Punti discontinuità di una funzione
Buongiorno a tutti... sto facendo un esercizio presente su una delle varie tracce d'esami che sto studiando e mi chiede di calcolare i punti di discontinuità della funzione ma non mi sono chiare due cose:
1) per capire quale tipologia di discontinuità è, devo sempre partire dalla prima specie e procedere per esclusione?
2) quali valori utilizzo per tale studio? (vedi sotto)
La mia funzione è la seguente: $y=(2-root(2)(4-x^2))/(x^2 -2x)$ e il dominio è: $[-2; 0) U (0;2]$
Grazie in anticipo
1) per capire quale tipologia di discontinuità è, devo sempre partire dalla prima specie e procedere per esclusione?
2) quali valori utilizzo per tale studio? (vedi sotto)
La mia funzione è la seguente: $y=(2-root(2)(4-x^2))/(x^2 -2x)$ e il dominio è: $[-2; 0) U (0;2]$
Grazie in anticipo

Risposte
@alex
A quanto pare il suo professore considera questi punti come discontinuità, ognuno...
A quanto pare il suo professore considera questi punti come discontinuità, ognuno...
Forse ma è quello che deve essergli chiaro ovvero se il suo prof va a "cercare" punti di discontinuità anche fuori dal dominio
Se fosse così allora, per esempio, la funzione $log(x)$ è discontinua per ogni $x<=0$
Se fosse così allora, per esempio, la funzione $log(x)$ è discontinua per ogni $x<=0$
Io suppongo invece che si riferisse ai punti della frontiera che sono di accumulazione per il dominio
Nel tuo caso la funzione $log$ avrebbe la sola discontinuità in $x=0$
In realtà questa convinzione spesso poggia le sue radici alle superiori, chiamando discontinuità un punto che verifica una di quelle tre condizioni.
Penso che lo si faccia per non parlare della ‘estensione continua’ di una funzione.
Nel tuo caso la funzione $log$ avrebbe la sola discontinuità in $x=0$
In realtà questa convinzione spesso poggia le sue radici alle superiori, chiamando discontinuità un punto che verifica una di quelle tre condizioni.
Penso che lo si faccia per non parlare della ‘estensione continua’ di una funzione.
"dissonance":
[quote="Vulplasir"]Tutta questa questione delle prime specie e seconde specie e così via la trovo assolutamente inutile, [...]funzione è discontinua in un punto quando non è continua[...]
Sono residui di vecchie notazioni, credo, ma sarebbe interessante approfondire. È vero che nella matematica moderna queste diciture non si usano più.[/quote]
Chi non fa Matematica tende a credere che i matematici si divertano e/o esprimano il loro sadismo latente affibiando nomi assurdi ad oggetti "inutili" o nomi diversi dai consueti a nozioni conosciute.
Tanto per fare un esempio, un collega docente (non di Matematica) non riesce a capire perché viene usato l'aggettivo "congruenti" al posto di "uguali" parlando di figure geometriche...
Ad ogni modo, la classificazione delle discontinuità nasce per un semplice motivo pratico: non scrivere troppi giri di parole negli enunciati dei teoremi classici sulla convergenza delle serie di Fourier.
Chi non fa Matematica tende a credere che i matematici si divertano e/o esprimano il loro sadismo latente affibiando nomi assurdi ad oggetti "inutili" o nomi diversi dai consueti a nozioni conosciute
Tende a credere bene direi, il "congruenti", "uguali" "equivalenti" "coincidenti" è un esempio...per non parlare delle equazioni pure, spurie, impure...
Ad ogni modo, la classificazione delle discontinuità nasce per un semplice motivo pratico: non scrivere troppi giri di parole negli enunciati dei teoremi classici sulla convergenza delle serie di Fourier
Non ho mai sentito parlare di discontinuità di prima, seconda, terza, quarta...specie, al massimo di funzione regolare a tratti, che consiste appunto nel concetto di salto di cui parlavo prima, se l'obiettivo era quello di facilitare le cose, non ci siete riusciti.
"anto_zoolander":
Ma va, tranquillo, era per sdrammatizzare
Se dovessi avere altri dubbi, apri pure una nuova discussione
Grazie ancora

"anto_zoolander":
...In realtà questa convinzione spesso poggia le sue radici alle superiori, chiamando discontinuità un punto che verifica una di quelle tre condizioni ...
Esatto... a me alle superiori (e anche al corso di matematica all'università) hanno sempre parlato di tre tipologie di punti di discontinuità che appunto devono essere cercati all'interno del dominio o alla sua frontiera (nei vari casi e con le varie modalità)... Non facendo matematica immagino che parlare di "tipologie" sia qualcosa di non esatto ma concesso
"anto_zoolander":[/quote]
... Il primo limite che hai fatto denota che la funzione possa essere estesa per continuità in $0$ ...
...L’altro limite viene $-infty$ ma non ho idea di che ‘numero di discontinuità’ sia
So solo che comunque tu definisca la funzione in $x=2$ quella funzione sarebbe discontinua. ...
[quote="axpgn"]
A me non pare: anto dice che non esistono punti di discontinuità mentre tu ne hai trovati due; qualcosa non quadra![]()
Cordialmente, Alex
Ciao Alex, se ho capito bene ciò che anto_zoolander mi ha scritto, in zero ho un "buco" di continuità (cosiddetta "eliminabile" con buona pace della nomenclatura) mentre in $x=2$ ne trovo un'altra di un'altra "tipologia"...
Se non ho capito male dovrei trovarmi

equazioni pure, spurie, impure
Dimenticavo complete, incomplete, monomie...qualcuno ne ha qualcun'altra?
Sì, Vulplasir, quante ne vuoi, tanto se non comprendi la differenza tra "congruenti" ed "uguali" ...

Equazioni intere, fratte, razionali, irrazionali
"Vulplasir":Chi non fa Matematica tende a credere che i matematici si divertano e/o esprimano il loro sadismo latente affibiando nomi assurdi ad oggetti "inutili" o nomi diversi dai consueti a nozioni conosciute
Tende a credere bene direi, il "congruenti", "uguali" "equivalenti" "coincidenti" è un esempio...
Beh, sì, è un esempio (l'ennesimo) della tua ignoranza.
Non è che perché tu non hai riflettuto su queste cose, nessuno l'abbia mai fatto.

"Vulplasir":
per non parlare delle equazioni pure, spurie, impure...
"Vulplasir":
Dimenticavo complete, incomplete, monomie...qualcuno ne ha qualcun'altra?
"Vulplasir":
Equazioni intere, fratte, razionali, irrazionali
Ciò non c'entra nulla col problema di cui sopra, è proprio un'altra questione.
Rifletti i un attimo e comprenderai la differenza.
"Vulplasir":Ad ogni modo, la classificazione delle discontinuità nasce per un semplice motivo pratico: non scrivere troppi giri di parole negli enunciati dei teoremi classici sulla convergenza delle serie di Fourier
Non ho mai sentito parlare di discontinuità di prima, seconda, terza, quarta...specie, al massimo di funzione regolare a tratti, che consiste appunto nel concetto di salto di cui parlavo prima, se l'obiettivo era quello di facilitare le cose, non ci siete riusciti.
Quindi tu usi un'altra locuzione, i.e. "salto", totalmente equivalente a "discontinuità di prima specie". De gustibus, ma la logica sottesa alla tua scelta è esattamente la stessa sottesa a quella degli altri.
Non vedo il problema: per un matematico è naturale passare da una convenzione ad un'altra senza troppi patemi... Per gli altri diventa difficile, data la loro rigidità mentale.

Quindi tu usi un'altra locuzione, i.e. "salto", totalmente equivalente a "discontinuità di prima specie". De gustibus, ma la logica sottesa alla tua scelta è esattamente la stessa sottesa a quella degli altri.
Invece no, sei tu allora che non hai capito la questione, quando uno dice "salto" è chiaro a cosa si riferisce, quando dice "discontinuità di n-esima specie" no.
Non vedo il problema: per un matematico è naturale passare da una convenzione ad un'altra senza troppi patemi... Per gli altri diventa difficile, data la loro rigidità mentale
Eh si è nota la grande flessibilità mentale dei matematici, che appena escono dal loro seminato non ci acchiappano nulla.
Infatti dall'inizio non ho ben capito il problema della nomenclatura... Se non sei precisamente dell'ambiente ci può stare una nomenclatura poco corretta ma comunque accettata se nota a tutti (sono stato operato di/all' appendicite = operazione di appendicectomia, ma i medici sulla prima non si scandalizzano(non studio medicina)) rimane il fatto che avremmo potuto chiamarle anche "pippo", "pluto" e "paperino" ma se questa nomenclatura è nota e il discorso alla base è lo stesso di quello che ha una nomenclatura rigorosa, non ne vedo il problema nell'utilizzarla... Rimane il fatto che in quel punto c'è un comportamento "strano" (passatemi il termine) della funzione con qualsiasi nome la chiamiamo...
"Vulplasir":Quindi tu usi un'altra locuzione, i.e. "salto", totalmente equivalente a "discontinuità di prima specie". De gustibus, ma la logica sottesa alla tua scelta è esattamente la stessa sottesa a quella degli altri.
Invece no, sei tu allora che non hai capito la questione, quando uno dice "salto" è chiaro a cosa si riferisce, quando dice "discontinuità di n-esima specie" no.
Qui confondi l'essere chiaro a te, che con la locuzione "avere un salto" ci hai giocato per un paio d'anni, con l'essere chiaro a tutti.
Come ho già avuto modo di dire ad altri utenti, pecchi nel ritenere che ciò che tu usi sia meglio per tutti.
Faccio mie alcune parole, piene di buon senso, lette recentemente sul forum delle Olimpiadi di Matematica:
"Kopernik, su OliForum, ":
Una nota a margine della discussione: secondo me una delle sciagure del mondo è l'idea che "come l'ho fatto io è più semplice". Ora, se qualcuno riesce a trovare una dimostrazione dell'ultimo teorema di Fermat lunga mezza pagina che usi solo le operazioni aritmetiche, sarò d'accordo che è più breve di quella di Wiles. Ma in generale la cosa più semplice (sbrigativa?) non è la medesima per tutti (sono a disagio a enunciare una cosa così ovvia).
Mi capita spessissimo in classe di risolvere uno stesso problema in due (o più) modi, e gli studenti mi chiedono quale sia il più semplice o la più veloce. La mia risposta è questa: a cosa ti serve sapere qual è il più semplice secondo me? Devi capire qual è il più semplice secondo te, qual è il procedimento che ricorderai (rendendo minimo l'uso di formule a memoria!). Se uno studente ha difficoltà a memorizzare un procedimento sbrigativo, non potrà usarne un altro che si ricorda? Ci sono miei colleghi che segnano sbagliato (o comunque non a punteggio pieno) lo svolgimento di un esercizio perché lo studente lo fa con un metodo diverso dal loro, che evidentemente è "il più semplice". Non è una cosa orribile? Perché un esercizio svolto correttamente con qualche riga in più di conti dovrebbe valere meno di uno più sintetico? La cosa bella non è che lo studente individui la propria strategia (mnenomica, di calcolo, di visualizzazione, la cosa è irrilevante)?
Perciò, in conclusione, ha senso discutere su quale sia la cosa più semplice da fare o da ricordare? E soprattutto, esiste davvero un modo più semplice?
"Vulplasir":Non vedo il problema: per un matematico è naturale passare da una convenzione ad un'altra senza troppi patemi... Per gli altri diventa difficile, data la loro rigidità mentale
Eh si è nota la grande flessibilità mentale dei matematici, che appena escono dal loro seminato non ci acchiappano nulla.
Beh, sicuramente non fanno peggio di un ingegnere alle prese con un problema di Algebra...

Scherzi a parte, non vedo cosa c'entri quello che scrivi con la questione della notazione: è evidente che un matematico, appena ha un problema sorto mano, cerca di tradurlo in termini a lui comprensibili, specificando i termini poco chiari ed introducendo definizioni/nozioni/notazioni che servono ad esprimerlo in maniera corretta. Ciò può risultare frustrante per chi non conosce il modo di procedere: già Goethe scriveva:
i matematici sono come i francesi: qualunque cosa uno dica, la traducono nella loro lingua e subito diventa qualcosa completamente differente.
e tu non mi pare faccia eccezione... Così come tutti quegli ingegneri che, seguendo seminari di PDE o CoV, non intendono il significato di "stima" in Analisi.