare questo principio. Ma è possibile dimostrare che se si verifica l'interazione tra fotone ed elettrone, allora l'unica possibilità è che il fotone venga assorbito, cioè che dopo l'interazione si abbia solo la presenza dell'elettrone?
Un'altra cosa infine non mi è chiara: hai rimarcato giustamente che l'effetto Compton prevede la presenza di elettroni liberi, mentre l'effetto fotoelettrico riguarda gli elettroni legati. Ma allora perchè quando si spiega l'effetto fotoelettrico si fa riferimento ai metalli? Cioè se mi venisse chiesto di dire che tipo di materiale userei per verificare l'effetto Compton mi verrebbe più naturale pensare ai metalli perchè è lì che posso trovare gli elettroni liberi, mentre al contrario per verificare l'effetto fotoelettrico farei riferimento ai non metalli.
Per quanto riguarda l'effetto fotoelettrico hai detto invece che è possibile che si verifichi l'assorbimento del fotone senza violare questo principio. Ma è possibile dimostrare che se si verifica l'interazione tra fotone ed elettrone, allora l'unica possibilità è che il fotone venga assorbito, cioè che dopo l'interazione si abbia solo la presenza dell'elettrone?
Un'altra cosa infine non mi è chiara: hai rimarcato giustamente che l'effetto Compton prevede la presenza di elettroni liberi, mentre l'effetto fotoelettrico riguarda gli elettroni legati. Ma allora perchè quando si spiega l'effetto fotoelettrico si fa riferimento ai metalli? Cioè se mi venisse chiesto di dire che tipo di materiale userei per verificare l'effetto Compton mi verrebbe più naturale pensare ai metalli perchè è lì che posso trovare gli elettroni liberi, mentre al contrario per verificare l'effetto fotoelettrico farei riferimento ai non metalli.