Problema di Cauchy
Un testo di esercizi di analisi mi propone di risolvere il P.C. con E.D.O $xy'=y$ con dato iniziale $y(x_0=0)=0$, ma se riscriviamo la EDO come $y'=y/x=f(x,y)$ mi risulta che il punto $(0,0)$ non possa leggittimamente appartenere al dominio della $f(x,y)$, dunque che non siano verificate le Hp del Teo di esistenza ed unicità locale, dunque cosa debbo fare?
Secondo me ci sono due strade: a) Il P.C. con quel dato iniziale è malposto, b)C'è una qualche storia di prolungamento per continuità et similia.
P.s. stiamo parlando di analisi reale, quindi non credo di possa parlarare di x,y come variabili complesse.
Secondo me ci sono due strade: a) Il P.C. con quel dato iniziale è malposto, b)C'è una qualche storia di prolungamento per continuità et similia.
P.s. stiamo parlando di analisi reale, quindi non credo di possa parlarare di x,y come variabili complesse.
Risposte
E' vero non sei nelle ipotesi del teorema di Cauchy-Lipshitz perché il problema non si può coerentemente scrivere in forma normale, tuttavia non è affatto detto che il problema sia mal posto o che non sia comunque possibile trovare una soluzione e mostrare che sia unica....
Una soluzione banale è:
$ y(x) = x $
che è anche globale...
Una soluzione banale è:
$ y(x) = x $
che è anche globale...
Si in effetti ora che ci penso l'unicità uno se la può anche sognare: tutte le rette passanti per l'origine sono soluzione:
$ y(x) = k x $
non so se esistano altre soluzioni.
$ y(x) = k x $
non so se esistano altre soluzioni.
Ok, però in questo caso il procedimento corretto è?
a) trovo la soluzione
b) dimostro che è unica?
In questo caso non lo è, quindi ?
Però se non ho alle spalle un Teo di esistenza ed unicità globale come posso procedere?
La teoria che abbiamo visto si basa tutta sul teo di esistenza ed unicità locale per EDo scritte in forma normale.
a) trovo la soluzione
b) dimostro che è unica?
In questo caso non lo è, quindi ?
Però se non ho alle spalle un Teo di esistenza ed unicità globale come posso procedere?
La teoria che abbiamo visto si basa tutta sul teo di esistenza ed unicità locale per EDo scritte in forma normale.
I motivi per cui una EDO non rientra nelle ipotesi del teorema di Cauchy-Lipshitz di solito sono:
1. Il problema non è un problema di Cauchy, ma è un problema ai limiti. (Esempio: sbarra elastica)
2. L'equazione si può scrivere formalmente in forma normale $y'=f(x,y)$, ma o $f$ non è Lipshitz, oppure addirittura non è continua o non è definita nel punto.
Nel primo caso c'è tutta una teoria a parte con le formulazioni variazionali.
Nel secondo caso.
a. Se la $f$ è almeno continua c'è il teorema di Peano che garantisce almeno l'esistenza della soluzione (che in generale non è unica) (vedi il pennello di Peano)
b. Se la $f$ non è definita nel punto, come in questo caso, quello che avviene è che l'equazione:
$ y' = y / x $
con dato in $x=0$ non ha alcun senso e quindi non ha senso porsi il problema dell'esistenza di soluzioni, ma ha senso l'equazione $ x y' = y $. In questo caso se esiste un metodo generale io non lo conosco. Procedendo formalmente si trova, separando le variabili:
$ \int dy/ y = \int dx/x \implies y = k \ \text{exp} \ \log x $
ovvero:
$ y = k x $
chiaramente dato che il procedimento non è metematicamente corretto è, quindi, necessario verificare che il risultato abbia senso, quindi si dimostra che $y$ così trovata è veramente una soluzione sostituendo....
Quindi direi che io se mi trovo di fronte un problema simile procedo "fregandomene" della divisione per $0$ e vedo cosa salta fuori. Se il risultato è sensato allora posso "buttare via" il procedimento scorretto usato per ottenerlo e lascio la soluzione la cui correttezza si deve verificare per sostituzione. Nel caso in cui non si riescano a trovare più soluzioni e si vuole dimostrare l'unicità è un bel guaio....
1. Il problema non è un problema di Cauchy, ma è un problema ai limiti. (Esempio: sbarra elastica)
2. L'equazione si può scrivere formalmente in forma normale $y'=f(x,y)$, ma o $f$ non è Lipshitz, oppure addirittura non è continua o non è definita nel punto.
Nel primo caso c'è tutta una teoria a parte con le formulazioni variazionali.
Nel secondo caso.
a. Se la $f$ è almeno continua c'è il teorema di Peano che garantisce almeno l'esistenza della soluzione (che in generale non è unica) (vedi il pennello di Peano)
b. Se la $f$ non è definita nel punto, come in questo caso, quello che avviene è che l'equazione:
$ y' = y / x $
con dato in $x=0$ non ha alcun senso e quindi non ha senso porsi il problema dell'esistenza di soluzioni, ma ha senso l'equazione $ x y' = y $. In questo caso se esiste un metodo generale io non lo conosco. Procedendo formalmente si trova, separando le variabili:
$ \int dy/ y = \int dx/x \implies y = k \ \text{exp} \ \log x $
ovvero:
$ y = k x $
chiaramente dato che il procedimento non è metematicamente corretto è, quindi, necessario verificare che il risultato abbia senso, quindi si dimostra che $y$ così trovata è veramente una soluzione sostituendo....
Quindi direi che io se mi trovo di fronte un problema simile procedo "fregandomene" della divisione per $0$ e vedo cosa salta fuori. Se il risultato è sensato allora posso "buttare via" il procedimento scorretto usato per ottenerlo e lascio la soluzione la cui correttezza si deve verificare per sostituzione. Nel caso in cui non si riescano a trovare più soluzioni e si vuole dimostrare l'unicità è un bel guaio....
Ok, quindi il procedimento corretto è far apparire una soluzione in un modo che non raccontiamo al prof di analisi ( anche perchè non sarebbero neppure verificate le condizioni del teo di sep delle variabili), e poi verificare per sostituzione che è effettivamente soluzione.
Si oppure cercare soluzioni a partire dalla forma, ad esempio cercare soluzioni nella forma $y(x) = k x^\alpha $ o $y(x)=a e^{bx} $ e vedere per quali valori delle costanti torna tutto.... insomma l'unica è "arrabattarsi" e alla fine qualunque procedimento è valido se la soluzione ottenuta ha senso e, una volta sostituita, risolve identicamente l'equazione.
I teoremi che garantiscono l'applicabilità di certi metodi fanno si che ci si possa risparmiare la verifica finale, ma logicamente, nessun metodo è scorretto se produce una funzione che, una volta sostituita, sia una soluzione. Non è sbagliato applicare un metodo anche se non si hanno le ipotesi necessarie per poterlo applicare purché si sia consci del fatto che il risultato non è garantito.
I teoremi che garantiscono l'applicabilità di certi metodi fanno si che ci si possa risparmiare la verifica finale, ma logicamente, nessun metodo è scorretto se produce una funzione che, una volta sostituita, sia una soluzione. Non è sbagliato applicare un metodo anche se non si hanno le ipotesi necessarie per poterlo applicare purché si sia consci del fatto che il risultato non è garantito.
ok.
Grazie mille.
Visto che stiamo parlando di EDO, ti chiedo questa cosa: il prof spesso chiede che una certa funzione di di classe $C^k$ su un intervallo di $RR$, che lui scrive chiuso, ad esempio $C^2([-pi,pi])$, ora a me questa cosa non suona troppo bene, perchè mi sembra che le derivate non siano definite su un chiuso, quindi mi verrebbe da dire che la cosa corretta è chiedere che la funzione in oggetto sia $C([-pi,pi])$ e $C^2(]-pi,pi[)$, ti che ne pensi?
Grazie mille.
Visto che stiamo parlando di EDO, ti chiedo questa cosa: il prof spesso chiede che una certa funzione di di classe $C^k$ su un intervallo di $RR$, che lui scrive chiuso, ad esempio $C^2([-pi,pi])$, ora a me questa cosa non suona troppo bene, perchè mi sembra che le derivate non siano definite su un chiuso, quindi mi verrebbe da dire che la cosa corretta è chiedere che la funzione in oggetto sia $C([-pi,pi])$ e $C^2(]-pi,pi[)$, ti che ne pensi?
Anche io preferisco lasciare le derivate come definite solo sugli aperti, ma penso (correggetemi se sbaglio), che non vi siano grossi problemi a definirle anche sui chiusi prendendo il limite unilatero sui bordi....
Concordo con te.