Funzioni iterate.
Si cerchi di caratterizzare le applicazioni $f$ di un insieme $A$ in sé tali che $f^2=f$.
( Si incomincerà con l'individuare gli elementi uniti, cioè gli elementi $yinA$ tali che $f(y)=y$ ).
Non capisco che cosa chiede l'esercizio: un esempio? Una dimostrazione? Cosa significa '' caratterizzare una funzione? ''.
Quindi non cerco un aiuto per la soluzione, ma voglio capire che cosa è richiesto.
( Si incomincerà con l'individuare gli elementi uniti, cioè gli elementi $yinA$ tali che $f(y)=y$ ).
Non capisco che cosa chiede l'esercizio: un esempio? Una dimostrazione? Cosa significa '' caratterizzare una funzione? ''.
Quindi non cerco un aiuto per la soluzione, ma voglio capire che cosa è richiesto.
Risposte
Se parli di funzioni interate, credo che il problema si possa riscrivere come segue:
Determinare esplicitamente tutte le funzioni \(f:A\to A\) tali che:
\[
f(f(x)) = f(x)
\]
per ogni \(x\in A\).
E come si può determinarle esplicitamente in un contesto del genere ($A$ insieme non-meglio-identificato)?
Mi pare invece che si richieda di darne una caratterizzazione[nota]Probabilmente anche abbastanza ebete, come quella che ho proposto: non credo si possa far molto meglio in un contesto simile.[/nota], per esempio: $f:A\to A$ verifica la proprietà richiesta se e solo se per ogni $x,y\in A$ vale l'implicazione
\[f(x)=y\implies f(y)=y\]
Magari mi sfugge qualcosa?
Mi pare invece che si richieda di darne una caratterizzazione[nota]Probabilmente anche abbastanza ebete, come quella che ho proposto: non credo si possa far molto meglio in un contesto simile.[/nota], per esempio: $f:A\to A$ verifica la proprietà richiesta se e solo se per ogni $x,y\in A$ vale l'implicazione
\[f(x)=y\implies f(y)=y\]
Magari mi sfugge qualcosa?
L'idea è che tutte le \(f\) che soddisfano la proprietà assegnata abbiano almeno un punto fisso e che, detto \(F\) l'insieme dei punti fisati da \(f\), si abbia \(f(A)\subseteq F\).
[ot]Alle prese col Prodi, eh? Buon divertimento
[/ot]
Un suggerimento per l'esercizio in questione:
Saluti.

Un suggerimento per l'esercizio in questione:
Saluti.
Scusate se ieri non ho postato, ma ho solamente avuto il tempo di entrare per leggere le risposte, delle quali vi ringrazio tutti.
Dovrebbe essere ragionevole che per '' $A$ '' si intenda un campo.
Vero che $f(f(x))$ manda elementi di $A$ in $A$, però non necessariamente gli elementi di $A$ devono essere tutti: $f$ non è necessariamente suriettiva. Poiché $f(y)=y$, il modulo non deve cambiare, pertanto il tipo di funzioni che fanno al caso nostro sono: $f=|x|,f=-|x|$. In particolare, se la funzione è biiettiva, abbiamo: $f(x)=x$, ovvero l'applicazione identità. Infatti se la funzione è biunivoca è anche invertibile, ed è tale se e solo se $f^(-1)(f(x))=x$; in questo caso: $f=f^(-1)$.
Non restano ora che i casi costanti: sia $A=uuu_(i=1)^nX_i$; dove $X_i$ è un intervallo ( $X_i=(x_(k_1),x_(k_2))$ ). Sia: $f(x)=k_i,k_iinX_i$. Segue necessariamente $f(y)=y$.
Ad esempio sia $A=RR$ e dividiamolo in due intervalli: $X_1=[0,-oo);X_2=(0,+oo)$. Sia $f(x)=-1$ se $x$ appartiene a $X_1$; sia $f(x)=1$ se $x$ appartiene a $X_2$. Segue: $f(f(x))=-1vvf(f(x))=1$; infatti nel primo caso $-oo<-1<0$, nel secondo $0<1<+oo$.
Un caso particolare è: $f(x)=k$.
Va bene? Questo è ciò che ho ricavato.
Dovrebbe essere ragionevole che per '' $A$ '' si intenda un campo.
Vero che $f(f(x))$ manda elementi di $A$ in $A$, però non necessariamente gli elementi di $A$ devono essere tutti: $f$ non è necessariamente suriettiva. Poiché $f(y)=y$, il modulo non deve cambiare, pertanto il tipo di funzioni che fanno al caso nostro sono: $f=|x|,f=-|x|$. In particolare, se la funzione è biiettiva, abbiamo: $f(x)=x$, ovvero l'applicazione identità. Infatti se la funzione è biunivoca è anche invertibile, ed è tale se e solo se $f^(-1)(f(x))=x$; in questo caso: $f=f^(-1)$.
Non restano ora che i casi costanti: sia $A=uuu_(i=1)^nX_i$; dove $X_i$ è un intervallo ( $X_i=(x_(k_1),x_(k_2))$ ). Sia: $f(x)=k_i,k_iinX_i$. Segue necessariamente $f(y)=y$.
Ad esempio sia $A=RR$ e dividiamolo in due intervalli: $X_1=[0,-oo);X_2=(0,+oo)$. Sia $f(x)=-1$ se $x$ appartiene a $X_1$; sia $f(x)=1$ se $x$ appartiene a $X_2$. Segue: $f(f(x))=-1vvf(f(x))=1$; infatti nel primo caso $-oo<-1<0$, nel secondo $0<1<+oo$.
Un caso particolare è: $f(x)=k$.
Va bene? Questo è ciò che ho ricavato.
"_GaS_":
Dovrebbe essere ragionevole che per '' $A$ '' si intenda un campo.
In realtà mi sembra un bel po' restrittiva come condizione, tanto più dal momento che nella tua dimostrazione tratti $A$ non solo come un campo, ma come un campo ordinato (ad esempio non puoi applicare il tuo ragionamento a \(\displaystyle \mathbb{C} \) o ad un qualsiasi \(\displaystyle \mathbb{F}_p \)).
Il ragionamento che hai fatto, nelle tue ipotesi è corretto ma non è completo. Una dimostrazione diretta (sugli elementi di $A$) rischia di diventare abbastanza pesante, prova ad utilizzare l'ipotesi che hai per sapere qualcosa in più su $f$, prima di pensare ad $A$

"gugo82":
L'idea è che tutte le \(f\) che soddisfano la proprietà assegnata abbiano almeno un punto fisso e che, detto \(F\) l'insieme dei punti fisati da \(f\), si abbia \(f(A)\subseteq F\).
In realtà, siccome \(f(A) \supseteq f(F) = F\) (dato che \(A\supseteq F\)), si ha \(\displaystyle f(A) = F \).
-----------------------------------------
@_Gas_ : questa domanda non richiede la presenza di alcuna ipotesi su dominio e codominio ed è puramente insiemistica. Lo studio dei morfismi idempotenti hanno una certa importanza, per esempio, nello studio dei moduli (ad ogni decomposizione in prodotti diretti di un modulo è associato un insieme ordinato di morfismi idempotenti) e quindi non dovresti basarti su metodi analitici.
Bene, facciamo così: nel contesto in cui ho operato mi sembra che sia corretto.
Ma in realtà, da come mi avete spiegato, l'ambito va considerato più in generale. Quindi si perde, in alcuni casi, quello che deriva da $A=uuu_(i=1)^nX_i$. La funzione identità invece continua a valere.
@vict85.
Ti ringrazio, ma purtroppo non posso capire il tuo consiglio; probabilmente quella terminologia deriva dall'algebra, ma non sono uno studente di matematica ( anche se spero di diventarlo presto ).
Se però bisogna rimanere nell'insiemistica mi viene in mente quanto segue: consideriamo i sottoinsiemi di $A$, quindi l'insieme delle parti di $A$, $tau(A)$. Siano gli insiemi: $X_1,X_2,...subA:X_1nnX_2nn...=varphi$. Più precisamente per ogni indice $i,j:X_(i)nnX_j=varphi$.
Sia $f(x)=k_i$, con $k_iinX_i$. Conseguentemente: $f(f(x))=f(x)$.
Ovviamente ci riferiamo a tutte le possibili combinazioni di insiemi in $tau(A)$: prima si sceglie un certo $X_i$ caratterizzato in un certo modo; poi si può costruire considerando quel $X_i$ costituito da più o meno elementi, e così via.
Può andare? Almeno per come è impostato.

Ma in realtà, da come mi avete spiegato, l'ambito va considerato più in generale. Quindi si perde, in alcuni casi, quello che deriva da $A=uuu_(i=1)^nX_i$. La funzione identità invece continua a valere.
@vict85.
Ti ringrazio, ma purtroppo non posso capire il tuo consiglio; probabilmente quella terminologia deriva dall'algebra, ma non sono uno studente di matematica ( anche se spero di diventarlo presto ).
Se però bisogna rimanere nell'insiemistica mi viene in mente quanto segue: consideriamo i sottoinsiemi di $A$, quindi l'insieme delle parti di $A$, $tau(A)$. Siano gli insiemi: $X_1,X_2,...subA:X_1nnX_2nn...=varphi$. Più precisamente per ogni indice $i,j:X_(i)nnX_j=varphi$.
Sia $f(x)=k_i$, con $k_iinX_i$. Conseguentemente: $f(f(x))=f(x)$.
Ovviamente ci riferiamo a tutte le possibili combinazioni di insiemi in $tau(A)$: prima si sceglie un certo $X_i$ caratterizzato in un certo modo; poi si può costruire considerando quel $X_i$ costituito da più o meno elementi, e così via.
Può andare? Almeno per come è impostato.
Il termine idempotente è un termine con cui si indicano elementi che si comportano come quella funzione. Quindi quello che ti sta chiedendo, usando la mia terminologia, è di dare una caratterizzazione delle funzioni idempotenti.
Comunque ti stai complicando la vita inutilmente. Sia \(F = \{ a\in A\mid f(a) = a \}\). A priori questo insieme potrebbe essere vuoto. Dimostriamo però che \(f(a)\in F\) per ogni \(a\), ma questo è immediato perché \(f(f(a)) = f(a)\) per ipotesi. Ne consegue che \(f(A)\subseteq F\) ed essendo \(\displaystyle f(A) \) banalmente non vuoto allora anche \(\displaystyle F \) lo è. Siccome \(\displaystyle F \) è non vuoto esiste \(\displaystyle x\in F \). Siccome \(x = f(x) \in f(A)\) né risulta, per la generalità di \(x\), che \(F\subseteq f(A)\) cioé \(F=f(A)\). La caratterizzazione cercata è quindi quella di fissare la sua immagine.
[edit] La mia frase si riferisce a funzioni particolari e non al caso generale, quindi meglio limitarci a quello detto fino a qui.
Comunque ti stai complicando la vita inutilmente. Sia \(F = \{ a\in A\mid f(a) = a \}\). A priori questo insieme potrebbe essere vuoto. Dimostriamo però che \(f(a)\in F\) per ogni \(a\), ma questo è immediato perché \(f(f(a)) = f(a)\) per ipotesi. Ne consegue che \(f(A)\subseteq F\) ed essendo \(\displaystyle f(A) \) banalmente non vuoto allora anche \(\displaystyle F \) lo è. Siccome \(\displaystyle F \) è non vuoto esiste \(\displaystyle x\in F \). Siccome \(x = f(x) \in f(A)\) né risulta, per la generalità di \(x\), che \(F\subseteq f(A)\) cioé \(F=f(A)\). La caratterizzazione cercata è quindi quella di fissare la sua immagine.
[edit] La mia frase si riferisce a funzioni particolari e non al caso generale, quindi meglio limitarci a quello detto fino a qui.
Fai attenzione ad ipotesi e tesi. Se non ho frainteso quello che scrivi, tu stai prendendo una particolare classe di funzioni e stai dimostrando che per quelle funzioni $f^2 = f$. Il testo dell'esercizio ti chiede di caratterizzare (se vuoi, di dire il più possibile su ciò che hanno in comune) le funzioni per cui vale la relazione $f^2 = f$, se parti dal caso particolare è difficile andare avanti (dovresti dimostrare che non esistono funzioni che non appartengono alla classe che hai descritto per le quali vale $f^2 = f$; il problema è che questo è falso, ti sfugge ancora qualcosa e questo vale anche per la tua analisi del caso $A$ campo ordinato, ma non arrovellartici troppo su quest'ultimo, partire da lì non ti è di aiuto, se risolvi l'esercizio capisci anche l'errore nel caso particolare). Per capire come vanno le cose, prova a ragionare prima su insiemi finiti, per poi pensare al caso infinito, magari ti aiuta. Per dimostrarlo prova a partire dal suggerimento che ti ho dato qualche post fa 
EDIT visto che vict85 ha proposto una soluzione esplicita, scrivo quella a cui avevo pensato io:
\(\displaystyle f^3 = f^2 \circ f = f \circ f = f^2 = f \Rightarrow f^n = f \ \forall n \in \mathbb{N} \)
Da cui: \(\displaystyle f|_{{\rm Im} f} = {\rm id} \) dove con \(\displaystyle {\rm id} \) indico la funzione identica \(\displaystyle {\rm id}(x) = x \) e \(\displaystyle {\rm Im}(f|_{A \setminus {\rm Im}f}) = {\rm Im}f \), che è appunto la caratterizzazione data da gugo82 e da vict85.

EDIT visto che vict85 ha proposto una soluzione esplicita, scrivo quella a cui avevo pensato io:
\(\displaystyle f^3 = f^2 \circ f = f \circ f = f^2 = f \Rightarrow f^n = f \ \forall n \in \mathbb{N} \)
Da cui: \(\displaystyle f|_{{\rm Im} f} = {\rm id} \) dove con \(\displaystyle {\rm id} \) indico la funzione identica \(\displaystyle {\rm id}(x) = x \) e \(\displaystyle {\rm Im}(f|_{A \setminus {\rm Im}f}) = {\rm Im}f \), che è appunto la caratterizzazione data da gugo82 e da vict85.
"Epimenide93":
Da cui: \(\displaystyle f|_{{\rm Im} f} = {\rm id} \) dove con \(\displaystyle {\rm id} \) indico la funzione identica \(\displaystyle {\rm id}(x) = x \) e \(\displaystyle {\rm Im}(f|_{A \setminus {\rm Im}f}) = {\rm Im}f \), che è appunto la caratterizzazione data da gugo82 e da vict85
...e che equivale a quello che ho scritto nel mio post

"Epimenide93":
Il testo dell'esercizio ti chiede di caratterizzare (se vuoi, di dire il più possibile su ciò che hanno in comune)
Caratterizzare un qualcosa vuol dire dare condizioni necessarie e sufficienti affinché quel qualcosa sia tale - una sorta di "definizione alternativa", insomma.
Per esempio, assegnati un gruppo $(G,\cdot)$ e un suo sottoinsieme $S$ non vuoto, quest'ultimo è un sottogruppo se e solo se, quali che siano $a,b\in S$, si ha $b^-1a\in S$. O ancora: un sottoinsieme di $RR$ è compatto se e solo se è chiuso e limitato.
P.S.: non capisco a cosa serva notare che $f^{n}=f$ ai fini di questo discorso

"Plepp":
...e che equivale a quello che ho scritto nel mio post
Hai ragione, mi era completamente sfuggito, ti chiedo scusa.
"Plepp":
Caratterizzare un qualcosa vuol dire dare condizioni necessarie e sufficienti affinché quel qualcosa sia tale - una sorta di "definizione alternativa", insomma.
Cercavo di spiegarlo "a gesti", l'idea è che tutto quello che hanno tutti in comune è una condizione necessaria, "il più possibile" dà la sufficienza, la mia era tutt'altro che una spiegazione di cosa significhi caratterizzare voleva essere una descrizione intuitiva ben applicabile all'esercizio. Comunque grazie

"Plepp":
P.S.: non capisco a cosa serva notare che $f^{n}=f$ ai fini di questo discorso
Col quantificatore universale mi sembra che la freccia sia invertibile, quindi è un'altra caratterizzazione. Inoltre non credo sia molto difficile dimostrare che una funzione definitivamente stabile ristretta alla sua immagine è l'identità su di essa, utilizzerei questo fatto per giustificare \(\displaystyle f|_{{\rm Im} f} = {\rm id} \) brevemente. Inoltre secondo me fa capire molto chiaramente "cosa succede", quest'ultima cosa non ha valore dimostrativo, ma ha un suo valore, dal mio punto di vista.
[ot]
Hai ragione, mi era completamente sfuggito, ti chiedo scusa.
[/quote]
Non voleva mica essere un "rimprovero"
non devi scusarti. Era solo una precisazione.[/ot]
"Epimenide93":
[quote="Plepp"]
...e che equivale a quello che ho scritto nel mio post
Hai ragione, mi era completamente sfuggito, ti chiedo scusa.
[/quote]
Non voleva mica essere un "rimprovero"

Vi ringrazio davvero.
Ma sono obbligato a capire l'errore dell'altra strada. Illustrerò con un esempio ( che ignorerà proprietà di campo e altro, per non perdere in generalità ) quello che volevo affermare nell'ultimo post; evidentemente non ho formalizzato bene.
Sia $A=NN$. Consideriamo una suddivisione di sottoinsiemi che tra loro non hanno elementi in comune. Ad esempio:
$X_1={1,2,6};X_2={3,8,12};...$.
( Nel caso di insiemi più potenti, come $RR$, anche se non posso numerarli si può comunque indicizzarli; insomma, l'importante è prendere una configurazione di tutti i sottoinsiemi, in modo che non abbiano nessun elemento in comune con gli altri sottoinsiemi ).
Sia $f(x)=x_i$, se $x_(i)inX_i$. In questo caso: $f(x)=1$ se $(x)inX_1$, $f(x)=3$ se $(x)inX_2$,... .
Si ottiene: $f(A)=FsubA$. Concentriamoci ora su $f(f(x))$; poiché $FsubA$ e gli elementi eliminati dagli insiemi ( $X_i$ ) continuano ad appartenere a $A$, anche se non a $F$, rimane: $f(f(x))=f(x)$ ( Infatti rimarrebbe: $f(X_1)=f(1)=1,f(X_2)=f(3)=3,...$ ). Anche se in $F$ si conservano soltanto singoli elementi di $X_1,X_2,...$; gli altri non sono sottoposti a funzione, rimanendo in $A$ ( nel caso di $X_1$ si '' perde '': $2,6$; nel caso di $X_2$ si '' perde '': $8,12$ ).
Notare che la funzione identità è un caso particolare di quanto finora trattato, una particolare configurazione: $X_1={1},X_2={2},...$. Bisognerebbe allora dimostrare che questa è l'unica configurazione possibile. Forse l'errore sta in quanto segue:
- Definizione di funzione: relazione che associa ad ad ogni elemento di $ainX$ uno e un solo $binY$.
In tutti i casi, tranne quello della funzione identità, viene necessariamente un dominio ridotto rispetto a $A:FsubA$. Forse, in questo caso, non hanno più senso gli elementi che non vi appartengono: non vale più la condizione $f(x)=x_i$ se $(x)inX_i$ ( in quanto tutti gli elementi, tranne uno, non si trovano in $F$ ). È come se avessi ripreso $A$ come dominio, senza però applicargli la funzione correttamente, in quanto l'avrei applicata solo agli elementi di $F$, quindi non ad ogni elemento di $A$. Se è così, considerando anche che il modulo dei valori non può cambiare ( in quanto $f(f(x))=f(x)$ ), l'unica configurazione possibile è quella relativa alla funzione identità. Dunque: $f(A)=A$.
Insomma, per correggere la strada che ho fatto.
Ma sono obbligato a capire l'errore dell'altra strada. Illustrerò con un esempio ( che ignorerà proprietà di campo e altro, per non perdere in generalità ) quello che volevo affermare nell'ultimo post; evidentemente non ho formalizzato bene.
Sia $A=NN$. Consideriamo una suddivisione di sottoinsiemi che tra loro non hanno elementi in comune. Ad esempio:
$X_1={1,2,6};X_2={3,8,12};...$.
( Nel caso di insiemi più potenti, come $RR$, anche se non posso numerarli si può comunque indicizzarli; insomma, l'importante è prendere una configurazione di tutti i sottoinsiemi, in modo che non abbiano nessun elemento in comune con gli altri sottoinsiemi ).
Sia $f(x)=x_i$, se $x_(i)inX_i$. In questo caso: $f(x)=1$ se $(x)inX_1$, $f(x)=3$ se $(x)inX_2$,... .
Si ottiene: $f(A)=FsubA$. Concentriamoci ora su $f(f(x))$; poiché $FsubA$ e gli elementi eliminati dagli insiemi ( $X_i$ ) continuano ad appartenere a $A$, anche se non a $F$, rimane: $f(f(x))=f(x)$ ( Infatti rimarrebbe: $f(X_1)=f(1)=1,f(X_2)=f(3)=3,...$ ). Anche se in $F$ si conservano soltanto singoli elementi di $X_1,X_2,...$; gli altri non sono sottoposti a funzione, rimanendo in $A$ ( nel caso di $X_1$ si '' perde '': $2,6$; nel caso di $X_2$ si '' perde '': $8,12$ ).
Notare che la funzione identità è un caso particolare di quanto finora trattato, una particolare configurazione: $X_1={1},X_2={2},...$. Bisognerebbe allora dimostrare che questa è l'unica configurazione possibile. Forse l'errore sta in quanto segue:
- Definizione di funzione: relazione che associa ad ad ogni elemento di $ainX$ uno e un solo $binY$.
In tutti i casi, tranne quello della funzione identità, viene necessariamente un dominio ridotto rispetto a $A:FsubA$. Forse, in questo caso, non hanno più senso gli elementi che non vi appartengono: non vale più la condizione $f(x)=x_i$ se $(x)inX_i$ ( in quanto tutti gli elementi, tranne uno, non si trovano in $F$ ). È come se avessi ripreso $A$ come dominio, senza però applicargli la funzione correttamente, in quanto l'avrei applicata solo agli elementi di $F$, quindi non ad ogni elemento di $A$. Se è così, considerando anche che il modulo dei valori non può cambiare ( in quanto $f(f(x))=f(x)$ ), l'unica configurazione possibile è quella relativa alla funzione identità. Dunque: $f(A)=A$.
Insomma, per correggere la strada che ho fatto.
Rileggendo, in effetti la seconda dimostrazione che riporti è corretta (basta scrivere $A = uuu_{x \in F} f^{-1}({x})$), anche se è incompleta, come ho detto hai trovato una classe di funzioni per cui la relazione vale, ma per concludere dovresti dimostrare che non esistono funzioni per cui vale e che non appartengono a quella classe.
Quella sui reali non andava bene perché usavi degli intervalli disgiunti e non dei generici sottoinsiemi disgiunti, quindi è possibile costruire degli esempi di funzioni reali per cui vale $f^2 = f$ ma che non sono del tipo da te descritto (ad esempio una funzione che fissa $1$ e manda $3$ in $1$, mentre fissa $4$ e manda $2$ in $4$).
Mi scuso per la svista.
Quella sui reali non andava bene perché usavi degli intervalli disgiunti e non dei generici sottoinsiemi disgiunti, quindi è possibile costruire degli esempi di funzioni reali per cui vale $f^2 = f$ ma che non sono del tipo da te descritto (ad esempio una funzione che fissa $1$ e manda $3$ in $1$, mentre fissa $4$ e manda $2$ in $4$).
Mi scuso per la svista.

Sui reali: ma a priori non posso suddividere $RR$ in insiemi disgiunti e costruire una funzione in modo che venga applicato un determinato elemento del sottoinsieme stesso, a tutti gli elementi di quel sottoinsieme? Questo mi interessava.
Comunque nel post del '' 12/01/2014, 14:52 '' ho cercato di dimostrare questo ( la dimostrazione mi sembra corretta ): nel caso più generale possibile ( quindi insiemi che non hanno proprietà particolari, come campo ordinato ecc., magari nemmeno costituiti da numeri; più generale di così... ), data la struttura del problema ( $f^2=f$ ), l'unica soluzione possibile è la funzione immagine. Per questo avevo fatto il discorso sull'errore di applicazione della definizione di funzione.
Che poi per insiemi più particolari non sia vera l'esclusività della funzione immagine è esatto; ad esempio:
$A=RR-{0}$. Sia $f:AtoA:f(x)=x^0$. Da cui: $AA(x)inA:f(x)=1=>f(f(x))=1^0=1=>f^2=f$.
Quindi in ogni caso, anche il più generale, la funzione immagine è condizione necessaria e sufficiente affinché $f^2=f$.
Questo è esatto.
"_GaS_":
:-k
Sui reali: ma a priori non posso suddividere $RR$ in insiemi disgiunti e costruire una funzione in modo che venga applicato un determinato elemento del sottoinsieme stesso, a tutti gli elementi di quel sottoinsieme? Questo mi interessava.
Bella domanda.
"_GaS_":
l'unica soluzione possibile è la funzione immagine. Per questo avevo fatto il discorso sull'errore di applicazione della definizione di funzione.
Che poi per insiemi più particolari non sia vera l'esclusività della funzione immagine è esatto; ad esempio:
$A=RR-{0}$. Sia $f:AtoA:f(x)=x^0$. Da cui: $AA(x)inA:f(x)=1=>f(f(x))=1^0=1=>f^2=f$.
Quindi in ogni caso, anche il più generale, la funzione immagine è condizione necessaria e sufficiente affinché $f^2=f$.
Questo è esatto.
Mi spiace ma non capisco che vuoi dire.
"Epimenide93":
Rileggendo, in effetti la seconda dimostrazione che riporti è corretta (basta scrivere $A = uuu_{x \in F} f^{-1}({x})$), anche se è incompleta, come ho detto hai trovato una classe di funzioni per cui la relazione vale, ma per concludere dovresti dimostrare che non esistono funzioni per cui vale e che non appartengono a quella classe.
Quella sui reali non andava bene perché usavi degli intervalli disgiunti e non dei generici sottoinsiemi disgiunti, quindi è possibile costruire degli esempi di funzioni reali per cui vale $f^2 = f$ ma che non sono del tipo da te descritto (ad esempio una funzione che fissa $1$ e manda $3$ in $1$, mentre fissa $4$ e manda $2$ in $4$).
Mi scuso per la svista.
Per quello anche la più esotiva funzione che azzera le cifre di posizione pari (o dispari) delle rappresentazione decimale dei numeri reali.
@Plepp.
@Epimenide93.
Semplicemente:
- Nell'esempio di $A=RR-{0}$ volevo mettere in mostra un caso particolare nel quale $f^2=f$ non fosse la funzione identità. Esistono insiemi per i quali non è solo la funzione identità che possa confermare il requisito richiesto. Proprio per confermare le tue tesi.
- Il resto del discorso era rivolto al fatto che nel caso generale ( anche insiemi che non siano costituiti da numeri ), l'unica funzione che soddisfa $f^2=f$, in ogni caso, è quella d'identità. L'argomentazione a favore di ciò dovrebbe essere corretta, ma stasera o tra due giorni ( forse domani non posso ) cercherò di postare l'argomento meglio formalizzato.
Ovviamente accetto benissimo le dimostrazioni da te e da @vict85 gentilmente fornite, ma voglio continuare per la strada che ho intrapreso.
Per l'indicizzazione degli insiemi disgiunti di $RR$ intedevo una cosa del genere: ad esempio $[0,1]inRR$ è equipotente a $RR$, pertanto stabilita una certa configurazione di sottoinsiemi disgiunti, posso imporre un'applicazione biunivoca ( attenzione:non c'entra nulla con la funzione dell'esercizio, ma ha soltanto scopo nominale; insomma, in un modo o nell'altro devo riconoscere un sottoinsieme ) tra ogni sottoinsieme e un numero in $[0,1]$. Dunque, dicendo, ad esempio, $sqrt2/2$ un determinato insieme è individuato.
@Epimenide93.
Semplicemente:
- Nell'esempio di $A=RR-{0}$ volevo mettere in mostra un caso particolare nel quale $f^2=f$ non fosse la funzione identità. Esistono insiemi per i quali non è solo la funzione identità che possa confermare il requisito richiesto. Proprio per confermare le tue tesi.
- Il resto del discorso era rivolto al fatto che nel caso generale ( anche insiemi che non siano costituiti da numeri ), l'unica funzione che soddisfa $f^2=f$, in ogni caso, è quella d'identità. L'argomentazione a favore di ciò dovrebbe essere corretta, ma stasera o tra due giorni ( forse domani non posso ) cercherò di postare l'argomento meglio formalizzato.
Ovviamente accetto benissimo le dimostrazioni da te e da @vict85 gentilmente fornite, ma voglio continuare per la strada che ho intrapreso.
Per l'indicizzazione degli insiemi disgiunti di $RR$ intedevo una cosa del genere: ad esempio $[0,1]inRR$ è equipotente a $RR$, pertanto stabilita una certa configurazione di sottoinsiemi disgiunti, posso imporre un'applicazione biunivoca ( attenzione:non c'entra nulla con la funzione dell'esercizio, ma ha soltanto scopo nominale; insomma, in un modo o nell'altro devo riconoscere un sottoinsieme ) tra ogni sottoinsieme e un numero in $[0,1]$. Dunque, dicendo, ad esempio, $sqrt2/2$ un determinato insieme è individuato.