Notazione di Alfred Tarski - Pensieri in merito
Salve a tutti,
apro l'argomento per avere opinioni in merito ad una notazione.
Leggendo un pò di testi classici di matematica e logica, mi sono imbattuto in un articolo di Alfred Tarski. In questo egli fà un' iniziale precisazione, detta da alcuni "notazione di Alfred Tarski", che ho avuto modo di ritrovare nel testo "Guida alla Teoria degli Insiemi" di G. Lolli, più precisamente in questa pagina web.
Arriviamo al dunque, secondo voi è utile o no? Io penso di si. Però se la dovessi utilizzare mi complicherei un pò la cosa (infatti per il momento ho considerato tutto insieme senza distinzione di nessun "tipo") però vedo che in molti, o meglio in moltissimi, testi di analisi matematica 1 la notazione di Alfred Tarski, seppur parzialmente, la si utilizza moltissimo...
Voi che ne pensate?
Può sembrare strana la mia domanda, ma vorrei avere delle opinioni in merito quanto basta per capire l' utilità, o funzionalità, di questa notazione..
Ringrazio anticipatamente.
Cordiali saluti
apro l'argomento per avere opinioni in merito ad una notazione.
Leggendo un pò di testi classici di matematica e logica, mi sono imbattuto in un articolo di Alfred Tarski. In questo egli fà un' iniziale precisazione, detta da alcuni "notazione di Alfred Tarski", che ho avuto modo di ritrovare nel testo "Guida alla Teoria degli Insiemi" di G. Lolli, più precisamente in questa pagina web.
Arriviamo al dunque, secondo voi è utile o no? Io penso di si. Però se la dovessi utilizzare mi complicherei un pò la cosa (infatti per il momento ho considerato tutto insieme senza distinzione di nessun "tipo") però vedo che in molti, o meglio in moltissimi, testi di analisi matematica 1 la notazione di Alfred Tarski, seppur parzialmente, la si utilizza moltissimo...
Voi che ne pensate?
Può sembrare strana la mia domanda, ma vorrei avere delle opinioni in merito quanto basta per capire l' utilità, o funzionalità, di questa notazione..
Ringrazio anticipatamente.
Cordiali saluti
Risposte
Ti posso dire che è la convenzione a cui mi attengo io genericamente (ossia fuori da un certo numero materie avanzate e/o tecniche). Non l'ho mai chiamata notazione di Tarski. Comunque è pratica e comoda.
Tieni presente che è folle auspicare per una "notazione universale". E' molto più saggio adottare una "notazione relativa": all'interno di un determinato ambito, si fissa una notazione e ci si attiene a quella.
Per intenderci, se faccio algebra gli ideali primi li denoto con le lettere gotiche minuscole [tex]\mathfrak p, \mathfrak q,...[/tex] e i loro elementi con lettere latine minuscole [tex]x,y,z,...[/tex].
Tuttavia, quando faccio schemi (ovvero passo agli spettri degli anelli), allora [tex]x,y,z[/tex] diventano i punti del mio spazio geometrico che coincidono con gli ideali primi di un anello! Quindi le due notazioni si sovrappongono. Non è un problema (una volta che ci si è abituati): è sempre possibile capire tutto dal contesto.
Se non ci attenessimo a delle "notazioni relative" non ci basterebbero tutti gli alfabeti della terra per fare matematica da un certo punto in poi e diventerebbe particolarmente scomodo. Da un punto di vista formale è semplice: si sta fissando una segnatura per un linguaggio del prim'ordine (o del second'ordine) e lì dentro si sviluppa la teoria. Se si sa che nel seguito si va a parlare di due teorie distinte, basterà ritoccare opportunamente le segnature in modo da non avere sovrapposizioni. Questo è sempre fattibile (ma non significa che va fatto se non è strettamente necessario).
Un altro esempio, che però temo ti sfuggirà: quando si parla di fasci, se [tex]s[/tex] è una sezione sull'aperto [tex]U[/tex] e [tex]V \subset U[/tex] tutti (io compreso) denotano con [tex]s_{\mid V}[/tex] la restrizione di [tex]s[/tex]. Tuttavia, nel momento in cui più fasci, diciamo [tex]\mathscr{F}, \mathscr{G}[/tex] entrano in gioco si può fare confusione. In questo caso io passo a cuor leggero alla notazione [tex]\rho^{\mathscr{F}}_{U,V}(s)[/tex]. Ovviamente non la uso sempre: consumerei metà delle mie bic solo a scrivere una pagina di appunti!
Tieni presente che è folle auspicare per una "notazione universale". E' molto più saggio adottare una "notazione relativa": all'interno di un determinato ambito, si fissa una notazione e ci si attiene a quella.
Per intenderci, se faccio algebra gli ideali primi li denoto con le lettere gotiche minuscole [tex]\mathfrak p, \mathfrak q,...[/tex] e i loro elementi con lettere latine minuscole [tex]x,y,z,...[/tex].
Tuttavia, quando faccio schemi (ovvero passo agli spettri degli anelli), allora [tex]x,y,z[/tex] diventano i punti del mio spazio geometrico che coincidono con gli ideali primi di un anello! Quindi le due notazioni si sovrappongono. Non è un problema (una volta che ci si è abituati): è sempre possibile capire tutto dal contesto.
Se non ci attenessimo a delle "notazioni relative" non ci basterebbero tutti gli alfabeti della terra per fare matematica da un certo punto in poi e diventerebbe particolarmente scomodo. Da un punto di vista formale è semplice: si sta fissando una segnatura per un linguaggio del prim'ordine (o del second'ordine) e lì dentro si sviluppa la teoria. Se si sa che nel seguito si va a parlare di due teorie distinte, basterà ritoccare opportunamente le segnature in modo da non avere sovrapposizioni. Questo è sempre fattibile (ma non significa che va fatto se non è strettamente necessario).
Un altro esempio, che però temo ti sfuggirà: quando si parla di fasci, se [tex]s[/tex] è una sezione sull'aperto [tex]U[/tex] e [tex]V \subset U[/tex] tutti (io compreso) denotano con [tex]s_{\mid V}[/tex] la restrizione di [tex]s[/tex]. Tuttavia, nel momento in cui più fasci, diciamo [tex]\mathscr{F}, \mathscr{G}[/tex] entrano in gioco si può fare confusione. In questo caso io passo a cuor leggero alla notazione [tex]\rho^{\mathscr{F}}_{U,V}(s)[/tex]. Ovviamente non la uso sempre: consumerei metà delle mie bic solo a scrivere una pagina di appunti!