Chiedo un parere agli insegnanti

mgrau
Vorrei chiedere: trovate che sia sensato il peso che viene dato, per fare un esempio, alla scomposizione di polinomi? Potreste chiarirmi dove sta l'interesse dell'argomento?
E, nella scuola, ci sono discussioni su possibili modifiche dei programmi? Chi è, concretamente, che stabilisce i programmi? E sono gente del mestiere o, come mi viene da sospettare, personaggi di formazione umanistica?
Non pensate che i programmi attuali, e il modo in cui vengono portati avanti, abbiano il velato (e magari neanche tanto) scopo di far odiare la matematica ai poveri studenti? (non dimentichiamo che per Giovanni Gentile la sola scuola vera era il liceo classico) Perchè non credo si possa negare che questo è di fatto il risultato.
(si tratta evidentemente di domande retoriche. Ma chissà, perchè escludere che qualcuno mi faccia vedere che c'è una logica in tutto ciò?)

Risposte
axpgn
Non sono un insegnante ma voglio dirti qualcosa lo stesso (più che altro perché secondo me parti male :-D )

"mgrau":
… trovate che sia sensato il peso che viene dato, per fare un esempio, alla scomposizione di polinomi? Potreste chiarirmi dove sta l'interesse dell'argomento?

Sensatissimo! (Estremizzo ovviamente :D )
Moltiplicare son capaci tutti (beh, quasi tutti ... :-D ) ma il contrario non è affatto banale: riuscire a "vedere" quello che non è "evidente" è difficile ed allenare "l'occhio" (e la mente) è molto utile, sicuramente più che far applicare "schemi" in modo meccanico ...
Se vuoi è lo stesso discorso che spesso si fa tra derivate ed integrali ovvero come disse qualcuno (non saprei chi) "derivare è facile, integrare è arte" (Sto sempre estremizzando ma è per rendere l'idea :wink: ) ... IMHO

Cordialmente, Alex

@melia
@ axpgn Io l'ho sentita in pseudo-latino: "derivare humanum est, integrare diabolicum est".

Non sono un'amante degli esercizi "calcolosi", non amo le scomposizioni con frazioni ed esorto i miei studenti a riportare tutti i coefficienti a numeri interi raccogliendo la frazione in testa all'esercizio, neanche le espressioni con frazioni algebriche molto lunghe sono tra le cose preferite. I miei esercizi preferiti sono problemi semplici di applicazione delle proprietà algebriche. Per fare un esempio l'esercizio sulle frazioni algebriche del compito di recupero in una prima liceo scientifico:

Indica con $a$ e $b$ due generici numeri reali e scrivi l’espressione algebrica che corrisponde alla seguente frase: “dividere la somma dei reciproci dei due numeri per il quadrato della somma dei due numeri e moltiplicare il risultato ottenuto per la somma dei cubi dei due numeri”.
1. Determina le condizioni di esistenza dell’espressione scritta.
2. Semplifica l’espressione.
3. Determina il valore che assume l’espressione quando $a= -2$ e $b= -4$.

Indrjo Dedej
"mgrau":

Chi è, concretamente, che stabilisce i programmi?
Nessuno lo sa, a questo punto...
"mgrau":

E sono gente del mestiere o, come mi viene da sospettare, personaggi di formazione umanistica?
Ahahah, nemmeno questo si sa.
"mgrau":

Non pensate che i programmi attuali, e il modo in cui vengono portati avanti, abbiano il velato (e magari neanche tanto) scopo di far odiare la matematica ai poveri studenti?
Il problema è che si fa odiare qualcosa che loro hanno capito essere Matematica. Esagero? No. Per odiare qualcosa bisogna conoscerla un po' meglio. L'immagine che si perpetua alle superiori è quella che è odiata. La Matematica non sanno cosa sia veramente. Magari odieranno pure quella, ma non ci abbiamo neppure provato. È una situazione difficile la didattica della Matematica: si può fare della Matematica seria alle superiori? Bisogna tener conto che non tutti faranno i Matematici: quindi esiste un programmazione decente, intendo, una via tra Matematica seria e età/livello/progetti degli studenti? Per usare una immagine platonica, si può alle superiori ambire in alto e al contempo tenere conto di fattori quali l'età o il tempo dedicato a scuola oppure il percorso che gli studenti vogliono intraprendere?
Tu che faresti per esempio? Come cambieresti le cose?

"mgrau":

non dimentichiamo che per Giovanni Gentile la sola scuola vera era il liceo classico) Perchè non credo si possa negare che questo è di fatto il risultato.
L'Italia è un paese antiscientifico. (Pensa alla situazione *coff* politica *coff* oggi per esempio, ai numerosi slogan con dati e numeri infondati presi da chissà dove. E noi, pesci abbocchiamo.)

Tornando alle prime domande
"mgrau":

Vorrei chiedere: trovate che sia sensato il peso che viene dato, per fare un esempio, alla scomposizione di polinomi? Potreste chiarirmi dove sta l'interesse dell'argomento?
È una delle rare occasioni in cui lo stundente è chiamato a vedere quello che non c'è a prima vista. E ciò significa: fai un tentativo; arrivi a qualcosa? sì, bravo, altrimenti torna a capo e riprova finché non ci riesci.

mgrau
"Indrjo Dedej":
Tu che faresti per esempio? Come cambieresti le cose?

Penso che bisognerebbe chiedersi: perchè si insegna la matematica a scuola?
Direi che ci sono due motivi: uno è quello di fornire le competenze minime per sopravvivere nella nostra società, il non significa solo "far di conto" ma anche saper leggere le notizie e riconoscere le bufale (a questo proposito, mi piacerebbe che nelle scuole si tenessero lezioni specifiche per smascherare i dati numerici ingannevoli o fuorvianti di cui i giornali sono pieni, e i trucchi usati a questo scopo: uno per tutti, presentare dei grafici sull'andamento di un qualche fenomeno in cui la base non è zero: per es. qualcosa che passa da 101 a 102, ma la base del grafico è a 100, così la cosa appare raddoppiata)
L'altro motivo è quello di mostrare la bellezza della materia, al di là di ogni applicazione pratica: e qui, quanto ai contenuti, c'è solo l'imbarazzo della scelta: per dirne una,. le dimostrazioni di Cantor sulla numerabilità dei razionali e non dei reali.
Del resto, questa doppia motivazione c'è anche per l'italiano: sopravvivere nella società, e apprezzare la letteratura.
"Indrjo Dedej":
È una delle rare occasioni in cui lo stundente è chiamato a vedere quello che non c'è a prima vista. E ciò significa: fai un tentativo; arrivi a qualcosa? sì, bravo, altrimenti torna a capo e riprova finché non ci riesci.

Su questo, e anche con @axpgn, non sono d'accordo. Non vedo perseguito nessuno dei due scopi (eventualmente un terzo, sviluppare l'intuizione: ma allora, ci sarebbero anche tante altre strade; e mi sembra un po' come dedicarsi ai rebus della Settimana enigmistica)

axpgn
"mgrau":
… (a questo proposito, mi piacerebbe che nelle scuole si tenessero lezioni specifiche per smascherare i dati numerici ingannevoli o fuorvianti di cui i giornali sono pieni, e i trucchi usati a questo scopo: uno per tutti, presentare dei grafici sull'andamento di un qualche fenomeno in cui la base non è zero: per es. qualcosa che passa da 101 a 102, ma la base del grafico è a 100, così la cosa appare raddoppiata) …

Forse ti sfugge il fatto che per fare questo occorre conoscerne tanta di Matematica, ma tanta, e proprio quella "di base" che non ti piace … e lo stesso per le altre "mirabolanti" bellezze della Matematica come quelle su Cantor, le quali, se non sono precedute da adeguata consapevolezza, saranno solo delle "magie" o curiosità da Settimana Enigmistica :wink:
Mi sembra che tu (come, d'altronde, molti altri del resto se non la maggioranza) sia convinto che bastino soluzioni "semplici" a difficoltà che esistono da sempre, in tutto il mondo e in tutte le modalità didattiche: non esiste la "bacchetta magica".
E, se vuoi, questo scollamento tra "ciò che è" e "ciò che dovrebbe essere" (ma sarebbe meglio dire "quello che mi piacerebbe che fosse") è confermato dalla tua idiosincrasia ( :D ) verso le scomposizioni, cioè verso una "parte" qualitativamente migliore rispetto ad altri aspetti più meccanici della Matematica.
Sempre IMHO :wink:

Cordialmente, Alex

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