Teorema di esistenza e unicità (problema di Cauchy)

yellow2
E' una curiosità nata leggendo un vecchio topic: https://www.matematicamente.it/forum/con ... tml#217047.
"gugo82":
[quote="matths87"]In effetti, a lezione abbiamo dimostrato Cauchy-Lipschitz come hai detto tu.
Ho studiato questi teoremi in vista dell'orale del secondo modulo di Analisi 2.

Avendo avuto un professore di Analisi I e II molto tradizionalista, ho visto la dimostrazione del Teorema di Cauchy con l'applicazione di B-C solo al quarto anno seguendo Analisi Funzionale.

La dimostrazione classica del Teorema di Cauchy era una delle domande difficili ad Analisi II (insieme alla dimostrazione del Teorema del Dini e ad un'altra che adesso mi sfugge), nel senso che il prof. la faceva per lo più a chi riteneva meritasse un voto alto. Eh, ricordi di gioventù...[/quote]

Qui gugo considera meno "classica" la dimostrazione con il teorema delle contrazioni, Wikipedia esattamente il contrario:

"Wikipedia":
Qui di seguito sono elencate due diverse dimostrazioni del teorema di esistenza e unicità; la prima sfrutta concetti basilari di analisi funzionale, ed è la dimostrazione più "classica"; la seconda invece sfrutta argomenti di analisi reale, ed ha il pregio di mostrare come costruire operativamente una soluzione attraverso approssimazioni successive e di dare una stima generalmente più accurata del δ considerato sopra.


E' questione di punti di vista? Qualcuno sa dirmi qualcosa in più (a livello storico, o comunque sulla presunta classicità o meno dei due metodi)?

Per la cronaca io ho avuto la fortuna di aver visto già al secondo anno il teorema in due corsi diversi con le due dimostrazionioni diverse (forse anche per errore dei professori di quest'anno che non avevano controllato il programma svolto l'anno scorso!), e devo dire che quella che utilizza il teorema delle contrazioni l'ho "capita meglio" e mi ha dato di più, ma l'altra dovrei rivederla con il senno di ora per rendere onesto il confronto! :lol:

Grazie. :)

Risposte
gugo82
Dopo aver fatto un po' di ricerche, chiarisco con dovizia di particolari il mio punto di vista storico.
Come si vedrà, esso è in aperto contrasto con la frase di WIKI riportata.
Tra l'altro, questa vale come risposta ad una vecchia questione (sollevata da Fioravante, se non erro) sull'attribuzione della paternità del classico teorema di esistenza ed unicità per la soluzione del problema di Cauchy, in breve TEU.

La dimostrazione del TEU che fa uso della lipschitzianità e delle successioni di funzioni (iterate di Picard) è dovuta a Lipschitz, Peano, Picard e Lindelöf (ed altri in precedenza*), per quanto ne sò.
In particolare:

- nel 1868 Lipschitz fu il primo a mettere in luce che l'ipotesi di lipschitzianità fosse indispensabile per l'esistenza e l'unicità della soluzione
  • ;

    - nel 1887 Peano usò una successione di funzioni definita per ricorrenza per dimostrare il teorema per le equazioni differenziali lineari [Pe2];

    - nel 1890 Picard generalizzò il metodo di Peano [Pi];

    - nel 1894 Lindelöf generalizzò il metodo di Picard [Ln] (N.B.: l'articolo di Lindelöf era presentato dallo stesso Picard).

    La dimostrazione che si studiava di solito in Analisi II era grossomodo quella formalizzata da Goursat in [G].

    I metodi di tipo funzional-analitici vennero proposti dopo, perchè questo tipo di teoria è stata sviluppata compiutamente solo parecchi anni dopo l'articolo di Lipschitz (si vedano più in fondo le date degli articoli di Banach e Caccioppoli).

    In particolare, i primi metodi ad essere applicati non furono i quelli di punto fisso (a là Banach-Caccioppoli), ma quelli di compattezza basati sul teorema di Ascoli-Arzelà**: infatti:

    - il metodo con il quale Cauchy stesso diede la prima dimostrazione del TEU è basato sulla costruzione di una famiglia di spezzate dalla quale, per approssimazione, si arriva alla soluzione del problema (una dimostrazione di tal fatta si ritrova in [M]): nella dimostrazione si richiedeva la continuità delle derivate del secondo membro dell'equazione [tex]$y^\prime =f(x,y)$[/tex];

    - nel 1885 Peano intuì e dimostrò che la sola ipotesi di continuità del secondo membro fosse sufficiente a garantire l'esistenza locale di una soluzione [Pe1], ma non l'unicità;

    - nel 1895 Arzelà diede una dimostrazione "pulita" del teorema di esistenza basata sul teorema di Ascoli-Arzelà [Ar3] & [Ar4].

    Un'altra dimostrazione, in cui si usa sempre il teorema di Ascoli-Arzelà, si può ottenere particolareggiando un metodo di Tonelli per determinare le soluzioni di equazioni intergali di Volterra che si trova in [T].
    Sempre in questa direzione va citato un teorema di esistenza di Carathéodory (vedi [CL, II, §1, Theorem 1.1]) in cui sono richieste sul secondo membro condizioni ancora più deboli della continuità per l'esistenza di soluzioni "generalizzate".
    In quest'ottica, la lipschitzianità del secondo membro serve unicamente a garantire l'unicità della soluzione e quindi, la dimostrazione di unicità sotto le ipotesi di Lipschitz deve essere fatta a parte.

    Come detto in precedenza, il teorema di punto fisso di Banach è del 1922 [B1, II, §2, Théorème 6] e fu generalizzato da Caccioppoli nel 1931 [Cc], lo stesso anno in cui venne pubblicato il testo di Banach sugli operatori lineari [B2].
    Mentre nell'articolo di Banach le applicazioni del teorema di punto fisso sono rivolte alla soluzione di equazioni integrali, nell'articolo di Caccioppoli le applicazioni del teorema sono proprio all'esistenza di soluzioni a problemi a valori iniziali per EDO e PDE.
    Ovviamente, il vantaggio di questo metodo di punto fisso rispetto al metodo di compattezza e che esso consente di recuperare in un sol colpo anche l'unicità locale della soluzione.

    Per quanto appena detto, ritengo che sia più sensato attribuire l'aggettivo "classica" alla dimostrazione del TEU di Lipschitz-Peano-Picard piuttosto che alle altre.
    Se qualcuno la pensa diversamente, se ne può discutere. :wink:



    ~ Bibliografia ~

    [Ar1] C. Arzelà (1883), Un'osservazione intorno alle serie di funzioni, Rend. R. Acc. Sc. dell'Ist. di Bologna, pp. 142–159.

    [Ar2] C. Arzelà (1895), Sulle funzioni di linee, Mem. R. Acc. Sc. dell'Ist. di Bologna Cl. Sci. Fis. Mat. (5), V, pp. 55–74.

    [Ar3] C. Arzelà (1895), Sull'integrabilità delle equazioni differenziali ordinarie, Mem. R. Acc. Sc. dell'Ist. di Bologna Cl. Sci. Fis. Mat. (5), V, pp. 257-270.

    [Ar4] C. Arzelà (1896), Sull'esistenza degli integrali delle equazioni differenziali ordinarie, Mem. R. Acc. Sc. dell'Ist. di Bologna (5), VI, pp. 131-140.

    [As] G. Ascoli (1883), Le curve limiti di una varietà data di curve, Atti della R. Accad. Dei Lincei Memorie della Cl. Sci. Fis. Mat. Nat. 18 (3), pp. 521–586.

    [B1] S. Banach (1922), Sur les opérations dans les ensembles abstraits et leur application aux équations intégrales, Fund. Math. 3, pp. 133–181. (PDF)

    [B2] S. Banach (1931), Teoria operacji. Tom l: operacje liniowe, Warsaw (tradotto in francese nel 1932 col titolo Théorie des opérations linéaires).

    [Ca] R. Caccioppoli (1931), nota che devo ancora trovare :lol:

    [CL] E. Coddington, N. Levinson (1955), Theory of Ordinary Differential Equations, New York.

    [G] E. Goursat (1905), Cours d'Analyse Mathématique, t. II, Paris.

  • R. Lipschitz (1868-1869), Disamina della possibilità di integrare completamente un dato sistema di equazioni differenziali ordinarie, Ann. di Mat. pura e appl. (2), 2, pp. 288-302.

    [Ln] E. Lindelöf (1894), Sur l'application de la méthode des approximations successives aux équations différentielles ordinaires du premier ordre, Comptes rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences, v. 114, pp. 454–457. ([url=http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k3074r/f454.table]PDF[/url])

    [M] F. N. M. Moigno (1844), Leçons de calcul differentiel et de calcul intégral, Paris.

    [Pe1] G. Peano (1890), Sull'integrabilità delle equazioni differenziali del primo ordine, Atti della R. Acc. Sc. di Torino, 21, pp. 293-302

    [Pe2] G. Peano (1887), Integrazione per serie delle equazioni differenziali lineari, Atti della R. Acc. Sc. di Torino, 22, pp. 293-302.

    [Pi] C. Picard (1890), Mémoire sur la théorie des équations aux dérivées partielles et la methode de approximations successives, Journ. de Math. pur. et appl. (4), 6, pp. 145-210.

    [T] L. Tonelli (1928), Sulle equazioni funzionali del tipo di Volterra, Bull. of the Calc. Math. Soc. 20, pp. 31-48.


    __________
    * Questo è uno di quei risultati che si è costruito e generalizzato nel corso di parecchio tempo.

    ** Anche il teorema di Ascoli-Arzelà ha una storia interessante: Ascoli ed Arzelà dimostrarono quasi contemporaneamente la condizione sufficiente in [As] ed [Ar1]; anni dopo Arzelà completò la dimostrazione in [Ar2].
    Il teorema fu poi generalizzato da Fréchet nel 1906 (si veda Sur quelques points du calcul fonctionnel, Rend. Circ. Mat. Palermo 22, pp. 1–74).


    *** EDIT: Correzioni minori e qualche aggiunta.

  • dissonance
    =D>

    Bravo Gugo, molto interessante. La dimostrazione di Goursat che citi dovrebbe essere qui, se ho capito bene:

    http://www.archive.org/stream/1914cours ... 7/mode/2up

    gugo82
    @dissonance: Sapevo ti sarebbe piaciuto.
    Ora aspetto i commenti degli altri appassionati di queste questioni (Camillo e FP, ad esempio). :-D

    Rigel1
    Aggiungo solo una nota (presa dal Kline).
    Per quanto riguarda il problema dell'esistenza delle soluzioni, il metodo di Cauchy risale al 1820-30, e come già detto da gugo è basato sulla costruzione di una famiglia di spezzate, idea che a sua volta risale a Eulero (nel 1768).
    L'articolo di Lipschitz citato da Kline è però quello del 1876 (su Bull. des Sci. Math.); non sono riuscito a trovare l'articolo del 1868-69 citato da gugo (da qualche parte sono digitalizzati i vecchi volumi degli Annali di Matematica Pura e Applicata?).

    Comunque sia, non c'è dubbio sul fatto che i metodi analisi funzionale siano arrivati mooolto dopo (d'altra parte, occorreva aspettare che prima venisse creata l'analisi funzionale...).

    Sk_Anonymous
    Io il Teorema di esistenza e unicità (problema di Cauchy) l'ho fatto in analisi uno!!!!!!!!!!1

    Rigel1
    "Ingeman":
    Io il Teorema di esistenza e unicità (problema di Cauchy) l'ho fatto in analisi uno!!!!!!!!!!1


    E quale dimostrazione ti è stata proposta?

    Sk_Anonymous
    A dire la verità più che teorema ce lo hanno sbattuto li da studiare a basta

    Rigel1
    Beh, allora non fa molta differenza sapere se è stato ottenuto con metodi "classici" o di analisi funzionale...

    Sk_Anonymous
    giusto , hai ragione

    yellow2
    Woooow :shock: . Davvero interessante, grazie davvero. In effetti a me dava molto più senso di "classico" la dimostrazione di Picard-Lindelöf ecc., e la nota stonata mi sembrava proprio quella di Wikipedia, ma vista la mia ignoranza ho preferito chiedere (e ho fatto bene: è arrivato un ottimo approfondimento!). Tra l'altro poteva esserci un utilizzo particolare del termine "classico" relativamente all'analisi. :)

    Comunque, ho ridato un'occhiata alla dimostrazione "vecchia" e... non mi sembrano poi così diverse (stessa sensazione che avevo avuto in classe ascoltando la "nuova")! La successione approssimante è la stessa (se si integra nel teorema la dimostrazione di Banach-Caccioppoli) e la convergenza in $C^0$ è proprio la convergenza uniforme. Si potrebbe facilmente trasformare la vecchia nella nuova anche senza accenni di analisi funzionale, ma sarebbe forse un appesantimento inutile e notazionalmente poco elegante. Eleganza che invece vedo benissimo nell'applicazione di un teorema generale come quello delle contrazioni. E' giusto quello che dico?

    gugo82
    @Rigel: Per quanto riguarda la nota di Lipschitz, a quanto leggo sui miei riferimenti quella che hai trovato tu pubblicata nel 1876 sul Bull. des Sciences Mathém. et Astronomiques (X, pp. 149-159; qui il PDF) è una riedizione di quella apparsa sugli Annali quasi dieci anni prima.

    Per queste le notizie bibliografiche e cronologiche ho fatto riferimento al classico libro di G. Sansone (1948), Equazioni differenziali nel campo reale, seconda edizione, Zanichelli, Bologna.

    yellow2
    Uppo per fare una domanda (e rinnovare la richiesta di conferma che nel post precedente non stavo dicendo cose insensate :) ).
    Nelle dispense su cui ho studiato la dimostrazione che utilizza Banach-Caccioppoli (ma anche a lezione) viene detto che il teorema, "con la stessa dimostrazione", vale sotto certe ipotesi di Lipschitzianità anche per sistemi di equazioni del primo ordine e pertanto per equazioni differenziali di ordine superiore al primo. A me non sembra banalissimo. Mi viene da pensare a uno spazio di "vettori di funzioni" $(C^0 [a,b])^n$, su cui si può definire una sorta di "distanza euclidea", e cercare lì la contrazione. Sono fuori strada? In caso quando ho un po' più di tempo provo a farlo come esercizio.

    gugo82
    Nessuna contraddizione, l'idea è proprio quella.

    Praticamente consideri lo spazio delle funzioni vettoriali [tex]$C([a,b];\mathbb{R}^n)$[/tex], che si struttura canonicamente come spazio vettoriale normato o con la norma dell'estremo superiore del modulo, ossia:

    [tex]$\lVert f\rVert_\infty =\sup_{[a,b]} |f(x)|=\sup_{[a,b]} \sqrt{\sum_{i=0}^n f_i^2(x)}$[/tex]

    oppure con la norma somma:

    [tex]$\lVert f\rVert_\infty =\sum_{i=1}^n \sup_{[a,b]} |f_i(x)|$[/tex]

    (non cambia nulla, perchè sono norme equivalenti da un punto di vista topologico).

    yellow2
    Giusto, non avevo nemmeno pensato che di fatto lo spazio che immaginavo era quello delle funzioni vettoriali continue...
    Pur non avendo studiato topologia comunque sospettavo che quelle due norme fossero "equivalenti", ma a occhio (non ci ho davvero pensato) la prima mi sembra più adatta alla dimostrazione perché l'ipotesi di lipschitzianità che ho è:
    $|f_i(x, y_1,..., y_n)-f_i(x, z_1,..., z_n)|<=L(\sum_{k=1}^{n} |y_k-z_k|^2)^(1/2)$ 
    Grazie mille, prima o poi proverò per lo meno a impostare il problema!

    yellow2
    Ora che ci penso, la norma che mi era venuta in mente istintivamente parlando di $C([a,b],RR)^n$ era:

    [tex]$\lVert f\rVert=\sqrt{\sum_{i=1}^n \lVert f_i\rVert_\infty^2}=\sqrt{\sum_{i=1}^n (\sup_{[a,b]} |f_i(x)|)^2}=\sqrt{\sum_{i=1}^n \sup_{[a,b]} f_i^2(x)}$[/tex]

    che è leggermente diversa da quella canonica che hai detto tu.

    Comunque, se non sbaglio, la mia norma è sempre maggiore uguale della tua (:lol:) e minore o uguale di $sqrtn$ volte la tua, per cui dovrebbero essere equivalenti.

    Rispondi
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