Funzioni olomorfe e continuità
Ciao a tutti.
Nello studio dell'analisi complessa trovo spesso ("sparso" qua e là, in diverse dispense), un legame tra l'olomorfia e la continuità.
In particolare " Se f è olomorfa in A, allora f € C^(oo) su A", ossia f è di classe C infinito su A, ossia derivabile infinite volte, con derivate continue. Che f sia derivabile infinite volte, discende dal teorema di Goursat, ma la sua continuità e quella delle derivate da cosa discende?
Il dubbio mi è sorto nel momento in cui in alcune dispense, tra le hp dei teoremi, viene semplicemente richiesto f olomorfa mentre, in altre, viene chiesto f olomorfa e, ad esempio, di classe C^1.
Ho provato a cercare chiarimenti su wikipedia mo non ho ricevuto spiegazione: in giro ho trovato spesso l'affermazione "f olomorfa => f indefinitamente derivabile", ma senza accenni alla continuità.
grazie per eventuali chiarimenti
Nello studio dell'analisi complessa trovo spesso ("sparso" qua e là, in diverse dispense), un legame tra l'olomorfia e la continuità.
In particolare " Se f è olomorfa in A, allora f € C^(oo) su A", ossia f è di classe C infinito su A, ossia derivabile infinite volte, con derivate continue. Che f sia derivabile infinite volte, discende dal teorema di Goursat, ma la sua continuità e quella delle derivate da cosa discende?
Il dubbio mi è sorto nel momento in cui in alcune dispense, tra le hp dei teoremi, viene semplicemente richiesto f olomorfa mentre, in altre, viene chiesto f olomorfa e, ad esempio, di classe C^1.
Ho provato a cercare chiarimenti su wikipedia mo non ho ricevuto spiegazione: in giro ho trovato spesso l'affermazione "f olomorfa => f indefinitamente derivabile", ma senza accenni alla continuità.
grazie per eventuali chiarimenti

Risposte
"AlessandroIT":
Nello studio dell'analisi complessa trovo spesso ("sparso" qua e là, in diverse dispense), un legame tra l'olomorfia e la continuità.
In particolare " Se f è olomorfa in A, allora f € C^(oo) su A", ossia f è di classe C infinito su A, ossia derivabile infinite volte, con derivate continue. Che f sia derivabile infinite volte, discende dal teorema di Goursat, ma la sua continuità e quella delle derivate da cosa discende?
Beh, se una funzione è derivabile in un insieme, è pure continua in quell'insieme (è Analisi I, eh!).
Dal teorema di Goursat, sai che \(f^{(n)}\) è derivabile in \(A\), quindi...
"AlessandroIT":
Il dubbio mi è sorto nel momento in cui in alcune dispense, tra le hp dei teoremi, viene semplicemente richiesto f olomorfa mentre, in altre, viene chiesto f olomorfa e, ad esempio, di classe C^1.
Ho provato a cercare chiarimenti su wikipedia mo non ho ricevuto spiegazione: in giro ho trovato spesso l'affermazione "f olomorfa => f indefinitamente derivabile", ma senza accenni alla continuità.
All'inizio della teoria delle funzioni olomorfe non si conosce ancora il teorema di Goursat quindi, per semplificare i conti e la vita, si deve supporre che la derivata della funzione sia continua; insomma, \(f\in C^1\), è una "ipotesi di comodo" che serve a semplificare le dimostrazioni (il che è utile, soprattutto per gli ingegneri).
Una volte provato il teorema di Goursat, di solito, si dice (barando un po'): "vabbé, allora abbiamo capito che l'ipotesi \(f\in C^1\) fatta negli enunciati iniziali la possiamo pure eliminare"... E poi si va avanti così, tralasciando sistematicamente l'ipotesi di continuità della derivata.
Tuttavia tutta la teoria delle funzioni olomorfe si può fare benissimo senza quella "ipotesi di comodo", cioè nella sola ipotesi di derivabilità in senso complesso... Però le dimostrazioni diventano molto più tecniche e complicate, quindi tediose per chi non è un matematico.
"gugo82":
Beh, se una funzione è derivabile in un insieme, è pure continua in quell'insieme (è Analisi I, eh!).
Dal teorema di Goursat, sai che \(f^{(n)}\) è derivabile in \(A\), quindi...
Ma questo non vale solo per le funzioni in R?
Dalle rimembranze di analisi II, in R^2 la derivabilità non implica la continuità e viceversa: si possono avere funzioni continue in un punto ma non derivabili, o viceversa (per risolvere la cosa, si introduce appunto la differenziabilità). Poichè C "è simile" a R^2, non dovrebbe essere diverso dal semplice derivabilità => continuità ?
grazie.

Una funzione olomorfa del tipo che stai studiando dipende da una sola variabile complessa.
Quindi, la dimostrazione che hai visto in Analisi I per funzioni di una variabile reale (che credo ricorderai bene), la puoi scrivere pari pari per le funzioni olomorfe.
In particolare, supponendo che \(f\) sia derivabile in \(z_0\) e chiamata \(f^\prime (z_0)\) la derivata, hai per definizione:
\[
\lim_{z\to z_0} \frac{f(z)-f(z_0)}{z-z_0}=f^\prime (z_0)
\]
e quindi:
\[
\lim_{z\to z_0} \frac{\big|f(z)-f(z_0)-f^\prime (z_0)\ (z-z_0)\big|}{|z-z_0|} =0\; ;
\]
ciò implica che \(f(z)=f(z_0)+f^\prime (z_0)\ (z-z_0)+ \text{o} (|z-z_0|)\). Da ciò segue:
\[
\lim_{z\to z_0} f(z) =f(z_0)\; ,
\]
quindi \(f\) è continua in \(z_0\).
Quindi, la dimostrazione che hai visto in Analisi I per funzioni di una variabile reale (che credo ricorderai bene), la puoi scrivere pari pari per le funzioni olomorfe.
In particolare, supponendo che \(f\) sia derivabile in \(z_0\) e chiamata \(f^\prime (z_0)\) la derivata, hai per definizione:
\[
\lim_{z\to z_0} \frac{f(z)-f(z_0)}{z-z_0}=f^\prime (z_0)
\]
e quindi:
\[
\lim_{z\to z_0} \frac{\big|f(z)-f(z_0)-f^\prime (z_0)\ (z-z_0)\big|}{|z-z_0|} =0\; ;
\]
ciò implica che \(f(z)=f(z_0)+f^\prime (z_0)\ (z-z_0)+ \text{o} (|z-z_0|)\). Da ciò segue:
\[
\lim_{z\to z_0} f(z) =f(z_0)\; ,
\]
quindi \(f\) è continua in \(z_0\).
"gugo82":
Una funzione olomorfa del tipo che stai studiando dipende da una sola variabile complessa.
Riporto alla vostra attenzione questa discussione.
$z in CC$ in fin dei conti (per il noto isomorfismo) è un vettore di $RR^2$, come faceva notare AlessandroIT.
Che differenza intercorre tra considerare $f$ come una funzione di due variabili reali $x, y$ e considerarla come una funzione della singola variabile complessa $z$? A me continuano a sembrare due cose diverse.
Grazie.
Conoscendo l'isomorfismo, una funzione da $\mathbb{C}$ a $\mathbb{C}$ diventa una funzione da $\mathbb{R}^{2}$ a $\mathbb{R}^{2}$, $f(z)=u(x,y)+i(x,y)=F(u,v)$ con il cambio di variabile $z=x+iy$.
Sia $A \subseteq \mathbb{C}$ un aperto e $f\ :\ A\rightarrow \mathbb{C}$. La funzione si dice derivabile in senso complesso in $z_{0}\in A$ se esiste finito il limite
\[
\lim_{z\to z_{0}}\frac{f(z)-f(z_{0})}{z-z_{0}}=\lim_{h\to 0}\frac{f(z_{0}+h)-f(z_{0})}{h}
\]
Con $z\in A$ o $z_{0}+h \in \mathbb{C}$.
Se $F$ è differenziabile in $(x_{0},y_{0})$ allora
$u(x,y)-u(x_{0},y_{0})=<\nabla u(x_{0},y_{0}),h>+o(||h||)$
$v(x,y)-v(x_{0},y_{0})=<\nabla v(x_{0},y_{0}),h>+o(||h||)$
per $h\rightarrow 0$, dove qui $h=(x-x_{0}),(y-y_{0})$
Se moltiplico la seconda per $i$ e sommo a membro a membro ottengo una formula (la prima) da confrontare con la definizione di derivabilità in senso complesso (la seconda)
$f(z)-f(z_{0})=<\nabla f(z_{0}),h>+o(|z-z_{0}|)=f_{x}(z_{0})(x-x_{0})+f_{y}(z_{0})(y-y_{0})+o(|z-z_{0}|)$
$f(z)-f(z_{0})=\dot{f}(z_{0})(z-z_{0})+o(|z-z_{0}|)=\dot{f}(z_{0})(x-x_{0})+i\dot{f}(z_{0})(y-y_{0})+o(|z-z_{0}|)$
(non ho capito bene come passare da un o piccolo all'altro, nel libro non lo mostra, se qualcuno sapesse spiegralo mi farebbe un piacere). Confrontando le due ottieni le relazioni di Cauchy-Riemann. Queste dicono che se considero la funzione $f$ come una funzione vettoriale $F$ la derivata di $f$ è legata in tal modo al differenziale di $F$.
Riassunto di un paragrafo del Pagani-Salsa che devo sapere per un esame di metodi
Sia $A \subseteq \mathbb{C}$ un aperto e $f\ :\ A\rightarrow \mathbb{C}$. La funzione si dice derivabile in senso complesso in $z_{0}\in A$ se esiste finito il limite
\[
\lim_{z\to z_{0}}\frac{f(z)-f(z_{0})}{z-z_{0}}=\lim_{h\to 0}\frac{f(z_{0}+h)-f(z_{0})}{h}
\]
Con $z\in A$ o $z_{0}+h \in \mathbb{C}$.
Se $F$ è differenziabile in $(x_{0},y_{0})$ allora
$u(x,y)-u(x_{0},y_{0})=<\nabla u(x_{0},y_{0}),h>+o(||h||)$
$v(x,y)-v(x_{0},y_{0})=<\nabla v(x_{0},y_{0}),h>+o(||h||)$
per $h\rightarrow 0$, dove qui $h=(x-x_{0}),(y-y_{0})$
Se moltiplico la seconda per $i$ e sommo a membro a membro ottengo una formula (la prima) da confrontare con la definizione di derivabilità in senso complesso (la seconda)
$f(z)-f(z_{0})=<\nabla f(z_{0}),h>+o(|z-z_{0}|)=f_{x}(z_{0})(x-x_{0})+f_{y}(z_{0})(y-y_{0})+o(|z-z_{0}|)$
$f(z)-f(z_{0})=\dot{f}(z_{0})(z-z_{0})+o(|z-z_{0}|)=\dot{f}(z_{0})(x-x_{0})+i\dot{f}(z_{0})(y-y_{0})+o(|z-z_{0}|)$
(non ho capito bene come passare da un o piccolo all'altro, nel libro non lo mostra, se qualcuno sapesse spiegralo mi farebbe un piacere). Confrontando le due ottieni le relazioni di Cauchy-Riemann. Queste dicono che se considero la funzione $f$ come una funzione vettoriale $F$ la derivata di $f$ è legata in tal modo al differenziale di $F$.
Riassunto di un paragrafo del Pagani-Salsa che devo sapere per un esame di metodi

"Seneca":
[quote="gugo82"]Una funzione olomorfa del tipo che stai studiando dipende da una sola variabile complessa.
Riporto alla vostra attenzione questa discussione.
$z in CC$ in fin dei conti (per il noto isomorfismo) è un vettore di $RR^2$, come faceva notare AlessandroIT.
Che differenza intercorre tra considerare $f$ come una funzione di due variabili reali $x, y$ e considerarla come una funzione della singola variabile complessa $z$? A me continuano a sembrare due cose diverse.[/quote]
Il punto è questo: non c'entra nulla il modo di rappresentare la funzione olomorfa (i.e., come applicazione \(\mathbb{C}\ni z \mapsto f(z)\in \mathbb{C}\) o come applicazione vettoriale \(\mathbb{R}^2 \ni (x,y)\mapsto (u(x,y),v(x,y))\in \mathbb{R}^2\)); il problema vero è che l'operazione di derivazione complessa mette insieme due operazioni di derivazione parziale nel reale in modo tale che le proprietà delle funzioni olomorfe siano molto più stringenti di quelle delle funzioni vettoriali derivabili.
"Stringenti" in che senso?
Grazie mille!
Grazie mille!
@Seneca: La questione è "complessa"... 
In quello che segue, consideriamo una qualsiasi applicazione vettoriale del tipo \(f:\mathbb{R}^2\supseteq \Omega \ni (x,y)\mapsto (u(x,y),v(x,y))\in \mathbb{R}^2\), con \(\Omega \) aperto non vuoto.
Per noti fatti, la funzione \(f(x,y)=(u(x,y),v(x,y))\) è di classe \(C^\infty (\Omega)\) se e solo se ognuna delle sue componenti è dotata di tutte le derivate parziali in \(\Omega\).
Diciamo che \(f\) è olomorfa in \(\Omega\) se e solo se per ogni punto \((x,y)\in \Omega\) la funzione vettoriale:
\[
\begin{split}
\Phi (h,k;x,y):= \Bigg( &\frac{[u(x+h,y+k)-u(x,y)]\ h +[v(x+h,y+k)-v(x,y)]\ k}{h^2+k^2} ,\\
&\frac{[v(x+h,y+k)-v(x,y)]\ h-[u(x+h,y+k)-u(x,y)]\ k }{h^2+k^2}\Bigg)
\end{split}
\]
ha limite finito per \((h,k)\to (0,0)\), cioè se:
\[
\tag{O} \exists (\eta (x,y), \theta (x,y)) \in \mathbb{R}^2:\ \lim_{(h,k)\to (0,0)} \Phi (h,k;x,y) = (\eta (x,y),\theta (x,y))\; .
\]
Avrai certamente notato che usando il formalismo dei numeri complessi, i.e. scrivendo \((x,y)=x+\imath y =z\), \(f(z)=u(x,y)+\imath v(x,y)\) e \((h,k)=h+\imath k=w\), si ha semplicemente:
\[
\Phi (h,k;x,y) = \frac{f(z+w)-f(z)}{w}
\]
sicché \(\Phi (h,k;x,y) = \Phi (w;z)\) è il rapporto incrementale complesso della funzione \(f\) in \(z\) rispetto all'incremento \(w\); e che la condizione (O) coincide con l'usuale definizione di derivabilità in senso complesso.
La cosa bella è che dalla (O) segue immediatamente che se una funzione è olomorfa in \(\Omega\), allora sono soddisfatte le condizioni di Cauchy-Riemann, giacché:
\[
\left( u_x (x,y), v_x(x,y)\right) =\lim_{h\to 0} \Phi (h,0;x,y) = (\eta (x,y),\theta (x,y)) =\lim_{k\to 0} \Phi (0,k;x,y) = \left( v_y (x,y), - u_y(x,y)\right)
\]
e quindi:
\[
\begin{cases}
u_x (x,y) = v_y(x,y)\\
v_x(x,y) = -u_y(x,y)
\end{cases}
\]
Da questo già si capisce che non tutte le funzioni di classe \(C^\infty\) possono essere funzioni olomorfe!
Infatti, prendi la funzione \(f(x,y) =(x^2,0)\): essa è chiaramente di classe \(C^\infty (\mathbb{R}^2;\mathbb{R}^2)\), epperò \(u_x(x,y)=2x\neq 0=v_y(x,y)\).
Anzi, non esiste alcuna funzione olomorfa che abbia \(x^2\) come prima componente. Infatti, supponiamo che esista una funzione olomorfa \(f(x,y)\) tale che \(u(x,y)=x^2\); ma allora la componente \(v(x,y)\) dovrebbe avere \(v_y(x,y) =2x\) e perciò dovrebbe essere del tipo \(v(x,y)=2xy+\gamma (x)\) per qualche \(\gamma (x)\) sufficientemente "buona"; però, la seconda condizione di Cauchy-Riemann importerebbe \(\gamma^\prime (x) +2y=v_x(x,y)=0\), i.e. \(\gamma^\prime (x)=-2y\) il che è assurdo perché \(\gamma\) è una funzione della sola \(x\).
Quindi come vedi, già la sola definizione di funzione olomorfa individua una classe di funzioni vettoriali molto più ristretta di \(C^\infty\).
Era questo che intendevo quando parlavo di condizioni più stringenti... Se ti va poi approfondiamo.

In quello che segue, consideriamo una qualsiasi applicazione vettoriale del tipo \(f:\mathbb{R}^2\supseteq \Omega \ni (x,y)\mapsto (u(x,y),v(x,y))\in \mathbb{R}^2\), con \(\Omega \) aperto non vuoto.
Per noti fatti, la funzione \(f(x,y)=(u(x,y),v(x,y))\) è di classe \(C^\infty (\Omega)\) se e solo se ognuna delle sue componenti è dotata di tutte le derivate parziali in \(\Omega\).
Diciamo che \(f\) è olomorfa in \(\Omega\) se e solo se per ogni punto \((x,y)\in \Omega\) la funzione vettoriale:
\[
\begin{split}
\Phi (h,k;x,y):= \Bigg( &\frac{[u(x+h,y+k)-u(x,y)]\ h +[v(x+h,y+k)-v(x,y)]\ k}{h^2+k^2} ,\\
&\frac{[v(x+h,y+k)-v(x,y)]\ h-[u(x+h,y+k)-u(x,y)]\ k }{h^2+k^2}\Bigg)
\end{split}
\]
ha limite finito per \((h,k)\to (0,0)\), cioè se:
\[
\tag{O} \exists (\eta (x,y), \theta (x,y)) \in \mathbb{R}^2:\ \lim_{(h,k)\to (0,0)} \Phi (h,k;x,y) = (\eta (x,y),\theta (x,y))\; .
\]
Avrai certamente notato che usando il formalismo dei numeri complessi, i.e. scrivendo \((x,y)=x+\imath y =z\), \(f(z)=u(x,y)+\imath v(x,y)\) e \((h,k)=h+\imath k=w\), si ha semplicemente:
\[
\Phi (h,k;x,y) = \frac{f(z+w)-f(z)}{w}
\]
sicché \(\Phi (h,k;x,y) = \Phi (w;z)\) è il rapporto incrementale complesso della funzione \(f\) in \(z\) rispetto all'incremento \(w\); e che la condizione (O) coincide con l'usuale definizione di derivabilità in senso complesso.
La cosa bella è che dalla (O) segue immediatamente che se una funzione è olomorfa in \(\Omega\), allora sono soddisfatte le condizioni di Cauchy-Riemann, giacché:
\[
\left( u_x (x,y), v_x(x,y)\right) =\lim_{h\to 0} \Phi (h,0;x,y) = (\eta (x,y),\theta (x,y)) =\lim_{k\to 0} \Phi (0,k;x,y) = \left( v_y (x,y), - u_y(x,y)\right)
\]
e quindi:
\[
\begin{cases}
u_x (x,y) = v_y(x,y)\\
v_x(x,y) = -u_y(x,y)
\end{cases}
\]
Da questo già si capisce che non tutte le funzioni di classe \(C^\infty\) possono essere funzioni olomorfe!
Infatti, prendi la funzione \(f(x,y) =(x^2,0)\): essa è chiaramente di classe \(C^\infty (\mathbb{R}^2;\mathbb{R}^2)\), epperò \(u_x(x,y)=2x\neq 0=v_y(x,y)\).
Anzi, non esiste alcuna funzione olomorfa che abbia \(x^2\) come prima componente. Infatti, supponiamo che esista una funzione olomorfa \(f(x,y)\) tale che \(u(x,y)=x^2\); ma allora la componente \(v(x,y)\) dovrebbe avere \(v_y(x,y) =2x\) e perciò dovrebbe essere del tipo \(v(x,y)=2xy+\gamma (x)\) per qualche \(\gamma (x)\) sufficientemente "buona"; però, la seconda condizione di Cauchy-Riemann importerebbe \(\gamma^\prime (x) +2y=v_x(x,y)=0\), i.e. \(\gamma^\prime (x)=-2y\) il che è assurdo perché \(\gamma\) è una funzione della sola \(x\).
Quindi come vedi, già la sola definizione di funzione olomorfa individua una classe di funzioni vettoriali molto più ristretta di \(C^\infty\).
Era questo che intendevo quando parlavo di condizioni più stringenti... Se ti va poi approfondiamo.

C'è un risultato molto più veloce:
Una funzione olomorfa è analitica sul suo insieme di olomorfità.
Una funzione analitica per definizione è esprimibile in serie di potenze.
Una serie di potenze è di classe $C^{\infty}$ sul suo insieme di convergenza, che corrisponde esattamente all'insieme di olomorfità della funzione originaria.
Una funzione olomorfa è analitica sul suo insieme di olomorfità.
Una funzione analitica per definizione è esprimibile in serie di potenze.
Una serie di potenze è di classe $C^{\infty}$ sul suo insieme di convergenza, che corrisponde esattamente all'insieme di olomorfità della funzione originaria.
@Gugo: Sei stato chiarissimo, come sempre; anche se la faccenda, a dire il vero, mi sembra un po' riposta.
Io ho trovato il seguente risultato (dal Remmert, pag.51):
L'autore scrive che questa $CC$-linearità (punto 2) ) è significativa per la differenziabilità in senso complesso.
Io ho trovato il seguente risultato (dal Remmert, pag.51):
Teorema: i seguenti fatti riguardanti una funzione $f : D subseteq CC -> CC$ sono equivalenti:
1) $f$ è $CC$-differenziabile nel punto $c in D$;
2) $f$ è $RR$-differenziabile nel punto $c in D$ ed il differenziale $T f(c) : CC -> CC$ è $CC$-lineare;
3) $f$ è $RR$-differenziabile nel punto $c in D$ e valgono le equazioni di C-R.
L'autore scrive che questa $CC$-linearità (punto 2) ) è significativa per la differenziabilità in senso complesso.
@Seneca: Infatti quella è la maniera "geometrica" di vedere il legame tra differenziabilità semplice e olomorfia. Una funzione \(\mathbb{R}^2\to\mathbb{R}^2\) olomorfa può essere vista come una funzione differenziabile con un differenziale molto speciale, tanto da commutare con le trasformazioni di \(\mathbb{R}^2\) in sé corrispondenti al prodotto di numeri complessi. Questa è l'interpretazione geometrica delle condizioni di Cauchy-Riemann, e credo sia il punto di partenza di tutto un approccio geometrico all'analisi complessa.
Su Visual Complex Analysis di Needham si affronta la questione in modo molto esteso (pure troppo) e con tanti bei disegni.
Su Visual Complex Analysis di Needham si affronta la questione in modo molto esteso (pure troppo) e con tanti bei disegni.
Molto interessante (su molti libri non è neanche accennata questa questione).
Potresti spiegare cosa intendi con la frase seguente?
Grazie.
Potresti spiegare cosa intendi con la frase seguente?
"dissonance":
con un differenziale molto speciale, tanto da commutare con le trasforazioni di \(\mathbb{R}^2\) in sé corrispondenti al prodotto di numeri complessi.
Grazie.
Prendiamo una funzione differenziabile \(f \colon \mathbb{R}^2\to \mathbb{R}^2\) e fissiamo un punto \(z_0=x_0+iy_0\equiv (x_0, y_0) \in \mathbb{R}^2\). Identifichiamo sistematicamente \(\mathbb{C}\) ed \(\mathbb{R}^2\). Il differenziale in \(z_0\) è una applicazione \(\mathbb{R}\)-lineare, ovvero verifica queste due proprietà:
\[\tag{1}(df)_{z_0}(z+w)=(df)_{z_0}z+(df)_{z_0}w; \]
\[\tag{2}(df)_{z_0}(\alpha z)=\alpha (df)_{z_0} z ; \]
per ogni \(z, w \in \mathbb{C}, \alpha\in\mathbb{R}\). Come dice il libro che hai consultato, \(f\) è olomorfa in \(z_0\) precisamente quando la (2) può essere sostituita dalla seguente proprietà più forte:
\[\tag{2'}(df)_{z_0}(\zeta z)=\zeta (df)_{z_0}z, \qquad \forall \zeta\in \mathbb{C},\]
ovvero quando il differenziale commuta con le trasformazioni del piano date da \(z \mapsto \zeta z\) (prodotto per \(\zeta\)). Geometricamente tali trasformazioni sono roto-omotetie: in forma reale si esprimono così
\[(x, y) \mapsto r \begin{bmatrix} \cos \theta & -\sin \theta \\ \sin \theta & \cos \theta\end{bmatrix}\begin{bmatrix} x \\ y \end{bmatrix},\]
dove \(\zeta=r e^{i \theta}\).
Quello che si dimostra, ed è essenzialmente il contenuto del teorema da te citato, è che le due proprietà (1)-(2') equivalgono alla richiesta che il differenziale stesso sia una roto-omotetia, e quindi corrisponda all'azione per prodotto di un unico numero complesso. Tale numero è proprio la derivata in senso complesso della funzione olomorfa \(f\).
Possiamo riassumere quanto detto dicendo che "le funzioni olomorfe sono precisamente quelle funzioni differenziabili tali che il differenziale sia una roto-omotetia, e quindi corrisponda in ogni punto al prodotto per un numero complesso". Il libro di Needham si basa proprio su questo per discutere "visivamente" la teoria delle funzioni olomorfe.
\[\tag{1}(df)_{z_0}(z+w)=(df)_{z_0}z+(df)_{z_0}w; \]
\[\tag{2}(df)_{z_0}(\alpha z)=\alpha (df)_{z_0} z ; \]
per ogni \(z, w \in \mathbb{C}, \alpha\in\mathbb{R}\). Come dice il libro che hai consultato, \(f\) è olomorfa in \(z_0\) precisamente quando la (2) può essere sostituita dalla seguente proprietà più forte:
\[\tag{2'}(df)_{z_0}(\zeta z)=\zeta (df)_{z_0}z, \qquad \forall \zeta\in \mathbb{C},\]
ovvero quando il differenziale commuta con le trasformazioni del piano date da \(z \mapsto \zeta z\) (prodotto per \(\zeta\)). Geometricamente tali trasformazioni sono roto-omotetie: in forma reale si esprimono così
\[(x, y) \mapsto r \begin{bmatrix} \cos \theta & -\sin \theta \\ \sin \theta & \cos \theta\end{bmatrix}\begin{bmatrix} x \\ y \end{bmatrix},\]
dove \(\zeta=r e^{i \theta}\).
Quello che si dimostra, ed è essenzialmente il contenuto del teorema da te citato, è che le due proprietà (1)-(2') equivalgono alla richiesta che il differenziale stesso sia una roto-omotetia, e quindi corrisponda all'azione per prodotto di un unico numero complesso. Tale numero è proprio la derivata in senso complesso della funzione olomorfa \(f\).
Possiamo riassumere quanto detto dicendo che "le funzioni olomorfe sono precisamente quelle funzioni differenziabili tali che il differenziale sia una roto-omotetia, e quindi corrisponda in ogni punto al prodotto per un numero complesso". Il libro di Needham si basa proprio su questo per discutere "visivamente" la teoria delle funzioni olomorfe.
Molto bene! Ringrazio sia te che Gugo per avermi chiarito questo fatto.