Insolita applicazione della regola della catena
Stavo leggendo la soluzione al problema del moto di un corpo in un potenziale centrale \(\displaystyle V(r) \), dal libro di Nivaldo Lemos, Analythical Mechanics, pag. 32-33.
Lui imposta il problema in 2D con coordinate polari \(\displaystyle r(t),\phi(t) \), giungendo alle seguenti equazioni:
\(\displaystyle mr^2(t)\dot{\phi}(t)=l \)
\(\displaystyle E=\frac{m}{2}\dot{r}^2(t) + \frac{l^2}{2mr^2(t)}+V(r)\)
con $m$ e $l$ costanti.
Poi a questo punto fa un passaggio che non capisco: dice che grazie al fatto che \(\displaystyle \frac{d}{dt}=\frac{d}{d\phi}\frac{d\phi}{dt} \), allora la seconda equazione diventa (usando anche la prima):
\(\displaystyle E=\frac{l^2}{2mr^4}\left(\frac{\mathrm{d}r}{\mathrm{d}\phi}\right)^2 + \frac{l^2}{2mr^2}+V(r). \)
Il mio dubbio riguarda la catena \(\displaystyle \frac{d}{dt}=\frac{d}{d\phi}\frac{d\phi}{dt} \) che lui applica alla funzione \(\displaystyle r(\phi(t)) \). In altre parole, è come se avesse assunto implicitamente che la traiettoria descritta da \(\displaystyle (r(t),\phi(t)) \) sia chiusa e di periodo angolare \(\displaystyle 2\pi \), ovvero che ogni volta che l'oggetto si trova all'angolo \(\displaystyle \phi \) esso allora disti sempre \(\displaystyle r \). In tal modo, se così fosse, effettivamente la descrizione della geometria del moto potrebbe anche essere fatta con la sola funzione \(\displaystyle r(\phi) \).
A me non torna che si possa fare a priori un'ipotesi così forte (in una traiettoria ancora chiusa, ma già con periodo maggiore di \(\displaystyle 2\pi \), ciò non sarebbe più vero perché una eventuale \(\displaystyle r(\phi) \) non sarebbe univoca), per cui molto probabilmente quella catena di derivate immagino che debba essere sempre lecita. Evidentemente mi sto perdendo qualcosa.
Potete per favore aiutarmi a capire come ricavare l'ultima equazione che ho riportato, a partire dalle prime due?
Grazie in anticipo.
Lui imposta il problema in 2D con coordinate polari \(\displaystyle r(t),\phi(t) \), giungendo alle seguenti equazioni:
\(\displaystyle mr^2(t)\dot{\phi}(t)=l \)
\(\displaystyle E=\frac{m}{2}\dot{r}^2(t) + \frac{l^2}{2mr^2(t)}+V(r)\)
con $m$ e $l$ costanti.
Poi a questo punto fa un passaggio che non capisco: dice che grazie al fatto che \(\displaystyle \frac{d}{dt}=\frac{d}{d\phi}\frac{d\phi}{dt} \), allora la seconda equazione diventa (usando anche la prima):
\(\displaystyle E=\frac{l^2}{2mr^4}\left(\frac{\mathrm{d}r}{\mathrm{d}\phi}\right)^2 + \frac{l^2}{2mr^2}+V(r). \)
Il mio dubbio riguarda la catena \(\displaystyle \frac{d}{dt}=\frac{d}{d\phi}\frac{d\phi}{dt} \) che lui applica alla funzione \(\displaystyle r(\phi(t)) \). In altre parole, è come se avesse assunto implicitamente che la traiettoria descritta da \(\displaystyle (r(t),\phi(t)) \) sia chiusa e di periodo angolare \(\displaystyle 2\pi \), ovvero che ogni volta che l'oggetto si trova all'angolo \(\displaystyle \phi \) esso allora disti sempre \(\displaystyle r \). In tal modo, se così fosse, effettivamente la descrizione della geometria del moto potrebbe anche essere fatta con la sola funzione \(\displaystyle r(\phi) \).
A me non torna che si possa fare a priori un'ipotesi così forte (in una traiettoria ancora chiusa, ma già con periodo maggiore di \(\displaystyle 2\pi \), ciò non sarebbe più vero perché una eventuale \(\displaystyle r(\phi) \) non sarebbe univoca), per cui molto probabilmente quella catena di derivate immagino che debba essere sempre lecita. Evidentemente mi sto perdendo qualcosa.
Potete per favore aiutarmi a capire come ricavare l'ultima equazione che ho riportato, a partire dalle prime due?
Grazie in anticipo.
Risposte
La traiettoria, chiusa o meno che sia, è data dalla funzione che si ottiene rimuovendo il tempo come parametro ed ottenendo
$r=r(phi)$
Quindi considerando che $phi=phi(t)$ per derivazione di funzione composta si può scrivere
$(dr)/dt = (dr)/(d phi)*(d phi)/dt$
da cui poi si procede utilizzando la prima equazione di conservazione del momento angolare per ottenere l'equazione finale.
Un altro modo di vedere la cosa è partire dalle due equazioni che riscrivo in questo modo:
$(d phi)/dt = l/(mr^2)$
$(dr)/dt = pm sqrt(2/m(E- l^2/(2mr^2)-V))$
Facendo il rapporto tra la seconda e la prima equazione (e con un abuso di notazione) si ha:
$(dr)/(dphi) = pm sqrt(2/m(E- l^2/(2mr^2)-V))/(l/(mr^2))$
da cui elevando al quadrato si riottiene l'equazione finale.
$r=r(phi)$
Quindi considerando che $phi=phi(t)$ per derivazione di funzione composta si può scrivere
$(dr)/dt = (dr)/(d phi)*(d phi)/dt$
da cui poi si procede utilizzando la prima equazione di conservazione del momento angolare per ottenere l'equazione finale.
Un altro modo di vedere la cosa è partire dalle due equazioni che riscrivo in questo modo:
$(d phi)/dt = l/(mr^2)$
$(dr)/dt = pm sqrt(2/m(E- l^2/(2mr^2)-V))$
Facendo il rapporto tra la seconda e la prima equazione (e con un abuso di notazione) si ha:
$(dr)/(dphi) = pm sqrt(2/m(E- l^2/(2mr^2)-V))/(l/(mr^2))$
da cui elevando al quadrato si riottiene l'equazione finale.
"ingres":
La traiettoria, chiusa o meno che sia, è data dalla funzione che si ottiene rimuovendo il tempo come parametro ed ottenendo
$r=r(phi)$
E' proprio ciò che non mi torna.
Cosa garantisce a priori che la traiettoria non può essere così, ad esempio?
[fcd="Schema"][FIDOCAD]
LI 155 190 155 25 0
FCJ 2 0 3 2 0 0
LI 95 120 245 120 0
FCJ 2 0 3 2 0 0
CV 0 175 130 185 100 135 85 115 135 200 175 220 90 140 65 110 80 0
TY 205 100 4 3 0 0 11 * φ
SA 181 96 11
LI 155 120 205 75 11
FCJ 0 0 3 2 2 0
BE 200 120 205 105 200 95 190 90 11
FCJ 2 0 3 2 0 0
SA 205 75 11[/fcd]
e qui allo stesso $\phi$ corrispondono due raggi diversi, quindi $r(\phi)$ non è definibile.