Problema relativo all'esistenza di determinazioni che stabiliscono l'esistenza di certi insiemi

40rob
Non so se è la sezione giusta, volevo porre una domanda di ordine filosofico più che matematico.
Mi chiedevo come si può esprimere tramite qualche condizione logica che un insieme $X$ - che contiene un certo elemento $e$ ed è chiuso rispetto alla funzione $s$ - contiene soltanto elementi del tipo

$e$
$s(e)$
$s(s(e))$
$s(s(s(e)))$
...

con qualche condizione logica (o magari con un'infinità di condizioni logiche separate e non frasi infinite) e senza fare uso intuitivamente dei puntini come ho fatto io adesso.
Io ci ho ragionato un po' e mi sembra non si possa fare proprio in modo alternativo se si esclude che questi oggetti si ripetano (si può escludere affermando magari che $s$ in $X$ è iniettiva e $not exists x in X (s(x) = e)$.
Se dico che $e in X$ $forall x (x in X -> s(x) in X)$ con queste condizioni costringo a stare in $X$ tutti gli elementi della successione (con i puntini di sopra), ma come faccio ad escludere che non ci possa andare a finire altro?
Spesso per riferirsi a questo insieme si usa lo stratagemma degli elementi comuni a tutti gli insiemi che godono delle proprietà che ho scritto prima usando al posto di $X$ un'altra variabile, ma lo stesso questo non esclude che questo minimo rispetto all'inclusione non possa contenere altro a rigor di logica, dipende da che insiemi esistono o abbiamo stabilito che debbano esistere tramite altre determinazioni logiche, e quindi anche qua si ripresenta lo stesso problema, se non abbiamo una condizione per dire che il tale insieme debba esistere (quello dove ci sono soltanto quegli elementi di quel tipo, solo quelli e non altro) come facciamo ad imporre in una teoria che parla di insiemi che debba esistere necessariamente senza far ricorso ai puntini?
Noi riusciamo a capirci, afferriamo cosa vogliamo dire (altrimenti voi ed io non capiremmo nemmeno il problema), ma non ci capiamo in base a qualche espressione linguistica e nemmeno un gruppo di espressioni in questi casi.

Risposte
40rob
"Gi.":
il tuo dubbio è questo qua no?
Leggi qua : https://mathoverflow.net/questions/1011 ... al-numbers


Sto dicendo che il concetto "essere un oggetto raggiungibile da $0$" non è ben definibile senza presupporre già qualcosa di analogo (l'espressione di prima che ho usato se si volesse formalizzare bene non si riuscirebbe a farlo). Se cerchiamo di definirlo al secondo ordine con gli assiomi dell'aritmetica si può essere certi che non ci va a finire altro solo se si presuppone che tra le "P" del principio di induzione ci finisce anche una proprietà del genere (per definirla dobbiamo presupporla), se questa cosa qua non si presuppone a monte, non si può mai escludere che i modelli siano fatti diversamente anche se sono tutti isomorfi.
informalmente si applica un'operazione e poi dopo aver mostrato un elenco che continua con i puntini si dice "nient'altro è un numero", ora questa per me non è una definizione vera e propria, ci capiamo, si spera, ma non è una definizione.
Per poter dire nient'altro dovrei poter comunicare "se una cosa è diversa da a, b e c non è un numero", ma l'elenco qua è infinito, per dire poi a te che "Una cosa è diversa da $0$ e è diversa $s(0)$ e è diversa $s(s(0))$, ... allora non è un numero", devo usare un'espressione infinita e non tante finite.
Si può poi dire magari "Affinché $n$ sia un numero, $n$ deve essere uguale ad una cosa che viene fuori applicando a $0$ un numero finito di volte successore", ma è ancora una definizione circolare che rimanda a "numero finito" che è una collezione (o proprietà) analoga a quella che si vuol caratterizzare.
Il concetto di infinito da solo è caratterizzabile con delle definizioni formalizzabili tramite il sistema alla Cantor ad esempio (funzione biettiva dal tutto ad una parte propria... Questa definizione non è circolare, non presuppone il concetto di infinito e lo fa "atterrare" in altri concetti più semplici) ma il concetto "essere un numero" invece, nel senso indebolito di oggetto raggiungibile da $0$ (usando descrizioni che danno un'idea ma che non sono ben formalizzabili) a me sembra inesprimibile in generale con espressioni corrette e non circolari.
Ma più in generale dato un certo elemento $e$ e un'operazione che si applica a questo non si riesce mai ad esprimere formalmente bene senza circoli viziosi questa cosa qua "l'insieme fatto dagli oggetti a cui si applica l'operazione un numero finito di volte" casomai questa operazione non va in ciclo. Questo volevo dire.
Tutte le definizioni alternative e non circolari (il secondo ordine inteso in senso forte per me è circolare e comunque non va bene, presuppone esistenti nel dominio di quantificazione delle proprietà - o collezioni - i concetti che definisce) quando si cercano di caratterizzare bene sembra che non riescano a catturare la cosa.

Io presuppongo che ci capiamo, ma mi sa che ci capiamo in modo abbastanza intuitivo su queste cose qua, mi pare che le afferriamo ma a parlarne non ne riusciamo mai a parlare bene o a caratterizzarle col linguaggio.

Gi.12
Ok mi pare che quello che vuoi dire si possa sintetizzare nella citazione “ the naive integers don’t fill up $mathbb{N}$ “ che è di
https://en.m.wikipedia.org/wiki/Georges_Reeb
Ti segnalo questo documento, in particolare 2.2 pag 4, 8 pag 39 e 7.1 pag 32 : https://arxiv.org/pdf/1703.00425.pdf

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