[CdV]Variazione prima e differenziale

dissonance
Come recentemente ricordato da Gugo ( https://www.matematicamente.it/forum/der ... 61124.html ), l'usuale definizione di differenziale per una funzione a valori reali si generalizza senza cambiamenti sostanziali agli spazi di Banach. Ora stavo studiando i fondamentali del CdV e in particolare questo problema, il più semplice:

detti [tex]\mathcal{U}=\{u\in C^1 [a, b] \mid u(a)=A,\ u(b)=B\}[/tex], [tex]f\colon [a, b]\times \mathbb{R}\times\mathbb{R} \to \mathbb{R}[/tex] una funzione sufficientemente regolare e [tex]J\colon\mathcal{U}\to \mathbb{R}[/tex] il funzionale definito da

[tex]$J=\int_a^b f(x, u(x),u'(x))\,dx[/tex]

trovare (se esiste) il minimo di [tex]J[/tex] e le [tex]u\in\mathcal{U}[/tex] che lo realizzano.

Ora il libro parla di variazioni prime, seconde, ... definite valutando [tex]J[/tex] lungo un segmento e derivando:

[tex]$\delta^pJ=\int_a^b \frac{d^p}{dt^p}\left[ f(x, u+t\delta u, u'+t\delta u ') \right]\,dx[/tex]

e osserva che queste si comportano proprio come i differenziali delle funzioni di un numero finito di variabili.

Domanda: Queste "variazioni" non sono dei veri differenziali perché [tex]J[/tex] non è definito in uno spazio vettoriale né in un sottoinsieme aperto di uno spazio vettoriale, ma l'analogia è evidente: c'è modo di formalizzarla? Pensavo di sfruttare la naturale struttura di spazio affine di [tex]\mathcal{U}[/tex], magari introducendo un concetto di "spazio affine normato": si va da qualche parte per questa direzione?

Risposte
j18eos
Beh, uno spazio affine su un campo mediante una centro-affinità è riguardabile come spazio vettoriale su medesimo campo e con medesima dimensione.

Quanto questo ti possa giovare non te lo saprei dire!

Luca.Lussardi
L'hai già detto come si formalizza, basta ambientare il funzionale su uno spazio normato (non serve la completezza per definire il differenziale di Fréchet). Il problema è che i funzionali tipici del calcolo delle variazioni non sono differenziabili, per questo i metodi classici fanno uso ancora delle variazioni prima e seconda, che sono, roughly speaking, derivate direzionali.

dissonance
Oh benissimo, mi stai anche confermando che questa terminologia ("variazione prima, variazione seconda...") è retaggio di una trattazione di vecchio stampo, come avevo sospettato. Veramente ci sarebbe una cosuccia che non mi è chiarissima, ma è più che altro una curiosità: se il funzionale è

[tex]$J=\int_a^b f(x, u, u')\,dx[/tex]

ed è definito in

[tex]\mathcal{U}=\{u\in C^1[a, b] \mid u(a)=A,\ u(b)=B\}[/tex]

che struttura di spazio normato puoi mettere su [tex]\mathcal{U}[/tex]?

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Se le condizioni al contorno fossero omogenee, come in

[tex]\mathcal{U}_0=\{u\in C^1[a, b] \mid u(a)=0,\ u(b)=0\}[/tex]

si tratterebbe di un sottospazio chiuso dello spazio normato [tex]C^1[a, b][/tex], quindi nessun problema, ma [tex]\mathcal{U}[/tex] non mi pare strutturato in modo naturale come spazio vettoriale (per esempio [tex]0 \notin \mathcal{U}[/tex]).

Ora [tex]\mathcal{U}[/tex] ha in modo naturale una struttura di spazio affine avente [tex]\mathcal{U}_0[/tex] come spazio delle traslazioni, quindi si potrebbe strutturare come "spazio affine normato"... ma è questa la strada da seguire?

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Comunque, ripeto, sono solo curiosità, non vorrei farti perdere tempo. Magari puoi lasciarmi qualche riferimento bibliografico, sul libro di Dacorogna che sto consultando non mi pare sia affrontato questo argomento.
Grazie mille Luca! Buona serata.

Luca.Lussardi
Nessun tempo perso, il Calcolo delle variazioni è la mia materia (mi occupo proprio di questo come ricerca), per me è solo un piacere parlarne con qualcuno.

Anzitutto una nota storica: la parte che stai studiando è la cosidetta teoria classica, e risale a Eulero e Lagrange, sviluppata meglio negli anni successivi, ma sostanzialmente è lo studio delle condizioni necessarie e sufficienti per la minimalità (variazioni prima e seconda, equazioni di Eulero, funzione eccesso di Weierstrass, ecc...). Invece oggi il Calcolo delle variazioni procede usando i cosidetti metodi diretti: si tratta di teoremi che forniscono in modo diretto l'esistenza del minimo, sfruttando compattezza e semicontinuità (e questo è quello che fa Dacorogna).

Passando al tuo problema più tecnico, il trucco è quello di definire $J$ in tutto $C^1([a,b])$ mettendoci, per esempio, la norma del sup, o quella del sup sia sulla funzione sia sulle derivate. Poi quando vai a fare il problema di minimo per $J$ definisci il funzionale come $+\infty$ fuori dal sottoinsieme a cui sei interessato, così forzi la soluzione a stare nel tuo sottoinsieme, sempre che il funzionale non sia identicamente $+\infty$.

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Benissimo, adesso mi è tutto chiaro. Questa materia mi intriga molto, è un piacere studiarla. Ti ringrazio ancora Luca!

gugo82
Un libro (relativamente nuovo) abbastanza easy-reading sulla teoria classica mi pare sia quello di Troutman, Variational Calculus and Optimal Control.
Altrimenti devi orientarti sui classici: Weinstock, Forsyth, Gelfand-Fomin, Bolza, Courant...

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