Riflessioni su limiti e sviluppi di taylor notevoli in analisi complessa
Vedo spesso i limiti notevoli e gli sviluppi di Taylor dell'analisi reale venire impiegati anche nell'analisi complessa, i limiti notevoli ad esempio per provare l'esistenza di una singolarità eliminabile, gli sviluppi di Taylor ad esempio per ricavare gli sviluppi di Laurent, quindi proprio tutti i limiti notevoli e gli sviluppi notevoli di taylor valgono indistintamente per $AA f:RR^n \to RR$ e per $AAg:CC \to CC$ ??
I limiti notevoli usati in $CC$, quale ad esempio $lim_(z->0) sin(z)/z=1$, mi sembrano assurdi per via intuitiva: $sin(z)/z\in CC$ è un vettore (due dimensioni) non un numero reale, come può avere quel comportamento locale esattamente identico al semplice caso monodimensionale da $RR->RR$ di $sin(x)/x$?
come può lo sviluppo di Taylor del seno essere lo stesso date le grandi differenze di comportamento tra reale e complesso? (ad esempio il seno non è limitato in $CC$)
provo a darmi una risposta da solo:
in $CC$ si ha la stessa metrica euclidea dello spazio vettoriale euclideo $RR^2$: $\d(z_1,z_2)=|z_1-z_2|=sqrt((Re(z_1)-Re(z_2))^2+(Im(z_1)-Im(z_2))^2)$
data la corrispondenza biunivoca tra $CC$ e $RR^2$ (c'è un isomorfismo in quanto l'insieme $RR^2$ è il sostegno dello spazio vettoriale $CC$), e data la medesima metrica euclidea, si ha che la topologia di $CC$ è la stessa identica di $RR^2$, pertanto valgono anche in $CC$ i classici limiti notevoli e gli sviluppi di Taylor per funzioni che valgono per una qualsiasi funzione scalare $RR^n->RR$ (?)
non importa la dimensione vettoriale del sostegno della struttura algebrica, non importa la presenza o no di una relazione d'ordine totale, complessi o reali non importa: i limiti e le derivate (e quindi gli sviluppi di Taylor) dipendono unicamente dalla metrica definita
forse quel che non mi è chiaro il concetto di limite per una funzione a valori vettoriali, in particolare i limiti sui campi vettoriali $RR^2\to RR^2$ a cui si riconducono le funzioni dell'analisi complessa $CC->CC$
esempio:
data la funzione $f(z)= e^(1/z)$, valutare il tipo di singolarità in zero. il mio libro opera in questo modo, comincia considerando il limite del modulo:
$lim_(z->0) |e^(1/z)|=lim_(z->0) |e^(x/(x^2+y^2))|$
ora considera la restrizione in $y=0$:
$lim_(x->0^+) e^(1/x)= +infty ; lim_(x->0^-) e^(1/x)=0$
pertanto il limite non esiste.
quello che forse non mi è chiaro è: perché considerare proprio il modulo di $f(z)$? anche wikipedia in questa voce https://it.wikipedia.org/wiki/Singolarit%C3%A0_isolata considera come un possibile criterio il comportamento al limite di $|f(z)|$ per valutare la singolarità.
provo di nuovo a darmi una risposta da solo:
$f(z)$ è un elemento di $CC$ e quindi del suo sostegno $RR^2$, pertanto si può scrivere equivalentemente in coordinate cartesiane $f(z)=x+iy: (x,y) \in RR^2$ o polari $f(z)= r(cos(theta)+i sin(theta)): r=sqrt(x^2+y^2) \in RR+{0}; theta=arctan(y/x) \in [0,2pi)$
Se una delle due componenti del limite in $z_0$ di $f(z)$ assume valori diversi avvicinandosi a $z_0$ con cammini diversi, si ha che il limite in $z_0$ non può esistere.
Avrei potuto in modo assolutamente equivalente(?) considerare l'altra coordinata polare di $f(z)$, ovvero $theta=arg(f(z))$ in luogo di $r=|f(z)|$, e calcolarne il limite su cammini diversi; quindi in tal caso wikipedia e il mio libro nominerebbero il modulo di $f(z)$ solamente perché tendenzialmente porta a conti più semplici

PS spero di non aver battuto il record di considerazioni errate in un unico post
I limiti notevoli usati in $CC$, quale ad esempio $lim_(z->0) sin(z)/z=1$, mi sembrano assurdi per via intuitiva: $sin(z)/z\in CC$ è un vettore (due dimensioni) non un numero reale, come può avere quel comportamento locale esattamente identico al semplice caso monodimensionale da $RR->RR$ di $sin(x)/x$?
come può lo sviluppo di Taylor del seno essere lo stesso date le grandi differenze di comportamento tra reale e complesso? (ad esempio il seno non è limitato in $CC$)
provo a darmi una risposta da solo:
in $CC$ si ha la stessa metrica euclidea dello spazio vettoriale euclideo $RR^2$: $\d(z_1,z_2)=|z_1-z_2|=sqrt((Re(z_1)-Re(z_2))^2+(Im(z_1)-Im(z_2))^2)$
data la corrispondenza biunivoca tra $CC$ e $RR^2$ (c'è un isomorfismo in quanto l'insieme $RR^2$ è il sostegno dello spazio vettoriale $CC$), e data la medesima metrica euclidea, si ha che la topologia di $CC$ è la stessa identica di $RR^2$, pertanto valgono anche in $CC$ i classici limiti notevoli e gli sviluppi di Taylor per funzioni che valgono per una qualsiasi funzione scalare $RR^n->RR$ (?)
non importa la dimensione vettoriale del sostegno della struttura algebrica, non importa la presenza o no di una relazione d'ordine totale, complessi o reali non importa: i limiti e le derivate (e quindi gli sviluppi di Taylor) dipendono unicamente dalla metrica definita
forse quel che non mi è chiaro il concetto di limite per una funzione a valori vettoriali, in particolare i limiti sui campi vettoriali $RR^2\to RR^2$ a cui si riconducono le funzioni dell'analisi complessa $CC->CC$
esempio:
data la funzione $f(z)= e^(1/z)$, valutare il tipo di singolarità in zero. il mio libro opera in questo modo, comincia considerando il limite del modulo:
$lim_(z->0) |e^(1/z)|=lim_(z->0) |e^(x/(x^2+y^2))|$
ora considera la restrizione in $y=0$:
$lim_(x->0^+) e^(1/x)= +infty ; lim_(x->0^-) e^(1/x)=0$
pertanto il limite non esiste.
quello che forse non mi è chiaro è: perché considerare proprio il modulo di $f(z)$? anche wikipedia in questa voce https://it.wikipedia.org/wiki/Singolarit%C3%A0_isolata considera come un possibile criterio il comportamento al limite di $|f(z)|$ per valutare la singolarità.
provo di nuovo a darmi una risposta da solo:
$f(z)$ è un elemento di $CC$ e quindi del suo sostegno $RR^2$, pertanto si può scrivere equivalentemente in coordinate cartesiane $f(z)=x+iy: (x,y) \in RR^2$ o polari $f(z)= r(cos(theta)+i sin(theta)): r=sqrt(x^2+y^2) \in RR+{0}; theta=arctan(y/x) \in [0,2pi)$
Se una delle due componenti del limite in $z_0$ di $f(z)$ assume valori diversi avvicinandosi a $z_0$ con cammini diversi, si ha che il limite in $z_0$ non può esistere.
Avrei potuto in modo assolutamente equivalente(?) considerare l'altra coordinata polare di $f(z)$, ovvero $theta=arg(f(z))$ in luogo di $r=|f(z)|$, e calcolarne il limite su cammini diversi; quindi in tal caso wikipedia e il mio libro nominerebbero il modulo di $f(z)$ solamente perché tendenzialmente porta a conti più semplici

PS spero di non aver battuto il record di considerazioni errate in un unico post

Risposte
Gli sviluppi sono gli stessi per il semplice fatto che le funzioni elementari nel campo complesso sono definite attraverso quegli sviluppi lì.
Ad esempio:
\[\sin z := \sum_{n=0}^{\infty} \frac{(-1)^n}{(2n+1)!}\ z^{2n+1}\]
(definizione lecita, perché la serie a secondo membro converge totalmente in ogni compatto contenuto in $CC$).
Inoltre, la definizione mediante serie si porta dietro, come conseguenza davvero banale, il fatto che valgano in $CC$ gli usuali limiti notevoli.
Per quanto riguarda le singolarità, ci sono diversi teoremi che giustificano i passaggi del libro... Insomma, mi pare che tu abbia dubbi perchè non hai studiato la teoria o perchè non l'hai capita.
Che libro usi?
Ad esempio:
\[\sin z := \sum_{n=0}^{\infty} \frac{(-1)^n}{(2n+1)!}\ z^{2n+1}\]
(definizione lecita, perché la serie a secondo membro converge totalmente in ogni compatto contenuto in $CC$).
Inoltre, la definizione mediante serie si porta dietro, come conseguenza davvero banale, il fatto che valgano in $CC$ gli usuali limiti notevoli.
Per quanto riguarda le singolarità, ci sono diversi teoremi che giustificano i passaggi del libro... Insomma, mi pare che tu abbia dubbi perchè non hai studiato la teoria o perchè non l'hai capita.
Che libro usi?
"gugo82":
Gli sviluppi sono gli stessi per il semplice fatto che le funzioni elementari nel campo complesso sono definite attraverso quegli sviluppi lì.
Ad esempio:
\[\sin z := \sum_{n=0}^{\infty} \frac{(-1)^n}{(2n+1)!}\ z^{2n+1}\]
(definizione lecita, perché la serie a secondo membro converge totalmente in ogni compatto contenuto in $CC$).
Inoltre, la definizione mediante serie si porta dietro, come conseguenza davvero banale, il fatto che valgano in $CC$ gli usuali limiti notevoli.
ora mi è chiaro, grazie
Per quanto riguarda le singolarità, ci sono diversi teoremi che giustificano i passaggi del libro... Insomma, mi pare che tu abbia dubbi perchè non hai studiato la teoria o perchè non l'hai capita.
Che libro usi?
uso questo libro http://www.aracneeditrice.it/index.php/ ... 8879996426 , è molto sintetico sull'analisi complessa, ma dovrebbe essere sufficiente quanto ad approfondimento perché l'analisi complessa costituisce solamente la parte finale del mio corso di analisi 2 da 12 crediti (fisica).
l'esempio del mio post precedente con la funzione $f(z)=e^(1/z)$ lo ho preso proprio da quel libro, è l'esempio sui punti di singolarità essenziale, che lì sono definiti in questo modo:
$z_0$ è una singolarità essenziale di $f(z)$ se il limite $lim_(z->z_0) f(z)$ non esiste. In questo caso lo sviluppo di Laurent nell'intorno bucato $0<|z-z_0|
successivamente nel libro è riportato quell'esempio con la non esistenza del limite in $z_0=0$ dimostrata tramite lo studio del limite di $|e^(1/z)|$ sulla restrizione $y=0$, e io lì a chiedermi:
"scegliendo di approcciare il problema studiando il limite invece che provando a scrivere la serie di laurent, ma perché devo per prima cosa studiare il limite del modulo?"
cioè, come ho scritto sopra penso sia ovvio che se non esiste il limite del modulo della funzione, allora non può neanche esistere il limite della funzione, però in generale la stessa affermazione varrebbe anche per l'argomento di $f(z)$, cosa che wikipedia non dice, e quindi mi fa presumere che sia io a non aver capito come trattare i limiti in $CC$
da wikipedia, la definizione di singolarità essenziale nella voce di questo teorema https://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_di_Picard
Il numero complesso $z_0$ prende il nome di singolarità essenziale per f se vale una delle seguenti equivalenti affermazioni:
- Esiste un numero infinito di termini negativi dello sviluppo in serie di Laurent di f in $z_0$
- Il modulo $|f(z)|$ non ha limite per $z$ tendente a $z_0$
questo mi spinge a pensare che ci sia un errore di stampa nel mio libro, che considera il limite di $f(z)$ quando in realtà avrebbe dovuto riferirsi a $|f(z)|$
Il numero complesso $z_0$ prende il nome di singolarità essenziale per f se vale una delle seguenti equivalenti affermazioni:
- Esiste un numero infinito di termini negativi dello sviluppo in serie di Laurent di f in $z_0$
- Il modulo $|f(z)|$ non ha limite per $z$ tendente a $z_0$
questo mi spinge a pensare che ci sia un errore di stampa nel mio libro, che considera il limite di $f(z)$ quando in realtà avrebbe dovuto riferirsi a $|f(z)|$
Se il grado di approfondimento del testo è sufficiente, perché chiedi qui? Perchè cerchi su WIKIpedia? 
Ad ogni buon conto... Il comportamento delle funzioni olomorfe intorno ai loro punti singolari è una cosa descritta da vari teoremi più o meno seri di Analisi Complessa.
Innanzitutto, devi tenere presente cosa sono i punti regolari ed i punti singolari:
Questa definizione viene fuori da tecniche di prolungamento analitico, che non so se ti sono familiari, ma tant'è... Visto che il tuo testo è sufficientemente approfondito, se non ti ci ritrovi leggi quella che hai sul testo.
Innanzitutto, si vede che se $z_0 in CC$ è un punto qualsiasi del campo complesso attorno al quale $f$ è definita (quindi un punto regolare, oppure un punto singolare isolato), si può scrivere:
\[
f(z) = \underbrace{\quad \sum_{n=0}^\infty c_n (z-z_0)^n \quad }_{:=P(z-z_0) \text{ parte regolare}} + \underbrace{ \quad \sum_{n=1}^\infty \frac{c_{-n}}{(z-z_0)^n} \quad }_{=: g(\frac{1}{z-z_0}) \text{ parte singolare}}
\]
con lo sviluppo al secondo membro che ha come insieme di convergenza o un conveniente intorno di $z_0$ (se $z_0$ è un punto regolare), oppure un conveniente intorno forato di $z_0$ (se $z_0$ è singolare isolato). Lo sviluppo a secondo membro si chiama sviluppo in serie di Laurent di $f$ centrato in $z_0$.
In particolare, se $z_0$ è un punto regolare, la parte singolare $g(1/(z-z_0))$ è identicamente nulla, mentre se $z_0$ è singolare isolato lo sviluppo di $g(w)=sum_{n=1}^oo c_(-n) w^n$ o contiene solo un numero finito di termini (ed in tal caso $z_0$ è un polo) oppure contiene infiniti termini (ed in tal caso $z_0$ è una singolarità essenziale). Quindi, la classificazione dei punti singolari isolati si fa, essenzialmente, guardando com'è fatta la parte singolare di una funzione.
Questo è molto semplice in alcuni casi: ad esempio per le funzioni $e^{1/z}$ o $sin(1/z)$ si riescono a scrivere gli sviluppi di Laurent centrati in $0$ in maniera immediata (sfruttando tecniche elementari):
\[
\begin{split}
e^{1/z} &= 1 + \sum_{n=1}^\infty \frac{1}{n!\ z^n}\\
\sin \frac{1}{z} &= \sum_{n=0}^\infty \frac{(-1)^n}{(2n+1)!\ z^{2n+1}}\; ,
\end{split}
\]
dai quali si deduce che le funzioni hanno in $0$ singolarità essenziali isolate.
Tuttavia, determinare lo sviluppo di Laurent di una funzione non è sempre cosa agevole o possibile, quindi si devono trovare altri modi per classificare le singolarità isolate.
In particolare, si dimostrano i seguenti fatti, i quali forniscono metodi di calcolo semplici (perché basati sul calcolo di limiti) per classificare le singolarità:
[N.B.: I simboli \(\limsup\) e \(\liminf\) denotano, rispettivamente il massimo limite ed il minimo limite.]
Quindi per classificare le singolarità isolate basta calcolare qualche limite.
In particolare, ad esempio:
\[
\begin{split}
\lim_{z\to 0} |e^{1/z}| &= \lim_{(x,y)\to (0,0)} |e^{\frac{x-i y}{x^2 + y^2}}|\\
&= \lim_{(x,y)\to (0,0)} e^{\frac{x}{x^2 + y^2}}
\end{split}
\]
non esiste (questa è Analisi II davvero) ed, anzi, si vede che lungo le restrizioni sulle rette si ha:
\[
\begin{split}
\lim_{x\to 0^+} e^{\frac{1}{x (1+ m^2)}} &= +\infty\\
\lim_{x\to 0^-} e^{\frac{1}{x (1+ m^2)}} &= 0
\end{split}
\]
dunque:
\[
\begin{split}
\limsup_{z\to 0} |e^{1/z}| &= +\infty \\
\liminf_{z\to 0} |e^{1/z}| &= 0
\end{split}
\]
e $0$ è singolarità essenziale (a conferma del ragionamento precedente).

Ad ogni buon conto... Il comportamento delle funzioni olomorfe intorno ai loro punti singolari è una cosa descritta da vari teoremi più o meno seri di Analisi Complessa.
Innanzitutto, devi tenere presente cosa sono i punti regolari ed i punti singolari:
Siano $Omega subseteq CC$ un aperto ed $f:Omega -> CC$ una funzione olomorfa in $Omega$ e non prolungabile fuori da $Omega$.[nota]Quindi $Omega$ è il campo di olomorfia massimale per $f$.[/nota]
I punti di $Omega$ si chiamano punti regolari di $f$ e sono, precisamente, tutti e soli i punti del piano complesso in cui $f$ si può sviluppare in serie di Taylor convergente con raggio di convergenza $>0$.
I punti di $\partial Omega$ si chiamano punti singolari di $f$ e sono, precisamente, gli unici punti del piano complesso in cui $f$ non si può sviluppare in serie di Taylor convergente con raggio di convergenza $>0$.
Inoltre, se $Omega$ contiene un intorno di $oo$, si dice che $oo$ è un punto regolare [risp. singolare] per $f$ se e solo se $0$ è un punto di regolare [risp. singolare] per la funzione ausiliaria $g(w) = f(1/w)$.
Questa definizione viene fuori da tecniche di prolungamento analitico, che non so se ti sono familiari, ma tant'è... Visto che il tuo testo è sufficientemente approfondito, se non ti ci ritrovi leggi quella che hai sul testo.
Innanzitutto, si vede che se $z_0 in CC$ è un punto qualsiasi del campo complesso attorno al quale $f$ è definita (quindi un punto regolare, oppure un punto singolare isolato), si può scrivere:
\[
f(z) = \underbrace{\quad \sum_{n=0}^\infty c_n (z-z_0)^n \quad }_{:=P(z-z_0) \text{ parte regolare}} + \underbrace{ \quad \sum_{n=1}^\infty \frac{c_{-n}}{(z-z_0)^n} \quad }_{=: g(\frac{1}{z-z_0}) \text{ parte singolare}}
\]
con lo sviluppo al secondo membro che ha come insieme di convergenza o un conveniente intorno di $z_0$ (se $z_0$ è un punto regolare), oppure un conveniente intorno forato di $z_0$ (se $z_0$ è singolare isolato). Lo sviluppo a secondo membro si chiama sviluppo in serie di Laurent di $f$ centrato in $z_0$.
In particolare, se $z_0$ è un punto regolare, la parte singolare $g(1/(z-z_0))$ è identicamente nulla, mentre se $z_0$ è singolare isolato lo sviluppo di $g(w)=sum_{n=1}^oo c_(-n) w^n$ o contiene solo un numero finito di termini (ed in tal caso $z_0$ è un polo) oppure contiene infiniti termini (ed in tal caso $z_0$ è una singolarità essenziale). Quindi, la classificazione dei punti singolari isolati si fa, essenzialmente, guardando com'è fatta la parte singolare di una funzione.
Questo è molto semplice in alcuni casi: ad esempio per le funzioni $e^{1/z}$ o $sin(1/z)$ si riescono a scrivere gli sviluppi di Laurent centrati in $0$ in maniera immediata (sfruttando tecniche elementari):
\[
\begin{split}
e^{1/z} &= 1 + \sum_{n=1}^\infty \frac{1}{n!\ z^n}\\
\sin \frac{1}{z} &= \sum_{n=0}^\infty \frac{(-1)^n}{(2n+1)!\ z^{2n+1}}\; ,
\end{split}
\]
dai quali si deduce che le funzioni hanno in $0$ singolarità essenziali isolate.
Tuttavia, determinare lo sviluppo di Laurent di una funzione non è sempre cosa agevole o possibile, quindi si devono trovare altri modi per classificare le singolarità isolate.
In particolare, si dimostrano i seguenti fatti, i quali forniscono metodi di calcolo semplici (perché basati sul calcolo di limiti) per classificare le singolarità:
Se $f$ è olomorfa e $z_0$ è un punto singolare isolato si ha:
\[
\limsup_{z\to z_0} |f(z)| = +\infty\; ,
\]
cioè $f$ non si mantiene limitata in nessun intorno di $z_0$.
Se $f$ è olomorfa e $z_0$ è un punto singolare isolato, allora $z_0$ è un polo se e solo se è soddisfatta una delle condizioni seguenti:
[list=1][*:ypjibxk6] \(\displaystyle \lim_{z\to z_0} |f(z)| = +\infty\) ;
[/*:m:ypjibxk6]
[*:ypjibxk6] esiste $k \in NN$ con $k>=1$ tale che \(\displaystyle \lim_{z\to z_0} (z-z_0)^k f(z) \) esiste finito e non nullo;
[/*:m:ypjibxk6]
[*:ypjibxk6] esiste $alpha >0$ tale che \(\displaystyle \liminf_{z\to z_0} |f(z)| =\alpha\).[/*:m:ypjibxk6][/list:o:ypjibxk6]
Se $f$ una funzione olomorfa e $z_0$ un punto singolare isolato, allora $z_0$ è una singolarità essenziale se e solo se:
\[
\liminf_{z\to z_0} |f(z)| = 0\; .
\]
[N.B.: I simboli \(\limsup\) e \(\liminf\) denotano, rispettivamente il massimo limite ed il minimo limite.]
Quindi per classificare le singolarità isolate basta calcolare qualche limite.
In particolare, ad esempio:
\[
\begin{split}
\lim_{z\to 0} |e^{1/z}| &= \lim_{(x,y)\to (0,0)} |e^{\frac{x-i y}{x^2 + y^2}}|\\
&= \lim_{(x,y)\to (0,0)} e^{\frac{x}{x^2 + y^2}}
\end{split}
\]
non esiste (questa è Analisi II davvero) ed, anzi, si vede che lungo le restrizioni sulle rette si ha:
\[
\begin{split}
\lim_{x\to 0^+} e^{\frac{1}{x (1+ m^2)}} &= +\infty\\
\lim_{x\to 0^-} e^{\frac{1}{x (1+ m^2)}} &= 0
\end{split}
\]
dunque:
\[
\begin{split}
\limsup_{z\to 0} |e^{1/z}| &= +\infty \\
\liminf_{z\to 0} |e^{1/z}| &= 0
\end{split}
\]
e $0$ è singolarità essenziale (a conferma del ragionamento precedente).
"gugo82":
Se il grado di approfondimento del testo è sufficiente, perché chiedi qui? Perchè cerchi su WIKIpedia?
tempo permettendo mi piacerebbe approfondire, ma al momento ho aperto questo topic principalmente per la sensazione di non aver compreso il mio testo, o di non aver compreso come trattare i limiti di funzioni $CC\toCC$ e/o $RR^2\toRR^2$

Sei stato molto chiaro in ciò che hai scritto, grazie.
Il mio libro riporta parte di ciò che hai scritto, ma riguardo l'utilizzo dei limiti per classificare le singolarità il mio libro mi sembra che dica cose diverse, non utilizza le definizioni di massimo e minimo limite:
- $z_0$ è una singolarità eliminabile se $lim_(z->z_0) f(z) = l \in CC$
- $z_0$ è un polo se $lim_(z->z_0) f(z) = infty$
- $z_0$ è una singolarità essenziale se il limite $lim_(z->z_0) f(z)$ non esiste
che ne pensi?
non sono pratico coi concetti di massimo e minimo limite e con le serie di Laurent, sto studiando in queste ore/giorni così da provare a comprendere pienamente tutto ciò (mi sembra di intuire che il criterio dei limiti per classificare le singolarità, indipendentemente dall'utilizzo o no dei concetti di massimo e minimo limite, sia una conseguenza del numero finito, o infinito, o nullo, dei termini $a_n (z-z_0)^n$ con n negativo negli sviluppi di Laurent)