Classi di equivalenza

milos144
Sia data la relazione su $RR$ $xRy hArr x-y in ZZ$
Ho verificato che si tratta di una relazione di equivalenza.

Ebbene, le classi di equivalenza partizionano $RR$
Ora l'insieme quoziente $Q/R$ è formato dalle classi del tipo
$[a] = a + x$ con $a$ fissato nell'intervallo $[ 0, 1]$ e $x$ variabile in $ZZ$
Il mio dubbio è: se considero per esempio la classe $[0,23] = 0,23 + x$ è esatto dire che
i numeri $in RR$ sono$ { .....-2,77, -1,77, -0,77, 0,23, 1,23, 2,23......}$

Risposte
G.D.5
Il problema è che abbiamo preso una cantonata: la relazione non è di equivalenza perché non è transitiva. Pensa ai punti \(A,O,B\) disposti come vertici di un triangolo. Allora hai che \(A\) è in relazione con \(O\), che è in relazione con \(B\) ma \(B\) non è in relazione con \(A\).

milos144
Grazie G.D.! :D

G.D.5
Prego.

milos144
Ho qualche dubbio sul trovare le relative classi di equivalenza associate alle applicazioni.
Date le seguenti applicazioni definre il relativo insieme quoziente:

$a)$ $f: NN rarr NN$ data da $f(x)=2x +1$

Siano $ x , x_1in NN$, per essere  $ x Rx_1$ occorre che $ 2x+1=2x_1+1$ ( e tale uguaglianza dà la relazione di equivalenza) ; essendo $ 2x+1=2x1+1 rArr x=y$ se fissiamo

$x_1 in NN$, la classe di equivalenza alla quale appartiene $x_1$ sarà formata da $[x_1]_R = {x in NN |2x+1=2x_1+1 }$
L'insieme $ NN/R$ è formato da una sola classe di equivalenza che geometricamente è rappresentata dai punti di coordinate $(x,y) in NN$ che appartengono alla retta $x=y$.

$b)$ $f: QQ rarr QQ$ data da $f(x)=abs(x))$

Siano $ x , z in QQ$, per essere  $ x Rz$ occorre che $ abs(x)=abs(z)$ ( e tale uguaglianza dà la relazione di equivalenza);
essendo $ abs(x)=abs(z) rArr x=z vv x=-z$
abbiamo la $[z]_R = {z in QQ |x=z }$ e
la classe di $[-z]_R = {- zin QQ |x=-z }$ e geometrucamente l'insieme $QQ/T $ è rappresentato dai punti di coordinate $(x,y)in QQ$ che si trovano  su una delle 2 rette  $x=y vv x=-y$.

G.D.5
Allora.
[list=a]
[*:1zfqv0rm]Da \(2x_{1} + 1 = 2x_{2} + 1\) segue \(x_{1} = x_{2}\), quindi, fissato \(x\) la classe di equivalenza di \(x\) è il singleton di \(x\) stesso; il quoziente non è formato da una sola classe di equivalenza; le classi di equivalenza sono sottoinsiemi di \(\mathbb{N}\) non di \(\mathbb{N}^{2}\), a cui appartengono le coppie \((x,x)\). Il quoziente è una partizione di \(\mathbb{N}\), quindi è costituito da sottoinsimi \(\mathbb{N}\), non da coppie di \(\mathbb{N}^{2}\).[/*:m:1zfqv0rm]
[*:1zfqv0rm]Se da \(\lvert x_{1} \rvert = \lvert x_{2} \rvert\) segue \(x_{1} = \pm x_{2}\), allora per ogni fissato \(x\) la sua classe di equivalenza è composta da \(\pm x\); di nuovo, le classi di equivalenza sono sottoinsiemi di \(\mathbb{Q}\), non di \(\mathbb{Q}^{2}\), a cui in questo caso appartengono le coppie \((x,x)\) e \((x,-x)\). Di nuovo, il quoziente è composto da sottoinsiemi di \(\mathbb{Q}\), non da coppie di \(\mathbb{Q}^{2}\).[/*:m:1zfqv0rm][/list:o:1zfqv0rm]

milos144
Grazie milleG.D.! Quindi, se ho capito bene,
nell'esercizio $1$
fissato $x$ la classe di equivalenza di $x$ è il singleton di $x$ stesso:
$[x]_R={x_1∈N∣2x+1=2x_1+1}={x}sube NN$ e a questa classe di equivalenza appartiene la coppia $(x,x)$
se fissò per esempio $2$ avrò
$[2]_R= {2} sube NN$ e a questa classe di equivalenza appartiene la coppia $(2,2)$
....................
...................
Le classi allora sono infinite e l'insieme quoziente $NN//R= {[0], [1], [2]....}$ Posso dire che $NN/R = NN$?

Nell'esercizio $2$ invece, fissato $x$, la classe di equivalenza di $x$ sarà data da
$[x]_R={+-x_1∈Q∣abs(x)=abs(x_1)}={x,-x} sube QQ$ e a questa classe di equivalenza appartengono le coppie ${(x,x),(x,-x)}$
se fissò per esempio $2$ avrò
$[2]_R= {2,-2} sube QQ$ e a questa classe di equivalenza appartengono le coppie ${(2,2),(2,-2)}$, mentre
$[0]_R= {0,0} sube QQ$ e a questa classe di equivalenza appartiene la coppia ${(0,0)}$.
Anche in questo caso le classi di equivalenza sono infinite. Posso dire che $QQ//R$ è formato da classi i cui rappresentanti
$in Q_0^+$?

G.D.5
"milos144":
Grazie milleG.D.! Quindi, se ho capito bene,
nell'esercizio $1$
fissato $x$ la classe di equivalenza di $x$ è il singleton di $x$ stesso:
$[x]_R={x_1∈N∣2x+1=2x_1+1}={x}sube NN$ e a questa classe di equivalenza appartiene la coppia $(x,x)$
se fissò per esempio $2$ avrò
$[2]_R= {2} sube NN$ e a questa classe di equivalenza appartiene la coppia $(2,2)$

No: la coppia \((x,x)\) non appartiene alla classe di equivalenza \([x]_{R}\). La coppia \((x,x)\) appartiene a \(\mathbb{N}^{2}\). Quando ho detto "a cui appartengono le coppie \((x,x)\)", mi riferivo a \(\mathbb{N}^{2}\).

"milos144":
Le classi allora sono infinite e l'insieme quoziente $NN//R= {[0], [1], [2]....}$ Posso dire che $NN/R = NN$?

No: per quanto detto, risulta per esempio che \([0]_{R} = \{0\}\) e ovviamente \(0 \ne \{0\}\). Ed infatti \(0 \in \mathbb{N}\) mentre \(\{0\} \notin \mathbb{N}\) ed invece \(\{0\} \subseteq \mathbb{N}\). Esiste tuttavia una ovvia biiezione tra \(\mathbb{N}\) e \(\mathbb{N}/R\), per cui i due insiemi si identificano.

"milos144":
Nell'esercizio $2$ invece, fissato $x$, la classe di equivalenza di $x$ sarà data da
$[x]_R={+-x_1∈Q∣abs(x)=abs(x_1)}={x,-x} sube QQ$ e a questa classe di equivalenza appartengono le coppie ${(x,x),(x,-x)}$
se fissò per esempio $2$ avrò
$[2]_R= {2,-2} sube QQ$ e a questa classe di equivalenza appartengono le coppie ${(2,2),(2,-2)}$, mentre
$[0]_R= {0,0} sube QQ$ e a questa classe di equivalenza appartiene la coppia ${(0,0)}$.

No. Stesso discorso di prima.

"milos144":
Anche in questo caso le classi di equivalenza sono infinite. Posso dire che $QQ//R$ è formato da classi i cui rappresentanti
$in Q_0^+$?

I rappresentanti li scegli tu. In questo caso hai la possibilità di scegliere sempre un rappresentante non negativo però non è una grande informazione.

milos144
Tutto chiaro G.D. finora! :roll:
Un chiarimento sulle relazioni di equivalenza associate alle applicazioni.
Prendo come esempio l'esercizio $2$:
se considero di nuovo $f: QQ rarr QQ$ data da $f(x)=abs(x)$ e
la relazione di equivalenza ad essa associata $abs(x)=abs(z)$
allora esiste un'applicazione iniettiva $phi: QQ//R rarr QQ$
tale che $f=phi\circpi$, dove $pi= QQ rarr QQ//R$
Come si può far vedere che $f=phi\circpi \equiv f:QQ rarr QQ$ ?

$pi= QQ rarr QQ//R$ è l'applicazione suriettiva (detta canonica) definita, $AA x in QQ$, da $pi(x)=[x]_R$ ( associa ad ogni $x in QQ$  la propria classe di equivalenza)
e  $phi: QQ//R rarr QQ$ è l'applicazione iniettiva definita, $AA [x]_R $ su $ QQ $, da $phi([x]_R)=abs(x)$
Pertanto la funzione composta
$f=phi°pi \equiv f: QQ rarr QQ$
Si è soliti dire che il triangolo commuta.

G.D.5
Non ho capito qual è la domanda.
Qual è il tuo dubbio riguardo a questo fatto?

milos144
Cercherò di spiegarmi meglio:
se $f: A rarr B$ è un'applicazione, detta $F$ la relazione di equivalenza ad essa
associata, allora esiste un'applicazione iniettiva $phi: A//F rarr B$ tale che $f=phi\circpi$ cioè
Il triangolo della figura sotto commuta


Adesso provo a fare un esempio:
se considero $f:QQ→QQ$data da $f(x)=|x|$ e
la relazione di equivalenza ad essa associata $ |x|=|z|$,
allora esiste un'applicazione iniettiva $ϕ:QQ//R→QQ$
tale che $f=ϕ∘π$, dove $π=QQ→QQ//R$
Come si può dimostrare che  il triangolo commuta? E cioè



Io mi chiedo intanto se le applicazioni che seguono sono state definite in modo corretto:
$a)$ $π=QQ→QQ//R$ è l'applicazione suriettiva (detta canonica) definita, $∀x∈Q$, da $π(x)=[x]_R$ ( associa ad ogni $x∈Q$ la propria classe di equivalenza)
$b)$ $ϕ:QQ//R→QQ$ è l'applicazione iniettiva definita, $∀[x]_R$su $QQ$, da $ϕ([x]_R)=|x| $( associa ad ogni classe il proprio rappresentante)
$c)$ $f:QQ→QQ$data da $f(x)=|x|$ ( associa a ogni $x in QQ$ il proprio valore assoluto)
Pertanto $f:QQ→QQ$data da $f(x)=|x| \equiv f=ϕ∘π$ (non so se dire che sono equivalenti è esatto) e ho qualche dubbio sul fatto di aver dimostrato che il triangolo commuta.

G.D.5
In generale, date tre appplicazioni \(f \colon S \to T\), \(h \colon S \to V\) e \(g \colon V \to T\), il diagramma

\[
\newcommand{\da}[1]{\llap{\scriptstyle#1}\big\downarrow}
\newcommand{\swa}[1]{\swarrow\rlap{\scriptstyle#1}}
\begin{array}{c}
S & \xrightarrow{h} & V\\
\da{f} & \swa{g} & \\
T & &
\end{array}
\]
commuta se e solo se, per definizione, \(f = g \circ h\). Quindi dimostrare che il diagramma di cui sopra in oggetto commuta, significa proprio dimostrare che \(f = g \circ h\).

Nulla cambia, ovviamente, nel tuo caso specifico: data l'applicazione \(f \colon A \to B\), se

    [*:1og1ioj6]\(\mathfrak{R}_{f}\) è la relazione di equivalenza indotta su \(A\) da \(f\)[/*:m:1og1ioj6]
    [*:1og1ioj6]\(A/\mathfrak{R}_{f}\) è il quoziente di \(A\) modulo \(\mathfrak{R}_{f}\)[/*:m:1og1ioj6]
    [*:1og1ioj6]\(\pi \colon A \to A/\mathfrak{R}_{f}\) è l'applicazione canonica di \(A\) su \(A/\mathfrak{R}_{f}\)[/*:m:1og1ioj6]
    [*:1og1ioj6]\(\varphi \colon A/\mathfrak{R}_{f} \to B\) è un'applicazione iniettiva[/*:m:1og1ioj6][/list:u:1og1ioj6]
    allora il diagramma

    \[
    \newcommand{\da}[1]{\llap{\scriptstyle#1}\big\downarrow}
    \newcommand{\swa}[1]{\swarrow\rlap{\scriptstyle#1}}
    \begin{array}{c}
    A & \xrightarrow{\pi} & A/\mathfrak{R}_{f} \\
    \da{f} & \swa{\varphi} & \\
    B & &
    \end{array}
    \]
    commuta se e solo se \(f = \varphi \circ \pi\), sicché per dimostrare che esso commuta devi dimostrare per l'appunto che \(f = \varphi \circ \pi\).

    In realtà nel caso specifico della relazione d'equivalenza indotta da un'applicazione, questo risultato è garantito da un teorema ed è addirittura garantito che sia univocamente determinata l'applicazione iniettiva \(\varphi\) che rende commutativo il precedente diagramma. Infatti si dimostra che vale il seguente teorema:


    Data un'applicazione \(f \colon S \to T\), siano:

      [*:1og1ioj6]\(\mathfrak{R}_{f}\) la relazione d'equivalenza su \(S\) indotta da \(f\)[/*:m:1og1ioj6]
      [*:1og1ioj6]\(\pi \colon S \to S/\mathfrak{R}_{f}\) l'applicazione canonica.[/*:m:1og1ioj6][/list:u:1og1ioj6]
      Allora esiste un'unica applicazione \(\varphi \colon S/\mathfrak{R}_{f} \to T\) tale che \(\varphi \circ \pi = f\), inoltre \(\varphi\) è iniettiva.


    Con riferimento all'applicazione \(f \colon \mathbb{Q} \to \mathbb{Q}\) del tuo esercizio, le applicazioni \(\varphi\) e \(\pi\) sono definite correttamente. Quello che devi fare è verificate che \(f = \varphi \circ \pi\). Per quanto riguarda le notazioni, basta scrivere \(f = \varphi \circ \pi\), non occorre introdurre altri simboli come quello d'equivalenza.

milos144
Grazie G.D.!
Dovrei verificare che \( f = \varphi \circ \pi \). Ci provo,
$f: QQ rarr QQ$ definita da $f(x) =abs(x)$
$π:QQ→QQ//R_f$ è l'applicazione canonica di $QQ$ su $QQ//R_f$
$φ:QQ//R_f→QQ$ è un'applicazione iniettiva.

Primo percorso:
$AA x in QQ$, essendo $f(x) = abs(x)$, ottengo $f: x rarr {x,-x}$ (definizione di valore assoluto);
Secondo percorso:
applico prima $pi:= π(x) rarr [x]_R $e poi $phi: =ϕ([x]_R) rarr |x| = {x,-x}$.
Pertanto sia $f: x rarr abs(x)= {x,-x}$, sia $ \ \varphi \circ \pi \: =π(x) rarr [x]_R ^^ [x]_R rarr |x|={x,-x} $
portano allo stesso risultato, e posso concludere che
\( f = \varphi \circ \pi \).
Com'è andata! :cry:

G.D.5
"milos144":
Grazie G.D.!
Dovrei verificare che \( f = \varphi \circ \pi \). Ci provo,
$f: QQ rarr QQ$ definita da $f(x) =abs(x)$
$π:QQ→QQ//R_f$ è l'applicazione canonica di $QQ$ su $QQ//R_f$
$φ:QQ//R_f→QQ$ è un'applicazione iniettiva.

Attenzione però ad una cosa: non esiste un'unica applicazione iniettiva da \(\mathbb{Q}/\mathfrak{R}_{f}\) a \(\mathbb{Q}\). Un esempio di applicazione iniettiva che però non è utile allo scopo di ricostruire \(f\) attraverso la composizione con \(\pi\) potrebbe essere costituito dall'applicazione \(\psi \colon \mathbb{Q}/\mathfrak{R}_{f} \to \mathbb{Q}\) tale che
\[\psi(a) =
\begin{cases}
1 & \text{se } a = [0]_{\mathfrak{R}_{f}} \\
0 & \text{se } a = [1]_{\mathfrak{R}_{f}} \\
f(x) = \lvert x \rvert & \text{se } a \ne [0]_{\mathfrak{R}_{f}}, [1]_{\mathfrak{R}_{f}}
\end{cases}\] Anche questa applicazione è iniettiva ma non è tale per cui risulti \(f = \psi \circ \pi\). Dunque l'applicazione \(\varphi\) non è un'applicazione iniettiva qualunque ma è definita in modo preciso dalla posizione \(\varphi([x]_{\mathfrak{R}_{f}}) := f(x) = \lvert x \rvert\).
Quindi \(\varphi : \mathbb{Q}/\mathfrak{R}_{f} \to \mathbb{Q}\) non è una applicazione iniettiva ma è la applicazione iniettiva definita dall'assegnazione \([x]_{\mathfrak{R}_{f}} \mapsto f(x) = \lvert x \rvert\).


"milos144":
Primo percorso:
$AA x in QQ$, essendo $f(x) = abs(x)$, ottengo $f: x rarr {x,-x}$ (definizione di valore assoluto);
Secondo percorso:
applico prima $pi:= π(x) rarr [x]_R $e poi $phi: =ϕ([x]_R) rarr |x| = {x,-x}$.
Pertanto sia $f: x rarr abs(x)= {x,-x}$, sia $ \ \varphi \circ \pi \: =π(x) rarr [x]_R ^^ [x]_R rarr |x|={x,-x} $
portano allo stesso risultato, e posso concludere che
\( f = \varphi \circ \pi \).
Com'è andata! :cry:

Innanzitutto se vuoi definire o esplicitare insiemisticamente il valore assoluto non puoi scrivere \(\lvert x \rvert = \{x,-x\}\) ma devi scrivere \(\lvert x \rvert = \max \{x,-x\}\).
Supponendo ora di aver corretto tutte le scritture \(\{x,-x\}\) con \(\max\{x,-x\}\)

    [*:3ebcsct5] la notazione \(f \colon x \to \max\{x,-x\}\) è una notazione quanto meno infelice e sarebbe più opportuno ricorrere ad una scrittura quale \(f \colon x \in \mathbb{Q} \to \max\{x,-x\} \in \mathbb{Q}\) oppure \(f \colon \mathbb{Q} \to \mathbb{Q}, x \mapsto \max\{x,-x\}\), dove della seconda scrittura puoi anche usare solo la parte \(x \mapsto \max\{x,-x\}\), che indica la cosiddetta assegnazione dell'applicazione, a patto che sia chiaro di quale applicazione tu stia parlando e che per questa tu abbia già dichiarato dominio e codominio;[/*:m:3ebcsct5]
    [*:3ebcsct5] le notazioni
    [list=1]
    [*:3ebcsct5] \(\pi := \pi(x) \to [x]\)[/*:m:3ebcsct5]
    [*:3ebcsct5] \(\varphi := \varphi([x]_{\mathfrak{R}}) \to \lvert x \rvert\) (con o senza il seguito \(=\max\{x,-x\}\))[/*:m:3ebcsct5]
    [*:3ebcsct5] \(\varphi \circ \pi := \pi(x) \to [x]_{\mathfrak{R}} \land [x]_{\mathfrak{R}} \to \lvert x \rvert\) (con o senza il seguito \(=\max\{x,-x\}\))[/*:m:3ebcsct5][/list:o:3ebcsct5] invece non vanno proprio bene:
    [list=1]
    [*:3ebcsct5] all'inizio hai chiamato \(\mathfrak{R}_{f}\) la relazione di equivalenza su \(\mathbb{Q}\) indotta da \(f\) e adesso la chiami semplicmente \(\mathfrak{R}\);[/*:m:3ebcsct5]
    [*:3ebcsct5] \(\pi(\cdot)\) e \(\varphi(\cdot)\) indicano le immagini tramite \(\pi\) e \(\varphi\) degli elementi dei domini delle rispettive applicazioni, quindi, al limite, nella notazione a frecce, dovrebbero andare a destra e non a sinistra;[/*:m:3ebcsct5]
    [*:3ebcsct5] il simbolo \(:=\) si usa per significare una uguaglianza imposta al fine di definire ciò che c'è sulla sinistra con ciò che c'è sulla destra; [/*:m:3ebcsct5][*:3ebcsct5] la composizione di due applicazioni non consiste nella congiunzione delle assegnazioni delle funzioni che si vanno a comporre.[/*:m:3ebcsct5][/list:o:3ebcsct5][/*:m:3ebcsct5][/list:u:3ebcsct5] Ciò detto a proposito delle notazioni, tornando nel merito della verifica che sia \(f = \varphi \circ \pi\), basta quanto segue:

      [*:3ebcsct5] il dominio di \(\varphi \circ \pi\) è il dominio di \(\pi\) e il codominio di \(\varphi \circ \pi\) è il codominio di \(\varphi\), sicché il dominio è \(\mathbb{Q}\) e pure il codominio è \(\mathbb{Q}\), da cui risulta che \(\varphi \circ \pi\) ha lo stesso dominio e lo stesso codominio di \(f\);[/*:m:3ebcsct5]
      [*:3ebcsct5] resta dunque da verificare che \(\forall x \in \mathbb{Q}, (\varphi \circ \pi)(x) = f(x)\): per definizione \(\pi(x) = [x]_{\mathfrak{R}_{f}}\) e \(\varphi([x]_{\mathfrak{R}_{f}}) = \lvert x \rvert\), sicché \((\varphi \circ \pi)(x) = \varphi(\pi(x)) = \varphi([x]_{\mathfrak{R}_{f}}) = \lvert x \rvert = f(x)\)[/*:m:3ebcsct5][/list:u:3ebcsct5]

      Detto ciò, come dicevo in precedenza, questo risultato è garantito da un teorema, il quale teorema ti garantisce anche che l'applicazione \(\varphi\) verificante \(f = \varphi \circ \pi\) è non solo iniettiva ma anche unica, quindi, una volta dimostrato questo teorema, non occorre fare ogni volta la verifica, basta scegliere \(\varphi\) nel modo opportuno.

      Chiudo con una nota di carattere tipografico. Ci sono delle lettere greche che hanno due stili, per esempio \(\phi\) e \(\varphi\), o anche \(\sigma\) e \(\varsigma\); ebbene: una volta che scegli una variante, non adoperare anche l'altra.

milos144
Grazie G.D. per tutti i suggerimenti!
Mi resta qualche dubbio:
come si potrebbe dimostrare che $ f=φ∘π$ usando le frecce?

Stabilito che
Il dominio di $φ∘π$ è il dominio di $π$ e il codominio di $φ∘π$  è il codominio di $φ$, posso
affermare che dominio$=$codominio$=Q$, pertanto anche $φ∘π$ ha lo stesso dominio e lo stesso codominio di $f$.

Resta dunque da verificare che $∀x∈Q, f(x)=(φ∘π)(x)$
Per definizione $f(x)=abs(x)$, $π(x)=[x]_(R_f)$ e $φ([x]_(R_f))=|x|$, sicché 

$f: x |-> abs(x)= max{x,−x} $
mentre
$φ∘π: x|-> [x]_(R_f) |-> |x|=f(x)$
E questo dimostra che $ f=φ∘π$

Le notazioni che seguono sono corrette?
$f(x):=abs(x)$
$π:=x→[x]_(R_f)$
La composizione di due applicazioni non consiste nella congiunzione delle
assegnazioni delle funzioni che si vanno a comporre. Una funzione composta
si può comunque descrivere con i connettivi logici?

G.D.5
"milos144":
Grazie G.D. per tutti i suggerimenti!
Mi resta qualche dubbio:
come si potrebbe dimostrare che $ f=φ∘π$ usando le frecce?

Non puoi. Il diagramma di suo non porta informazioni su come si comportano le composizioni o su quali siano le assegnazioni. Ti mostrano come gli insiemi sono collegati dalle applicazioni. Si possono adottare delle convenzioni in base alle quali le frecce fatte in certi modi ti dicono se le applicazioni sono iniettive, suriettive, biettive, si possono adottare delle convenzioni in base alle quali le frecce fatte in un certo modo rendano in concetto di esistenza ed eventuale unicità dell'applicazione che le etichetta, sicché i diagrammi possono mostrare graficamente il contenuto di teoremi, ma non ti danno informazioni su assegnazioni e composizioni. Queste informazioni le devi avere per ipotesi: se le hai per ipotesi, allora, in diagrammi più grandi di un semplice singolo triangolo, puoi usare la commutatività dei sotto-diagrammi in combinazione con i percorsi visualizzati dal diagramma per mostrare certe uguaglianze tra applicazioni. Ma in questo caso non puoi.


"milos144":
Stabilito che
Il dominio di $φ∘π$ è il dominio di $π$ e il codominio di $φ∘π$  è il codominio di $φ$, posso
affermare che dominio$=$codominio$=Q$, pertanto anche $φ∘π$ ha lo stesso dominio e lo stesso codominio di $f$.

È proprio quello che ho detto.


"milos144":
Resta dunque da verificare che $∀x∈Q, f(x)=(φ∘π)(x)$
Per definizione $f(x)=abs(x)$, $π(x)=[x]_(R_f)$ e $φ([x]_(R_f))=|x|$, sicché 

$f: x |-> abs(x)= max{x,−x} $
mentre
$φ∘π: x|-> [x]_(R_f) |-> |x|=f(x)$
E questo dimostra che $ f=φ∘π$

La freccia \(\mapsto\) si usa per indicare l'assegnazione. In \(f \colon x \mapsto \lvert x \rvert\) è usata in modo infelice perché andrebbe di norma usata nella forma \(f \colon \mathbb{Q} \to \mathbb{Q}, x \mapsto \lvert x \rvert\). Si potrebbe anche accogliere la tua scrittura però poi il problema è che tiri fuori \(\varphi \circ \pi \colon x \mapsto [x]_{\mathfrak{R}_{f}} \mapsto \lvert x \rvert\) che non va proprio: l'applicazione \(\varphi \circ \pi\) è un'unica applicazione, è il risultato della composizione di \(\varphi\) e \(\pi\), che manda \(x\) in \(\lvert x \rvert\), collegando dominio e codominio, non ha un terzo insieme intermedio dove mandare \(x\), mandandola in \([x]_{\mathfrak{R}_{f}}\) per poi mandare questo in \(\lvert x \rvert\).
Poi non capisco questo incaponirsi sull'esprimere le applicazioni tramite una notazione a frecce, che risulta infine forzata. L'applicazione composta si esprime convenzionalmente nella forma \((\varphi \circ \pi) (x) = \varphi(\pi(x))\). Perché vuoi trovare una nuova notazione?! A me pare semplice, pulito e lineare: \[(\varphi \circ \pi)(x) = \varphi (\pi(x)) = \varphi([x]_{\mathfrak{R}_{f}}) = \lvert x \rvert\]

"milos144":
Le notazioni che seguono sono corrette?
$f(x):=abs(x)$
$π:=x→[x]_(R_f)$

La prima sì, anche se è eccessiva.
La seconda è sbagliata.


"milos144":
La composizione di due applicazioni non consiste nella congiunzione delle
assegnazioni delle funzioni che si vanno a comporre. Una funzione composta
si può comunque descrivere con i connettivi logici?

Volendo, tutto si può descrivere con i connettivi logici, basta andare sufficientemente a ritroso. Il punto è che non si può come lo intendi tu. Tu sati pensando ad un modo di combinare l'assegnazione dell'applicazione 1 con l'assegnazione dell'applicazione 2 attraverso un connettivo per tirare fuori l'assegnazione dell'applicazione composta, come se il connettivo mettesse in fila le due assegnazioni una dopo l'altra, perché stai cercando di esprimere l'assegnazione della composta attraverso notazione che metta in fila le assegnanzioni delle due assegnazioni delle componende, sulla falsariga di \(\varphi \circ \pi \colon x \mapsto [x]_{\mathfrak{R}_{f}} \mapsto \lvert x \rvert\). Ribadisco che il problema dell notazione per la composta è già risolto e standardizzato: \((\varphi \circ \pi)(x) = \varphi(\pi(x))\).

milos144
Grazie G.D., quindi

$(φ∘π)(x)=φ(π(x))=φ([x]_(R_f))=|x|$

ma come si può dimostrare :roll: che
questo risultato è garantito da un teorema, il quale teorema ti garantisce anche che l'applicazione$ φ$ verificante $f=φ∘π$ è non solo iniettiva ma anche unica, quindi, una volta dimostrato questo teorema, non occorre fare ogni volta la verifica, basta scegliere d φ$nel modo opportuno.

G.D.5
Prova a dimostrare il teorema.

Data un'applicazione \(f \colon S \to T\), se \(\sim_{f}\) è la relazione d'equivalenza su \(S\) indotta da \(f\) e \(\pi \colon S \to S/\!\!\sim_{f}\) è la proiezione canonica di \(f\) su \(S/\!\!\sim_{f}\), allora esiste una ed una sola applicazione \(\varphi \colon S/\!\!\sim_{f} \, \to T\) tale che \(f = \varphi \circ \pi\) e tale applicazione è iniettiva.

Quanto fin qui detto dovrebbe essere sufficiente per produrre la dimostrazione. Tieni presente che dovrai:

    [*:2mqaa7ql]esibire l'applicazione \(\varphi\) (e questo dovrebbe essere immediato) mostrando non solo che essa rispetta la proprietà \(f = \varphi \circ \pi\) ma anche e soprattutto che la sua definzione è ben posta: poiché il dominio di \(\varphi\) è \(S/\!\!\sim_{f}\), gli elementi su cui \(\varphi\) agisce sono classi di equivalenza, quindi devi mostrare che l'assegnazione che definisce l'applicazione non dipende dai rappresentanti scelti per le classi di equivalenza[/*:m:2mqaa7ql]
    [*:2mqaa7ql]mostrare che, qualora esistesse un'altra applicazione \(\varphi'\) con la proprietà \(f=\varphi' \circ \pi\), allora risulterebbe \(\varphi = \varphi'\) (è proprio questo che significa mostrare l'unicità di un oggetto matematico: si suppone che ne esista un'altro con le stesse proprietà e si mostra che il secondo è uguale al primo)[/*:m:2mqaa7ql]
    [*:2mqaa7ql]mostrare che \(\varphi\) è iniettiva (e anche questo dovrebbe essere immediato)[/*:m:2mqaa7ql][/list:u:2mqaa7ql]

milos144
$ f(x) = (g ◦ π)(x) = g([x]_(∼_f)( $
"G.D.":


    [*:3f6lr6zv]esibire l'applicazione \(\varphi\) (e questo dovrebbe essere immediato) mostrando non solo che essa rispetta la proprietà \(f = \varphi \circ \pi\) ma anche e soprattutto che la sua definzione è ben posta: poiché il dominio di \(\varphi\) è \(S/\!\!\sim_{f}\), gli elementi su cui \(\varphi\) agisce sono classi di equivalenza, quindi devi mostrare che l'assegnazione che definisce l'applicazione non dipende dai rappresentanti scelti per le classi di equivalenza[/*:m:3f6lr6zv]
    [*:3f6lr6zv]mostrare che, qualora esistesse un'altra applicazione \(\varphi'\) con la proprietà \(f=\varphi' \circ \pi\), allora risulterebbe \(\varphi = \varphi'\) (è proprio questo che significa mostrare l'unicità di un oggetto matematico: si suppone che ne esista un'altro con le stesse proprietà e si mostra che il secondo è uguale al primo)[/*:m:3f6lr6zv]
    [*:3f6lr6zv]mostrare che \(\varphi\) è iniettiva (e anche questo dovrebbe essere immediato)[/*:m:3f6lr6zv][/list:u:3f6lr6zv]


Ok, provo:
$1)$ Sia \(\varphi\):$ S//_(∼_f) →T  $ definita nel seguente modo: \(\varphi\) : $_(∼_f) → f(s)$,
allora dalla composizione \(\varphi\)$◦π$, otteniamo
(\(\varphi\)◦$π)(s) = $\(\varphi\)$(π(s)) = $\(\varphi\) $(_(∼_f)) = f(s)$, cioè $f =$\(\varphi\) $◦π$:
Dove $π: S→ S//_(∼_f)$ , $s → _(∼_f)$.
Ne segue che \(\varphi\) $ ([x]_(∼_f)) = f(x)$ allora $im$(\(\varphi\)) $= im(f)$.
Ora mostro che il corrispondente di $_(∼_f)$ è lo stesso del corrispondente di $[s']_ (∼_f)$ ogni volta che $_(∼_f) =[s']_(∼_f) $:
$_(∼_f) = _(∼_f)$ se e solo se $s ∼_f s'$, cioè se e solo se $f(s) =f(s')$.

$2)$l’applicazione è iniettiva:
se \(\varphi\) $(_(∼_f) )= $ \(\varphi\) $([s']_(∼_f))$, si ha $f(s) = f(s')$ e perciò $s ∼_f s'$, da cui $_(∼_f) = [s']_(∼_f)$

$3)$ Sia $g : S//_(∼_f) → T $tale che $f = g ◦ π$; allora, se $s∈ S$, dobbiamo
avere $f(x) = (g ◦ π)(x) = g([x]_(∼_f)) $ pertanto $g =$\(\varphi\) .
.

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