Il problema di Kuratowski
Sto lavorando assiduamente con delle connessioni di Galois tra poset, e dunque a un certo punto sono incappato nel problema di Kuratowski.
Questo e' il teorema classico di Kuratowski, che e' stato pubblicizzato a manetta dal libro General Topology di Kelley; ora a me sembra che si possa dire quanto segue (e mi sembra una follia che la gente non enunci cosi' questo risultato):
E' un risultato interessante prendere un poset $P$, un operatore di chiusura $c(-)$ e di interno $i(-)$ e controllare la cardinalita' del monoide generato da $c, i$ ed eventualmente da altri endomorfismi (monotoni o antimonotoni) in un insieme $\Theta\subset \text{End}(P)$.
Il "problema di Kuratowski" relativo a $P, \Theta$ ora si enuncia cosi': qual e' la cardinalita' $\text{k}(\Theta)$ del monoide generato da $\Theta\cup\{c,i\}$? Diventa leggermente delicato definire cos'e' la massima cardinalita' ottenibile al variare di $P,\Theta\subset \text{End}(P)$, ma noi ci capiamo, no?
E' un esercizio da scuola media mostrare che se \(\Theta=\varnothing\), allora $\max_{P,\Theta}\text{k}(\Theta)=7$; il risultato di Kuratowski e' un caso particolare di questo problema generale, per \(\Theta=\{(-)^\complement\}\) applicato a un'algebra di Boole.
E' chiaro che per un "generico" $\Theta$ la risposta e' un sonoro boh. Pero' se io dessi un insieme di relazioni che legano l'azione di $c,i$ all'azione degli elementi di $\Theta$? Dalla cardinalita' dell'insieme di queste relazioni potrei risalire a $\text{k}(\Theta)$?
E' un esercizio classico capire quanti insiemi distinti si possono ottenere usando ripetutamente le operazioni di interno, chiusura, complementare in uno spazio topologico (sono 14, e a realizzare questo massimo e' un sottoinsieme della retta reale con la topologia euclidea).
Questo e' il teorema classico di Kuratowski, che e' stato pubblicizzato a manetta dal libro General Topology di Kelley; ora a me sembra che si possa dire quanto segue (e mi sembra una follia che la gente non enunci cosi' questo risultato):
E' un risultato interessante prendere un poset $P$, un operatore di chiusura $c(-)$ e di interno $i(-)$ e controllare la cardinalita' del monoide generato da $c, i$ ed eventualmente da altri endomorfismi (monotoni o antimonotoni) in un insieme $\Theta\subset \text{End}(P)$.
Il "problema di Kuratowski" relativo a $P, \Theta$ ora si enuncia cosi': qual e' la cardinalita' $\text{k}(\Theta)$ del monoide generato da $\Theta\cup\{c,i\}$? Diventa leggermente delicato definire cos'e' la massima cardinalita' ottenibile al variare di $P,\Theta\subset \text{End}(P)$, ma noi ci capiamo, no?
E' un esercizio da scuola media mostrare che se \(\Theta=\varnothing\), allora $\max_{P,\Theta}\text{k}(\Theta)=7$; il risultato di Kuratowski e' un caso particolare di questo problema generale, per \(\Theta=\{(-)^\complement\}\) applicato a un'algebra di Boole.
E' chiaro che per un "generico" $\Theta$ la risposta e' un sonoro boh. Pero' se io dessi un insieme di relazioni che legano l'azione di $c,i$ all'azione degli elementi di $\Theta$? Dalla cardinalita' dell'insieme di queste relazioni potrei risalire a $\text{k}(\Theta)$?
Risposte
Può benissimo darsi che quanto scrivo sia banale o privo di senso, espongo i miei pensieri più che per proporre una soluzione, per chiedere se ho compreso la questione e verificare se ha attualmente senso per me pensarci.
Tu stai proponendo di cercare una relazione tra la cardinalità di una specie di insieme dei "relatori" su un monoide (ho in mente la presentazione di un gruppo) e la cardinalità del monoide presentato, dico bene? Quindi bisogna porre l'ipotesi di considerare solo insiemi minimali di tali "relatori" (altrimenti tale cardinalità può essere aumentata arbitrariamente se in $\Theta$ è prensente l'endomorfismo identità o un endomorfismo nilpotente quale la complementazione, o una coppia di endomorfismi mutuamente inversi). In tal caso bisognerebbe provare a dimostrare che tale cardinalità è indipendente dai relatori scelti. Che sia o meno così, è solo più o meno facile cercare di dimostrare o confutare che $k(\Theta)$ è invariante per la cardinalità dell'insieme dei "relatori" (o di insiemi equivalenti) al variare di $P$ e dei $\Theta$ che dànno luogo ad insiemi di "relatori" equipotenti. Probabilmente l'esistenza di un analogo delle trasformazioni di Tietze per la fattispecie semplificherebbe notevolmente il problema, ammesso che esista.
Ho inquadrato il problema, o non ho capito?
Tu stai proponendo di cercare una relazione tra la cardinalità di una specie di insieme dei "relatori" su un monoide (ho in mente la presentazione di un gruppo) e la cardinalità del monoide presentato, dico bene? Quindi bisogna porre l'ipotesi di considerare solo insiemi minimali di tali "relatori" (altrimenti tale cardinalità può essere aumentata arbitrariamente se in $\Theta$ è prensente l'endomorfismo identità o un endomorfismo nilpotente quale la complementazione, o una coppia di endomorfismi mutuamente inversi). In tal caso bisognerebbe provare a dimostrare che tale cardinalità è indipendente dai relatori scelti. Che sia o meno così, è solo più o meno facile cercare di dimostrare o confutare che $k(\Theta)$ è invariante per la cardinalità dell'insieme dei "relatori" (o di insiemi equivalenti) al variare di $P$ e dei $\Theta$ che dànno luogo ad insiemi di "relatori" equipotenti. Probabilmente l'esistenza di un analogo delle trasformazioni di Tietze per la fattispecie semplificherebbe notevolmente il problema, ammesso che esista.
Ho inquadrato il problema, o non ho capito?
Ho dato una veloce scorsa alla definizione di trasformazione di Tietze; per quale motivo la teoria delle presentazioni di monoidi non dovrebbe contenere la stessa nozione?
Non vedo perché no, dico solo che se esiste (meglio, se esiste e qualcuno l'ha già formalizzata) non la conosco e soprattutto non saprei dove cercarla. Si potrebbe provare a costruirla ricalcando mutatis mutandis proprio le trasformazioni di Tietze, ma non ho delle conoscenze abbastanza solide da garantire che il gioco continui a funzionare senza perdere dei pezzi per strada.
"killing_buddha":
Ho dato una veloce scorsa alla definizione di trasformazione di Tietze; per quale motivo la teoria delle presentazioni di monoidi non dovrebbe contenere la stessa nozione?
Secondo me si estende in maniera piuttosto naturale. Una presentazione non è altro che il dato di un gruppo libero e di un insieme di "generatori" di un suo sottogruppo normale (in realtà si prende la chiusura normale dell'insieme). Questi concetti si estendono in modo automatico ai monoidi.
Quelle trasformazioni non sono altro che la scelta di insiemi di generatori ridondanti e l'uso dei teoremi sugli isomorfismi.