Si può definire una funzione (così) generalizzata?
Ciao.
mi chiedevo se si può definire una funzione senza il suo codominio, cioè quello che voglio dire è se si possa generalizzare in qualche modo quel concetto.
La mia curiosità nasce studiando analisi 2 dove il profesore ci ha definito il piano tangente come limmagine della mappa lineare differenziale nel punto u,v cioè: $T_pS=Im(dphi|_(u,v):R^2->R^3)$ e ha detto che lo svantaggio di una definizione di tale tipo è che risulta essere estrinseca (ossia usa $R^3$, ambinete di arrivo).
Incuriosito ho letto un po' al riguardo e ho trovato che per una $f$ generale la mappa differenziale è, data $f:S_1->S_2$, la $df:T_pS_1->T_(f(p))S_2$.
Quindi mi sono detto se io prendo $f=phi$ stavolta la parametrizzazione $phi:U->S$ (con S la superficie parametrizzata) avrò che $dphi:T_qR^2->T_(phi(q))S$ (dato che $T_qR^2=R^2$ e chiamando $(phi(q))=p$) coinciderà con $dphi:R^2->T_pS$ a questo punto è evidente che sarebbe stupido dire il piano tangente è l'immagine di $dphi:R^2->T_pS$, cioè $T_pS:=Im(dphi:R^2->T_pS)$ perché definisco la mappa $dphi$ usando un insieme di arrivo che non conosco (TpS appare sia a dx che a sx dell'uguale, cioè lo definisco dovendo già conoscerlo).
però, se potessi definire il concetto di funzione senza il codominio (insieme di arrivo che dir si voglia), allora mi pare che potrei sensatamente dire: definita la funzione $dphi$ "generalizzata" (senza cod.) allora il piano tangente è a questo punto l'immagine di essa: $T_pS=Im(dphi)$[nota]il senso della mia idea è proprio che ho così $T_pS:=Im(dphi:R^2->T_pS)$, d'altra parte intuitivamente mi pare ovvio, se io riesco a trovare l'immagine di una funzione senza considerare il codominio, è ovvio che poi quella funzione sarà f:A->(immagine di f)[/nota], ed è comodo perché non uso più $R^3$.
mi chiedevo se si può definire una funzione senza il suo codominio, cioè quello che voglio dire è se si possa generalizzare in qualche modo quel concetto.
La mia curiosità nasce studiando analisi 2 dove il profesore ci ha definito il piano tangente come limmagine della mappa lineare differenziale nel punto u,v cioè: $T_pS=Im(dphi|_(u,v):R^2->R^3)$ e ha detto che lo svantaggio di una definizione di tale tipo è che risulta essere estrinseca (ossia usa $R^3$, ambinete di arrivo).
Incuriosito ho letto un po' al riguardo e ho trovato che per una $f$ generale la mappa differenziale è, data $f:S_1->S_2$, la $df:T_pS_1->T_(f(p))S_2$.
Quindi mi sono detto se io prendo $f=phi$ stavolta la parametrizzazione $phi:U->S$ (con S la superficie parametrizzata) avrò che $dphi:T_qR^2->T_(phi(q))S$ (dato che $T_qR^2=R^2$ e chiamando $(phi(q))=p$) coinciderà con $dphi:R^2->T_pS$ a questo punto è evidente che sarebbe stupido dire il piano tangente è l'immagine di $dphi:R^2->T_pS$, cioè $T_pS:=Im(dphi:R^2->T_pS)$ perché definisco la mappa $dphi$ usando un insieme di arrivo che non conosco (TpS appare sia a dx che a sx dell'uguale, cioè lo definisco dovendo già conoscerlo).
però, se potessi definire il concetto di funzione senza il codominio (insieme di arrivo che dir si voglia), allora mi pare che potrei sensatamente dire: definita la funzione $dphi$ "generalizzata" (senza cod.) allora il piano tangente è a questo punto l'immagine di essa: $T_pS=Im(dphi)$[nota]il senso della mia idea è proprio che ho così $T_pS:=Im(dphi:R^2->T_pS)$, d'altra parte intuitivamente mi pare ovvio, se io riesco a trovare l'immagine di una funzione senza considerare il codominio, è ovvio che poi quella funzione sarà f:A->(immagine di f)[/nota], ed è comodo perché non uso più $R^3$.
Risposte
Aggiungo un PS:
l'idea strampalata che avevo è questa. Quando io penso a una funzioen definita come $f(x)=x^2$, per esempio. Io posso "prescindendo" dal codominio trovare una immagine: sostituisco i valori in x e trovo i quadrati.
Ovviamente, nella definizione classica di funzione per cui per ogni x in X esiste un unico y in Y tale che f(x)=y devo per forza definire il codominio, quindi ad esempio in $f(x)=x^2$ so che il suo codominio è per esempio $RR$, anche se lo lascio "nascosto" esso c'è.
però mi pare che in qualche modo possa definire la funzione anche senza di esso: come dicevo mi bastano l'insieme di origine $RR$ da cui pesco le x che sostituisco nella regola per trovare il mio "output", quind di fatto mi basta avere dominio e la regola per trovare il "nuovo" oggetto come uscita della funzione.
Ci intravedo per questo motivo una possibilità di generalizzazione, cioè una seconda definizione che possa comprendere la prima "classica".
Non so se spiego il mio dubbio
l'idea strampalata che avevo è questa. Quando io penso a una funzioen definita come $f(x)=x^2$, per esempio. Io posso "prescindendo" dal codominio trovare una immagine: sostituisco i valori in x e trovo i quadrati.
Ovviamente, nella definizione classica di funzione per cui per ogni x in X esiste un unico y in Y tale che f(x)=y devo per forza definire il codominio, quindi ad esempio in $f(x)=x^2$ so che il suo codominio è per esempio $RR$, anche se lo lascio "nascosto" esso c'è.
però mi pare che in qualche modo possa definire la funzione anche senza di esso: come dicevo mi bastano l'insieme di origine $RR$ da cui pesco le x che sostituisco nella regola per trovare il mio "output", quind di fatto mi basta avere dominio e la regola per trovare il "nuovo" oggetto come uscita della funzione.
Ci intravedo per questo motivo una possibilità di generalizzazione, cioè una seconda definizione che possa comprendere la prima "classica".
Non so se spiego il mio dubbio

Ti ricordi la definizione di funzione? Quale hai presente?
ciao otta96, quella che scrivevo nel messaggio prima:
Ovviamente, nella definizione classica di funzione per cui per ogni x in X esiste un unico y in Y tale che f(x)=y devo per forza definire il codominioche ovviamente richiede il codominio, però riguardo l'idea che avevo nel II messaggio mi chiedevo se fosse in qualche modo formalizzabile.

volevo fare un up,
@otta96: perché mi incuriosiva molto ma ho visto che non sei più riuscito a rispondere
@otta96: perché mi incuriosiva molto ma ho visto che non sei più riuscito a rispondere

Si, me ne erao dimenticato, ora arrivo a quello che volevo dire, prima però devo ricordare come si definisce di solito di preciso una funzione e fare un breve excursus.
Si definisce una funzione con dominio $A$ e $B$ un insieme del tipo $f\subseteq A\timesB$ tale che $AAx\inAEE!y\inB$ tale che $(x,y)\inf$. Data questa proprietà ha senso scrivere l'ultima formula con la notazione $f(x)=y$. A volte non viene aggiunto nulla, e se uno ci riflette a fondo si accorge che non è vero il criterio di uguaglianza per funzioni che viene detto spesso, cioè due funzioni sono uguali se e solo se: 1) hanno lo stesso dominio, 2) hanno lo stesso codominio e 3) mandano gli stessi elementi negli stessi elementi.
Con questa definizione il criterio sarebbe vero senza il punto 2), ma non sarebbero diverse una funzione qualsiasi da una a cui, ad esempio, è semplicemente stato modificato il codominio mettendocene uno che include il precedente.
Qualcuno che deve dare la definizione ci fa caso e ha 2 opzioni, o fa cadere il criterio di uguaglianza come solitamente riportato oppure dà una definizione diversa, di solito viene preferita questa opzione e viene fatto così: si definisce una funzione con dominio $A$ e $B$ una terna $(A,B,f)$ dove $f$ è un insieme del tipo $f\subseteq A\timesB$ tale che $AAx\inAEE!y\inB$ tale che $(x,y)\inf$. (Notare che per quando detto prima sarebbe superfluo metterci il dominio, me viene messo lo stesso per un vezzo.)
Detto questo, passiamo al succo: si può dare una definizione più intrinseca di funzione, indipendente sia dal dominio che dal codominio. TADADADAAAN
Si può definire infatti una funzione come un insieme tale che ogni suo elemento sia una coppia ordinata (si può enunciare internamente) e che se due seconde componenti di un suo elemento sono uguali, anche i due elementi sono uguali (pure questo si può enunciare internamente).
C'è da notare che tecnicamente, non è una generalizzazione della definizione di funzione, almeno secondo la prima definizione riportata, (e comunque anche chi dà la seconda, poi alla fine considera come funzione la terza componente della definizione che fa), ma lo sembra soltanto, infatti saranno funzioni le stesse che lo erano per la definizioni precedente, ma da una prospettiva diversa che potrebbe rispondere alla tua curiosità.
A questo punto dovresti provare a scrivere questa definizione
Ti avviso che non è facile eh!
P.S. Non ho letto la parte del tuo primo commento dopo la prima frase, quindi se pensi che la risposta non ti sodisfi perchè non ho tenuto conto di qualcosa che hai scritto lì dimmelo.
Si definisce una funzione con dominio $A$ e $B$ un insieme del tipo $f\subseteq A\timesB$ tale che $AAx\inAEE!y\inB$ tale che $(x,y)\inf$. Data questa proprietà ha senso scrivere l'ultima formula con la notazione $f(x)=y$. A volte non viene aggiunto nulla, e se uno ci riflette a fondo si accorge che non è vero il criterio di uguaglianza per funzioni che viene detto spesso, cioè due funzioni sono uguali se e solo se: 1) hanno lo stesso dominio, 2) hanno lo stesso codominio e 3) mandano gli stessi elementi negli stessi elementi.
Con questa definizione il criterio sarebbe vero senza il punto 2), ma non sarebbero diverse una funzione qualsiasi da una a cui, ad esempio, è semplicemente stato modificato il codominio mettendocene uno che include il precedente.
Qualcuno che deve dare la definizione ci fa caso e ha 2 opzioni, o fa cadere il criterio di uguaglianza come solitamente riportato oppure dà una definizione diversa, di solito viene preferita questa opzione e viene fatto così: si definisce una funzione con dominio $A$ e $B$ una terna $(A,B,f)$ dove $f$ è un insieme del tipo $f\subseteq A\timesB$ tale che $AAx\inAEE!y\inB$ tale che $(x,y)\inf$. (Notare che per quando detto prima sarebbe superfluo metterci il dominio, me viene messo lo stesso per un vezzo.)
Detto questo, passiamo al succo: si può dare una definizione più intrinseca di funzione, indipendente sia dal dominio che dal codominio. TADADADAAAN

Si può definire infatti una funzione come un insieme tale che ogni suo elemento sia una coppia ordinata (si può enunciare internamente) e che se due seconde componenti di un suo elemento sono uguali, anche i due elementi sono uguali (pure questo si può enunciare internamente).
C'è da notare che tecnicamente, non è una generalizzazione della definizione di funzione, almeno secondo la prima definizione riportata, (e comunque anche chi dà la seconda, poi alla fine considera come funzione la terza componente della definizione che fa), ma lo sembra soltanto, infatti saranno funzioni le stesse che lo erano per la definizioni precedente, ma da una prospettiva diversa che potrebbe rispondere alla tua curiosità.
A questo punto dovresti provare a scrivere questa definizione

P.S. Non ho letto la parte del tuo primo commento dopo la prima frase, quindi se pensi che la risposta non ti sodisfi perchè non ho tenuto conto di qualcosa che hai scritto lì dimmelo.
Ciao otta96, grazie per la ua risposta. L'ho riletta molte volte perché pregna di informazioni e vorrei chiederti alcune cosette se ti va.
Se ho ben capito:
1) tu dici che data la prima definizione di funzione in effetti potrei definire un criterio alleggerito di "uguaglianza tra funzioni", cioè per cui valga solo 1) e 3). non mi è però chiarissimo perché dici "Con questa definizione il criterio sarebbe vero senza il punto 2)". voglio dire: se io dico per definizione che l'uguaglianza tra funzioni deve rispettare 1+2+3) se prendo solo 1+3) non è più rispetata.
2) è chiaro, ma non ho ben capito solo questa osservazione "Notare che per quando detto prima sarebbe superfluo metterci il dominio, me viene messo lo stesso per un vezzo". In che senso è un vezzo, non riesco a vederlo eprché sia superfluo.
3) Tornando invece alla parte fondamentale della domanda iniziale:
La mia idea era questa:
- partendo dal presupposto che ovviamente la funzione è la regola che lega primo e secondo elemento del sottoinsieme del prodotto cartesiano tra A e B, in modo unico sul secondo elemento, ad esempio data: $f(x)=x^2=y$ lega: $(x,y=x^2)$ in modo unico.
Trovato questo legame (che è la funzione) tra elemento dell dominio e immagine posso notare che si riesce a dedurre una regola analitica per ottenere dal primo elemento il secondo: infatti quando "svolgo" $x^2$ non vado a pensare alla dupla, eseguo il calcolo $x*x$ e mi trovo il secondo elemento della dupla. In poche parole all'atto pratico anziché legare x al suo quadrato mi accorgo che posso sintetizzare il tutto dando una regola intrinseca per trovare il secondo elemento della dupla e infischiandomene del codominio: se ti do un numero x, tu mi torvi il quadrato con una regola x*x senza pensare al codominio, volendo.
- La mia idea era di ribaltare le cose, e mi pare un po' quello che dici qui nel quote portando il tutto a un livello intrinseco, ma essendo un concetto molto compresso quello che hai espresso non vorrei aver frainteso: mi chiedevo se possocreare una funzione in tal modo... Io parto da un elemento dell'insieme A e definisco una regola per rovare un secondo elemento: la regola nel nostro esempio è $x*x$ e trovo il secondo elemento di quella che era la dupla, che a questo punto io definisco come mia immagine (e quindi poss far discendere un codominio); la funzione vista in questo modo viene quindi implicata in questo processo: definisco una regola che mi "genera" un secondo elemento unico (nel nostro esempio $x*x$) e a questo punto la definizione di funzione data nei modi 1) e 2) da te esposti ne discende come conseguenza.
La versione con gli steroidi di questa idea era, dato che il piano tangente è definito (data phi parametrizzazione) come $T_pS=Im(dphi|_(u,v):RR^2->RR^3)$, se trovo una funzione $dϕ$ "generalizzata", cioè come regola che mi dà il secondo elemento (cioè senza codominio appunto), allora il piano tangente è a questo punto l'immagine di essa: $T_pS=Im(dϕ)$ ed era comodo perché veniva qualcosa di intrineseco senza usare $RR^3$
Se ho ben capito:
1) tu dici che data la prima definizione di funzione in effetti potrei definire un criterio alleggerito di "uguaglianza tra funzioni", cioè per cui valga solo 1) e 3). non mi è però chiarissimo perché dici "Con questa definizione il criterio sarebbe vero senza il punto 2)". voglio dire: se io dico per definizione che l'uguaglianza tra funzioni deve rispettare 1+2+3) se prendo solo 1+3) non è più rispetata.
2) è chiaro, ma non ho ben capito solo questa osservazione "Notare che per quando detto prima sarebbe superfluo metterci il dominio, me viene messo lo stesso per un vezzo". In che senso è un vezzo, non riesco a vederlo eprché sia superfluo.
3) Tornando invece alla parte fondamentale della domanda iniziale:
Si può definire infatti una funzione come un insieme tale che ogni suo elemento sia una coppia ordinata (si può enunciare internamente) e che se due seconde componenti di un suo elemento sono uguali, anche i due elementi sono uguali (pure questo si può enunciare internamente).sembra in effetti poter rispondere alla mia curiosità ma vorrei essere sicuro.
C'è da notare che tecnicamente, non è una generalizzazione della definizione di funzione, almeno secondo la prima definizione riportata, (e comunque anche chi dà la seconda, poi alla fine considera come funzione la terza componente della definizione che fa), ma lo sembra soltanto, infatti saranno funzioni le stesse che lo erano per la definizioni precedente, ma da una prospettiva diversa che potrebbe rispondere alla tua curiosità.
La mia idea era questa:
- partendo dal presupposto che ovviamente la funzione è la regola che lega primo e secondo elemento del sottoinsieme del prodotto cartesiano tra A e B, in modo unico sul secondo elemento, ad esempio data: $f(x)=x^2=y$ lega: $(x,y=x^2)$ in modo unico.
Trovato questo legame (che è la funzione) tra elemento dell dominio e immagine posso notare che si riesce a dedurre una regola analitica per ottenere dal primo elemento il secondo: infatti quando "svolgo" $x^2$ non vado a pensare alla dupla, eseguo il calcolo $x*x$ e mi trovo il secondo elemento della dupla. In poche parole all'atto pratico anziché legare x al suo quadrato mi accorgo che posso sintetizzare il tutto dando una regola intrinseca per trovare il secondo elemento della dupla e infischiandomene del codominio: se ti do un numero x, tu mi torvi il quadrato con una regola x*x senza pensare al codominio, volendo.
- La mia idea era di ribaltare le cose, e mi pare un po' quello che dici qui nel quote portando il tutto a un livello intrinseco, ma essendo un concetto molto compresso quello che hai espresso non vorrei aver frainteso: mi chiedevo se possocreare una funzione in tal modo... Io parto da un elemento dell'insieme A e definisco una regola per rovare un secondo elemento: la regola nel nostro esempio è $x*x$ e trovo il secondo elemento di quella che era la dupla, che a questo punto io definisco come mia immagine (e quindi poss far discendere un codominio); la funzione vista in questo modo viene quindi implicata in questo processo: definisco una regola che mi "genera" un secondo elemento unico (nel nostro esempio $x*x$) e a questo punto la definizione di funzione data nei modi 1) e 2) da te esposti ne discende come conseguenza.
La versione con gli steroidi di questa idea era, dato che il piano tangente è definito (data phi parametrizzazione) come $T_pS=Im(dphi|_(u,v):RR^2->RR^3)$, se trovo una funzione $dϕ$ "generalizzata", cioè come regola che mi dà il secondo elemento (cioè senza codominio appunto), allora il piano tangente è a questo punto l'immagine di essa: $T_pS=Im(dϕ)$ ed era comodo perché veniva qualcosa di intrineseco senza usare $RR^3$
Continuo qui uno scambio privato. A me sembra che voler "eliminare" il codominio debba in fondo avere uno scopo. Se vuoi non usare la parola codominio lo puoi fare senza nessun problema. In realtà non sei nemmeno obbligato a usare le parole "funzione" e "dominio". Se dato $x in RR$ scrivi $x^2$ capiamo tutti cosa stai facendo senza sapere cosa sia una funzione, cosa sia il dominio e cosa sia il codominio. Ma queste parole (funzione, dominio, codominio) sono state introdotte per dare un ordine alle cose, e non è stato obbligatorio introdurle. Tu ora dici che vorresti non parlare di codominio e lo puoi fare, ma a mio modo di vedere perdi qualcosa anziché guadagnare qualcosa.
Mi sembra una questione più filosofica che altro. E' come se io dicessi che non voglio usare la parola "casa" e la voglio invece parafrasare con "luogo dove mangio e dormo", ma questo mi complica la vita anziché semplificarla (poi ognuno è liberissimo di non usare le parole che vuole).
In sintesi, nessuno ti obbliga a parlare di codominio, se non vuoi.
Mi sembra una questione più filosofica che altro. E' come se io dicessi che non voglio usare la parola "casa" e la voglio invece parafrasare con "luogo dove mangio e dormo", ma questo mi complica la vita anziché semplificarla (poi ognuno è liberissimo di non usare le parole che vuole).
In sintesi, nessuno ti obbliga a parlare di codominio, se non vuoi.
Riporto qui per non perdere il tutto
però sì, probabilmente in realtà questa idea è destinata a fallire nel senso che non parlo di codominio ma di fatto lo nascondo solo sotto il tappeto.
"krakken":la mia idea era più che altro costruire il codominio sfruttando un concetto che era una "funzione generalizzata" e solo un oggetto del dominio. Cioè avere in qualche modo gratuitamente il secondo insieme (il codominio) creandolo solo attraverso elementi del primo insieme e tramite una "operazione" svolta su di esso.
Però quando scrivi $(x,x^2)$, la mia $x^2$ non è comunque una funzione?, voglio dire: $x^2:=x*x$ e il * è una funzione (prende x e la manda in x*x). Ho solo nascosto il concetto all'interno dell'operazione ma una funzione c'è anche scritta come l'hai scritta tu. perché il secondo oggetto della dupla lo trovo come nozione di immagine di una funzione.
d'altra parte come scrivi tu:
Ma penso che tu debba avere uno scopo che speri di raggiungere. A che pro eliminare il codominio?avevo una idea di base: cioè quello che volevo fare era questo: siccome una funzione è $A->B$ con la proprietà solita per per ogni esiste unico bla bla. Notavo che ad esempio se non avevo l'insieme B a priori noto mi creava problemi (come nell'esempio del piano tangente).
A questo punto mi ero detto: mi piacerebbe partire solo da un concetto di funzione "generalizzato" e definirlo come una regola che operasse solo su un insieme noto "dominio". In sostanza mi piacerebbe definire la funzione come una regola che maneggiando l'oggetto me ne dà un altro, senza doverlo pescare dal codominio.
Questo era utile perché? beh perché se io prendo un oggetto e lo "trasformo" tramite una manipolazione che chiamo "funzione" a questo punto trovo un secondo oggetto.
Ora se io faccio l'immagine dell'intero dominio, mi trovo in automatico il secondo insieme codominio. Ed era comodo in certe situazioni perché mi permetteva di definire intrinsecamente partendo da un insieme A e una regola un insieme B che posso chiamare codominio. Inoltre questo concetto più "generale" di funzione riusciva ad ingolbare la nozione di base di funzione (quella con per ogni x in A esiste unico y in B ecc)
Era più o meno quesa la mia idea
però sì, probabilmente in realtà questa idea è destinata a fallire nel senso che non parlo di codominio ma di fatto lo nascondo solo sotto il tappeto.
Puoi dire "una funzione generalizzata di dominio $D$ è un qualsiasi insieme $F$ di coppie ordinate il cui primo elemento appartiene a $D$ e per ogni $d in D$ esiste una unica coppia in $F$ il cui primo elemento è $d$. L'immagine di $F$ è per definizione l'insieme dei secondi elementi delle coppie in $F$". Fatto, ho definito quello che vuoi. Adesso lo puoi usare come meglio credi

Effettivamente hai ragione
Strano 
Resta il punto che in effetti è abbastanza inutile perché non è che mi aiuti a definire $T_pS$, che era la mia idea iniziale. Perché quello che speravo era di trovare il secondo elemento della coppia in modo "intrinseco" (cioè operando sul primo elemento trovare il secondo un po come prendo $x$ e so cosa è $x^2$), mentre così (cioè con la mia idea che hai tu formalizzato) beh... non ottengo un bel niente perché comunque non so quale sia il secondo elemento XD.
insomma, idea fallimentare la mia


Resta il punto che in effetti è abbastanza inutile perché non è che mi aiuti a definire $T_pS$, che era la mia idea iniziale. Perché quello che speravo era di trovare il secondo elemento della coppia in modo "intrinseco" (cioè operando sul primo elemento trovare il secondo un po come prendo $x$ e so cosa è $x^2$), mentre così (cioè con la mia idea che hai tu formalizzato) beh... non ottengo un bel niente perché comunque non so quale sia il secondo elemento XD.
insomma, idea fallimentare la mia

Ritorno su questa questione:
Ma tu non dai la definizione di uguaglianza tra funzioni, ne dai quella di funzione, e un criterio di uguaglianza ne discende, ma non è quello solito.
Perchè l'obiettivo è quello di far valere il criterio di uguaglianza, ma se già due funzioni sono uguali lo saranno i loro domini in quanto da una funzione si può ricavare il suo dominio facendo l'unione dei singoletti che appartengono ai suoi elementi. Per questo non c'è bisogno di dirlo a parte che anche i domini devono essere uguali.
Allora forse ti interessa una cosa diversa da quella che pensavo, c'è l'assioma di rimpiazzamento che ti garantisce che se hai una regola di associazione a ogni elemento di un insieme un unico insieme, allora esiste anche la funzione corrispondente.
"krakken":
1) tu dici che data la prima definizione di funzione in effetti potrei definire un criterio alleggerito di "uguaglianza tra funzioni", cioè per cui valga solo 1) e 3). non mi è però chiarissimo perché dici "Con questa definizione il criterio sarebbe vero senza il punto 2)". voglio dire: se io dico per definizione che l'uguaglianza tra funzioni deve rispettare 1+2+3) se prendo solo 1+3) non è più rispetata.
Ma tu non dai la definizione di uguaglianza tra funzioni, ne dai quella di funzione, e un criterio di uguaglianza ne discende, ma non è quello solito.
2) è chiaro, ma non ho ben capito solo questa osservazione "Notare che per quando detto prima sarebbe superfluo metterci il dominio, me viene messo lo stesso per un vezzo". In che senso è un vezzo, non riesco a vederlo eprché sia superfluo.
Perchè l'obiettivo è quello di far valere il criterio di uguaglianza, ma se già due funzioni sono uguali lo saranno i loro domini in quanto da una funzione si può ricavare il suo dominio facendo l'unione dei singoletti che appartengono ai suoi elementi. Per questo non c'è bisogno di dirlo a parte che anche i domini devono essere uguali.
- La mia idea era di ribaltare le cose, e mi pare un po' quello che dici qui nel quote portando il tutto a un livello intrinseco, ma essendo un concetto molto compresso quello che hai espresso non vorrei aver frainteso: mi chiedevo se possocreare una funzione in tal modo... Io parto da un elemento dell'insieme A e definisco una regola per rovare un secondo elemento: la regola nel nostro esempio è $x*x$ e trovo il secondo elemento di quella che era la dupla, che a questo punto io definisco come mia immagine (e quindi poss far discendere un codominio); la funzione vista in questo modo viene quindi implicata in questo processo: definisco una regola che mi "genera" un secondo elemento unico (nel nostro esempio $x*x$) e a questo punto la definizione di funzione data nei modi 1) e 2) da te esposti ne discende come conseguenza.
Allora forse ti interessa una cosa diversa da quella che pensavo, c'è l'assioma di rimpiazzamento che ti garantisce che se hai una regola di associazione a ogni elemento di un insieme un unico insieme, allora esiste anche la funzione corrispondente.