Limite che tende a 0 ma non troppo: materia continua/discret
Studiando l'elettromagnetismo mi è venuto un dubbio su come formalizzare matematicamente una delle tante cose scritte in modo informale sui libri di fisica. Ecco qui cosa dice il mio libro (Mencuccini - Silvestrini Fisica 2)
Che vuol dire che qualcosa tende a zero però deve essere abbastanza grande? Non riesco a capire. Si tratta di qualche limite o di qualche derivata strana ($\frac{dN < \vec p >}{d \tau}$ mi insospettisce)? C'è un modo per formalizzare matematicamente ciò?
Sbaglio nel dire che tutto ciò deriva dal tentativo di infilare nell'elettromagnetismo classico, che presuppone la materia continua, effetti della quantizzazione della materia (come la struttura atomica responsabile di questi effetti di polarizzazione)?
Non è la prima volta, in effetti, che questo libro considera la materia continua o discreta a seconda della convenienza.
Una interpretazione potrebbe essere questa: la materia è discreta e tutti gli integrali sono approssimazioni. Ma come determinare l'errore compiuto approssimando ciò? E come gestire le relative medie necessarie per approssimare la materia in modo continuo?
Oppure una teoria formalmente decente dell'elettromagnetismo non può tener conto di questioni come la polarizzazione elettrica e li deve assumere come assiomi?
Grazie a chiunque riesca a leggere questo sproloquio.
P.S. Ho ritenuto che questo topic stesse meglio in analisi piuttosto che in fisica (purtroppo non ho molta fiducia nelle capacità di formalizzazione matematica dei fisici
). Se qualche moderatore la pensasse diversamente, spostasse pure.
Definizione del vettore di polarizzazione elettrica $\vec P$
$ \vec P = lim_{\tau \to 0} \frac {\sum \vec p_i}{\tau}=\frac{dN < \vec p >}{d \tau}$
dove
dN è il numero di molecole contenute nel volume "elementare" $d \tau $
$< \vec p >$ è il valore medio del momento di dipolo eseguito su un qualsiasi volumetto $ d \tau $ macroscopicamente significativo (per quanto piccolo, un volume $ d \tau $ significativo a livello macroscopico comprende comunque un numero molto grande di molecole).
In realtà poiche, in generale, $< \vec p >$ ha valore diverso da punto a punto ( $< \vec p > -= < \vec p (x,y,z) >$ ) la definizione precedente va intesa a limite per $ \tau $ tendente a zero (in termini macroscopici) col vincolo che $ \tau $ sia sempre però abbastanza grande da contenere un numero dN statisticamente significativo di molecole.
Che vuol dire che qualcosa tende a zero però deve essere abbastanza grande? Non riesco a capire. Si tratta di qualche limite o di qualche derivata strana ($\frac{dN < \vec p >}{d \tau}$ mi insospettisce)? C'è un modo per formalizzare matematicamente ciò?
Sbaglio nel dire che tutto ciò deriva dal tentativo di infilare nell'elettromagnetismo classico, che presuppone la materia continua, effetti della quantizzazione della materia (come la struttura atomica responsabile di questi effetti di polarizzazione)?
Non è la prima volta, in effetti, che questo libro considera la materia continua o discreta a seconda della convenienza.
Una interpretazione potrebbe essere questa: la materia è discreta e tutti gli integrali sono approssimazioni. Ma come determinare l'errore compiuto approssimando ciò? E come gestire le relative medie necessarie per approssimare la materia in modo continuo?
Oppure una teoria formalmente decente dell'elettromagnetismo non può tener conto di questioni come la polarizzazione elettrica e li deve assumere come assiomi?
Grazie a chiunque riesca a leggere questo sproloquio.

P.S. Ho ritenuto che questo topic stesse meglio in analisi piuttosto che in fisica (purtroppo non ho molta fiducia nelle capacità di formalizzazione matematica dei fisici

Risposte
Mi sembra che tu abbia detto delle cose ragionevoli. E' proprio un limite ma non troppo.
Le domande che poni mettono in rilievo le difficoltà che si incontrano quando si giunge al margine dell'area in cui le astrazioni matematiche usate per definire il modello sono sufficientemente supportate da una possibilità di osservazione e misura.
Ovviamente una assunzione (di qualsiasi tipo e livello sia) di "granuarità" della materia (o dell'energia, o di altro di rilevante) pone difficoltà non solo "pratiche" (di inadeguatezza attuale dei mezzi di misura) ma definitorie. Ovvio che l'integrale non va bene. Così come, nella dinamica delle popolazioni, se la tua popolazione di paperette si riduce a poche unità, solo una incredibile faccia tosta può permettere di dire che la dinamica sia descrivibile con una equazione differenziale ordinaria.
Anche la idea di media può diventare problematica, pur se una scappatoia potrebbe consistere nell'allungare l'intervallo temporale. Comunque, quando nel volumetto a mala pena ci sta un millesimo di quark, la finestra temporale mi sa che diventa un po' troppo lunga. Ammesso che abbia senso esprimersi in questi termini...
Le domande che poni mettono in rilievo le difficoltà che si incontrano quando si giunge al margine dell'area in cui le astrazioni matematiche usate per definire il modello sono sufficientemente supportate da una possibilità di osservazione e misura.
Ovviamente una assunzione (di qualsiasi tipo e livello sia) di "granuarità" della materia (o dell'energia, o di altro di rilevante) pone difficoltà non solo "pratiche" (di inadeguatezza attuale dei mezzi di misura) ma definitorie. Ovvio che l'integrale non va bene. Così come, nella dinamica delle popolazioni, se la tua popolazione di paperette si riduce a poche unità, solo una incredibile faccia tosta può permettere di dire che la dinamica sia descrivibile con una equazione differenziale ordinaria.
Anche la idea di media può diventare problematica, pur se una scappatoia potrebbe consistere nell'allungare l'intervallo temporale. Comunque, quando nel volumetto a mala pena ci sta un millesimo di quark, la finestra temporale mi sa che diventa un po' troppo lunga. Ammesso che abbia senso esprimersi in questi termini...
Grazie 1000 Fioravante, almeno adesso so che non sono problemi che stanno solo nella mia testa.
