Nabla in coordinate sferiche o cilindriche
Ho bisogno di usare in alcune equazioni l'operatore Nabla in coordinate cilindriche o sferiche, ma non so bene come fare. Ho guardato su Wikipedia, ma non ha risposto al mio quesito, in quanto io non devo esprimere il gradiente o la divergenza, ma proprio usare direttamente il Nabla.
Per intenderci, ne ho bisogno in un problema di fluidodinamica, in cui il problema si presenta in una simmetria circolare, per cui dovrei usare coordinate di tipo polare, oppure meglio, in tre dimensioni, cilindriche o sferiche; e ne ho bisogno per la "derivata sostanziale" (non so come si chiami in italiano, forse "derivata materiale"; io studio in tedesco, anche se sono italiano), in cui a un certo punto devo usare $ (u \cdot \nabla) u$, dove $u$ è un campo vettoriale tridimansionale. Devo quindi fare il prodotto scalare tra il campo e il nabla e poi applicare il risultato nella moltiplicazione scalare tra lo scalare risultante e il campo stesso.
Per intenderci, ne ho bisogno in un problema di fluidodinamica, in cui il problema si presenta in una simmetria circolare, per cui dovrei usare coordinate di tipo polare, oppure meglio, in tre dimensioni, cilindriche o sferiche; e ne ho bisogno per la "derivata sostanziale" (non so come si chiami in italiano, forse "derivata materiale"; io studio in tedesco, anche se sono italiano), in cui a un certo punto devo usare $ (u \cdot \nabla) u$, dove $u$ è un campo vettoriale tridimansionale. Devo quindi fare il prodotto scalare tra il campo e il nabla e poi applicare il risultato nella moltiplicazione scalare tra lo scalare risultante e il campo stesso.
Risposte
Mi permetto per una volta di riportare la discussione in cima alla lista, nella speranza di avere qualche risposta. Intanto buon anno...
Non ho capito di cosa hai bisogno, il Nabla è il gradiente....
[edit]Probabilmente mi sto sbagliando, vedi il messaggio seguente di alle.fabbri.[/edit]
Secondo me la scrittura $(u cdot nabla)u$ è solo una maniera diversa di dire $("div" u) u$ ($"div"$ è la divergenza). Cosa che ha perfettamente senso perché la divergenza è uno scalare, quindi quello è un semplice prodotto scalare - vettore, indipendente dal sistema di coordinate scelto. Cosa ti confonde? Forse l'uso di $nabla$ come un vettore? Non intenderlo troppo alla lettera, è una convenzione di scrittura comoda ma a volte fuorviante, il mese scorso Gugo ha postato il link ad un foglio che raccoglieva degli errori derivanti da questa convenzione.
Secondo me la scrittura $(u cdot nabla)u$ è solo una maniera diversa di dire $("div" u) u$ ($"div"$ è la divergenza). Cosa che ha perfettamente senso perché la divergenza è uno scalare, quindi quello è un semplice prodotto scalare - vettore, indipendente dal sistema di coordinate scelto. Cosa ti confonde? Forse l'uso di $nabla$ come un vettore? Non intenderlo troppo alla lettera, è una convenzione di scrittura comoda ma a volte fuorviante, il mese scorso Gugo ha postato il link ad un foglio che raccoglieva degli errori derivanti da questa convenzione.
A me è sempre capitato di vedere l'espressione $(u * \nabla) u$ con $u = (u_1 , u_2 , u_3) \in RR^3$ utilizzata come uno scalare, in coordinate cartesiane lo scriverei così
$(u * \nabla) u = u_1 \partial_x u_1 + u_2 \partial_y u_2 + u_3 \partial_z u_3$
Passare alle coordinate polari non dovrebbe essere un grosso problema ora, nel senso che ti scrivi la matrice jacobiana e sostituisci le derivate come un qualunque cambiamento di variabile. Però forse la sto facendo troppo semplice...
$(u * \nabla) u = u_1 \partial_x u_1 + u_2 \partial_y u_2 + u_3 \partial_z u_3$
Passare alle coordinate polari non dovrebbe essere un grosso problema ora, nel senso che ti scrivi la matrice jacobiana e sostituisci le derivate come un qualunque cambiamento di variabile. Però forse la sto facendo troppo semplice...
Ciao, qui trovi come scrivere il gradiente in coordinate sferiche e cilindriche
http://it.wikipedia.org/wiki/Gradiente
http://it.wikipedia.org/wiki/Gradiente
Innanzitutto grazie per le risposte. Ora mi spiego un po' meglio.
Sto seguendo un corso di introduzione alla fluidodinamica, in cui viene definita la derivata sostanziale, o anche (come si legge sulla relativa pagina di Wikipedia) derivata materiale, derivata lagrangiana, derivata convettiva, derivata advettiva, derivata sostantiva, derivata di Stokes, derivata di particella, derivata idrodinamica, derivata seguendo il moto:
[tex]$ \frac{D\phi}{Dt} = \frac{\partial \phi}{\partial t} + (\underline{u} \cdot \underline{\nabla})\phi $[/tex]
dove [tex]$\phi$[/tex] è una proprietà del fluido e può essere sia uno scalare (per esempio, la pressione [tex]$p$[/tex]) che un vettore tridimensionale (per esempio la velocità [tex]$\underline{u}$[/tex]), dove [tex]$\underline{u}$[/tex] è la velocità del fluido nelle tre dimensioni. Scritto in forma estesa è simile a ciò che ha scritto alle.fabbri:
[tex]$ \frac{D\phi}{Dt} = \frac{\partial \phi}{\partial t} + u_x \partial_x \phi + u_y \partial_y \phi + u_z \partial_z \phi $[/tex]
dove [tex]$u_x, u_y, u_z$[/tex] sono le tre componenti di [tex]$\underline{u}$[/tex] e [tex]$\partial_x, \partial_z, \partial_z$[/tex] sono delle abbreviazioni per [tex]$\frac{\partial}{\partial x}, \frac{\partial}{\partial y}, \frac{\partial}{\partial z}$[/tex].
Ecco perché non ho bisogno né del gradiente, né della divergenza o di un altro operatore differenziale, ma solo del "pseudo-operatore" Nabla espresso nelle coordinate cilindriche. Mi chiedevo se basta sostituire [tex]$\partial_x$[/tex] con l'equivalente espresso nell'altro sistema e fare lo stesso con le altre coordinate.
Inoltre no, non si tratta della divergenza di u, poiché in questo caso non vale la commutatività. Sono abituato a usare il Nabla come vettore, anzi, più di quanto sia abituato a usare divergenza, rotore e altri operatori espressi tramite Nabla.
EDIT: però, ora che ci penso meglio, lasciando da parte la prima parte, ossia la semplice derivata di [tex]$\phi$[/tex] rispetto al tempo, quello che rimane è (nel caso in cui [tex]$\phi$[/tex] sia un vettore):
[tex]$ \underline{u} \cdot (\nabla \cdot \phi) $[/tex]
È giusto? In questo caso avremmo semplicemente il prodotto scalare tra il vettore della velocità e la divergenza di [tex]$\phi$[/tex], cosa che posso leggere su Wikipedia...
Sto seguendo un corso di introduzione alla fluidodinamica, in cui viene definita la derivata sostanziale, o anche (come si legge sulla relativa pagina di Wikipedia) derivata materiale, derivata lagrangiana, derivata convettiva, derivata advettiva, derivata sostantiva, derivata di Stokes, derivata di particella, derivata idrodinamica, derivata seguendo il moto:
[tex]$ \frac{D\phi}{Dt} = \frac{\partial \phi}{\partial t} + (\underline{u} \cdot \underline{\nabla})\phi $[/tex]
dove [tex]$\phi$[/tex] è una proprietà del fluido e può essere sia uno scalare (per esempio, la pressione [tex]$p$[/tex]) che un vettore tridimensionale (per esempio la velocità [tex]$\underline{u}$[/tex]), dove [tex]$\underline{u}$[/tex] è la velocità del fluido nelle tre dimensioni. Scritto in forma estesa è simile a ciò che ha scritto alle.fabbri:
[tex]$ \frac{D\phi}{Dt} = \frac{\partial \phi}{\partial t} + u_x \partial_x \phi + u_y \partial_y \phi + u_z \partial_z \phi $[/tex]
dove [tex]$u_x, u_y, u_z$[/tex] sono le tre componenti di [tex]$\underline{u}$[/tex] e [tex]$\partial_x, \partial_z, \partial_z$[/tex] sono delle abbreviazioni per [tex]$\frac{\partial}{\partial x}, \frac{\partial}{\partial y}, \frac{\partial}{\partial z}$[/tex].
Ecco perché non ho bisogno né del gradiente, né della divergenza o di un altro operatore differenziale, ma solo del "pseudo-operatore" Nabla espresso nelle coordinate cilindriche. Mi chiedevo se basta sostituire [tex]$\partial_x$[/tex] con l'equivalente espresso nell'altro sistema e fare lo stesso con le altre coordinate.
Inoltre no, non si tratta della divergenza di u, poiché in questo caso non vale la commutatività. Sono abituato a usare il Nabla come vettore, anzi, più di quanto sia abituato a usare divergenza, rotore e altri operatori espressi tramite Nabla.
EDIT: però, ora che ci penso meglio, lasciando da parte la prima parte, ossia la semplice derivata di [tex]$\phi$[/tex] rispetto al tempo, quello che rimane è (nel caso in cui [tex]$\phi$[/tex] sia un vettore):
[tex]$ \underline{u} \cdot (\nabla \cdot \phi) $[/tex]
È giusto? In questo caso avremmo semplicemente il prodotto scalare tra il vettore della velocità e la divergenza di [tex]$\phi$[/tex], cosa che posso leggere su Wikipedia...
Guarda il termine che ti sta tra i piedi per il passaggio in coordinate sferiche è quello che è anche chiamato termine di "avvezione" o "avvenzione" per motivi che non credo interessino ora. Il punto è che quel termine lì viene fuori dalla derivata materiale (o Lagrangiana) del campo di velocità (o una qualsiasi quantità vettoriale), ma può essere scritto anche in modo più evidente utilizzando la regola di catena:
$ \frac{D}{D t} u(x, t) = \frac{\partial u}{\partial t} + (\nabla u)u$ dove $u,x$ sono vettori. Qui ovviamente per gradiente di un campo vettoriale, cioè $(\nabla u)$, intendo un tensore, che quindi applicato al vettore $u$ dà come risultato un vettore. Quindi ho scritto il termine di avvezione $(u \cdot \nabla)u$ come $(\nabla u)u$ potendo così usare il gradiente scritto in coordinate sferiche.
Qui io ho fatto la trattazione che si usa solitamente per l'equazione del moto di Eulero (dove hai $\rho \frac{D}{D t} u(x, t) = ...$), ma ovviamente il discorso è valido per qualunque grandezza scalare, vettoriale o tensoriale $\phi$.
$ \frac{D}{D t} u(x, t) = \frac{\partial u}{\partial t} + (\nabla u)u$ dove $u,x$ sono vettori. Qui ovviamente per gradiente di un campo vettoriale, cioè $(\nabla u)$, intendo un tensore, che quindi applicato al vettore $u$ dà come risultato un vettore. Quindi ho scritto il termine di avvezione $(u \cdot \nabla)u$ come $(\nabla u)u$ potendo così usare il gradiente scritto in coordinate sferiche.
Qui io ho fatto la trattazione che si usa solitamente per l'equazione del moto di Eulero (dove hai $\rho \frac{D}{D t} u(x, t) = ...$), ma ovviamente il discorso è valido per qualunque grandezza scalare, vettoriale o tensoriale $\phi$.
Forse non mi sono spiegato bene, ora chiarisco qualche punto:
io non uso la notazione di derivata materiale come fai tu, io la tratto come una derivata tradizionale ai fini della scrittura del modello. Quindi non avrò una cosa di tipo $\frac{D \phi}{D t} = \frac{\partial \phi}{\partial t} + (u \cdot \nabla) \phi$, ma piuttosto scriverò che la funzione $\phi (x(t),t)$, dove $x$ è vettore, si deriverà come:
$\frac{d \phi (x(t),t)}{d t} = \frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial t} + \frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial x} \cdot \frac{d x(t)}{d t}$
l'ultima è una derivata totale poiché $x$ dipende solo da $t$. Ma visto che $ \frac{d x(t)}{d t} = \dot x = u$ allora posso scrivere:
$\frac{d \phi (x(t),t)}{d t} = \frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial t} + \frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial x} \cdot u$, ora è necessario fare una considerazione dimensionale sull'equazione.
Io ho sempre messo il segno di prodotto scalare nell'ultimo termine perchè considero $\phi$ una funzione scalare (quindi il termine $\frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial x} = \nabla \phi$ come il termine $\frac{d x(t)}{d t}$ sono dei vettori, mentre a primo membro dell'equazione ho una quantità scalare), ma se $\phi$ fosse un campo vettoriale allora il termine $\frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial x} = \nabla \phi$ è un tensore che va quindi applicato ad un vettore per dare un altro vettore, coerentemente con quanto avrei a primo membro.
Spero di essere stato chiaro.
io non uso la notazione di derivata materiale come fai tu, io la tratto come una derivata tradizionale ai fini della scrittura del modello. Quindi non avrò una cosa di tipo $\frac{D \phi}{D t} = \frac{\partial \phi}{\partial t} + (u \cdot \nabla) \phi$, ma piuttosto scriverò che la funzione $\phi (x(t),t)$, dove $x$ è vettore, si deriverà come:
$\frac{d \phi (x(t),t)}{d t} = \frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial t} + \frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial x} \cdot \frac{d x(t)}{d t}$
l'ultima è una derivata totale poiché $x$ dipende solo da $t$. Ma visto che $ \frac{d x(t)}{d t} = \dot x = u$ allora posso scrivere:
$\frac{d \phi (x(t),t)}{d t} = \frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial t} + \frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial x} \cdot u$, ora è necessario fare una considerazione dimensionale sull'equazione.
Io ho sempre messo il segno di prodotto scalare nell'ultimo termine perchè considero $\phi$ una funzione scalare (quindi il termine $\frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial x} = \nabla \phi$ come il termine $\frac{d x(t)}{d t}$ sono dei vettori, mentre a primo membro dell'equazione ho una quantità scalare), ma se $\phi$ fosse un campo vettoriale allora il termine $\frac{\partial \phi (x(t),t)}{\partial x} = \nabla \phi$ è un tensore che va quindi applicato ad un vettore per dare un altro vettore, coerentemente con quanto avrei a primo membro.
Spero di essere stato chiaro.
Grazie, Morpheus. Le tue spiegazioni sono molto interessanti; credo di aver capito la derivazione, anche se mi sfugge la nozione utilitaristica: quando indichi il tensore $\nabla u$, ti riferisci alla matrice che si ottiene, secondo una notazione da algebra lineare, tramite la classica moltiplicazione tra matrici $\nabla \cdot u^T$? Cioè una matrice 3x3 che contiene, ad esempio, nel primo elemento della prima riga la derivata della prima componente di $u$ nella direzione della prima componente del nabla?
Generalizzando, cioè prendendo in esame un qualunque campo vettoriale $\phi$, dovremmo scrivere (uso ancora la derivata materiale, che è quella che mi serve)
$\frac{D\phi}{Dt} = \frac{\partial \phi}{\partial t} + (\nabla \cdot \phi^T) u$ ?
Generalizzando, cioè prendendo in esame un qualunque campo vettoriale $\phi$, dovremmo scrivere (uso ancora la derivata materiale, che è quella che mi serve)
$\frac{D\phi}{Dt} = \frac{\partial \phi}{\partial t} + (\nabla \cdot \phi^T) u$ ?
Si in realtà se ho capito bene cosa intendi per $\nabla \cdot u^T$ credo che tu debba scrivere l'inverso, cioè $u \cdot \nabla^T$ (anche se ai miei occhi è molto brutto da vedersi scritto!!), se ti è utile usare il nabla come una matrice. Per come la vedo io mi basta dire questo (io personalmente la vedo meglio così):
l'elemento di posto $i,j$ della matrice $\nabla u$ è: $(\nabla u)_{i,j} = \frac{\partial u_i}{\partial x_j}$ dove a questo punto quest'uguaglianza è scalare trattandosi di elementi di matrici.
Matematicamente la cosa che ho scritto è "un pezzo" della matrice Jacobiana della funzione $u(x,t): R^4 \rightarrow R^3$, in particolare il minore quadrato fatto considerando la funzione $u$ come se dipendesse solo dal posto e non dal tempo, ovvero una $u(x)$ (infatti il $\nabla$ in fisica matematica è sempre fatto rispetto alle coordinate spaziali).
Questa cosa è evidente anche da come si scrive la derivata materiale della funzione $\phi$ qualsiasi. Infatti se esso è un campo vettoriale generico $\phi(x,t): R^4 \rightarrow R^3$ e ne voglio fare la derivata totale rispetto al tempo, tenendo presente che anche le coord. spaziali $x$ sono una $x(t)$, il teorema del differenziale totale (con la regola di catena) mi dice che:
$ \frac{D}{Dt} \phi(x,t) = \frac{\partial \phi}{\partial t} + (\nabla \phi) u$ in notazione compatta, oppure
$ (\frac{D}{Dt} \phi(x,t) )_{i} = (\frac{\partial \phi}{\partial t})_i + \frac{\partial \phi_i}{\partial x_j} u_j $, in notazione indiciale dove grazie alla convenzione di Einstein degli indici ripetuti ho sottinteso una sommatoria in $j$ a secondo membro.
Spero di non averti confuso le idee!
l'elemento di posto $i,j$ della matrice $\nabla u$ è: $(\nabla u)_{i,j} = \frac{\partial u_i}{\partial x_j}$ dove a questo punto quest'uguaglianza è scalare trattandosi di elementi di matrici.
Matematicamente la cosa che ho scritto è "un pezzo" della matrice Jacobiana della funzione $u(x,t): R^4 \rightarrow R^3$, in particolare il minore quadrato fatto considerando la funzione $u$ come se dipendesse solo dal posto e non dal tempo, ovvero una $u(x)$ (infatti il $\nabla$ in fisica matematica è sempre fatto rispetto alle coordinate spaziali).
Questa cosa è evidente anche da come si scrive la derivata materiale della funzione $\phi$ qualsiasi. Infatti se esso è un campo vettoriale generico $\phi(x,t): R^4 \rightarrow R^3$ e ne voglio fare la derivata totale rispetto al tempo, tenendo presente che anche le coord. spaziali $x$ sono una $x(t)$, il teorema del differenziale totale (con la regola di catena) mi dice che:
$ \frac{D}{Dt} \phi(x,t) = \frac{\partial \phi}{\partial t} + (\nabla \phi) u$ in notazione compatta, oppure
$ (\frac{D}{Dt} \phi(x,t) )_{i} = (\frac{\partial \phi}{\partial t})_i + \frac{\partial \phi_i}{\partial x_j} u_j $, in notazione indiciale dove grazie alla convenzione di Einstein degli indici ripetuti ho sottinteso una sommatoria in $j$ a secondo membro.
Spero di non averti confuso le idee!
No, nessuna confusione, riconosco perfettamente il ragionamento analitico che durante il corso si celava dietro formule "lanciate" senza motivazione, mentre in un corso per matematici (il corso è per ingegneri) sarebbe stato esplicitato come hai fatto tu.
Il discorso fino a qui mi è chiaro. Ora devo capire come trasportarlo nel caso in cui le coordinate spaziali non sono cartesiane, bensì cilindriche.
In fondo allo "Skript" di fluidodinamica c'è una raccolta di formule (che inizialmente non avevo neanche notato) in cui vengono espresse alcune relazioni in coordinate cartesiane e in coordinate cilindriche: viene descritto il Nabla, la divergenza, il gradiente e il rotore. Ovviamente, la derivata materiale, di cui si fa un grande uso in tutta la trattazione, non viene mai definita in questa raccolta...
Ad ogni modo, il Nabla diventa: $\underline{\nabla} = ( \frac{\partial}{\partial r} \ ,\ \frac{1}{r} \frac{\partial}{\partial\theta} \ ,\ \frac{\partial}{\partial x} ) $
Poi si definisce la divergenza come $ d i v\ \underline{u} = \underline{\nabla} \cdot \underline{u}$, ma la formula data subito dopo è: $ \underline{\nabla} \cdot \underline{u} = \frac{1}{r} \frac{\partial}{\partial r}(r u_r) + \frac{1}{r} \frac{\partial u_\theta}{\partial \theta} + \frac{\partial u_x}{\partial x}$
E già qui capisco poco: se venisse eseguito semplicemente il prodotto scalare tra il nabla appena definito e il campo vettoriale $\underline{u} = (u_r,\ u_\theta,\ u_x)$, il risultato, ossia la divergenza, sarebbe: $d i v\ \underline{u} = \frac{\partial u_r}{\partial r} + \frac{1}{r} \frac{\partial u_\theta}{\partial \theta} + \frac{\partial u_x}{\partial x}$.
Lo stesso processo avviene nella definizione del rotore, in cui non è usato direttamente il prodotto vettoriale tra il nuovo Nabla ed il campo, bensì la stessa relazione usata per la divergenza, mentre il gradiente è le semplice e diretta applicazione del Nabla al campo scalare.
Tutte queste relazioni sono presenti anche in questa pagina di Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Nabla_in_coordinate_cilindriche_e_sferiche.
Nel caso della derivata materiale come si deve procedere?
Il discorso fino a qui mi è chiaro. Ora devo capire come trasportarlo nel caso in cui le coordinate spaziali non sono cartesiane, bensì cilindriche.
In fondo allo "Skript" di fluidodinamica c'è una raccolta di formule (che inizialmente non avevo neanche notato) in cui vengono espresse alcune relazioni in coordinate cartesiane e in coordinate cilindriche: viene descritto il Nabla, la divergenza, il gradiente e il rotore. Ovviamente, la derivata materiale, di cui si fa un grande uso in tutta la trattazione, non viene mai definita in questa raccolta...
Ad ogni modo, il Nabla diventa: $\underline{\nabla} = ( \frac{\partial}{\partial r} \ ,\ \frac{1}{r} \frac{\partial}{\partial\theta} \ ,\ \frac{\partial}{\partial x} ) $
Poi si definisce la divergenza come $ d i v\ \underline{u} = \underline{\nabla} \cdot \underline{u}$, ma la formula data subito dopo è: $ \underline{\nabla} \cdot \underline{u} = \frac{1}{r} \frac{\partial}{\partial r}(r u_r) + \frac{1}{r} \frac{\partial u_\theta}{\partial \theta} + \frac{\partial u_x}{\partial x}$
E già qui capisco poco: se venisse eseguito semplicemente il prodotto scalare tra il nabla appena definito e il campo vettoriale $\underline{u} = (u_r,\ u_\theta,\ u_x)$, il risultato, ossia la divergenza, sarebbe: $d i v\ \underline{u} = \frac{\partial u_r}{\partial r} + \frac{1}{r} \frac{\partial u_\theta}{\partial \theta} + \frac{\partial u_x}{\partial x}$.
Lo stesso processo avviene nella definizione del rotore, in cui non è usato direttamente il prodotto vettoriale tra il nuovo Nabla ed il campo, bensì la stessa relazione usata per la divergenza, mentre il gradiente è le semplice e diretta applicazione del Nabla al campo scalare.
Tutte queste relazioni sono presenti anche in questa pagina di Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Nabla_in_coordinate_cilindriche_e_sferiche.
Nel caso della derivata materiale come si deve procedere?
Il fatto che non basta applicare il nabla in coord. cilindriche o sferiche per ottenere gli operatori divergenza e rotore si dovrebbe riuscire a vedere con un po' di algebra tensoriale ad esempio. Quello che hai scritto tu, ovvero $\nabla = (\frac{\partial}{\partial r}, \frac{1}{r} \frac{\partial}{\partial \theta}, frac{\partial}{\partial z})$ secondo me non va chiamato "nabla", ma proprio "gradiente" poiché quello è a tutti gli effetti l'operatore gradiente. Sinceramente credo che il fatto di usare il nabla a prodotto scalare e vettoriale con i campi vettoriali per ottenere divergenza e rotore funzioni solo in coord. cartesiane.
Se hai un po' di familiarità col calcolo differenziale in più variabili e con l'algebra tensoriale provo a darti un abbozzo di spiegazione. Lavoro in $R^3$ per semplicità.
Si definisce "gradiente" di un campo vettoriale (che sia smooth così ci togliamo i problemi) come quell'applicazione lineare, i.e. un tensore, tale che:
$d_{\vec x} \vec v (\vec h) = (\nabla \vec v) \vec h \quad \forall \vec h \in R^3$, allora il tensore $(\nabla \vec v) $ si chiama gradiente di $\vec v$ in $\vec x$.
Da questa definizione di gradiente posso arrivare a quella di divergenza (ad esempio) passando per quella di traccia.
Definisco la funzione $tr: Lin(R^3) \rightarrow R$, che assegna uno scalare ad un tensore, data una base qualsiasi $\vec e_i, \quad i=1,2,3$ (che sia quella cartesiana oppure quella delle coordinate cilindriche) come la funzione così definita:
$tr T = tr (\sum_{i,j} T_{i,j} \quad dia(\vec e_i, \vec e_j)) = \sum_{i,j} T_{i,j} \vec e_i \cdot \vec e_j$, dove con $dia(...)$ intendo il prodotto tensoriale o diade tra due vettori.
Posso infine chiamare divergenza quel campo scalare tale per cui dato un campo vettoriale $\vec v$ vale:
$d i v (\vec v) = \nabla \cdot \vec v= tr(\nabla \vec v)$
Quindi da tutto questo discorso risulta evidente che gli operatori differenziali sono molto influenzati dalla base in cui li si rappresenta. Tieni presente infatti che se vuoi fare il cambio di variabili da cartesiane a cilindriche ci vuole sempre lo jacobiano: $dx dy dz = |det J| dr d\theta dz = r dr d\theta dz$. Infatti è proprio lui che sta sempre in mezzo quando guardi come sono fatti divergenza e rotore. Comunque questi conti sono stati fatti e sono noti, quelle che trovi su wikipedia sono le utili regole (dimostrate ovviamente) per passare da uno all'altro, ma credo che ai comuni mortali come noi conviene fidarsi (magari sapendo da dove vengono fuori).
Per quanto riguarda la derivata materiale, direi che lì basta usare solo il gradiente in coord. cilindriche, tanto è quello che compare e non divergenza o rotore. $\frac{D}{Dt}\vec \phi = \frac{\partial}{\partial t}\vec \phi + grad(\vec \phi) \vec u$
Se hai un po' di familiarità col calcolo differenziale in più variabili e con l'algebra tensoriale provo a darti un abbozzo di spiegazione. Lavoro in $R^3$ per semplicità.
Si definisce "gradiente" di un campo vettoriale (che sia smooth così ci togliamo i problemi) come quell'applicazione lineare, i.e. un tensore, tale che:
$d_{\vec x} \vec v (\vec h) = (\nabla \vec v) \vec h \quad \forall \vec h \in R^3$, allora il tensore $(\nabla \vec v) $ si chiama gradiente di $\vec v$ in $\vec x$.
Da questa definizione di gradiente posso arrivare a quella di divergenza (ad esempio) passando per quella di traccia.
Definisco la funzione $tr: Lin(R^3) \rightarrow R$, che assegna uno scalare ad un tensore, data una base qualsiasi $\vec e_i, \quad i=1,2,3$ (che sia quella cartesiana oppure quella delle coordinate cilindriche) come la funzione così definita:
$tr T = tr (\sum_{i,j} T_{i,j} \quad dia(\vec e_i, \vec e_j)) = \sum_{i,j} T_{i,j} \vec e_i \cdot \vec e_j$, dove con $dia(...)$ intendo il prodotto tensoriale o diade tra due vettori.
Posso infine chiamare divergenza quel campo scalare tale per cui dato un campo vettoriale $\vec v$ vale:
$d i v (\vec v) = \nabla \cdot \vec v= tr(\nabla \vec v)$
Quindi da tutto questo discorso risulta evidente che gli operatori differenziali sono molto influenzati dalla base in cui li si rappresenta. Tieni presente infatti che se vuoi fare il cambio di variabili da cartesiane a cilindriche ci vuole sempre lo jacobiano: $dx dy dz = |det J| dr d\theta dz = r dr d\theta dz$. Infatti è proprio lui che sta sempre in mezzo quando guardi come sono fatti divergenza e rotore. Comunque questi conti sono stati fatti e sono noti, quelle che trovi su wikipedia sono le utili regole (dimostrate ovviamente) per passare da uno all'altro, ma credo che ai comuni mortali come noi conviene fidarsi (magari sapendo da dove vengono fuori).
Per quanto riguarda la derivata materiale, direi che lì basta usare solo il gradiente in coord. cilindriche, tanto è quello che compare e non divergenza o rotore. $\frac{D}{Dt}\vec \phi = \frac{\partial}{\partial t}\vec \phi + grad(\vec \phi) \vec u$
Guardando in giro sulle mie dispense ho trovato un risultato interessante. A partire dalle espressioni che riguardano la conservazione della quantità di moto sono tornato indietro alle definizioni è ho trovato che:
[tex]\frac{D\underline{u}}{Dt} = \left(\begin{array}{c}
\frac{\partial u_r}{\partial t} + u_r \frac{\partial u_r}{\partial r} + \frac{u_\theta}{r} \frac{\partial u_r}{\partial \theta} - \frac{u_\theta^2}{r} + u_x \frac{\partial u_r}{\partial x} \\
\frac{\partial u_\theta}{\partial t} + u_r \frac{\partial u_\theta}{\partial r} + \frac{u_\theta}{r} \frac{\partial u_\theta}{\partial \theta} + \frac{u_\theta u_r}{r} + u_x \frac{\partial u_\theta}{\partial x} \\
\frac{\partial u_x}{\partial t} + u_r \frac{\partial u_x}{\partial r} + \frac{u_\theta}{r} \frac{\partial u_x}{\partial \theta} + u_x \frac{\partial u_x}{\partial x} \\
\end{array}\right)[/tex]
(Mi scuso per la confusione. Come si può spaziare di più le righe del vettore?)
Il che ci porta alla seguente relazione:
[tex]\frac{D\underline{u}}{Dt} =
\frac{\partial \underline{u}}{\partial t}
+ u_r \frac{\partial \underline{u}}{\partial r}
+ \frac{u_\theta}{r} \frac{\partial \underline{u}}{\partial \theta}
+ u_x \frac{\partial \underline{u}}{\partial x}
+ \left( \begin{array}{c} -\frac{u_\theta^2}{r} \\ \frac{u_r u_\theta}{r} \\ 0 \end{array} \right)[/tex]
Ecco, io sul momento ho solo ricavato questa formula, senza essere sicuro della sua esattezza né potendola spiegare. In particolare c'è quell'ultimo termine che non riesco a... uniformare con il resto, che di per sé sembra sensato.
Qualcuno ha qualche idea in merito?
Ricordo solo per completezza e chiarezza che sono abituato (e perciò lo faccio anche qui) a identificare i vettori tramite una sottolineatura singola per contraddistinguerli dagli scalari.
[tex]\frac{D\underline{u}}{Dt} = \left(\begin{array}{c}
\frac{\partial u_r}{\partial t} + u_r \frac{\partial u_r}{\partial r} + \frac{u_\theta}{r} \frac{\partial u_r}{\partial \theta} - \frac{u_\theta^2}{r} + u_x \frac{\partial u_r}{\partial x} \\
\frac{\partial u_\theta}{\partial t} + u_r \frac{\partial u_\theta}{\partial r} + \frac{u_\theta}{r} \frac{\partial u_\theta}{\partial \theta} + \frac{u_\theta u_r}{r} + u_x \frac{\partial u_\theta}{\partial x} \\
\frac{\partial u_x}{\partial t} + u_r \frac{\partial u_x}{\partial r} + \frac{u_\theta}{r} \frac{\partial u_x}{\partial \theta} + u_x \frac{\partial u_x}{\partial x} \\
\end{array}\right)[/tex]
(Mi scuso per la confusione. Come si può spaziare di più le righe del vettore?)
Il che ci porta alla seguente relazione:
[tex]\frac{D\underline{u}}{Dt} =
\frac{\partial \underline{u}}{\partial t}
+ u_r \frac{\partial \underline{u}}{\partial r}
+ \frac{u_\theta}{r} \frac{\partial \underline{u}}{\partial \theta}
+ u_x \frac{\partial \underline{u}}{\partial x}
+ \left( \begin{array}{c} -\frac{u_\theta^2}{r} \\ \frac{u_r u_\theta}{r} \\ 0 \end{array} \right)[/tex]
Ecco, io sul momento ho solo ricavato questa formula, senza essere sicuro della sua esattezza né potendola spiegare. In particolare c'è quell'ultimo termine che non riesco a... uniformare con il resto, che di per sé sembra sensato.
Qualcuno ha qualche idea in merito?
Ricordo solo per completezza e chiarezza che sono abituato (e perciò lo faccio anche qui) a identificare i vettori tramite una sottolineatura singola per contraddistinguerli dagli scalari.