Criterio di continuità delle funzioni monotone
Per il criterio di continuità delle funzioni monotone ho trovato questo teorema (che per l'orale non devo dimostrare).
Condizioni:
1) $RR$ è continuo (assioma di continuità)
2) monotonia dell'intervallo
Ipotesi:
$f: (a,b)-> RR$ funzione monotona
$c$ appartenente ad $(a,b)$
Tesi:
$x->c$ esistono finiti limiti destro e sinistro.
agli estremi $a,b$ ci sono i limiti finiti (al massimo infiniti) destro e sinistro.
Questo teorema è posto nel capitolo delle funzioni continue.
Dopo, nel programma per il capitolo dei limiti di funzione, c'è ''limiti di funzioni monotone'', ma sul libro non vedo nessun capitoletto dedicato solo a questo.
Una successione monotona ha sempre limite.
Quindi anche una funzione di variabile reale, monotona, ha limite.
Ma c'è una dimostrazione a parte?
Grazie.
Condizioni:
1) $RR$ è continuo (assioma di continuità)
2) monotonia dell'intervallo
Ipotesi:
$f: (a,b)-> RR$ funzione monotona
$c$ appartenente ad $(a,b)$
Tesi:
$x->c$ esistono finiti limiti destro e sinistro.
agli estremi $a,b$ ci sono i limiti finiti (al massimo infiniti) destro e sinistro.
Questo teorema è posto nel capitolo delle funzioni continue.
Dopo, nel programma per il capitolo dei limiti di funzione, c'è ''limiti di funzioni monotone'', ma sul libro non vedo nessun capitoletto dedicato solo a questo.
Una successione monotona ha sempre limite.
Quindi anche una funzione di variabile reale, monotona, ha limite.
Ma c'è una dimostrazione a parte?
Grazie.
Risposte
"clever":
Per il criterio di continuità delle funzioni monotone ho trovato questo teorema (che per l'orale non devo dimostrare).
Condizioni:
1) $RR$ è continuo (assioma di continuità)
2) monotonia dell'intervallo
L'assioma di continuità veramente (per quel che mi riguarda) dice altro..
xD ah, ecco...e cosa dice?
"clever":
xD ah, ecco...e cosa dice?
Detto in maniera grossolana:
Assioma di continuità o proprietà di densità:
$AA a,b $ con $b>a , EE $ infiniti elementi $>a$ e $
serve quando hai una successione di intervalli dimezzati $[a_k,b_k]$ dove al tendere di $k->infty$ l'intersezione di tutti gli intervalli da un numero.
La dimostrazione è banale..
Uhm...
Questo assioma, come tu lo riporti, sarebbe verificato anche dai numeri razionali...
Questo assioma, come tu lo riporti, sarebbe verificato anche dai numeri razionali...
"Rigel":
Uhm...
Questo assioma, come tu lo riporti, sarebbe verificato anche dai numeri razionali...
Si, in effetti vale solo per i numeri reali ...

@qwerty: Rigel vuole dirti che stai sbagliando. L' "assioma di continuità" dei numeri reali, qualunque cosa esso sia (ogni autore usa formulazioni diverse) non è sicuramente quello che hai scritto tu (e mi riferisco al fatto che tra due numeri reali ce n'è sempre un terzo). Questa proprietà, infatti, è verificata anche dai numeri razionali che, saremo d'accordo, non formano un continuo - qualunque cosa questo significhi.
Con quel discorso sugli intervalli imbottigliati ti avvicini a qualcosa di corretto, l'assioma di continuità secondo Dedekind, ma ti esprimi veramente male; e infine, se parli di assioma, cosa vorresti dimostrare?
Corri a rivedere la teoria, prima di esprimerti di nuovo in merito alla costruzione dei numeri reali.
Con quel discorso sugli intervalli imbottigliati ti avvicini a qualcosa di corretto, l'assioma di continuità secondo Dedekind, ma ti esprimi veramente male; e infine, se parli di assioma, cosa vorresti dimostrare?
Corri a rivedere la teoria, prima di esprimerti di nuovo in merito alla costruzione dei numeri reali.

@clever: Vedo che ti stai sforzando di separare ipotesi e tesi nell'enunciare una proposizione. Questo è un bene, ma devi curare anche il linguaggio: quel tuo elenco di "Condizioni" non significa nulla. Piuttosto che decifrarlo, cercando di metterci una pezza, io direi: meglio cancellarlo e riscriverlo.
Modifica il messaggio precedente sforzandoti di essere più chiaro, spendendo se necessario più parole: quando si scrive di matematica non è obbligatorio usare solo formule, anzi usare opportunamente il linguaggio parlato può rendere tutto più leggibile.
Modifica il messaggio precedente sforzandoti di essere più chiaro, spendendo se necessario più parole: quando si scrive di matematica non è obbligatorio usare solo formule, anzi usare opportunamente il linguaggio parlato può rendere tutto più leggibile.
"dissonance":
@qwerty: Rigel vuole dirti che stai sbagliando. L' "assioma di continuità" dei numeri reali, qualunque cosa esso sia (ogni autore usa formulazioni diverse) non è sicuramente quello che hai scritto tu (e mi riferisco al fatto che tra due numeri reali ce n'è sempre un terzo). Questa proprietà, infatti, è verificata anche dai numeri razionali che, saremo d'accordo, non formano un continuo - qualunque cosa questo significhi.
Con quel discorso sugli intervalli imbottigliati ti avvicini a qualcosa di corretto, l'assioma di continuità secondo Dedekind, ma ti esprimi veramente male; e infine, se parli di assioma, cosa vorresti dimostrare?
Corri a rivedere la teoria, prima di esprimerti di nuovo in merito alla costruzione dei numeri reali.
Si ok , ma ti ripeto ho detto tutto in modo grossolano.Avevo preavvisato clever.
Le prossime volte vedrò di essere più chiaro ed esprimermi meglio

Ok. Beh, scusate, oggi mi sto comportando come un nonno bacchettone.
Comunque dico un'ultima cosa: a parte tutto, stai attento che l'assioma di continuità e la proprietà di densità sono due cose proprio diverse. Pure io sono stato convinto per un pezzo che fossero la stessa cosa, perché mi immaginavo: se comunque prendo due numeri reali, tra questi ce n'è sempre un terzo, allora vuol dire che i numeri reali formano una retta "piena", senza buchi. E invece questo è falso, per i motivi che diceva Rigel: pure i numeri razionali hanno questa proprietà e però di buchi ne hanno parecchi, il più famoso dei quali è $sqrt(2)$. Non è molto intuitivo, purtroppo, ma è la proprietà fondamentale dei numeri reali che bisogna capire.

Comunque dico un'ultima cosa: a parte tutto, stai attento che l'assioma di continuità e la proprietà di densità sono due cose proprio diverse. Pure io sono stato convinto per un pezzo che fossero la stessa cosa, perché mi immaginavo: se comunque prendo due numeri reali, tra questi ce n'è sempre un terzo, allora vuol dire che i numeri reali formano una retta "piena", senza buchi. E invece questo è falso, per i motivi che diceva Rigel: pure i numeri razionali hanno questa proprietà e però di buchi ne hanno parecchi, il più famoso dei quali è $sqrt(2)$. Non è molto intuitivo, purtroppo, ma è la proprietà fondamentale dei numeri reali che bisogna capire.
"dissonance":
Ok. Beh, scusate, oggi mi sto comportando come un nonno bacchettone.![]()
Comunque dico un'ultima cosa: a parte tutto, stai attento che l'assioma di continuità e la proprietà di densità sono due cose proprio diverse.
Spesso devo dire che i libri di testo si interpretano male...Ogni libro usa il suo nome per ogni teorema e spesso si fa confusione.
Comunque starò attento.
P.s.: vado a nanna perchè domani ho questo benedetto esame di calcolo 1

Uehilà! Pensavo che l'avessi già dato. In bocca al lupo!!!
@dissonance.
Si, sto ripetendo tutto nei minimi dettagli, facendo schemi sul quaderno e separando ipotesi e tesi, per ricordarli meglio.
Quelle due condizioni iniziali, le ho riportate 'a modo mio'.
Sul libro è scritto così:
Il teorema di monotonia condivide due caratteristiche importanti:
la sua dimostrazione si basa sull'assioma di continuità di $RR$
il teorema assume come ipotesi una proprietà globale della funzione (ossia la sua monotonia su un intervallo)
io ho ''ridotto'' scrivendo:
i)$RR$ è continuo
ii)monotonia dell'intervallo.
inoltre, capendo l'enunciato di questo teorema, il problema per me è che c'è nel capitolo dei limiti l'argomento a 'limiti di funzioni monotone'.
Cosa dovrei dire su questo argomento in particolare?
grazie
Si, sto ripetendo tutto nei minimi dettagli, facendo schemi sul quaderno e separando ipotesi e tesi, per ricordarli meglio.
Quelle due condizioni iniziali, le ho riportate 'a modo mio'.
Sul libro è scritto così:
Il teorema di monotonia condivide due caratteristiche importanti:
la sua dimostrazione si basa sull'assioma di continuità di $RR$
il teorema assume come ipotesi una proprietà globale della funzione (ossia la sua monotonia su un intervallo)
io ho ''ridotto'' scrivendo:
i)$RR$ è continuo
ii)monotonia dell'intervallo.
inoltre, capendo l'enunciato di questo teorema, il problema per me è che c'è nel capitolo dei limiti l'argomento a 'limiti di funzioni monotone'.
Cosa dovrei dire su questo argomento in particolare?
grazie
Per esempio dovresti cominciare col dire che se una funzione è monotona ammette sempre limiti destro e sinistro (detto in altre parole una funzione monotona può solo avere salti come discontinuità).
@clever: Adesso va MOLTO meglio.
riporto il seguente teorema ed un mio dubbio circa la dimostrazione:
teorema:sia $f(x)$ una funzione monotona nell' intervallo chiuso e limitato $[a,b]$. allora $f(x)$ è continua in $[a,b]$ se e solo se l'immagine di $f(x)$ è tutto l'intervallo di estremi $f(a),f(b)$.
riporto la dimostrazione solo della condizione sufficiente :se $f(x)$ è crescente in [a,b] ma non è continua in $x_0in ( a,b)$, ammette in $x_0$ una discontinuità di prima specie (per un teorema precedente), e si ha :
$ lim_(x -> x_0^-) f(x)=l_1 x_0^+) f(x) $
ed f(x) non assume alcun valore nell' intervallo $(l_1,l_2)$.si procede in modo analogo se $x=a$ oppure se $x=b$
quello che non riesco a capire è perchè f(x) non assume alcun valore nell' intervallo $(l_1,l_2)$ essendo $ lim_(x -> x_0^-) f(x)=l_1 x_0^+) f(x) $ .
formalmente come potrei esplicitare tale passaggio?
Grazie in anticipo
teorema:sia $f(x)$ una funzione monotona nell' intervallo chiuso e limitato $[a,b]$. allora $f(x)$ è continua in $[a,b]$ se e solo se l'immagine di $f(x)$ è tutto l'intervallo di estremi $f(a),f(b)$.
riporto la dimostrazione solo della condizione sufficiente :se $f(x)$ è crescente in [a,b] ma non è continua in $x_0in ( a,b)$, ammette in $x_0$ una discontinuità di prima specie (per un teorema precedente), e si ha :
$ lim_(x -> x_0^-) f(x)=l_1
ed f(x) non assume alcun valore nell' intervallo $(l_1,l_2)$.si procede in modo analogo se $x=a$ oppure se $x=b$
quello che non riesco a capire è perchè f(x) non assume alcun valore nell' intervallo $(l_1,l_2)$ essendo $ lim_(x -> x_0^-) f(x)=l_1
formalmente come potrei esplicitare tale passaggio?
Grazie in anticipo
Il segreto e' semplice: quando le funzioni sono monotone, non ci sono \(\lim\), ci sono solo \(\inf\) e \(\sup\).
ancora non ci sono:mi stai dicendo di considerare che $l_1=Sup{ f(x) : x in [a,x_0)} $ ed $ l_2=Sup{ f(x) : x in (x_0,b]}$ .ma anche essendo $l_1l_1$?
Il secondo non è un sup ma un inf.
ma la funzione $f(x)$ è crescente in $[a,b]$ quando hai un attimo di tempo potresti spiegarmi bene la questione
E si, $f$ è crescente e se ti fai un disegno di una funzione crescente capisci subito. C'è un salto tra \(l_1\) ed \(l_2\) e la funzione non può assumere nessun valore nel buco che questo salto lascia.
E' più facile di quello che stai pensando.
E' più facile di quello che stai pensando.