Criterio di continuità delle funzioni monotone

indovina
Per il criterio di continuità delle funzioni monotone ho trovato questo teorema (che per l'orale non devo dimostrare).

Condizioni:
1) $RR$ è continuo (assioma di continuità)
2) monotonia dell'intervallo

Ipotesi:
$f: (a,b)-> RR$ funzione monotona
$c$ appartenente ad $(a,b)$

Tesi:
$x->c$ esistono finiti limiti destro e sinistro.
agli estremi $a,b$ ci sono i limiti finiti (al massimo infiniti) destro e sinistro.

Questo teorema è posto nel capitolo delle funzioni continue.

Dopo, nel programma per il capitolo dei limiti di funzione, c'è ''limiti di funzioni monotone'', ma sul libro non vedo nessun capitoletto dedicato solo a questo.
Una successione monotona ha sempre limite.
Quindi anche una funzione di variabile reale, monotona, ha limite.
Ma c'è una dimostrazione a parte?

Grazie.

Risposte
qwerty901
"clever":
Per il criterio di continuità delle funzioni monotone ho trovato questo teorema (che per l'orale non devo dimostrare).

Condizioni:
1) $RR$ è continuo (assioma di continuità)
2) monotonia dell'intervallo


L'assioma di continuità veramente (per quel che mi riguarda) dice altro..

indovina
xD ah, ecco...e cosa dice?

qwerty901
"clever":
xD ah, ecco...e cosa dice?


Detto in maniera grossolana:
Assioma di continuità o proprietà di densità:
$AA a,b $ con $b>a , EE $ infiniti elementi $>a$ e $
serve quando hai una successione di intervalli dimezzati $[a_k,b_k]$ dove al tendere di $k->infty$ l'intersezione di tutti gli intervalli da un numero.

La dimostrazione è banale..

Rigel1
Uhm...
Questo assioma, come tu lo riporti, sarebbe verificato anche dai numeri razionali...

qwerty901
"Rigel":
Uhm...
Questo assioma, come tu lo riporti, sarebbe verificato anche dai numeri razionali...


Si, in effetti vale solo per i numeri reali ... :-D

dissonance
@qwerty: Rigel vuole dirti che stai sbagliando. L' "assioma di continuità" dei numeri reali, qualunque cosa esso sia (ogni autore usa formulazioni diverse) non è sicuramente quello che hai scritto tu (e mi riferisco al fatto che tra due numeri reali ce n'è sempre un terzo). Questa proprietà, infatti, è verificata anche dai numeri razionali che, saremo d'accordo, non formano un continuo - qualunque cosa questo significhi.

Con quel discorso sugli intervalli imbottigliati ti avvicini a qualcosa di corretto, l'assioma di continuità secondo Dedekind, ma ti esprimi veramente male; e infine, se parli di assioma, cosa vorresti dimostrare?

Corri a rivedere la teoria, prima di esprimerti di nuovo in merito alla costruzione dei numeri reali. ;-)

dissonance
@clever: Vedo che ti stai sforzando di separare ipotesi e tesi nell'enunciare una proposizione. Questo è un bene, ma devi curare anche il linguaggio: quel tuo elenco di "Condizioni" non significa nulla. Piuttosto che decifrarlo, cercando di metterci una pezza, io direi: meglio cancellarlo e riscriverlo.

Modifica il messaggio precedente sforzandoti di essere più chiaro, spendendo se necessario più parole: quando si scrive di matematica non è obbligatorio usare solo formule, anzi usare opportunamente il linguaggio parlato può rendere tutto più leggibile.

qwerty901
"dissonance":
@qwerty: Rigel vuole dirti che stai sbagliando. L' "assioma di continuità" dei numeri reali, qualunque cosa esso sia (ogni autore usa formulazioni diverse) non è sicuramente quello che hai scritto tu (e mi riferisco al fatto che tra due numeri reali ce n'è sempre un terzo). Questa proprietà, infatti, è verificata anche dai numeri razionali che, saremo d'accordo, non formano un continuo - qualunque cosa questo significhi.

Con quel discorso sugli intervalli imbottigliati ti avvicini a qualcosa di corretto, l'assioma di continuità secondo Dedekind, ma ti esprimi veramente male; e infine, se parli di assioma, cosa vorresti dimostrare?

Corri a rivedere la teoria, prima di esprimerti di nuovo in merito alla costruzione dei numeri reali. ;-)


Si ok , ma ti ripeto ho detto tutto in modo grossolano.Avevo preavvisato clever.
Le prossime volte vedrò di essere più chiaro ed esprimermi meglio :D

dissonance
Ok. Beh, scusate, oggi mi sto comportando come un nonno bacchettone. :-)
Comunque dico un'ultima cosa: a parte tutto, stai attento che l'assioma di continuità e la proprietà di densità sono due cose proprio diverse. Pure io sono stato convinto per un pezzo che fossero la stessa cosa, perché mi immaginavo: se comunque prendo due numeri reali, tra questi ce n'è sempre un terzo, allora vuol dire che i numeri reali formano una retta "piena", senza buchi. E invece questo è falso, per i motivi che diceva Rigel: pure i numeri razionali hanno questa proprietà e però di buchi ne hanno parecchi, il più famoso dei quali è $sqrt(2)$. Non è molto intuitivo, purtroppo, ma è la proprietà fondamentale dei numeri reali che bisogna capire.

qwerty901
"dissonance":
Ok. Beh, scusate, oggi mi sto comportando come un nonno bacchettone. :-)
Comunque dico un'ultima cosa: a parte tutto, stai attento che l'assioma di continuità e la proprietà di densità sono due cose proprio diverse.


Spesso devo dire che i libri di testo si interpretano male...Ogni libro usa il suo nome per ogni teorema e spesso si fa confusione.
Comunque starò attento.

P.s.: vado a nanna perchè domani ho questo benedetto esame di calcolo 1 :evil:

dissonance
Uehilà! Pensavo che l'avessi già dato. In bocca al lupo!!!

indovina
@dissonance.
Si, sto ripetendo tutto nei minimi dettagli, facendo schemi sul quaderno e separando ipotesi e tesi, per ricordarli meglio.
Quelle due condizioni iniziali, le ho riportate 'a modo mio'.
Sul libro è scritto così:


Il teorema di monotonia condivide due caratteristiche importanti:
la sua dimostrazione si basa sull'assioma di continuità di $RR$
il teorema assume come ipotesi una proprietà globale della funzione (ossia la sua monotonia su un intervallo)

io ho ''ridotto'' scrivendo:
i)$RR$ è continuo
ii)monotonia dell'intervallo.


inoltre, capendo l'enunciato di questo teorema, il problema per me è che c'è nel capitolo dei limiti l'argomento a 'limiti di funzioni monotone'.
Cosa dovrei dire su questo argomento in particolare?

grazie

Luca.Lussardi
Per esempio dovresti cominciare col dire che se una funzione è monotona ammette sempre limiti destro e sinistro (detto in altre parole una funzione monotona può solo avere salti come discontinuità).

dissonance
@clever: Adesso va MOLTO meglio.

asromavale1
riporto il seguente teorema ed un mio dubbio circa la dimostrazione:
teorema:sia $f(x)$ una funzione monotona nell' intervallo chiuso e limitato $[a,b]$. allora $f(x)$ è continua in $[a,b]$ se e solo se l'immagine di $f(x)$ è tutto l'intervallo di estremi $f(a),f(b)$.
riporto la dimostrazione solo della condizione sufficiente :se $f(x)$ è crescente in [a,b] ma non è continua in $x_0in ( a,b)$, ammette in $x_0$ una discontinuità di prima specie (per un teorema precedente), e si ha :

$ lim_(x -> x_0^-) f(x)=l_1 x_0^+) f(x) $
ed f(x) non assume alcun valore nell' intervallo $(l_1,l_2)$.si procede in modo analogo se $x=a$ oppure se $x=b$
quello che non riesco a capire è perchè f(x) non assume alcun valore nell' intervallo $(l_1,l_2)$ essendo $ lim_(x -> x_0^-) f(x)=l_1 x_0^+) f(x) $ .
formalmente come potrei esplicitare tale passaggio?
Grazie in anticipo

dissonance
Il segreto e' semplice: quando le funzioni sono monotone, non ci sono \(\lim\), ci sono solo \(\inf\) e \(\sup\).

asromavale1
ancora non ci sono:mi stai dicendo di considerare che $l_1=Sup{ f(x) : x in [a,x_0)} $ ed $ l_2=Sup{ f(x) : x in (x_0,b]}$ .ma anche essendo $l_1l_1$?

dissonance
Il secondo non è un sup ma un inf.

asromavale1
ma la funzione $f(x)$ è crescente in $[a,b]$ quando hai un attimo di tempo potresti spiegarmi bene la questione

dissonance
E si, $f$ è crescente e se ti fai un disegno di una funzione crescente capisci subito. C'è un salto tra \(l_1\) ed \(l_2\) e la funzione non può assumere nessun valore nel buco che questo salto lascia.

E' più facile di quello che stai pensando.

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