La definizione successionale di limite è più "debole"?

Sk_Anonymous
Probabilmente sto andando a chiedere un boiata; però vabhè, al massimo mi linciate e io me ne vado con la coda tra le gambe :lol:

La definizione di limite che ho studiato nella seconda parte del corso di Analisi I è la seguente:

Sia \(\displaystyle f:D \subset \mathbb{R} \to \mathbb{R} \), \(\displaystyle x_{0} \in \text{Acc}(D) \). Diciamo che \[\displaystyle \exists \ \lim_{x \to x_{0}} f(x)=l \in \mathbb{R} \cup \{ \pm \infty\} \] se \[\displaystyle \forall (x_{n}) \subset D \setminus \{x_{0} \} \ : \ x_{n} \to x_{0} \ \Longrightarrow \ f(x_{n}) \to l \]

La mia domanda è: fissato il punto \(\displaystyle x_{0} \), è possibile in qualche modo quantificare quel \(\displaystyle \forall (x_{n}) \subset D \setminus \{x_{0} \} \ : \ x_{n} \to x_{0} \)? Si può cioè dire qualcosa della cardinalità dell'insieme di quelle successioni? E' possibile dire che questo insieme ha la potenza del continuo?

L'idea che mi son fatto, qualora la risposta alla terza domanda sopra fosse "no", è che in qualche modo questa definizione necessiti di meno informazioni (qualunque cosa voglia dire questa affermazione) rispetto a quella di Cauchy (\(\displaystyle \epsilon - \delta \)) visto che di fatto quando \(\displaystyle x
\) tende ad \(\displaystyle x_{0} \), lo fa "saltando" da un termine all'altro di una successione mentre lo fa "scivolando" su tutti i numeri della retta reale nella definizione di Cauchy.

Risposte
Rigel1
In uno spazio metrico questa definizione è equivalente alla definizioe \(\epsilon\)-\(\delta\).
(Vedi ad es. Rudin, "Principles", Thm. 4.2.)

robe921
scusate se mi intrometto e, soprattutto, scusatemi se molto probabilmente sbaglio ma, in questo caso, se $x_n\rightarrow x_0$ non dovrebbe essere $f(x_n)\rightarrow l$? Mi ricorda molto il teorema ponte

Rigel1
@robe92: certo, hai ragione, si sta parlando di limite e non di continuità.
Come giustamente osservi, molti si riferiscono a questo teorema col nome di "teorema ponte".

robe921
ma quindi quale notazione è corretta? $f(x_n)\rightarrow f(x)$ oppure $f(x_n)\rightarrow l$?

personalmente azzarderei la seconda, dato che si sta parlando di limite e non di continuità.. mi confermate?

Rigel1
\(f(x_n)\to l\).

Sk_Anonymous
Scusatemi, ho fatto un errore stupido di battitura. Ora correggo.

"Rigel":
In uno spazio metrico questa definizione è equivalente alla definizioe \(\epsilon\)-\(\delta\).
(Vedi ad es. Rudin, "Principles", Thm. 4.2.)

Grazie per il riferimento, Rigel. Sapevo dell'equivalenza delle due definizioni, e questo era un dubbio magari un po' strampalato. Io ora non ho la possibilità di consultare il Rudin (proverò comunque a controllare anche sul De Marco, che è il testo di analisi che ho usato/uso); vedo che è un teorema, quello che citi. Che tipo di dimostrazione viene addotta, a grandi linee?

Rigel1
Mi sembra strano che sul De Marco non ci sia.
Comunque, se vale \(\epsilon\)-\(\delta\), si dim. abbastanza rapidamente che vale la def. sequenziale.
L'altra implicazione si può dim. per assurdo. Assumi che non valga \(\epsilon\)-\(\delta\), vale a dire che esista \(\epsilon>0\) con la seguente proprietà: per ogni \(\delta>0\) esiste \(x\in D\) t.c. \(0 A questo punto, scegliendo \(\delta_n = 1/n\), ti costruisci una successione \(x_n\) tale per cui non è soddisfatta la definizione sequenziale.

Sk_Anonymous
Trovato anche sul De Marco: capitolo 11, pagine 267-268.
Insomma: ho scoperto solo di essere stato disattento.

Ti ringrazio per la pazienza Rigel.

theras
@Delirium.
Quasi quasi mi verrebbe da consigliarti il capitolo sulla definizione di limite attraverso le variabili ordinate del Miranda
(Lezioni di Analisi Matematica I),
per toglierti ogni dubbio:
è una lettura un pò anacronistica,forse,
perchè tnon mette esplicitamente in evidenza l'importanza della struttura topologica di dominio e codominio,
ma secondo me ti permetterebbe di sciogliere ogni dubbio in merito..
Il fatto è che non son più così sicuro che sia lì,
dati gli anni passati e visto che quel libro me lo son praticamente mangiato a suo tempo
(mi restarono letteralmente le pagine in mano,a forza di rileggerlo a mò di Vangelo anche ben dopo l'esame..),
ma dovrebbe esser così perchè il mio insegnante era,credo durante il dottorato,suo devotissimo allievo:
comunque a dare un'occhiata nella biblioteca della tua facoltà non ti costa granchè e,
sopratutto,il libro dovrebbe esserci :wink: (non il mio,chiaro :-D )!
Saluti dal web.

Sk_Anonymous
Ciao theras, grazie per il contributo. Siccome sono una maniaco dei libri, è probabile che comprerò il testo di analisi da te consigliato. Quanto ai dubbi, in realtà son sempre stati fatui: sono io che mi invaso con delle chimere assurde, e quindi mi accorgo subito dell'assurdità. Ma pazienza: son qui per imparare.

Seneca1
Un analogo problema c'è per la compattezza. In spazi metrici tutto funziona bene e la nozione di compattezza per successioni è equivalente alla nozione di compattezza (con i ricoprimenti). In uno spazio topologico qualsiasi la compattezza per successioni è più debole e non implica la compattezza.

Queste cose le puoi trovare sul Munkres, ma il loro studio ti porterebbe lontano dal terreno che stai battendo.

gugo82
@Delirium: Certo, la continuità sequenziale (o lungo le successioni) è in generale più debole della continuità topologica; però essa, in alcuni contesti, è molto più utile.

In particolare, penso alla Teoria delle Distribuzioni, in cui si ha a che fare con spazi funzionali tipo \(C_c^\infty (\mathbb{R})\) su cui non è definibile una "buona" topologia. Infatti, in ultima analisi, per definire cosa si intende con "funzionale continuo su \(C_c^\infty (\mathbb{R})\)" si ricorre alla continuità sequenziale (avendo preventivamente definito un'opportuna nozione di convergenza per le successioni).
Per maggiori dettagli, ne ho parlato recentemente qui.

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