Differenziabilità

Gauss1
Salve a tutti,



Funzione 1: vorrei stabilire se è differenziabile in (0,0); (credo) di aver dimostrato che non lo, per farlo ho cercato di imboccare due strade:ho trovato con la definizione che le derivate direzionali valgono sempre 1, poi ho supposto che la funzione sia differenziabile e ho applicato il metodo del gradiente con il vettore (uno su radice di 5,due su radice di 5) e sono giunto ad un assurdo(derivata direzionale diversa da 1); se volessi applicare la definizione come farei dato che le derivate parziali sono 0 su 0? In generale come mi comporto quando succede questo?

Funzione 2:Prima di cercare di studiare la differenziabilità in (0,0) andrebbe ridefinita in 0?
Qua andando a studiare la differenziabilità succede che le derivate parziali sono 0 su 0, passando a limite succede che tendono a zero:dovrei definire che entrambe valgano zero nell'origine per dire che sono continue!

Ringrazio chiunqua mi dia una delucidazione:)

Risposte
Sk_Anonymous
cari amici
devo ammettere che, almeno per quello che mi riguarda, l’osservazione di David[e] ha colto in gran parte nel segno. In effetti la prima cosa che mi hanno insegnato al corso di Metodi matematici per l’Ingegneria [III° anno…] è di ‘non tenere troppo in conto’ [o , con dizione più sbrigativa, ‘fregarsene’…] di certi ‘pregiudizi’ della matematica ‘tradizionale’. Uno di questi ‘pregiudizi’ da dimenticare riguardava le cosiddette ‘forme indeterminate’ [o ‘espressioni indeterminate’ che dir si voglia…], quelle del tipo ‘0/0’,’0*00’, ‘0*ln(0)’ e via dicendo, che si incontrano ad ogni piè sospinto. Il secolare problema delle ‘forme indeterminate’, mi è stato spiegato allora, ha una semplice ed elegante soluzione: le forme indeterminate non esistono… punto e basta… Ancora oggi su questo sito capita di assistere a squallide e improduttive discussioni, che ricordano tanto quelle del Medioevo relative al ‘sesso degli angeli’, riguardo alla definizione di 0^0, discussioni che ho deciso di abbandonare dopo aver io stesso speso tempo inutilmente tentando di convincere chi non vuole essere convinto. Il miglior modo di procedere in questo caso e in tanti altri come questo è dare per scontato definitivamente che 0^0 altro non fa che 1 e occuparsi di questioni più utili e interessanti…

Tra queste questioni ‘ più utili e interessanti’, visto che siamo in argomento, ricorderò una simpatica proprietà che hanno le funzioni del tipo f(t)/t, essendo f(t) una funzione ‘analitica’. Altrove sul forum è emerso il problema della computazione del seguente integrale definito…

Int [0
Per la soluzione di questo integrale sia gli approcci ‘tradizionali’, sia il ricorso a metodi numerici si rivelano poco efficaci. Viceversa l’approccio tramite la Trasformata di Laplace porta ad una suzione rapida e, il che non guasta elegante. Se f(t) è una funzione in t definita per t>0, la Trasformata di Laplace di f(t) è per definizione…

L[f(t)] = F(s) = Int [0
Un teorema dei tanti relativi a questa trasformata riguarda appunto le funzioni del tipo f(t)/t. Il teorema in questione è il seguente…

Se L[f(t)] = F(s), allora L[f(t)/t] = Int [s 0 f(t)/t

Poniamo ora f(t)=sin t. Sappiamo che il lim t->0 sin t/t esiste e vale 1. Con un calcolo non difficile [provate a farlo per esercizio…] di trova che L[sin t]=1/(1+s^2). Si ha quindi…

L[sin t/t] = Int [s
Tornando all’integrale [1], tenendo conto delle [2] e [3] possiamo quindi scrivere…

Int [00 = lim s-> o atn(1/s) = pi/2 [4]

Semplice, non è vero?… [:D] Ma ancora più sorprendentemente semplice è la suzione di un altro integrale definito che vi lascio da fare come esercizio. Una delle più ‘orrende’ funzioni che fanno perdere il sonno agli studenti di matematica del primo anno è quella che io chiamo ‘funzione emicrania’, definita come…

em(t)= sin (1/t) t>0 [5]

Qualcuno riesce ad immaginare il comportamento della ‘funzione emicrania’ per t -> 0 senza rischiare di essere ricoverato?... Se sì gli sottoporrò un ‘mostro’ ancora più orrendo, la ‘funzione superemicrania’ , definita come…

sem(t)= sin(1/t)/t t>0 [6]

Non male vero?… Ebbene a chi di voi predilige l’horror, sono lieto di porre il seguente quesito, per la cui soluzione il metodo visto sopra si presta in modo eccellente. Calcolare l’integrale definito…

Int [0
cordiali saluti… e buon divertimento!…

lupo grigio


david_e1
Una volta mi sono imbattuto in:

(t/sin(1/t))

E' talmente schifosa che assume tutti i valori di R in ogni intorno dell'origine..... (un caso reale del Gran Teorema di Picard)

Sk_Anonymous
cari amici
a quanto pare l’integrazione della funzione ‘superemicrania’ non ha riscosso eccessivo successo… Pazienza, vorrà dire che svelerò la soluzione, la quale non è poi così ‘machiavellica’. Il via quasi sempre giusta per affrontare integrali di questo tipo è procedere a un opportuno cambio di variabile. Partiamo dunque dall’integrale…

Int [0
…e operiamo la sostituzione 1/t=u per cui du/dt= -1/t^2= -u^2, quindi dt= - du/u^2. Andando a sostituire nella [1] l’integrale diviene…

Int [0
… e di questo conosciamo già il valore, cioè pi/2… semplice no?…

Finito questa pausa di relax mi perdonerete se faccio ancora alcune considerazioni sulla funzione ‘meraviglia delle meraviglie’, ovvero f(t)=t/t. Lo scopo di questa ulteriore digressione, sia ben chiaro, non è fare della facile ironia, bensì segnalare i pericoli che certe ‘mentalità’, invero assai diffuse anche tra matematici del massimo livello, possono comportare. Immagino che scopo della scrittura f(t)=t/t in luogo della ‘usuale’ f(t)=1 sia quello di indicare il fatto che la funzione stessa è definita univocamente ovunque pari ad 1, salvo che per t=0 dove peraltro non è definita. Nulla da eccepire su questa formulazione, in sé perfettamente corretta… solo che se dovessimo accettarla tutti quanti dovremmo probabilmente rivedere gran parte dei calcoli fatti nella nostra vita… Un esempio spiegherà meglio che cosa intendo dire…

Su questo stesso forum un utente ha postato in interessante problema: trovare una primitiva della funzione…

f(t)= (t^2+4)/(4-t^2)^2 [3]

La cosa non presenta particolare difficoltà se si ha l’accortezza di ricorrere ad un piccolo sotterfugio…

f(t)= (t^2+4*t+4)/(4-t^2)^2 + (t^2-4*t+4)/(4-t^2)^2
= (t+2)^2/(4-t^2)^2 + (t-2)^2/(4-t^2)^2=
= (t+2)^2/[(2+t)^2*(2-t)^2] + (t-2)^2/[(2+t)^2*(2-t)^2]
= 1/(2+t)^2 + 1/(2-t)^2 [4]

La primitiva cercata sarà quindi

F(t)= 1/2 * [1/(2-t)-1/(2+t)] + c [5]

Nulla di eccezionale quindi se non fosse per un particolare… Ad un certo punto nel calcolo, in assoluta buona fede, ho semplificato l’espressione ponendo (t-2)^2/(t-2)^2 =1 e (t+2)^2/(t+2)^2=1. Se avessi dovuto accettare quella ‘certa mentalità’ cui ho accennato prima, questo genere di semplificazioni non sono corrette in quanto le espressioni suddette per t=2 e t=-2 rispettivamente divengono ‘forme indeterminate’ e pertanto è del tutto arbitrario fissare il loro valore ad 1… per caso è così?…

cordiali saluti

lupo grigio


Sk_Anonymous
Non e' una mentalita' mia o dei matematici, bensi' un errore tuo.

Luca Lussardi
http://www.llussardi.it

Sk_Anonymous
D'accordo, ma se sono ion errore avrò pure il diritto di sapere dove sbaglio... o no?... [:D]

Insomma le semplificazioni che ho fatto nell'esempio sopra si possono fare o no?... Se fino ad oggi ho sbagliato niente di male, è sempre possibile imbroccare la strada giusta... Insomma... meglio tardi che mai!... [:D]

cordiali saluti

lupo grigio


Sk_Anonymous
L'ho gia' detto piu' volte dove sbagli; non puoi affermare che una funzione con t al denominatore e' definita anche per t=0. In tutti i tuoi conti tu prolunghi le funzioni per continuita', come ho gia' avuto modo di dirti piu' volte. Va bene, i conti ovviamente tornano, quindi nulla e' da buttare. Il problema sta solo nelle posizioni che si fanno. Scrivere t/t o 1 sono due cose diverse dal punto di vista funzionale: la prima funzione vale 1 se t non e' 0 e non e' definita per t=0; la seconda vale 1 per ogni t reale.

Spero di essere stato finalmente chiaro. Sai, non sono io che voglio aver ragione a tutti i costi, e' la Matematica che e' cosi'.

Luca Lussardi
http://www.llussardi.it

david_e1
0/0 in alcuni casi puo' esistere ed avere senso:

Se f(x) e' una funzione analitica e u una distribuzione:

f(x) presenta un numero limitato di zeri isolati (perche' e' analitica) che indico con xi.

u * f(x) = 0 ==> u = sum(i) ci * delta( x - xi )

Dove ci sono dei coefficienti complessi e delta e' la distribuzione delta di Dirach.

Sul Gilardi Analisi 3 (Mac-Grow Hill Italia) ho trovato anche una possibile dimostrazione di questo risultato (che passa sotto il nome di soluzione del problema di divisione (guarda caso!)), ma non la posto perche' e' parecchio lunga e risulterebbe incomprensibile se scritta in formato ASCII.

Sk_Anonymous
caro David[e]
non nascondo il fatto che mi faccia assai piacere constatare che ci sia qualcuno di metalità un poco più 'aperta' e non ancorato a 'pregiudizi pseudoformali' che oramai hanno fatto il poro tempo. Solo che persone di una certa 'mentalità', non appena sentono solo nominare la 'Delta di Dirach', immediatamente storcono il naso e ti relegano in una specie di lazzaretto...

A proposito, tanti anni fà quando ero studente all'Università di Pavia, Massimo Gilardi era l'assistente che teneva le esercitazioni al corso di Metodi Matematici per Ingegneria... è lui l'autopre del testo da te segnalato?...

cordiali saluti

lupo grigio


Sk_Anonymous
Se alludi a me, io non storco il naso. Conosco bene la delta di Dirac, e l'ho usata parecchie volte anche io. E' uno degli oggetti fondamentali della Teoria delle distribuzioni e della Teoria della misura.

Voglio concludere qui la mia presenza in questa discussione, tanto mi pare di capire che non se ne esce. Ti ricordo comunque che se parlerai con un altro matematico di queste cose, non credo avrai risposte molto diverse dalle mie. Quindi non e' un discorso di mentalita', bensi' un discorso di rigore.

Luca Lussardi
http://www.llussardi.it

Camillo
Sarebbe interessante avere da David_e un esempio concreto, applicato a una specifica funzione, di quanto dice per capire meglio ( almeno da parte mia )quanto dice.

Camillo

david_e1
X Lupo Grigio. L'autore e' Gianni Gilardi che e' ordinario a Pavia.

Per l'esempio.

Cerchiamo una u(x) in D' t.c.

sin(x) * u(x) = 0.

u(x) = somme (k in Z ) ck * delta ( x - k pi ).

(ho applicato semplicemente il teorema)

Un teorema che segue dal risultato che ho enunciato prima e' questo: esiste u in D' t.c.:
P(x) u(x) = f(x) dove f e' in D' e P e' un polinomio.

L'utilita', almeno per quello che ho potuto finora vedere io (che sono ancora al 2ndo anno), e' soprattutto legata alla possibilita' di risolvere equazioni differenziali con le trasformate di Laplace e Fourier: infatti spesso si trova che ad un operatore (anche in piu' dimensioni) si associa un polinomio, poi si vuole dividere una distribuzione per questo polinomio e antitrasformare. Con questo teorema e' possibile farlo anche se il polinomio presenta degli zeri.... (cosa certamente vera perche' la trasformate di Laplace sono, ad esempio, distribuzioni di variabile complessa).

A Luca vorrei dire che sono d'accordo con lui per quanto riguarda la divisione per zero e il fatto che funzioni con dominio diverso sono funzioni diverse, ma vorrei che esistono definizioni diverse di funzione e bisogna distinguere i vari casi. Ad esempio la funzione z^(1/2) nel campo complesso non e' una funzione nel senso classico, ma e' una funzione se ammettiamo di chiamare funzioni anche quelle polidrome. In Ingegneria si cerca di usare definizioni molto "deboli" per poter operare in modo molto disinvolto.
Comunque anche nella storia della matematica ci sono stati personaggi che hanno agito OLTRE le regole. Un esempio per tutti

Eulero che prese la serie:

somme (x=0 a +00) di (-1)^n e, usando, la serie geometrica (che rigorosamente vale solo se l'argomento e' strettamente minore di 1 in modulo) sostenne che faceva 1/2!

Poi, non contento, sostenne che

somme (x=0 a +00) di (2n)^n = -1 !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Solo molti anni dopo con l'introduzzione dei numeri "p-adic" (come si dice in Italiano?) si scopri' in che senso questa uguaglianza e' vera. (e' vera in Zindice2)

Questo l'ho trovato in
"Gilles Godefroy - The Adventure of Numbers - American Mathematical Society"

Per cui persino nella matematica pura non bisogna attaccarsi ai formalismi o accettare verita' assolute, ma ricordarsi che ogni affermazione e' vera o falsa a seconda delle definizioni che si usano. In questo senso ne Lupo Grigio ne Luca hanno ragione o torto semplicemente stanno riferendosi a concetti diversi che passano, comunque, sotto l'unico nome di concetto di funzione. (A mio discutibile parere di NON esperto in materia)

Sk_Anonymous
caro David[e]
a parte il nome che non ricordavo bene [si tratta di Gianni Gilardi e non Massimo Gilardi…], al tempo in cui ero studente a Pavia [trenta e passa anni fa… ahimeh! [:(] ...] teneva le esercitazioni corso di Metodi Matematici per l’Ingegneria. Lo ricordo come un tipo… ecco… preciso in tutto e anche in qualcosa in più [:D]… a cominciare dalla grafica estremamente curata delle sue dispense ciclostilate con le formule scritte a mano con abilità da vero e proprio emanuense, dispense che ancora oggi conservo…

Riguardo al contenuto estremamente interessante degli argomenti da te proposti, mi associo anch’io alla richiesta di utilizzare un linguaggio un poco più… ‘tradizionale’… o per lo meno che sia un poco comprensibile anche a studenti non più dell’ultima generazione…

cordiali saluti

lupo grigio


Sk_Anonymous
cari amici
dal momento che, almeno per me, questa discussione è assai proficua e nello stesso tempo divertente… proviamo a divertirci ancora un poco [:D]… Alcuni postati or sono abbiamo dato la definizione di funzione analitica. Questa classe di funzioni, usualmente definite nel campo dei numeri complessi ma la cui validità si estende, ovviamente, al più famigliare campo dei numeri reali, è stata studiata in modo estensivo da una schiera di ‘grandi’ della matematica nella prima metà del XIX° secolo e questo ha portato a risultati di importanza a dir poco straordinaria. Fra le ‘meraviglie’ [questa volta nel significato autentico della parola…] della teoria delle funzioni analitiche vi sono delle formule che al primo impatto hanno prodotto su di me grande impressione: le formule integrali di Cauchy. La più nota di queste è la seguente [il lettore tenga presente che nel seguito utilizzerò la cosiddetta ‘convenzione degli ingegneri’, vale a dire indicherò con j l’unità immaginaria, la quantità tale che j*j=-1]…

Sia f(z) una funzione analitica entro una linea chiusa C ed a un qualunque punto interno a C. Allora…

f(a)= 1/(2*pi*j) Int [C] f(z)/(z-a) dz (1)

… dove l’integrale di linea è calcolato procedendo lungo C in senso antiorario


Oltre a questa esistono altre formule che danno in ogni punto a il valore delle derivate di f(z), derivate che sappiamo esistere dal momento che la funzione è analitica. La formula (1) è veramente notevole, giacchè dalla conoscenza del valore assunto da f(z) sul contorno chiuso C è possibile risalire al valore di f(z) in ogni punto interno a C. Per divertirci un pochino proviamo a scegliere il percorso C rappresentato in figura…



… vale a dire la circonferenza di raggio unitario avente centro in (0,0). Su questo percorso andiamo a calcolare la (1) ponendo f(z)=sin z/z e a=0, ossia proviamo a determinare il valore si sin z/z per z=0 ricavandolo dai valori da essa assunti sul cerchio unitario, ossia per z= e^j*w. Risulterà pertanto…

f(0)= 1/(2*pi*j) Int [C] sin z/z^2 dz (2)

Procediamo alla sostituzione della variabile di integrazione e poniamo z= e ^j*w. Sarà dz= j*e^j*w dw e così di arriva alla nuova formula…

f(0)= 1/(2*pi) Int [-pi
Procediamo a questo punto sostituendo a sin z [anch’essa ovviante funzione analitica…] il suo sviluppo in serie…

sin z = Sum [n=0,+00] (-1)^n * z^(2*n+1)/(2*n+1)! (4)

… per cui…

sin (e^j*w)= Sum [n=0,+00] (-1)^n * e^j*(2*n+1)*w / (2*n+1)! (5)

Non resta a questo punto che sostituire tutto nella (3)…

f(0)= 1/(2*pi) * Sum [n=0, +00] (-1)^n /(2*n+1)! * Int [-pi e^j*2*n*w dw (6)

Scrivendo l’integrale che compare nella [6] in modo da separare parte reale e immaginaria…

Int [-pi
… si vede subito che l’integrale in ‘seno’ è sempre nullo e lo stesso per l’integrale in ‘coseno’… tranne che per n=0. Si avrà pertanto…

f(0)= 1/(2*pi) * Int [-pi
Però… chi avrebbe mai detto che sin z/z per z=0 vale proprio 1!… Da notare che abbiamo considerato solo i valori di f(z)=sin z/z sul cerchio con centro nell’origine e raggio =1, senza fare alcuna ipotesi sul fatto se essa fosse o no ‘definita’ all’interno di tale cerchio…

Augurandomi che il lettore abbia apprezzato da questo esempio la splendida eredità lasciataci dal grande matematico francese, solo lieto di porgere…

cordiali saluti

lupo grigio


Sk_Anonymous
Però… chi avrebbe mai detto che sin z/z per z=0 vale proprio 1!

Perdonami se insisto, ma questa frase non e' vera. La frase corretta e'

Però… chi avrebbe mai detto che sin z/z si prolunga per analiticita' in z=0, ponendo in z=0 il valore 1!

Non mi va che utenti che non conoscono le funzioni analitiche sentano certe cose non vere.



Luca Lussardi
http://www.llussardi.it

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