Algoritmo di Euclide per polinomi

dr00ster
Ragazzi ho un dubbio sull'utilizzo dell'Algoritmo di Euclide per il calcolo del M.C.D tra polinomi.
Siano dati i due polinomi $n^2+2n+1$ e $n^2+1$.
Adesso:
$n^2+2n+1=1*(n^2+1)+2n$
$n^2+1=(1/2n)(2n)+1$

Quindi $(n^2+2n+1,n^2+1)=(n^2+1,2n)=(2n,1)=1$
Ho sbagliato qualcosa fino a qui?

Però se si pone per esempio $n=3$ nei polinomi iniziali si ottiene $3^2+2*3+1=16$ e $3^2+1=10$, con $(16,10)=2$.
Cosa significa ciò??? :?: :|

Risposte
G.D.5
Ecco. Quindi in questo caso la scomposizione a coefficienti interi non è possibile.
Quindi tornando al MCD tra \(x^{5}-x^{2}\), \(x^{3}+x^{2}+x\) e \((x^{2}+x)^{2}-1\), considerando le due scomposizioni e la definizione di MCD che ti ho dato (che poi è quella che hai tu, solo enunciata diversamente), quel è il MCD?

dr00ster
"G.D.":
Ecco. Quindi in questo caso la scomposizione a coefficienti interi non è possibile.

Si, giusto, hai ragione. Non avevo pensato a polinomi del genere.

Forse inizio ad intuire dove vuoi andare a parare, ma non voglio affrettare troppe conclusioni... :D

Il MCD fra i tuoi tre polinomi è $x^2+x+1$: non avrebbe senso assumere come MCD un polinomio come $2x^2+2x+2=2*(x^2+x+1)$ perché altrimenti si potrebbe benissimo assumere qualsiasi polinomio del tipo $n*(x^2+x+1)$. È corretto?

In tal caso il fatto che il MCD dei due polinomi di partenza sia $1$ non esclude che in alcuni casi particolari tale MCD sia pari ad un multiplo di $1$ (che potrebbe dunque essere nel caso qualunque numero intero).
Ho colto nel segno?

G.D.5
"dr00ster":

Il MCD fra i tuoi tre polinomi è $x^2+x+1$: non avrebbe senso assumere come MCD un polinomio come $2x^2+2x+2=2*(x^2+x+1)$ perché altrimenti si potrebbe benissimo assumere qualsiasi polinomio del tipo $n*(x^2+x+1)$. È corretto?


E perché non avrebbe senso: il MCD tra due o più polinomi è quel polinomio di grado massimo che li divide tutti.
Non è forse vero che \(x^{2}+x+1\) e \(2x^{2}+2x+2\) dividono entrambi tutti e tre i polinomi che ti ho proposto e sono dello stesso grado?
Non è forse vero che qualunque polinomio \( k \cdot ( x^{2}+x+1 ) \) con \( k \neq 0 \) divide i tre polinomi che ti ho proposto ed è sempre di secondo grado?
Anche prendendo la definizione che ti ho dato io per il MCD (che poi, ripeto, è esattamente la tua solo che è scritta "come si deve") non è forse vero che se \(x^{2}+x+1\) la rispetta, allora la rispetta qualunque \( k \cdot ( x^{2}+x+1 ) \) con \( k \neq 0 \)?

P.S.
Per semplicità pensa sempre questi polinomi come polinomi a coefficienti reali, perché è ovvio che se cominciamo a pensare ai polinomi a coefficienti interi allora un polinomio come \(\sqrt{3}x-1\) non ha proprio senso: ovviamente c'è un nesso anche con i coefficienti dei polinomi ma per arrivare a questo dobbiamo capire qual è il problema che ha generato il quesito.

dr00ster
"G.D.":

Anche prendendo la definizione che ti ho dato io per il MCD (che poi, ripeto, è esattamente la tua solo che è scritta "come si deve") non è forse vero che se \(x^{2}+x+1\) la rispetta, allora la rispetta qualunque \( k \cdot ( x^{2}+x+1 ) \) con \( k \neq 0 \)?


Il mio "non ha senso" voleva essere inteso come: non ci sarebbe "motivo" ad assumere come MCD lo specifico polinomio $2⋅(x^2+x+1)$, proprio perché ogni polinomio della forma $k⋅(x^2+x+1)$ rispetta la definizione di MCD.
Assumerei dunque per "semplicità" il polinomio $x^2+x+1$.


A parte ciò, il problema che ha generato il quesito è di natura più "pratica".
Parlando di numeri: se due numeri $a$ e $b$ sono primi fra loro ($MCD(a,b)=1$) l'unico modo perché il prodotto $ab$ sia un quadrato perfetto è che si abbiano sia $a$ che $b$ quadrati perfetti.
Estendendo il discorso ai polinomi: se due polinomi $A$ e $B$ non hanno fattori in comune (possiamo scrivere $MCD(A,B)=1$), ciò non toglie che per qualche caso specifico il loro MCD "numerico" sia diverso da $1$ (perdonami la definizione terra terra). Posso comunque affermare che l'unico modo perché il polinomio $C=A*B$ sia un quadrato perfetto è che si abbiano sia $A$ che $B$ quadrati perfetti?

Non so se è chiara la mia questione iniziale, so che si tratta di un cavillo...

G.D.5
Non è per niente un cavillo.

Primo.
Prendendo spunto dal post con cui hai aperto questo topic, per chiarire la questione relativa a quanto esposto in apertura: dati i polinomi \( x^{2} + 4x + 3 \) e \( x^{2} + 6x + 5 \), qual è il loro MCD?

Secondo.
Cos'è un polinomio? Più in generale: qual è il tuo livello di formazione?

Terzo.
L'equazione che stai tentando di risolvere sul forum OliMaTO è un caso particolare di una equazione più generale: l'equazione di Mordell.

dr00ster
[ot]
"G.D.":
Non è per niente un cavillo.

Innanzitutto ci tengo a dire che apprezzo davvero tanto il fatto che esistano comunità online come questa con gente capace e con voglia di ascoltare dubbi e domande del genere...

Si trattava semplicemente un grande grazie a tutti gli utenti del forum.
Fine del mio momento filosofico personale di esaltazione.

Ignorate... :D[/ot]
Stando a quanto detto, qualsiasi polinomio della forma $k*(x+1)$ rispetta la definizione di MCD dei due polinomi dati.
Assumiamo come MCD il polinomio $(x+1)$.

Sinceramente, un po' mi "spiazza" la domanda che cos'è un polinomio... :D
Proverei la definizione: espressione letterale in cui alcune lettere simboleggiano valori numerici generici. (premo il pulsante invia e poi sbircio la definizione formale su wiki)
Sono uno studente di 4 liceo scientifico. Definirei la mia una preparazione da liceale a cui si somma passione per la matematica, molta curiosità e un pochino di esperienza e conoscenza di argomenti classe olimpiadi di matematica...

G.D.5
"dr00ster":

Sinceramente, un po' mi "spiazza" la domanda che cos'è un polinomio... :D
Proverei la definizione: espressione letterale in cui alcune lettere simboleggiano valori numerici generici. (premo il pulsante invia e poi sbircio la definizione formale su wiki)


Ed è proprio questo il problema.

Lasciamo un attimo stare il \( k \cdot ( x+1 ) \) e l'equazione Moderll e torniamo al post di apertura.

Questo topic si è aperto con la descrizione di una situazione molto specifica: avevi due polinomi il cui MCD calcolato con l'algoritmo di Euclide era \( 1 \) ma, andando a sostituire alla variabile del polinomio un numero (nella fattispecie \( 3 \)) ed ottenendo in tal modo due numeri (nella fattispecie \( 16 \) e \( 10 \)), il MCD ottenuto per i polinomi non coincideva con il MCD dei due numeri.

Perché questo fatto ti ha spiazzato?
Ti aspettavi forse che se \( D \) è il MCD di due polinomi allora, andando a sostituire alla variabile dei due polinomi un certo numero, il MCD dei due valori numerici così ottenuti debba essere in qualche modo ottenibile da \( D \)? Per cui, in particolare, se il MCD di due polinomi è semplicemente un numero, allora quel numero deve essere MCD anche dei numeri che si ottengono dai due polinomi assegnando alla variabile in essi contenuta un certo valore?

dr00ster
"G.D.":
Ti aspettavi forse che se \( D \) è il MCD di due polinomi allora, andando a sostituire alla variabile dei due polinomi un certo numero, il MCD dei due valori numerici così ottenuti debba essere in qualche modo ottenibile da \( D \)? Per cui, in particolare, se il MCD di due polinomi è semplicemente un numero, allora quel numero deve essere MCD anche dei numeri che si ottengono dai due polinomi assegnando alla variabile in essi contenuta un certo valore?

Beh, si, questo è stato il ragionamento che avevo fatto... :|

Ciò che mi aveva "tratto in inganno" è il fatto che l'algoritmo di euclide restituisce proprio $(1+y,1−y+y^2)=3$

G.D.5
"dr00ster":

Beh, si, questo è stato il ragionamento che avevo fatto... :|

Ciò che mi aveva "tratto in inganno" è il fatto che l'algoritmo di euclide restituisce proprio $(1+y,1−y+y^2)=3$


Sono colpevolmente in debito di una risposta.

Ciò che ti ha portato al ragionamento erroneo di cui sopra è la nozione sbagliata di polinomio che ti è stata fornita. Non è né colpa tua né colpa dei tuoi insegnati: è semplicemente che a questo livello di istruzione la nozione di polinomio che viene fornita agli studenti è una nozione parziale e per tanto tale nozione induce in errore.

Per arrivare a definire in modo accettabile il concetto di polinomio si procede come segue:
1. si definisce correttamente il concetto di operazione binaria interna in un insieme \( S \): dato un insieme non vuoto \( S \) una operazione binaria \( * \) interna in \( S \) è un'applicazione \( * \colon S \times S \to S \);
2. avendo definito il concetto di operazione, si definisce il concetto di struttura algebrica: dato un insieme non vuoto \( S \), una struttura algebrica di sostegno \( S \) ad \( n \) operazioni \( * \) in \( S \) è una \( n + 1 \)-upla ordinata \( ( S, *_{1}, *_{2}, \ldots, *_{n} ) \);
3. avendo definito il concetto di struttura algebrica, si classificano e si studiano le strutture algebriche in base al numero delle operazioni e delle proprietà di queste: procedendo in questo modo si arriva alla struttura algebrica di anello;
4. avendo ottenuto la struttura di anello, si osserva che, sotto determinate condizioni si possono definire i concetti di massimo comune divisore e di minimo comune multiplo: si osserva che in generale il massimo comune divisore ed il minimo comune multiplo non sono unici;
5. avendo studiato la struttura di anello in generale, si costruisce l'anello dei polinomi: dato un anello \( ( A, + , \cdot ) \), si considera l'insieme \( P \) delle successioni di elementi di \( A \) definitivamente nulle (i.e. quelle successioni di elementi di \( A \) che da un certo punto in poi hanno sempre per valore \( 0_{A} \), i.e. lo zero[nota]Attenzione: quando si cominciano a studiare le strutture algebriche in astratto si continua a parlare di unità e di zero della struttura ma questa unità e questo zero non vanno intesi come i numeri \( 1 \) e \( 0 \), donde la notazione \( 0_{A} \)[/nota] di \( A \)); si dotano queste successioni della somma coordinata per coordinata e del prodotto di Cauchy e si osserva che la terna \( ( P, +_{P}, \cdot_{P} ) \) è un anello, tale anello viene chiamato anello dei polinomi a coefficienti in \( A \) e le successioni di cui sopra vengono chiamate polinomi a coefficienti in \( A \).

Olé! L'anello dei polinomi è venuto fuori!
A questo punto si osserva che prendendo il polinomio \( (0,1,0,0,\ldots,0,\ldots) \) e chiamandolo \( X \) e "identificando" i polinomi del tipo \((a_{0},0,0,\ldots,0,\ldots)\) con gli elementi \(a_{0}\) di \( A \), si può scrivere (tramite determinati passaggi) ogni polinomio in uno ed un solo modo come combinazione di prodotti e di somme formali[nota]Formali perché? Perché non si stanno realmente moltiplicando gli elementi di \( A \) e le "potenze" del polinomio \( X \)![/nota] che risultano infine nella forma di \( a_{0} + a_{1}X + a_{2}X^{2} + \cdots + a_{n}X^{n} \). I polinomi scritti in questo modo si chiamano polinomi a coefficienti in \( A \) nell'indeterminata \( X \) che, quindi, non è affatto un "contenitore" al posto del quale mettere un numero!

Perché questa scrittura formale è utile? Perché costituendo i polinomi un anello, per essi valgono il concetto di divisione e con esso quello della fattorizzazione, l'esistenza del massimo comune divisore e del minimo comune multiplo e quella scrittura rende molto più agevoli i conti! In tutto questo, quindi, senza assolutamente mettere alcunché al posto di qualsivoglia cosa, si parla di divisione euclidea dei polinomi e di tutto il cucuzzaro!

Dulcis in fundo si nota che ogni polinomio \( a_{0} + a_{1}X + a_{2}X^{2} + \cdots + a_{n}X^{n} \) definisce una ed una sola applicazione di \( A \) in \( A \), detta applicazione polinomiale, che manda ogni elemento \( c \) di \( A \) in \( a_{0} + a_{1}c + a_{2}c^{2} + \cdots + a_{n}c^{n} \) che è ancora un elemento di \( A \): e questa volta la scrittura \( a_{0} + a_{1}c + a_{2}c^{2} + \cdots + a_{n}c^{n} \) non è solo una scrittura di prodotti e di somme formali ma sono vere somme e vere prodotti di elementi di \( A \).

Al liceo la nozione di polinomio che vi viene fornita è quella di applicazione polinomiale ma ovviamente con i polinomi in quanto tali si lavora con tutti gli strumenti sviluppati indipendentemente dalle applicazioni polinomiali. Dice: e allora a che servono le applicazioni polinomiali? Beh: servono innanzitutto ad ampliare il discorso sulla fattorizzazione (le applicazioni polinomiali permettono di introdurre il concetto di zero di un polinomio) e poi le applicazioni polinomiali si studiano anche in Analisi.

Non so se la cosa è chiara. Spero che lo sia almeno in parte. Ovviamente non mi sono espresso in modo preciso, ho tagliato molto a corto ma la sostanza è che il concetto di polinomio e con esso l'addizione, la moltiplicazione, la divisione ed il massimo comune divisore esistono anche senza considerare il polinomio come una scrittura nella quale mettere qualcosa al posto di qualche altra cosa.

dr00ster
Ok, i concetti di anello, struttura algebrica eccetera ovviamente mi sono chiari solo in parte...
...ma sono chiari abbastanza perché sia riuscito a farmi avere un'idea di cosa c'è "dietro" alla nozione di applicazione polinomiale a cui ogni liceale è abituato.

Il mio errore fondamentale credo sia espresso benissimo nella tua frase "considerare l'indeterminata $X$ come un contenitore".



Davvero, un enorme grazie per la pazienza che hai dedicato dal mio post in apertura a qui e per avermi diciamo "lucidato" un (bel) po' le idee :)

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