[Abstract nonsense] L'insieme vuoto
\(\newcommand\nil\varnothing\)Mmmh... vediamo un attimo quali reazioni può avere un post così. Proviamo un po'... Casomai ricalibro il tiro in fase d'opera. Partiamo dalle basi della conoscenza; questo non significa che sia più facile, ma quanto meno da cose molto familiari emerge qualcosa che può cambiare (anzi lo cambia) la visione che abbiamo delle stesse.
È meglio avvisare che verranno usate delle verità vuote. (Ma che termini...
)
In un qualsiasi corso di Analisi 1 o Algebra Lineare sono stati introdotti dei rudimenti di insiemistica, uno tra questi è l'esotico \(\nil\), che ha la proprietà di non possedere alcun elemento: più formalmente vale \[\forall x : x \notin \nil\,.\] È talmente particolare questo oggetto che è anche unico, siccome non bastasse.
Vediamo che ha un'altra proprietà interessante per i nostri scopi... Prima però dobbiamo guardarci attorno e scegliere dove stare, non è una cosa da poco. D'altra parte dentro \(\nil\) non c'è niente. Ci mettiamo tra gli insiemi e le funzioni tra insiemi [nota]Un classicissimo esempio di categoria! Ma per ora potete fare finta di niente, il concetto di categoria verrà formalizzato per bene più tardi.[/nota]. In questo regno \(\nil\) ha questa caratteristica tutt'altro che banale:
\begin{equation}\text{per ogni insieme \(X\) esiste un'unica funzione \(f : \nil \to X\)}\end{equation} È una proprietà abbastanza inusuale: chi l'ha mai vista una funzione che ha come dominio il vuoto? Invero queste funzioni hanno la stessa dignità di tutte le altre funzioni! Una funzione essenzialmente è un qualcosa di questo tipo: dati due insiemi \(A\) e \(B\), una funzione dal primo insieme al secondo associa ad ogni elemento di \(A\) uno e un solo elemento di \(B\). Nella teoria degli insiemi [nota]dove tutto è praticamente un insieme[/nota], una funzione altro non è che un sottoinsieme \(f\) di \(A \times B\) con la caratterizzazione che per ogni \(x \in A\) esiste un'unica \(y \in B\) tale che \((x,y) \in f\). Bene, bene... Ho evidenziato il quantificatore "ogni", il quale se \(A\) è vuoto porta a una verità vuota in piena regola. Sperando di aver reso accettabile l'esistenza di funzioni con dominio vuoto, facciamo vedere che è unica la funzione della \((1)\).
Siamo anche fortunati, un po' troppo. Il vuoto è proprio l'unico ad avere la proprieta \(1\): voglio dire che se un insieme \(I\) ha la proprietà\[\text{per ogni insieme \(X\) esiste un'unica funzione \(f : I \to X\)}\,,\] allora \(I=\nil\).
Esercizio. Dimostrare il fatto appena enunciato.
Dico un po' troppo fortunati, perché l'uguaglianza in senso classico è troppo. Bisogna rilassare un po' le cose. Pure il concetto di unicità è troppo ferreo per CT. Ma ci sarà tempo per vedere ciò.
Quello che già abbiamo fatto è interessante.
Meta-esercizio. Da \[\forall x : x \notin \nil\] a \[\text{per ogni insieme \(X\) esiste un'unica funzione \(f : \nil \to X\)}\] ne è passata di acqua sotto i ponti, in termini di linguaggio. Cos'è cambiato? (Vediamo cosa succede a tirare in causa il lettore in questo modo...)
(Vediamo che sviluppi può avere questa situazione...)
È meglio avvisare che verranno usate delle verità vuote. (Ma che termini...

In un qualsiasi corso di Analisi 1 o Algebra Lineare sono stati introdotti dei rudimenti di insiemistica, uno tra questi è l'esotico \(\nil\), che ha la proprietà di non possedere alcun elemento: più formalmente vale \[\forall x : x \notin \nil\,.\] È talmente particolare questo oggetto che è anche unico, siccome non bastasse.
Vediamo che ha un'altra proprietà interessante per i nostri scopi... Prima però dobbiamo guardarci attorno e scegliere dove stare, non è una cosa da poco. D'altra parte dentro \(\nil\) non c'è niente. Ci mettiamo tra gli insiemi e le funzioni tra insiemi [nota]Un classicissimo esempio di categoria! Ma per ora potete fare finta di niente, il concetto di categoria verrà formalizzato per bene più tardi.[/nota]. In questo regno \(\nil\) ha questa caratteristica tutt'altro che banale:
\begin{equation}\text{per ogni insieme \(X\) esiste un'unica funzione \(f : \nil \to X\)}\end{equation} È una proprietà abbastanza inusuale: chi l'ha mai vista una funzione che ha come dominio il vuoto? Invero queste funzioni hanno la stessa dignità di tutte le altre funzioni! Una funzione essenzialmente è un qualcosa di questo tipo: dati due insiemi \(A\) e \(B\), una funzione dal primo insieme al secondo associa ad ogni elemento di \(A\) uno e un solo elemento di \(B\). Nella teoria degli insiemi [nota]dove tutto è praticamente un insieme[/nota], una funzione altro non è che un sottoinsieme \(f\) di \(A \times B\) con la caratterizzazione che per ogni \(x \in A\) esiste un'unica \(y \in B\) tale che \((x,y) \in f\). Bene, bene... Ho evidenziato il quantificatore "ogni", il quale se \(A\) è vuoto porta a una verità vuota in piena regola. Sperando di aver reso accettabile l'esistenza di funzioni con dominio vuoto, facciamo vedere che è unica la funzione della \((1)\).
Siamo anche fortunati, un po' troppo. Il vuoto è proprio l'unico ad avere la proprieta \(1\): voglio dire che se un insieme \(I\) ha la proprietà\[\text{per ogni insieme \(X\) esiste un'unica funzione \(f : I \to X\)}\,,\] allora \(I=\nil\).
Esercizio. Dimostrare il fatto appena enunciato.
Dico un po' troppo fortunati, perché l'uguaglianza in senso classico è troppo. Bisogna rilassare un po' le cose. Pure il concetto di unicità è troppo ferreo per CT. Ma ci sarà tempo per vedere ciò.
Quello che già abbiamo fatto è interessante.
Meta-esercizio. Da \[\forall x : x \notin \nil\] a \[\text{per ogni insieme \(X\) esiste un'unica funzione \(f : \nil \to X\)}\] ne è passata di acqua sotto i ponti, in termini di linguaggio. Cos'è cambiato? (Vediamo cosa succede a tirare in causa il lettore in questo modo...)
(Vediamo che sviluppi può avere questa situazione...)
Risposte
Ciao! Come ti dicevo, eccomi tra i fan. L'esercizio:
Per l'ultima domanda che fai non so se ho colto bene...
Grazie in ogni caso per il tempo che spendi!
Per l'ultima domanda che fai non so se ho colto bene...
Grazie in ogni caso per il tempo che spendi!
Bene, si parte in discesa per prendere la rincorsa…
Rispondo all’ultima domanda, perché le altre mi sembrano banali.
Tra le due proposizioni cambia parecchio, non tanto a livello sintattico, quanto semantico (se così si può dire): la seconda caratterizza \(\varnothing\) (anche a me piace più questo simbolo rispetto a $emptyset$) mediante un confronto con oggetti “della stessa specie” (gli insiemi) piuttosto che mediante un confronto tra oggetti “di specie diversa” (gli elementi).
Questo problema di “speciazione” in TdI sarebbe improponibile: infatti, in TdI ogni oggetto è un insieme.
Come vado prof?

Rispondo all’ultima domanda, perché le altre mi sembrano banali.
Tra le due proposizioni cambia parecchio, non tanto a livello sintattico, quanto semantico (se così si può dire): la seconda caratterizza \(\varnothing\) (anche a me piace più questo simbolo rispetto a $emptyset$) mediante un confronto con oggetti “della stessa specie” (gli insiemi) piuttosto che mediante un confronto tra oggetti “di specie diversa” (gli elementi).
Questo problema di “speciazione” in TdI sarebbe improponibile: infatti, in TdI ogni oggetto è un insieme.
Come vado prof?

Esercizio:
Riguardo al meta-esercizio, insieme affermano che \(\varnothing\) è uno strict initial object. Ovvero la prima parte equivale a dire che non esiste \( f\colon 1\rightarrow \varnothing \). Siccome \(1\) è terminale in \(\mathrm{Set}\) allora l'unico insieme \(X\) per cui esiste una funzione \( f\colon X\rightarrow \varnothing \) è \(\varnothing\) stesso (e sappiamo che si deve trattare dell'identità). Di fatto si focalizzano su due aspetti diversi dell'insieme.
Riguardo al meta-esercizio, insieme affermano che \(\varnothing\) è uno strict initial object. Ovvero la prima parte equivale a dire che non esiste \( f\colon 1\rightarrow \varnothing \). Siccome \(1\) è terminale in \(\mathrm{Set}\) allora l'unico insieme \(X\) per cui esiste una funzione \( f\colon X\rightarrow \varnothing \) è \(\varnothing\) stesso (e sappiamo che si deve trattare dell'identità). Di fatto si focalizzano su due aspetti diversi dell'insieme.
Uso qualche [offtopic] perché c'è qualcuno che magari vuole risolvere lo stesso problema in un altro modo? Mi sembra di aver capito che queste siano le regole?
Esiste un'unica funzione da \(\varnothing\) a \(A\) per ogni insieme \(A\):
[ot]La definzione di funzione è questa: è una relazione, cioè un sottoinsieme di \(\varnothing\times A =\varnothing\) tale che per ogni \(x\in\varnothing\) esista un unico \(a \in A\) tale che \((x,a)\in f\); la relazione vuota è certamente l'unica che esiste in \(\varnothing\), ma è anche una funzione? La condizione per esserlo può essere riscritta come
\[
x\in \varnothing \Rightarrow \exists ! a\in A : (x,a)\in f
\] cioè come una proposizione della forma \(p \Rightarrow q\); se ora \(p\) è falsa, però, l'implicazione \(p\Rightarrow q\) è vera, perché (perlomeno in logica classica) \(p\Rightarrow q \,=\, q\lor \lnot p \,=\, q\lor\top \,=\, \top\)[/ot]
Tuttavia non esiste nessuna funzione \(A \to \varnothing\), a meno che \(A\) non sia vuoto:
[ot]Una funzione \(f : A \to \varnothing\) è tale che
\[
a\in A \Rightarrow \exists ! x\in\varnothing : (a,x)\in f
\] però adesso questo diventa \(p\Rightarrow q \,=\, q\lor \lnot p = \lnot p\) che è vera se e solo se \(p\) è falsa, ossia se e solo se non ci sono elementi in \(A\).
Per vedere che le due definizioni di insieme vuoto sono equivalenti, un verso è stato appena fatto: ossia, se assumiamo che "insieme vuoto" significa "non ha elementi", allora l'insieme vuoto ha la proprietà per cui esiste solo una funzione \(\varnothing\to A\) per ogni $A$, e nessuna \(A\to \varnothing\) quando $A$ non è vuoto.
Il viceversa è altrettanto semplice usando §1 del pdf che Indrjo mi ha consigliato di leggere qualche tempo fa: un "elemento" di un insieme $A$ si identifica a una funzione \( 1 \to A\), dove 1 è un qualsiasi singleton, ossia un insieme con un solo elemento (questa definizione sembra circolare ma non lo è: "1" è un qualsiasi insieme che abbia un unica funzione da sé in sé stesso), diciamo che l'elemento si chiama \(\{x\}\), ma potete chiamarlo come volete. Allora, se interpretiamo "\(x\in A\)" come "esiste una funzione \(x : \{x\} \to A\)", abbiamo che se \(A=\varnothing\) non esiste nessuna funzione \(\{x\} \to \varnothing\), quindi è sempre falso che \(x\in A\), quindi \(x\notin A\) per ogni $x$.
La semantica (nel senso tecnico) quindi mi sembra la stessa: le due formule hanno la stessa interpretazione.[/ot]
Esiste un'unica funzione da \(\varnothing\) a \(A\) per ogni insieme \(A\):
[ot]La definzione di funzione è questa: è una relazione, cioè un sottoinsieme di \(\varnothing\times A =\varnothing\) tale che per ogni \(x\in\varnothing\) esista un unico \(a \in A\) tale che \((x,a)\in f\); la relazione vuota è certamente l'unica che esiste in \(\varnothing\), ma è anche una funzione? La condizione per esserlo può essere riscritta come
\[
x\in \varnothing \Rightarrow \exists ! a\in A : (x,a)\in f
\] cioè come una proposizione della forma \(p \Rightarrow q\); se ora \(p\) è falsa, però, l'implicazione \(p\Rightarrow q\) è vera, perché (perlomeno in logica classica) \(p\Rightarrow q \,=\, q\lor \lnot p \,=\, q\lor\top \,=\, \top\)[/ot]
Tuttavia non esiste nessuna funzione \(A \to \varnothing\), a meno che \(A\) non sia vuoto:
[ot]Una funzione \(f : A \to \varnothing\) è tale che
\[
a\in A \Rightarrow \exists ! x\in\varnothing : (a,x)\in f
\] però adesso questo diventa \(p\Rightarrow q \,=\, q\lor \lnot p = \lnot p\) che è vera se e solo se \(p\) è falsa, ossia se e solo se non ci sono elementi in \(A\).
Per vedere che le due definizioni di insieme vuoto sono equivalenti, un verso è stato appena fatto: ossia, se assumiamo che "insieme vuoto" significa "non ha elementi", allora l'insieme vuoto ha la proprietà per cui esiste solo una funzione \(\varnothing\to A\) per ogni $A$, e nessuna \(A\to \varnothing\) quando $A$ non è vuoto.
Il viceversa è altrettanto semplice usando §1 del pdf che Indrjo mi ha consigliato di leggere qualche tempo fa: un "elemento" di un insieme $A$ si identifica a una funzione \( 1 \to A\), dove 1 è un qualsiasi singleton, ossia un insieme con un solo elemento (questa definizione sembra circolare ma non lo è: "1" è un qualsiasi insieme che abbia un unica funzione da sé in sé stesso), diciamo che l'elemento si chiama \(\{x\}\), ma potete chiamarlo come volete. Allora, se interpretiamo "\(x\in A\)" come "esiste una funzione \(x : \{x\} \to A\)", abbiamo che se \(A=\varnothing\) non esiste nessuna funzione \(\{x\} \to \varnothing\), quindi è sempre falso che \(x\in A\), quindi \(x\notin A\) per ogni $x$.
La semantica (nel senso tecnico) quindi mi sembra la stessa: le due formule hanno la stessa interpretazione.[/ot]
Apparentemente quindi sembra che "non avere elementi" sia equivalente a 1) avere solo una funzione da sé a ogni insieme, e 2) non avere nessuna funzione da un non vuoto a sé stessi, e non solo a 1)... Oppure la mia dimostrazione si può miglioreare??
"Indrjo Dedej":
[ot]Questa cosa c'è sul Dugundji


Comunque se vogliamo questa è una conseguenza dell'assioma di estensionalità e del fatti che in ZF(C) non ci siano ur-elementi[/ot]
chi l'ha mai vista una funzione che ha come dominio il vuoto?
Penso letteralmente chiunque abbia visto un minimo di matematica

Comunque voglio complimentarmi con te per questo primo post, non è eccessivamente spinto e introduce gradualmente il modo di pensare proprio della teoria della categorie, insomma per ora direi che stai andando bene

Bene, bene, è stato troppo facile, eh? 
Procediamo un po' con calma, visto che i post sono diversi, ed hanno alcune peculiarità. Procediamo dal fondo (avrei voluto andare con ordine, ma a questo punto è meglio fare così). Riguardo al metaesercizio, beh, avete compreso che qualcosa è cambiato. In termini linguistici si passa dal parlare in termini di "insiemi e \(\in\)", mentre nel secondo in "insiemi e funzioni". Bon, linguisticamente qualcosa è cambiato, perché non nascondo il fatto che si sta cercando di abbandonare \(\in\), in favore di funzioni. Ma "sostanzialmente"? Se ci atteniamo a come ho fatto io, non si è fatto altro che definire il concetto di funzione in un linguaggio fatto di insiemi e \(\in\). In altre parole, ho nascosto \(\in\) con una funzione, ma in un certo senso soppravvive nella definizione di funzione. Se non ho capito male, solaàl voleva dire che non è che sia cambiato tantissimo. Però (ci sono sempre i "però") e se mi venisse l'idea malsana e delirante di dire "facciamo che prendiamo come primitivi il concetto di insieme e di funzione!"? Dopo tutto nella teoria degli insiemi la definizione di funzione come un particolare (sotto)insieme è solo un modo di imbrigliare il concetto di "funzione", "qualcosa che prende un input ed emette un output". E se lo volessimo lasciare "intuitivo", e dimenticarci dell'appartenenza? Non male. Ti vien fuori qualcosa di interessante. (Il pdf linkato da solaàl per esempio.) La situazione è un po' delicata e va oltre alle parole spese fino ad ora. Meglio aver fornito uno spunto, così magari suscito l'interesse. (Comunque di questa assiomatica alternativa in questa serie di discussioni non ne parleremo tanto, le mie mire sono quelle di farvi fare un po' di CT semplice semplice.)
Sì, i categoristi ce l'hanno con \(\in\)!
No, dai scherzo...
Poi ci vediamo le soluzioni dell'esercizietto...

Procediamo un po' con calma, visto che i post sono diversi, ed hanno alcune peculiarità. Procediamo dal fondo (avrei voluto andare con ordine, ma a questo punto è meglio fare così). Riguardo al metaesercizio, beh, avete compreso che qualcosa è cambiato. In termini linguistici si passa dal parlare in termini di "insiemi e \(\in\)", mentre nel secondo in "insiemi e funzioni". Bon, linguisticamente qualcosa è cambiato, perché non nascondo il fatto che si sta cercando di abbandonare \(\in\), in favore di funzioni. Ma "sostanzialmente"? Se ci atteniamo a come ho fatto io, non si è fatto altro che definire il concetto di funzione in un linguaggio fatto di insiemi e \(\in\). In altre parole, ho nascosto \(\in\) con una funzione, ma in un certo senso soppravvive nella definizione di funzione. Se non ho capito male, solaàl voleva dire che non è che sia cambiato tantissimo. Però (ci sono sempre i "però") e se mi venisse l'idea malsana e delirante di dire "facciamo che prendiamo come primitivi il concetto di insieme e di funzione!"? Dopo tutto nella teoria degli insiemi la definizione di funzione come un particolare (sotto)insieme è solo un modo di imbrigliare il concetto di "funzione", "qualcosa che prende un input ed emette un output". E se lo volessimo lasciare "intuitivo", e dimenticarci dell'appartenenza? Non male. Ti vien fuori qualcosa di interessante. (Il pdf linkato da solaàl per esempio.) La situazione è un po' delicata e va oltre alle parole spese fino ad ora. Meglio aver fornito uno spunto, così magari suscito l'interesse. (Comunque di questa assiomatica alternativa in questa serie di discussioni non ne parleremo tanto, le mie mire sono quelle di farvi fare un po' di CT semplice semplice.)
Sì, i categoristi ce l'hanno con \(\in\)!

Poi ci vediamo le soluzioni dell'esercizietto...
Puoi decidere che la nozione primitiva è la relazione ben fondata di appartenenza, oppure dichiarare che \(x\in_A A\) significa "quella funzione \(\lfloor x\rfloor : 1 \to A\) che corrisponde a \(x\) mediante la biiezione \(\lfloor - \rfloor : A\cong \{x : 1 \to A\}\)".
Il problema, come mi avete insegnato voi, è che a volte i singoletti non bastano a distinguere gli elementi di due oggetti; è cioè possibile che esistano due oggetti \(A,B\) tali che \(x\in_A A \iff x\in_B B\) anche se \(A\neq B\)! Per esempio, prendiamo i gruppi abeliani: il gruppo zero è un "singoletto" nella definizione che ho dato sopra, perché l'unico omomorfismo di gruppi \((0) \to (0)\) è l'identità. Però adesso esiste un'unico omomorfismo anche in uscita da \((0)\)! Infatti, solo l'inclusione di \((0)\) in un gruppo abeliano \(A\) (il suo sottogruppo banale minimo) va bene come omomorfismo \((0) \to A\)...
Che cosa si può fare allora?
Il problema, come mi avete insegnato voi, è che a volte i singoletti non bastano a distinguere gli elementi di due oggetti; è cioè possibile che esistano due oggetti \(A,B\) tali che \(x\in_A A \iff x\in_B B\) anche se \(A\neq B\)! Per esempio, prendiamo i gruppi abeliani: il gruppo zero è un "singoletto" nella definizione che ho dato sopra, perché l'unico omomorfismo di gruppi \((0) \to (0)\) è l'identità. Però adesso esiste un'unico omomorfismo anche in uscita da \((0)\)! Infatti, solo l'inclusione di \((0)\) in un gruppo abeliano \(A\) (il suo sottogruppo banale minimo) va bene come omomorfismo \((0) \to A\)...
Che cosa si può fare allora?
"solaàl":
prendiamo i gruppi abeliani: il gruppo zero è un "singoletto" nella definizione che ho dato sopra, perché l'unico omomorfismo di gruppi \((0) \to (0)\) è l'identità. Però adesso esiste un'unico omomorfismo anche in uscita da \((0)\)! Infatti, solo l'inclusione di \((0)\) in un gruppo abeliano \(A\) (il suo sottogruppo banale minimo) va bene come omomorfismo \((0) \to A\)...
Che cosa si può fare allora?
Ottima osservazione. Stai dicendo che il singoletto, tra gli insiemi, ha due proprietà
[*:1w4daj2g] guardare alle funzioni da esso ad un altro insieme permette di determinare se due insiemi sono isomorfi o no (in categorese, il singoletto è un generatore per la categoria degli insiemi),[/*:m:1w4daj2g]
[*:1w4daj2g] dato un qualsiasi insieme $A$, esiste una e solo una funzione da $A$ verso il singoletto (in categorese, il singoletto è terminale nella categoria degli insiemi).[/*:m:1w4daj2g][/list:u:1w4daj2g]
Il fatto che sia lo stesso oggetto ad avere entrambe le proprietà, tra gli insiemi, è (circa) una coincidenza. Come osservi correttamente, il gruppo zero, tra i gruppi abeliani, è terminale (e, come ci sta facendo osservare Indrjo, è anche iniziale!). Ma anche tra i gruppi abeliani c'è un generatore, sebbene non sia il gruppo zero. Chi è?
(Nota a margine: nessuno obbliga una categoria ad avere un oggetto terminale, o un generatore; il lettore volenteroso può pensare a dei controesempi)
"Indrjo Dedej":
Sì, i categoristi ce l'hanno con \(\in\)!No, dai scherzo...
In realtà è verissimo. È dovuto al fatto che esistono contesti in cui \(\in\) non ha senso

"Indrjo Dedej":
Però (ci sono sempre i "però") e se mi venisse l'idea malsana e delirante di dire "facciamo che prendiamo come primitivi il concetto di insieme e di funzione!"? Dopo tutto nella teoria degli insiemi la definizione di funzione come un particolare (sotto)insieme è solo un modo di imbrigliare il concetto di "funzione", "qualcosa che prende un input ed emette un output". E se lo volessimo lasciare "intuitivo", e dimenticarci dell'appartenenza?
Però per ottenere una teoria equivalente dovresti riuscire a tradurre nella nuova teoria l'appartenenza. Come vorresti fare? Magari dicendo che $x\in y$ se $EEf:x->{z}$ tale che $f(x)=z$ per qualche $z$? Questo potrebbe funzionare se si da un significato a $f(x)$ in questa fondazione alternativa.
"Epimenide93":
Ma anche tra i gruppi abeliani c'è un generatore, sebbene non sia il gruppo zero. Chi è?
Mi verrebbe da pensare che sia $ZZ$, e che più in generale tra gli $R$-moduli $R$ sia un generatore ma non mi viene in mente un motivo.
Ripensandoci, eccolo:
"Epimenide93":
In realtà è verissimo. È dovuto al fatto che esistono contesti in cui ∈ non ha senso
All'inzio non c'era "No, dai scherzo...". L'ho messo forse perché poteva sembrare troppo. (Poi io sono quello che ha come firma "Ich bin kein Mensch, Ich bin Dyamit", tanto per non spavemtare così all'inizio...

Bon... torniamo all'esercizietto banale e facile facile che ho dato. Non è stupido, e questo mi è confermato dal fatto che solaàl mi da una bellla risposta in "logichese" e in "insiemistichese". Poi c'è Bremen000, che ha capito come va il gioco: ti sei elevato in un certo senso ad un nuovo linguaggio. la riporto qua sotto.
"Bremen000":Bene bene. Come ho detto questo è un caso troppo fortunato:
sia $I$ che soddisfa la $(1)$ (con $I$ al posto di $\emptyset$). Allora sono uniche le mappe
\[ \text{id}_I : I \to I \quad \text{id}_{\emptyset} : \emptyset \to \emptyset \quad f : I \to \emptyset \quad g : \emptyset \to I \]
ma allora deve essere $ f \circ g = \text{id}_{\emptyset}$ e $g \circ f = \text{id}_I$. Ma quindi $I$ è in bigezione con il vuoto cosa che mi dovrebbe implicare che $I = \emptyset$ per unicità del vuoto.
"Bremen000":Ci sono altrove fenomeni analoghi altrove in cui ti devi accontentare di \(\cong\) al posto di un \(=\) troppo stringente e severo. Ma non è che ci si accontenta perché ci si arrende, piuttosto si impara che si può fare tanto con gli isomorfismi.
Qualcosa del tipo \[ x \in \emptyset \Leftrightarrow g(x) \in \emptyset.\]Ma la roba a destra è sempre falsa e quindi lo è anche quella a sinistra.
Ah, ormai non vi nascondo che \(\varnothing\) è l'(elemento) iniziale in \(\mathbf{Set}\), anche vi è stato spoilerato.
È una sorta di leitmotiv: "arrows, arrows everywhere!".
Bon, la prossima volta vi do qualcosa di più difficile, così ci pensate un po' più a lungo, e ho più tempo per il proseguimento...
"otta96":Se fai la scelta di partire da insiemi e funzioni con atomi del discorso, l'appartenenza ad un insieme \(X\) è un sofisma, se vuoi: una funzione da un insieme un insieme con uno e un solo elemento (ha importnza quale?) verso \(X\). Eccotelo un elemento \(x\) che appartiene a \(X\):
Però per ottenere una teoria equivalente dovresti riuscire a tradurre nella nuova teoria l'appartenenza. Come vorresti fare? Magari dicendo che $x\in y$ se $EEf:x->{z}$ tale che $f(x)=z$ per qualche $z$? Questo potrebbe funzionare se si da un significato a $f(x)$ in questa fondazione alternativa.
[tex]\xymatrix{\{\bullet\} \ar[r]^x & X}[/tex]
Non mi convince molto questo discorso, a meno che il tuo intento non sia di ottenere una teoria equivalente, cosa che pensavo volessi fare.
"Indrjo Dedej":Se fai la scelta di partire da insiemi e funzioni con atomi del discorso, l'appartenenza ad un insieme \(X\) è un sofisma, se vuoi: una funzione da un insieme un insieme con uno e un solo elemento (ha importnza quale?) verso \(X\). Eccotelo un elemento \(x\) che appartiene a \(X\):
[quote="otta96"]Però per ottenere una teoria equivalente dovresti riuscire a tradurre nella nuova teoria l'appartenenza. Come vorresti fare? Magari dicendo che $x\in y$ se $EEf:x->{z}$ tale che $f(x)=z$ per qualche $z$? Questo potrebbe funzionare se si da un significato a $f(x)$ in questa fondazione alternativa.
[tex]\xymatrix{\{\bullet\} \ar[r]^x & X}[/tex]
[/quote]
Il problema che vedo qui è, in fondo, solo uno: “come definisco cos’è un insieme con un solo elemento?”
Probabilmente c’è da richiedere l’esistenza di un oggetto fatto come un singleton per assioma.
Però per ottenere una teoria equivalente dovresti riuscire a tradurre nella nuova teoria l'appartenenza. Come vorresti fare?
"otta96":
Non mi convince molto questo discorso, a meno che il tuo intento non sia di ottenere una teoria equivalente, cosa che pensavo volessi fare.
Gli elementi di $A$ sono le funzioni \(1\to A\); l'appartenenza è definita dalla relazione \(A \rightsquigarrow 2^A\) (ossia dalla funzione \(A\times 2^A\to \{0,1\}\)) che manda \((a,U)\) in 1 se \(a\in_A U\), ossia se \(a : 1 \to A\) fattorizza lungo \(i_U : U\to A\) nel triangolo
[tex]\xymatrix{
1 \ar@{.>}[dr]\ar[rr]^a&& A \\
&U\ar[ur]&
}[/tex]
1 \ar@{.>}[dr]\ar[rr]^a&& A \\
&U\ar[ur]&
}[/tex]
e in 0 altrimenti.
Il problema che vedo qui è, in fondo, solo uno: “come definisco cos’è un insieme con un solo elemento?”No, in ZF è un corollario di (parecchi) altri assiomi (scegli tu quale):
Probabilmente c’è da richiedere l’esistenza di un oggetto fatto come un singleton per assioma.
[*:ptcny12i] L'assioma dell'insieme potenza e l'assioma dell'insieme vuoto implicano che \(\{\varnothing\}\) è un insieme, ed esso ha un unico elemento (c'è un unico sottoinsieme in \(\varnothing\)...)[/*:m:ptcny12i]
[*:ptcny12i] l'assioma di rimpiazzamento con la proprietà \(P_\varnothing := [x=\varnothing]\) assicura che esiste l'insieme di tutti gli insiemi che soddisfano \(P_\varnothing\); questo insieme è \(\{\varnothing\}\); ovviamente l'assioma di rimpiazzamento usato in induttivamente in questa maniera genera altri insiemi... che sono tutti singoletti. Infatti i singoletti sono una classe propria (si dimostra per assurdo, supponendo sia un insieme).[/*:m:ptcny12i]
[*:ptcny12i] con l'assioma dell'infinito, esiste un insieme $N$ che sia induttivo; del resto, siccome $N$ è induttivo e \(\varnothing\subset N\), allora \(\varnothing \in N\), ma allora \(\varnothing \cup \{\varnothing\} = \{\varnothing\} \in N\), ma allora \(\{\varnothing\} \subseteq N\), e allora \(\{\varnothing\}\) è un insieme (sottoclassi di insiemi sono insiemi).[/*:m:ptcny12i][/list:u:ptcny12i]
In ETCS invece l'esistenza di un insieme singoletto è corollario dell'esistenza del prodotto sul vuoto: \(\prod_\varnothing()\cong 1\), dato che la proprietà universale del prodotto \(K=\prod_\varnothing()\) impone l'esistenza di "proiezioni" sui fattori, una per ciascun elemento di \(\varnothing\) (e quindi, nessuna: verità vuota), tali che per ogni altra famiglia \(\{A\to A_i \mid i\in\varnothing\}\), e quindi (verità vuota) per ogni altro insieme \(A\), esista un'unica funzione \(A\to K\); questa proprietà dice esattamente che \(K\) ha un solo elemento: se ne avesse due, ci sarebbe più di una funzione da, diciamo, \(2 := \{\varnothing, \{\varnothing\}\}\) verso $K$ (si scelgono due elementi diversi di \(K\), cosa che si può fare senza altri assiomi, e si compone con la permutazione non-identica che li scambia di nome).
Be sono gli unici oggetti che appartengono a se stessi.
Non vedo dove sia il problema, e' l'assioma dell'estensionalita'
Non vedo dove sia il problema, e' l'assioma dell'estensionalita'
@ solaàl: Non intendevo definire i singleton in ZF né in altra assiomatizzazione della TdI; intendevo definirli in CT.
"gugo82":
@ solaàl: Non intendevo definire i singleton in ZF né in altra assiomatizzazione della TdI; intendevo definirli in CT.
Certo, appunto: \(1\cong \prod_\varnothing()\), ossia il limite dell'unico funtore \(\varnothing \to \text{Set}\).
"otta96":
La stessa dimostrazione si può fare per gli $R$-moduli. E tra l'altro vale anche in tutti i gruppi (anche non abeliani). Giusto?
Giusto!
"Indrjo Dedej":
Ah, ormai non vi nascondo che \(\varnothing\) è l'(elemento) iniziale in \(\mathbf{Set}\), anche vi è stato spoilerato.
Ops ^^"
Comunque, noto che il discorso sta prendendo una piega forse inutilmente complicata. La "reinterpretazione" che Indrjo sta abilmente ottenendo per ingegneria inversa di alcune nozioni categoriali può avere, a priori, due scopi
[*:21xau5qq] Guardare cosa succede in categorie familiari, ed astrarre i fenomeni in linguaggio puramente categoriale per reinterpretarli/riconoscerli altrove;[/*:m:21xau5qq]
[*:21xau5qq] Fare fondazioni interamente basate sulle idee della teoria delle categorie.[/*:m:21xau5qq][/list:u:21xau5qq]
Ora, la prima cosa avviene interamente in ZF(C) (o, quando torna comodo, qualche sua estensione non troppo "preoccupante"), l'uso di un diverso paradigma è puramente funzionale alle diverse tecniche dimostrative applicabili una volta inseriti un paio di tool categoriali nella propria cassetta degli attrezzi.
La seconda cosa è un discorso molto più complicato, e per certi versi destinato ad essere o insoddisfacente (la teoria che si ottiene in maniera "ingenua", ETCS, non è espressiva quanto ZFC), o potenzialmente interessante ma andando a scomodare nozioni, tecniche e tecnicismi che vanno ben oltre degli interessi che possono essere "common ground matematico", e che sono quasi esclusivamente appannaggio di una certa sottocategoria (pun intended) di logici (ovvero, toccherebbe parlare di teoria omotopica dei tipi, ma è una cosa di cui farà volentieri a meno chiunque non sia un logico o un informatico, allo stato attuale delle cose).
Spero di non aver spoilerato niente stavolta

Bon, la situazione sta prendendo definitivamente un'altra piega. Aspetta, chi ha tirato fuori l'appartenza come "funzione \(1 \to X\)"? La prossima volta sarò un pochino più severo per evitare certe "deviazioni". Sebbene il chaos possa essere molte volte costruttivo, vorrei evitare in queste sedi. Comunque sia, l'importante è aver suscitato la vostra curiosità in un modo o nell'altro: potreste leggere qualcosa in merito e, in caso di dubbi, aprire una discussione apposita.
