Forme differenziali come funzioni di due variabili
Salve!
Ho studiato la definizione di forma differenziale intesa come funzione definita da $RR^n$ al suo duale. Questo significa che la forma differenziale è una funzione che ad ogni $x in RR^n$ associa una funzione (funzionale) che ad ogni $h in RR^n$ associa un numero. Ora, questo è concettualmente diverso da una funzione di due variabili $f(x,h)$ definita da $RR^n xx RR^n -> RR$, e questo lo capisco. Mi chiedevo però quale sia l'utilità di fare questa distinzione concettuale! Mi verrebbe da pensare che il pensare a una forma diff. $\omega$ come funzione $RR^n -> (RR^n)$*, pone una sorta di "gerarchia" alla scelta delle variabili, ma non saprei dire quanto questa idea abbia senso.
Penso ad esempio al caso di forma differenziale esatta. Posso fissare un $x in RR^n$ e studiare il comportamento del gradiente di una certa funzione nelle varie direzioni, come posso fissare una direzione e studiare il comportamento della derivata secondo quella direzione nei vari punti di $RR^n$. Qual'è dunque la differenza con una "usuale" funzione di due variabili?
Grazie
Ho studiato la definizione di forma differenziale intesa come funzione definita da $RR^n$ al suo duale. Questo significa che la forma differenziale è una funzione che ad ogni $x in RR^n$ associa una funzione (funzionale) che ad ogni $h in RR^n$ associa un numero. Ora, questo è concettualmente diverso da una funzione di due variabili $f(x,h)$ definita da $RR^n xx RR^n -> RR$, e questo lo capisco. Mi chiedevo però quale sia l'utilità di fare questa distinzione concettuale! Mi verrebbe da pensare che il pensare a una forma diff. $\omega$ come funzione $RR^n -> (RR^n)$*, pone una sorta di "gerarchia" alla scelta delle variabili, ma non saprei dire quanto questa idea abbia senso.
Penso ad esempio al caso di forma differenziale esatta. Posso fissare un $x in RR^n$ e studiare il comportamento del gradiente di una certa funzione nelle varie direzioni, come posso fissare una direzione e studiare il comportamento della derivata secondo quella direzione nei vari punti di $RR^n$. Qual'è dunque la differenza con una "usuale" funzione di due variabili?
Grazie
Risposte
Le forme differenziali catturano rigorosamente tutta una serie di idee intuitive provenienti dal calcolo vettoriale classico. Specialmente, in termini di forme differenziali si può formalizzare come si deve il cosiddetto "elemento di linea" che hai sicuramente ben presente dai corsi di Fisica 1: dato un campo di forze \(\mathbf{F}\), l'integrale
\[\int_{\gamma}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{s}\]
esprime il lavoro speso dalle forze del campo nel compiere uno spostamento lungo la traiettoria \(\gamma\). Quel \(d\mathbf{s}\), che classicamente si interpretava come "elemento infinitesimo" della traiettoria, oggi è una forma differenziale.
[size=95]Più precisamente, nell'intepretazione moderna è proprio il campo di forze ad essere una forma differenziale, ovvero un campo di covettori (si chiamano covettori gli elementi di \((\mathbb{R}^n)^\star\)). Il che, se ci pensi un attimo, è perfettamente naturale: se nello spazio è presente un campo di forze, significa che in ogni punto è presente una certa entità che si manifesta non appena sia specificato uno spostamento, compiendo lavoro. Matematicamente quindi è un concetto che si rende meglio con covettori, oggetti che "restano in background" finché non sono applicati a vettori, producendo degli scalari.[/size]
Suggerisco un'occhiata al primo capitolo di Do Carmo, Differential forms and applications.
\[\int_{\gamma}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{s}\]
esprime il lavoro speso dalle forze del campo nel compiere uno spostamento lungo la traiettoria \(\gamma\). Quel \(d\mathbf{s}\), che classicamente si interpretava come "elemento infinitesimo" della traiettoria, oggi è una forma differenziale.
[size=95]Più precisamente, nell'intepretazione moderna è proprio il campo di forze ad essere una forma differenziale, ovvero un campo di covettori (si chiamano covettori gli elementi di \((\mathbb{R}^n)^\star\)). Il che, se ci pensi un attimo, è perfettamente naturale: se nello spazio è presente un campo di forze, significa che in ogni punto è presente una certa entità che si manifesta non appena sia specificato uno spostamento, compiendo lavoro. Matematicamente quindi è un concetto che si rende meglio con covettori, oggetti che "restano in background" finché non sono applicati a vettori, producendo degli scalari.[/size]
Suggerisco un'occhiata al primo capitolo di Do Carmo, Differential forms and applications.
Grazie per la risposta... che mi fa nascere qualche domanda:
i) Alcune delle "applicazioni" classiche delle forme differenziale le ho colte, ad esempio il loro uso nella formalizzazione del differenziale di una funzione. Ciò che però non mi è chiaro è l'utilità di parlare di una funzione che ad ogni elemento di $RR^n$ associa una funzione che ad ogni elemento di $RR^n$ associa un numero, piuttosto che parlare di una funzione che ad ogni elemento di $RR^n xx RR^n$ associa un numero!
ii) Mi è del tutto nuovo (e abbastanza inaspettato) il fatto che quel $ds$ sia in realtà una forma differenziale. Io sapevo che le forme differenziali si potevano "usare" in questo contesto perché un integrale curvilineo di una funzione è equivalente all'integrale della forma differenziale corrispondente lungo la curva, ma non avevo capito che $ds$ stesso fosse una forma differenziale. La funzione da integrare va dunque intesa come prodotto scalare tra $F$ e una forma differenziale $ds$? Come si definisce il prodotto scalare tra una funzione vettoriale e una funzione in $(RR^n)$*??
iii)Sulla questione della formalizzazione dei campi di forza: onestamente mi verrebbe più naturale ragionare in modo opposto: matematicamente mi sembra abbastanza rigoroso parlare di una funzione che associa ad ogni punto dello spazio un vettore, indipendentemente dal che e come quel campo di forze viene "usato"; mentre dal punto di vista fisico c'é da dire che il "campo di forze" è solo un'entità astratta con lo scopo di modellizzare la situazione, ma ciò che ha realtà fisica è solo l'interazione del campo con la particella (o che sia), ovvero il lavoro compiuto dal campo.
iv) Ho appena rimediato il testo, gli darò certamente un occhiata!
i) Alcune delle "applicazioni" classiche delle forme differenziale le ho colte, ad esempio il loro uso nella formalizzazione del differenziale di una funzione. Ciò che però non mi è chiaro è l'utilità di parlare di una funzione che ad ogni elemento di $RR^n$ associa una funzione che ad ogni elemento di $RR^n$ associa un numero, piuttosto che parlare di una funzione che ad ogni elemento di $RR^n xx RR^n$ associa un numero!
ii) Mi è del tutto nuovo (e abbastanza inaspettato) il fatto che quel $ds$ sia in realtà una forma differenziale. Io sapevo che le forme differenziali si potevano "usare" in questo contesto perché un integrale curvilineo di una funzione è equivalente all'integrale della forma differenziale corrispondente lungo la curva, ma non avevo capito che $ds$ stesso fosse una forma differenziale. La funzione da integrare va dunque intesa come prodotto scalare tra $F$ e una forma differenziale $ds$? Come si definisce il prodotto scalare tra una funzione vettoriale e una funzione in $(RR^n)$*??
iii)Sulla questione della formalizzazione dei campi di forza: onestamente mi verrebbe più naturale ragionare in modo opposto: matematicamente mi sembra abbastanza rigoroso parlare di una funzione che associa ad ogni punto dello spazio un vettore, indipendentemente dal che e come quel campo di forze viene "usato"; mentre dal punto di vista fisico c'é da dire che il "campo di forze" è solo un'entità astratta con lo scopo di modellizzare la situazione, ma ciò che ha realtà fisica è solo l'interazione del campo con la particella (o che sia), ovvero il lavoro compiuto dal campo.
iv) Ho appena rimediato il testo, gli darò certamente un occhiata!

Guarda, sto scappando e non mi posso dilungare. Voglio solo dire, riguardo al punto II), di non scervellarti troppo. La scrittura \(\int \mathbf{F}\cdot d\mathbf{s}\) è solo un utile aiuto mnemonico e intuitivo per dire :
l'integrale sulla linea \(\gamma\) della forma differenziale espressa, in coordinate cartesiane, dalla formula
\[F_xdx+F_ydy+F_zdz.\]
l'integrale sulla linea \(\gamma\) della forma differenziale espressa, in coordinate cartesiane, dalla formula
\[F_xdx+F_ydy+F_zdz.\]
Allora temo di non aver capito che intendi dicendo che $ds$ è una forma differenziale..
Ti ripeto di non prendere tutto troppo alla lettera. E' vero, ho detto che \(d\mathbf{s}\) è una forma differenziale e non avrei dovuto farlo, visto che ti ha confuso. Da un punto di vista moderno la forma differenziale è (in coordinate cartesiane) \(F_xdx+F_ydy+F_zdz\).
Ok però non capisco se mi stai dicendo che $ds$ può pensarsi come forma differenziale anche se dal punto di vista moderno è obsoleto/non necessario farlo o che quel tipo di interpretazione è adatta a un livello di studi superiore a quello degli usuali corsi di analisi!
Sugli altri due punti (i e iii) invece che puoi dirmi??
Sugli altri due punti (i e iii) invece che puoi dirmi??

Il punto 1) ti diventerà chiaro appena comincerai a ragionare in termini di "vettori tangenti", come spiegato nelle primissime pagine di Do Carmo. \(\mathbb{R}^n\) è una varietà molto particolare perché in essa sono identificate due cose in linea di principio molto diverse: i punti e i vettori.
Sul fatto di \(d\mathbf{s}\) non riesco proprio a capire che dubbi ti ho generato. Più di quanto ti ho già detto non so dirti. Non è \(d\mathbf{s}\) la forma differenziale ma \(\mathbf{F}\cdot d\mathbf{s}\).
Il punto 3) conferma invece il fatto che la forza ha natura covettoriale. Il campo di forze riempie lo spazio ma non fa assolutamente nulla finché non avviene uno spostamento di qualcosa (nota: lo spostamento è un vettore). Allora esso agisce spendendo un lavoro (uno scalare). Questo è proprio quello che fanno i covettori: agiscono sui vettori producendo scalari.
Sul fatto di \(d\mathbf{s}\) non riesco proprio a capire che dubbi ti ho generato. Più di quanto ti ho già detto non so dirti. Non è \(d\mathbf{s}\) la forma differenziale ma \(\mathbf{F}\cdot d\mathbf{s}\).
Il punto 3) conferma invece il fatto che la forza ha natura covettoriale. Il campo di forze riempie lo spazio ma non fa assolutamente nulla finché non avviene uno spostamento di qualcosa (nota: lo spostamento è un vettore). Allora esso agisce spendendo un lavoro (uno scalare). Questo è proprio quello che fanno i covettori: agiscono sui vettori producendo scalari.