\( \lim_n (n+1) \int_0^1 t^n f(t) \, dt = 0 \Longleftrightarrow \lim_{r \to 1^-} \frac{1}{1-r} \int_r^1 f(t) \, dt =0\)

Sk_Anonymous
Problema. Per \( f \in L^\infty ([0,1]) \) provare che \[ \lim_{n \to \infty} (n+1) \int_0^1 t^n f(t) \, dt =0 \quad \Longleftrightarrow \quad \lim_{r \to 1^-} \frac{1}{1-r} \int_r^1 f(t) \, dt =0. \]
La direzione "facile" dovrebbe essere \( \Longrightarrow \), ma non ho idea di come si faccia. Per funzioni \( C^1\) (o continue) sono facili entrambe le direzioni, ma se si passa ad approssimare \(f\) in \(L^p\) con una successione di funzioni regolari non si riesce a concludere. Sarei interessato ad avere un hint, o una discussione con qualcuno.

Risposte
Bremen000
Ciao, lungi da me dire qualcosa di intelligente. Mi sono messo solo un po' a giocare con i due integrali e vorrei sapere a che conclusioni sei giunto.

Se $f$ è $C^1$: per la seconda condizione basta il teorema della media integrale (tanto $f$ è continua) e arrivo a dire che la seconda condizione equivale a $f(1)=0$. Per la prima condizione integro per parti + Beppo Levi e anche qua mi trovo che la prima condizione è equivalente a $f(1)=0$.

Se $f$ è $C^0$: per la seconda condizione tutto identico al primo caso. Per la prima condizione spezzo l'integrale da $0$ a $1/(n+1)$ e da $1/(n+1)$ in poi e anche qua arrivo a dire che la prima condizione è equivalente a $f(1)=0$.

Con $f$ in $L^p$ non c'ho nemmeno provato, ma (in $L^{\infty}$) non si può usare una versione del teorema della media un po' raffinata? Con esssup e essinf?

Oppure usare il fatto che le funzioni continue sono debolmente dense in quelle essenzialmente limitate?

Sk_Anonymous
"Bremen000":
[...] Se $f$ è $C^1$: per la seconda condizione basta il teorema della media integrale (tanto $f$ è continua) e arrivo a dire che la seconda condizione equivale a $f(1)=0$. Per la prima condizione integro per parti + Beppo Levi e anche qua mi trovo che la prima condizione è equivalente a $f(1)=0$.

Se $f$ è $C^0$: per la seconda condizione tutto identico al primo caso. Per la prima condizione spezzo l'integrale da $0$ a $1/(n+1)$ e da $1/(n+1)$ in poi e anche qua arrivo a dire che la prima condizione è equivalente a $f(1)=0$. [...]

Esatto.

"Bremen000":
[...] Oppure usare il fatto che le funzioni continue sono debolmente dense in quelle essenzialmente limitate? [...]

Qui avevo pensato di usare questo: se \( f \in L^\infty ([0,1]) \) allora \( f \in L^p ([0,1]) \) per ogni \( p \in [1,+\infty) \) anche; con un argomento standard di convoluzione si prova che esiste una successione di funzioni \( C^\infty\) a supporto compatto che converge ad \(f\) in qualsiasi norma \(p\); questo pero' non e' abbastanza, o comunque io non sono riuscito a farlo funzionare. Tu avevi in mente qualcos'altro? A quale topologia debole ti riferisci?

Bremen000
Mi riferisco al fatto che

Per ogni funzione \(f \in L^\infty ([0,1])\) esiste \(\{f_n\}_{n \in \mathbb{N}} \subset C^0([0,1])\) tale che $int_0^1f_ng d\mu \overset{\n \to \infty}{\to} \int_0^1fg d\mu$ per tutte le \(g \in L^1([0,1])\)

Quindi vedendo $L^{\infty}$ come duale di $L^1$ e usando la convergenza debole* (se così si dice in italiano...)

Sk_Anonymous
A questo non avevo pensato. Appena ho del tempo faccio qualche conto, grazie!

Bremen000
Prego! Sappimi dire cosa ti salta fuori! Anche se, riflettendo, il fatto che la convergenza non sia uniforme rispetto alle $g$ secondo me può creare qualche problema...

dissonance
"Bremen000":
il fatto che la convergenza non sia uniforme rispetto alle $g$ secondo me può creare qualche problema...

Penso proprio di sì. Comunque tu voglia chiamare la tecnica per innescare un argomento di approssimazione, dovrai sempre metterci dentro una stima uniforme, altrimenti non funzionerà. La sola definizione di convergenza debole non può essere sufficiente a dimostrare nulla. Questo me lo disse quasi dieci anni fa ViciousGoblin:

viewtopic.php?p=278109#p278109

dissonance
Io farei così, ma è solo un abbozzo. Per $f\in L^\infty(0,1)$ siano
\[
T_n f=\int_0^1 (n+1)t^n f(t)\, dt,\quad R_r f = \int_0^1\frac{ [r dove \([r \[
|T_n f- R_r f|\le \|f\|_\infty \int_0^1 \left| (n+1)t^n -\frac{ [r e si tratta di dimostrare che l’integrale a destra può essere reso arbitrariamente piccolo scegliendo \(n\) sufficientemente grande e \(r\) sufficientemente vicino ad \(1\).

P.S.: In particolare, io eviterei un argomento di approssimazione. La ragione per questo è che lo spazio \(L^\infty\) non contiene sottospazi densi interessanti: neanche lo spazio delle funzioni continue è denso.

dissonance
"dissonance":
Io farei così, ma è solo un abbozzo.[...]

Non sono più tanto sicuro che funzioni. Ho fatto due conti e mi sono accorto che la situazione è piuttosto sottile. Il procedimento che suggerisco nel mio post precedente non usa l'ipotesi che \(T_nf\to 0\) [risp. \(R_rf\to 0\)] e punta a dimostrare una cosa più forte:
\[
\tag{???} \lim_{n\to \infty} T_n f = \lim_{r\to 1^-} R_r f \quad \text{ se uno dei due limiti esiste,}
\]
ma (???) potrebbe essere falsa e di sicuro è più difficile da dimostrare.

È un esercizio un po' seccante perché il fatto che un parametro sia discreto e l'altro continuo è piuttosto fastidioso.

dissonance
Questo esercizio è essenzialmente il teorema 7 punto 2 pag. 714 di "Partial differential equations" di Evans, *seconda edizione*. Solo che nel libro la successione \((n+1)t^n\) è sostituita da \(\eta_\epsilon(x)=\frac{1}{\epsilon}\eta(\frac{x}{\epsilon})\), dove \(\eta\) ha supporto compatto. Quindi nel libro è più facile. Ma l'idea deve essere la stessa.

-----

MEGLIO: Questo è il teorema 8.15 pag.243 di Folland "Real Analysis", seconda edizione. Si può usare il teorema come scatola nera usando un cambio di variabile esponenziale (vedi sotto).




Proposizione. Siano \(T_n\) e \(R_r\) come nel mio post precedente. Se \(f\in L^\infty(0,1)\) è tale che \(R_r f\to 0\) per \(r\to 1^-\) allora \(T_n f\to 0\).

Dimostrazione. Con il cambio di variabile \(t=e^s\) si ha
\[
T_n f=\int_{-\infty}^0 f(e^s)(n+1)e^{(n+1)s}\, ds = \int_{-\infty}^0 [f(e^s)e^s]n\phi(n s)\, ds + o(1, n\to\infty)\]
dove \(\phi(t)=e^t\mathbf 1_{t<0}\) è una funzione nonnegativa con integrale \(1\). Resta quindi da dimostrare che \(0\) è un punto di Lebesgue per la funzione \(s\mapsto |f(e^s)|e^s\). Usando lo stesso cambio di variabile \(t=e^s\) nella proprietà \(R_r f\to 0\) otteniamo che
\[
0 \leftarrow \frac{1}{1-r}\int_r^1 |f(t)|\,dt = \frac{1}{1-r}\int_{\log r}^0 |f(e^s)|e^s\, ds \ge \frac{1}{|\log r|} \int_{\log r}^0 |f(e^s)|e^s\, ds , \]
perché \(|\log r|\le 1 -r \) per \(r<1\), quindi il membro destro di questa disuguaglianza tende a \(0\) e la dimostrazione è completata.

Sk_Anonymous
"dissonance":
[quote="dissonance"]Io farei così, ma è solo un abbozzo.[...]

Non sono più tanto sicuro che funzioni. Ho fatto due conti e mi sono accorto che la situazione è piuttosto sottile. Il procedimento che suggerisco nel mio post precedente non usa l'ipotesi che \(T_nf\to 0\) [risp. \(R_rf\to 0\)] e punta a dimostrare una cosa più forte:
\[
\tag{???} \lim_{n\to \infty} T_n f = \lim_{r\to 1^-} R_r f \quad \text{ se uno dei due limiti esiste,}
\]
ma (???) potrebbe essere falsa e di sicuro è più difficile da dimostrare.

È un esercizio un po' seccante perché il fatto che un parametro sia discreto e l'altro continuo è piuttosto fastidioso.[/quote]
Avevo fatto qualche conto anch'io e non ero riuscito a concludere. Appena ho del tempo consulto l'Evans, grazie!

dissonance
NOTA BENE: Ho modificato il messaggio precedente, includendo una soluzione parziale che però si appoggia su un teorema preso da un libro.

In realtà questo esercizio è molto interessante perché chiede di dimostrare che la successione $T_n$ di approssimanti dell'unità converge esattamente nei punti di Lebesgue. Tra l'altro la proprietà "più forte è più difficile da dimostrare" che dicevo prima è in realtà una conseguenza semplice di questo esercizio (se uno dei limiti non è 0 basterà normalizzare per sottrazione).

Di sicuro questo risultato sarà vero in generale, sullo stile del teorema tratto dal Folland del mio post precedente. Immagino che tutte le approssimanti dell'unità ottenute riscalando una funzione non negativa convergano esattamente nei punti di Lebesgue delle funzioni a cui sono applicate.

Sk_Anonymous
Grazie per gli spunti. E' un esercizio random che ho trovato scritto su una lavagna. Mi aspettavo fosse qualcosa di standard tipo convergenza dominata, invece la situazione e' piu' sottile (probabilmente proviene dal fondo di qualche capitolo di qualche libro, e risolverlo cosi' senza contesto e' ancora piu' difficile).

dissonance
Se consulti il Folland vedrai che la dimostrazione del teorema che ho citato usa un argomento interessante di decomposizione in intervalli diadici. Sarebbe interessante sapere da dove viene l'esercizio per vedere se ci si aspetta di usare lo stesso argomento. Comunque l'esercizio mi è piaciuto anche se è piuttosto fastidioso :-) Le cose di convergenza puntuale spesso sono difficili.

dissonance
Ogni tanto continuo a pensare a questo problema. Abbiamo parlato del teorema tratto da Folland, che a parole dice:

prendendo una funzione \(\phi\in L^1(\mathbb R^d)\) che integra a \(1\), e definendo
\[\tag{1}
\phi_n(x):=n^d \phi(nx)=n^d \phi(\underbrace{x+x+\ldots + x}_{n\ \text{volte}}), \]
otteniamo una successione di funzioni con la proprietà che per ogni \(f\in L^\infty\) la convoluzione \(\phi_n \ast f \) converge ad \(f\) in tutti i suoi punti di Lebesgue \(^{[1]}\). (Queste successioni si dicono spesso "approssimanti dell'unità").

L'esercizio in questione assomiglia molto a questo enunciato, solo che la successione \(\phi_n\) non è ottenuta per riscalamento come in Folland. Tuttavia ci si riconduce al Folland con un cambio di variabile esponenziale.

La ragione per tutto questo è che in effetti l'esercizio in questione è essenzialmente un caso particolare del teorema del Folland a patto di sostituire il concetto di convoluzione per quello di "convoluzione moltiplicativa". Più precisamente, invece di considerare il gruppo delle traslazioni \((\mathbb R^d, +)\), bisogna considerare quello delle dilatazioni \((\mathbb R_{>0},\, \cdot)\), e invece della misura di Lebesgue su \(\mathbb R^d\), che è invariante per traslazioni, la misura \(\frac{dt}{t}\) su \(\mathbb R_{>0}\), che è invariante per "traslazioni moltiplicative": \(t\mapsto at\), per un \(a>0\).

Cominciamo ad osservare che la funzione \(^{[2]}\)
\[\tag{2}
t\mathbf 1_{0 \]
integra a \(1\) rispetto a tale misura, ovviamente:
\[
\int_0^\infty t \mathbf 1_{0
In questo nuovo contesto, il riscalamento (1) va sostituito con
\[
\phi_n(t):=n\phi(t^n), \]
che infatti è tale che \(\int_0^\infty \phi_n(t)\, \frac{dt}{t} =\int_0^\infty \phi(t)\, \frac{dt}{t} .\) La convoluzione, invece, va sostituita con
\[
f\star_{(\mathbb R_{>0}, \cdot)} g (t)= \int_0^\infty f(ts^{-1})g(s)\frac{ds}{s}. \]

Il risultato generale analogo a quello di Folland, allora, sarebbe questo (modulo qualche \(\epsilon\) di ipotesi):

Risultato tipo-Folland moltiplicativo (congettura). Per ogni \(f\in L^\infty(0, \infty)\) e per ogni funzione \(\phi\in L^1(0, \infty, \frac{dt}{t})\) si ha che
\[
f\star_{(\mathbb R_{>0}, \cdot)} \phi_n (x)\to f(x)
\]
se \(x\) è un punto di Lebesgue di \(f\).

(Dico "sarebbe" perché non lo saprei dimostrare. Inoltre, sicuramente ci vuole qualche \(\epsilon\)-ipotesi di decadimento e roba simile).

L'esercizio di questo post si riformula, con questo nuovo linguaggio, come segue: Presa \(\phi(t)=t\mathbf 1_{0 \[
\big(\phi_n \star_{(\mathbb R_{>0}, \cdot)} f\big)(1)\to f(1)
\]
se e solo se \(1\) è un punto di Lebesgue per \(f\in L^\infty(0,1)\).

Ecco perché quantomeno l'implicazione "se" di questo esercizio è un caso particolare della congettura "di tipo Folland moltiplicativa". Sarebbe anche interessante vedere se il "solo se" vale in generale. Immagino di si (modulo le solite \(\epsilon\) ipotesi).

------------
[1] Il punto \(x_0\in\mathbb R^d\) è di Lebesgue per \(f\) se
\[
\lim_{r\downarrow 0} \frac{1}{|B(x_0, r)|}\int_{B(x_0, r)} |f(x)-f(x_0)|\, dx \to 0.\]
Nel caso moltiplicativo, il punto \(t_0\in \mathbb R_{>0}\) è di Lebesgue per \(f\) se
\[
\lim_{r\downarrow 0} \frac{1}{\int_{|t-t_0|< r} \frac{dt}{t} } \int_{|t-t_0| Essendo una proprietà locale, le due condizioni sono equivalenti, non c'è bisogno di distinguere tra "punto di Lebesgue additivo" e "punto di Lebesgue moltiplicativo". Infatti, nella traccia dell'esercizio compare la definizione di punto di Lebesgue "additivo", anche se in effetti siamo in un contesto moltiplicativo.

[2] Probabilmente è più naturale considerare la funzione
\[
\phi(t):=\frac12 \begin{cases} t, & 0 che è invariante rispetto all'inversione: \(\phi(t^{-1})=\phi(t)\), esattamente come nel caso additivo si considerano di solito funzioni simmetriche rispetto all'origine, ovvero tali che \(g(-x)=g(x)\).

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