Definizione punto di Lebesgue
Sono un po' confuso. Ho bisogno di una mano (o forse meglio uno schiaffo).
La definizione di punto di Lebesgue è la seguente:
Sia $f\in L^1(R^d)$, allora $x\in R^d$ è un punto di Lebesgue per $f$ se
\[
\lim_{r\to 0} \frac{1}{|B(x,r)|}\int_{B(x,r)} |f(y)-f(x)|\ dy =0.
\]
Mi chiedo che significato ha $f(x)$ considerando che $f\in L^1$ e quindi è definita a meno di un insieme di misura nulla.
La definizione di punto di Lebesgue è la seguente:
Sia $f\in L^1(R^d)$, allora $x\in R^d$ è un punto di Lebesgue per $f$ se
\[
\lim_{r\to 0} \frac{1}{|B(x,r)|}\int_{B(x,r)} |f(y)-f(x)|\ dy =0.
\]
Mi chiedo che significato ha $f(x)$ considerando che $f\in L^1$ e quindi è definita a meno di un insieme di misura nulla.
Risposte
Non ha nessun significato. Generalmente la definizione di punto di Lebesgue è:
Sia \( \Omega \subset \mathbb{R}^d \) e sia \( f : \Omega \to \mathbb{R} \) una funzione misurabile. Diciamo che \( x \in \Omega \) è un punto di Lebesgue per $f$ se esiste \( \alpha \in \mathbb{R} \) t.c.
\[ \lim_{r \to 0^+} \frac{1}{|B(x,r)|} \int_{B(x,r) \cap \Omega} |f- \alpha| = 0 \]
e \( \alpha \) è chiamato "limite approssimato di $f$ in $x$" e generalmente si denota con \(\widetilde{f}(x) \).
Magari si può anche indicare con $f(x)$ ma a priori non ha senso, come osservi tu.
Sia \( \Omega \subset \mathbb{R}^d \) e sia \( f : \Omega \to \mathbb{R} \) una funzione misurabile. Diciamo che \( x \in \Omega \) è un punto di Lebesgue per $f$ se esiste \( \alpha \in \mathbb{R} \) t.c.
\[ \lim_{r \to 0^+} \frac{1}{|B(x,r)|} \int_{B(x,r) \cap \Omega} |f- \alpha| = 0 \]
e \( \alpha \) è chiamato "limite approssimato di $f$ in $x$" e generalmente si denota con \(\widetilde{f}(x) \).
Magari si può anche indicare con $f(x)$ ma a priori non ha senso, come osservi tu.
Grazie, questo mi solleva.
Sia il libro che sto leggendo sia in rete (anche wiki) ho trovato definizioni, se non sbagliate, almeno poco chiare.
Sia il libro che sto leggendo sia in rete (anche wiki) ho trovato definizioni, se non sbagliate, almeno poco chiare.
In realtà la definizione che hai ha senso, in quanto si dimostra il teorema:
(cfr. Evans & Gariepy, Measure Theory and Fine Properties of Functions); dunque, se $f in L^1(RR^N)$, il tuo limite ha senso per q.o. $x in RR^N$.
Siano $mu$ una misura di Radon su $RR^N$ e $1<= p < oo$ .
Scelta una qualsiasi funzione $f in L_("loc")^p (RR^N ; mu)$ risulta:
\[
\lim_{r \to 0^+} \frac{1}{\mu (B(x;r))}\ \intop_{B(x;r)} \Big| f - f(x) \Big|^p\ \text{d} \mu = 0
\]
per $mu$-q.o. $x in RR^N$.
(cfr. Evans & Gariepy, Measure Theory and Fine Properties of Functions); dunque, se $f in L^1(RR^N)$, il tuo limite ha senso per q.o. $x in RR^N$.
Ciao gugo, a priori però il numero $f(x)$ non è ben definito. O no?
Se non ricordo male poi, sul libro che hai citato le funzioni uguali quasi ovunque non vengono identificate tra loro. Cioè quando dice $f \in L^p$ non intende la classe di equivalenza ma proprio una funzione. Dipende tutto da questo, credo.
Se non ricordo male poi, sul libro che hai citato le funzioni uguali quasi ovunque non vengono identificate tra loro. Cioè quando dice $f \in L^p$ non intende la classe di equivalenza ma proprio una funzione. Dipende tutto da questo, credo.
@Bremen000: In teoria della misura, ciò che accade su insiemi di misura nulla non importa... Se proprio vuoi dare un senso al simbolo $f(x)$ ovunque, ti basta modificare $f$ su un insieme trascurabile, ma ciò non altera alcuna delle proprietà che servono per acquisire il teorema (visto che la tesi è valida q.o. rispetto a $mu$, quel che fai sull'eventuale insieme trascurabile che ti serve per definire bene $f(x)$ non lo vedi).
La vera differenza tra la definizione riportata da te è quella dell'OP (che poi è quella di Evans & Gariepy più in piccolo) è che la tua vale per funzioni misurabili mentre la seconda vale in ipotesi di sommabilità; quindi la tua è un po' più generale.
Inoltre, la nozione di limite approssimato io la ricordavo diversa, data con le misure dei sopralivelli, come nel libro citato.
Dove hai preso la tua?
La vera differenza tra la definizione riportata da te è quella dell'OP (che poi è quella di Evans & Gariepy più in piccolo) è che la tua vale per funzioni misurabili mentre la seconda vale in ipotesi di sommabilità; quindi la tua è un po' più generale.
Inoltre, la nozione di limite approssimato io la ricordavo diversa, data con le misure dei sopralivelli, come nel libro citato.
Dove hai preso la tua?
@gugo82[ot]
Recentemente mi sono imbattuto in questo libro che mi ha incuriosito, evidentemente te lo conosci, volevo chiederti che ne pensi di questo libro? Nel senso, per che tipo di persone è pensato? Quali sono i prerequisiti? Com'è l'esposizione? Questo tipo di cose mi interessano...[/ot]
"gugo82":
Evans & Gariepy, Measure Theory and Fine Properties of Functions
Recentemente mi sono imbattuto in questo libro che mi ha incuriosito, evidentemente te lo conosci, volevo chiederti che ne pensi di questo libro? Nel senso, per che tipo di persone è pensato? Quali sono i prerequisiti? Com'è l'esposizione? Questo tipo di cose mi interessano...[/ot]
Io queste cose le ho studiate sull'Ambrosio Fusco Pallara e mi pare che la definizione sia quella. Non lo ho a portata di mano, forse si chiedeva \( L^1_{\text{loc}} \) per dare quella definizione mentre per le funzioni misurabili in generale si faceva quello che dici tu!
@otta96: È un buon testo, come tutti quelli di Evans. Il livello è quello della laurea magistrale, infatti è usato per i corsi di Analisi Reale. Dentro c’è sia un po’ di teoria degli spazi di Sobolev, sia un po’ di Teoria Geometrica della Misura (misure di Hausdorff, formule di area e coarea e insiemi di perimetro finito, capacità), il che lo rende interessante per gli studenti cui piacciono i problemi di Analisi che coinvolgono disuguaglianze geometriche o problemi di regolarità nel CdV.
@Bremen000: Appunto, mi era parso di averla già vista... Al momento non ho nemmeno io il testo a portata di mano, quindi non so dire di più.
@Bremen000: Appunto, mi era parso di averla già vista... Al momento non ho nemmeno io il testo a portata di mano, quindi non so dire di più.
"gugo82":
lo rende interessante per gli studenti cui piacciono i problemi di Analisi che coinvolgono disuguaglianze geometriche o problemi di regolarità nel CdV.
Allora praticamente è perfetto per me!

La definizione riportata da Bremen000 (e presa dall'Ambrosio-Fusco-Pallara) è forse la più pulita.
Poi si dimostra che se \(f\in L^1_{loc}\) allora quasi ogni punto è di Lebesgue e \(f = \widetilde{f}\) quasi ovunque, vale a dire, le due funzione rappresentano lo stesso elemento in \(L^1_{loc}\).
Poi si dimostra che se \(f\in L^1_{loc}\) allora quasi ogni punto è di Lebesgue e \(f = \widetilde{f}\) quasi ovunque, vale a dire, le due funzione rappresentano lo stesso elemento in \(L^1_{loc}\).
Infatti... Se non ricordo male, sotto la definizione dei punti di Lebesgue c'è l'idea di trovare un rappresentante "decente" per le funzioni di $L^1$. O sbaglio?
"gugo82":
Infatti... Se non ricordo male, sotto la definizione dei punti di Lebesgue c'è l'idea di trovare un rappresentante "decente" per le funzioni di $L^1$. O sbaglio?
Sì, e non solo.
Ad esempio, se $f\in BV(\mathbb{R}^N)$ allora si dimostra (come sai) che \(H^{N-1}\) quasi ogni punto è di Lebesgue. Negli spazi di Sobolev \(W^{1,p}\) hai invece i rappresentanti quasi continui a meno di un insieme di \(p\)-capacità nulla.