Sviluppi in serie di Taylor generalizzati bivariati
Salve a tutti. Qualcuno di voi mi saprebbe gentilmente indicare una o più fonti in cui viene affrontato il problema degli sviluppi in serie di Taylor generalizzati bivariati? Con sviluppi generalizzati intendo che la successione di funzioni rispetto alla quale avviene lo sviluppo è generica (a meno di qualche condizione, per esempio sulla regolarità); per esempio, nel caso 1D, lo sviluppo classico lo possiamo considerare come quello rispetto a 1, x, x^2, x^3, x^4..., mentre quello di Fourier come quello rispetto a 1, cos x, sin x, cos 2x, sin 2x. Qui prendiamo in considerazione sviluppi generici rispetto a u_0(x), u_1(x), u_2(x), u_3(x), u_4(x)...
Ho trovato un articolo di Widder del 1928 in cui viene affrontato abbastanza estensivamente il tema degli sviluppi generalizzati, ma ci si limita all'univariato senza fornire troppi spunti per l'estensione al caso di dimensioni maggiori.
Grazie in anticipo.
Ho trovato un articolo di Widder del 1928 in cui viene affrontato abbastanza estensivamente il tema degli sviluppi generalizzati, ma ci si limita all'univariato senza fornire troppi spunti per l'estensione al caso di dimensioni maggiori.
Grazie in anticipo.
Risposte
Innanzitutto, una nota teminologica: sviluppo in serie di Taylor si usa unicamente per denotare lo sviluppo in serie di potenze i cui coefficienti sono ricavati per derivazione della funzione assegnata (di modo che le somme approssimanti abbiano col grafico della funzione originaria un contatto d'ordine vieppiù elevato in un certo punto).
Le serie di Fourier non sono affatto "serie di Taylor generalizzate", poiché i coefficienti di una s.d.F. si ricavano mediante integrazione e ciò non assicura le condizioni di contatto di cui sopra.
Per il resto, è chiaro da almeno un centinaio d'anni (tanto per dire, almeno dai lavori della scuola tedesca di Hilbert) che i problemi di convergenza per le serie di funzioni -tipo s.d.F.- si possono affrontare in dimensione qualsiasi e rispetto a sistemi di funzioni qualsiasi: la teoria degli spazi di Hilbert e Banach nasce, si potrebbe dire, proprio da considerazioni simili.
Tuttavia, per questo tipo di serie l'approssimazione puntuale "quasi svanisce": infatti, le convergenze ed i metodi che si introducono per determinare questi sviluppi sono metodi "di media" che non richiedono regolarità.
Il consiglio, quindi, è quello di leggere qualche libro elementare di Analisi Funzionale e/o di PDE orientato alla rappresentazione esplicita delle soluzioni.
Per quanto riguarda Widder, ho scorso l'articolo che hai citato e mi pare esso vada un po' controcorrente rispetto alla via principale intrapresa dalla Storia della Matematica. L'idea è: io ho un numero elevato di funzioni \(C^\infty\) e a partire da queste voglio definire delle somme approssimanti che abbiano contatti d'ordine vieppiù elevato con una funzione regolarissima assegnata... A quanto ne sò, una tale linea di pensiero è stata portata avanti da pochi (perché si è scelto, ad un certo punto, di lavorare facendo meno ipotesi di regolarità possibile sulle funzioni da approssimare).
Le serie di Fourier non sono affatto "serie di Taylor generalizzate", poiché i coefficienti di una s.d.F. si ricavano mediante integrazione e ciò non assicura le condizioni di contatto di cui sopra.
Per il resto, è chiaro da almeno un centinaio d'anni (tanto per dire, almeno dai lavori della scuola tedesca di Hilbert) che i problemi di convergenza per le serie di funzioni -tipo s.d.F.- si possono affrontare in dimensione qualsiasi e rispetto a sistemi di funzioni qualsiasi: la teoria degli spazi di Hilbert e Banach nasce, si potrebbe dire, proprio da considerazioni simili.
Tuttavia, per questo tipo di serie l'approssimazione puntuale "quasi svanisce": infatti, le convergenze ed i metodi che si introducono per determinare questi sviluppi sono metodi "di media" che non richiedono regolarità.
Il consiglio, quindi, è quello di leggere qualche libro elementare di Analisi Funzionale e/o di PDE orientato alla rappresentazione esplicita delle soluzioni.
Per quanto riguarda Widder, ho scorso l'articolo che hai citato e mi pare esso vada un po' controcorrente rispetto alla via principale intrapresa dalla Storia della Matematica. L'idea è: io ho un numero elevato di funzioni \(C^\infty\) e a partire da queste voglio definire delle somme approssimanti che abbiano contatti d'ordine vieppiù elevato con una funzione regolarissima assegnata... A quanto ne sò, una tale linea di pensiero è stata portata avanti da pochi (perché si è scelto, ad un certo punto, di lavorare facendo meno ipotesi di regolarità possibile sulle funzioni da approssimare).
Considera che io sto cercando uno "sviluppo" che dovrebbe approssimare una funzione in due variabili (s,t), definita in un dominio rettangolare, come combinazione lineare di prodotti di funzioni in s e di funzioni in t, con un errore dell'ordine di potenze delle sue dimensioni. Mi basterebbe sapere se un tale sviluppo esiste, e nel caso conoscere quanto valgono queste potenze.
La domanda è posta male, perché non specifichi in che senso vuoi approssimare la tua funzione.
Che poi è quello che tentavo di farti capire più sopra: se non decidi cosa vuol dire "approssimare" non riuscirai a trovare nulla che ti risulti utile.
Insomma, vuoi approssimare solo intorno ad un punto? O in tutto il rettangolo? E nel secondo caso, ti basta un'informazione in media o ti serve un'informazione puntuale? O addirittura uniforme?
Ad ogni modo, potresti leggere qualcosa sull'approssimazione di Weierstrass e sui polinomi di Bernstein, o cose così.
Che poi è quello che tentavo di farti capire più sopra: se non decidi cosa vuol dire "approssimare" non riuscirai a trovare nulla che ti risulti utile.
Insomma, vuoi approssimare solo intorno ad un punto? O in tutto il rettangolo? E nel secondo caso, ti basta un'informazione in media o ti serve un'informazione puntuale? O addirittura uniforme?
Ad ogni modo, potresti leggere qualcosa sull'approssimazione di Weierstrass e sui polinomi di Bernstein, o cose così.
Ok, il fatto è che io ho già costruito una base di tipo Bernstein generalizzata con quelle funzioni, ovvero tale per cui le funzioni siano positive e sia soddisfatta la partizione dell'unità. L'approssimazione mi servirebbe su tutto il rettangolo, preferibilmente uniforme.
Ad ogni modo sto affrontando il problema con un mio collega, posso chiedere a lui e poi fornirti più informazioni su ciò che si sta cercando effettivamente.
Grazie del supporto, intanto.
Ad ogni modo sto affrontando il problema con un mio collega, posso chiedere a lui e poi fornirti più informazioni su ciò che si sta cercando effettivamente.
Grazie del supporto, intanto.
Allora, se volete approssimazioni polinomiali uniformi, la risposta è che ce ne sono tranquillamente: infatti, vale il teorema di Stone-Weierstrass.
Ok, ma le approssimazioni non sono polinomiali. Nella nostra base ci sono un certo numero di monomi (che di loro generano uno spazio polinomiale) e due funzioni non polinomiali; l'insieme considerato è lo spazio lineare (attenzione, non l'algebra, prodotti di monomi per altre funzioni non ci sono) generato da questi monomi e da queste due funzioni; del quale poi nella pratica si utilizza prevalentemente una base che non è quella più elementare da scrivere 1, x, ..., x^{n-2}, u(x), v(x) (anche per motivi di buon condizionamento numerico), ma lo spazio è quello.
Esiste una generalizzazione di tale teorema a questo caso?
Esiste una generalizzazione di tale teorema a questo caso?
Rieccomi. Allora, abbiamo formalizzato un po', cominciamo dal principio:
Data una [tex]f[/tex] bivariata nelle variabili [tex]s,t[/tex], sufficientemente regolare, definiamo lo sviluppo non polinomiale [tex]Q_L(f)(s,t)[/tex] centrato in [tex](s_0,t_0)[/tex] come quello sviluppo che:
appartiene a [tex]\langle 1, s, \ldots, s^{n_1-2}, u_1(s), v_1(s) \rangle \times \langle 1, t, \ldots, t^{n_2-2}, u_2(t), v_2(t) \rangle[/tex];
è tale per cui il suo sviluppo polinomiale (di Taylor, ma di bi-grado coordinato, non di grado totale) coincide con quello di [tex]f[/tex]fino al bi-grado [tex](n_1,n_2)[/tex].
Lo sviluppo esiste ed è unico se e solo se non è singolare una determinata matrice triangolare superiore a blocchi, dunque se e solo se non sono singolari i blocchi sulla diagonale. Tale matrice [tex]$A$[/tex] si può scrivere come:
[tex]\begin{bmatrix}
I & \star & \star & \star \\
0 & A_{bc} & \star & \star \\
0 & 0 & A_{de} & \star \\
0 & 0 & 0 & IV
\end{bmatrix}[/tex]
[tex]I[/tex] è la matrice identità (curiosamente coincide con la numerazione romana che abbiamo utilizzato per denotarle, sostituendo però poi nei casi centrali con una denominazione più esplicita).
[tex]A_{bc}[/tex] e [tex]A_{de}[/tex] sono matrici che coinvolgono le derivate di ordini opportuni delle quattro funzioni non polinomiali presenti in questo framework (più precisamente, [tex]A_{bc}[/tex] tira in ballo [tex]u_2[/tex] e [tex]v_2[/tex], mentre [tex]A_{de}[/tex] chiama in causa [tex]u_1[/tex] e [tex]v_1[/tex]), e abbiamo dimostrato con opportuni strumenti la loro non singolarità.
[tex]IV[/tex] è una matrice definita nel seguente modo:
[tex]\small \begin{bmatrix}
D^{n_1-1} u_1(s_0) D^{n_2-1} u_2(t_0) & D^{n_1-1} u_1(s_0) D^{n_2-1} v_2(t_0)
& D^{n_1-1} v_1(s_0) D^{n_2-1} u_2(t_0) & D^{n_1-1} v_1(s_0) D^{n_2-1} v_2(t_0) \\
D^{n_1} u_1(s_0) D^{n_2-1} u_2(t_0) & D^{n_1} u_1(s_0) D^{n_2-1} v_2(t_0)
& D^{n_1} v_1(s_0) D^{n_2-1} u_2(t_0) & D^{n_1} v_1(s_0) D^{n_2-1} v_2(t_0) \\
D^{n_1-1} u_1(s_0) D^{n_2} u_2(t_0) & D^{n_1-1} u_1(s_0) D^{n_2} v_2(t_0)
& D^{n_1-1} v_1(s_0) D^{n_2} u_2(t_0) & D^{n_1-1} v_1(s_0) D^{n_2} v_2(t_0) \\
D^{n_1} u_1(s_0) D^{n_2} u_2(t_0) & D^{n_1} u_1(s_0) D^{n_2} v_2(t_0)
& D^{n_1} v_1(s_0) D^{n_2} u_2(t_0) & D^{n_1} v_1(s_0) D^{n_2} v_2(t_0) \\
\end{bmatrix}[/tex]
Se si riuscisse a dimostrare la non singolarità di questa matrice, si sarebbe dimostrata la non singolarità della matrice definita a blocchi nella sua interezza, e quindi l'esistenza e l'unicità dello sviluppo non polinomiale.
Questo ci permetterebbe di proseguire; in caso contrario, ci si potrebbe sempre limitare ad affermare l'equivalenza tra esistenza/unicità e non singolarità, e andare avanti lo stesso, ma si preferirebbe dare una caratterizzazione più precisa del fenomeno.
Data una [tex]f[/tex] bivariata nelle variabili [tex]s,t[/tex], sufficientemente regolare, definiamo lo sviluppo non polinomiale [tex]Q_L(f)(s,t)[/tex] centrato in [tex](s_0,t_0)[/tex] come quello sviluppo che:
appartiene a [tex]\langle 1, s, \ldots, s^{n_1-2}, u_1(s), v_1(s) \rangle \times \langle 1, t, \ldots, t^{n_2-2}, u_2(t), v_2(t) \rangle[/tex];
è tale per cui il suo sviluppo polinomiale (di Taylor, ma di bi-grado coordinato, non di grado totale) coincide con quello di [tex]f[/tex]fino al bi-grado [tex](n_1,n_2)[/tex].
Lo sviluppo esiste ed è unico se e solo se non è singolare una determinata matrice triangolare superiore a blocchi, dunque se e solo se non sono singolari i blocchi sulla diagonale. Tale matrice [tex]$A$[/tex] si può scrivere come:
[tex]\begin{bmatrix}
I & \star & \star & \star \\
0 & A_{bc} & \star & \star \\
0 & 0 & A_{de} & \star \\
0 & 0 & 0 & IV
\end{bmatrix}[/tex]
[tex]I[/tex] è la matrice identità (curiosamente coincide con la numerazione romana che abbiamo utilizzato per denotarle, sostituendo però poi nei casi centrali con una denominazione più esplicita).
[tex]A_{bc}[/tex] e [tex]A_{de}[/tex] sono matrici che coinvolgono le derivate di ordini opportuni delle quattro funzioni non polinomiali presenti in questo framework (più precisamente, [tex]A_{bc}[/tex] tira in ballo [tex]u_2[/tex] e [tex]v_2[/tex], mentre [tex]A_{de}[/tex] chiama in causa [tex]u_1[/tex] e [tex]v_1[/tex]), e abbiamo dimostrato con opportuni strumenti la loro non singolarità.
[tex]IV[/tex] è una matrice definita nel seguente modo:
[tex]\small \begin{bmatrix}
D^{n_1-1} u_1(s_0) D^{n_2-1} u_2(t_0) & D^{n_1-1} u_1(s_0) D^{n_2-1} v_2(t_0)
& D^{n_1-1} v_1(s_0) D^{n_2-1} u_2(t_0) & D^{n_1-1} v_1(s_0) D^{n_2-1} v_2(t_0) \\
D^{n_1} u_1(s_0) D^{n_2-1} u_2(t_0) & D^{n_1} u_1(s_0) D^{n_2-1} v_2(t_0)
& D^{n_1} v_1(s_0) D^{n_2-1} u_2(t_0) & D^{n_1} v_1(s_0) D^{n_2-1} v_2(t_0) \\
D^{n_1-1} u_1(s_0) D^{n_2} u_2(t_0) & D^{n_1-1} u_1(s_0) D^{n_2} v_2(t_0)
& D^{n_1-1} v_1(s_0) D^{n_2} u_2(t_0) & D^{n_1-1} v_1(s_0) D^{n_2} v_2(t_0) \\
D^{n_1} u_1(s_0) D^{n_2} u_2(t_0) & D^{n_1} u_1(s_0) D^{n_2} v_2(t_0)
& D^{n_1} v_1(s_0) D^{n_2} u_2(t_0) & D^{n_1} v_1(s_0) D^{n_2} v_2(t_0) \\
\end{bmatrix}[/tex]
Se si riuscisse a dimostrare la non singolarità di questa matrice, si sarebbe dimostrata la non singolarità della matrice definita a blocchi nella sua interezza, e quindi l'esistenza e l'unicità dello sviluppo non polinomiale.
Questo ci permetterebbe di proseguire; in caso contrario, ci si potrebbe sempre limitare ad affermare l'equivalenza tra esistenza/unicità e non singolarità, e andare avanti lo stesso, ma si preferirebbe dare una caratterizzazione più precisa del fenomeno.