Sull'integrazione alla Lebesgue

Sk_Anonymous
Studiando un po' di Analisi Reale mi sono domandato la motivazione per la quale i matematici abbiano avvertito la necessità di "ripensare" l'integrazione secondo Riemann a favore di una teoria più generale ( - in effetti l'integrazione alla Riemann, considerato il formalismo di cui disponiamo, si scrive in tre pagine, mentre quella alla Lebesgue necessita di una sacco di prolegomena tra cui i concetti di misura, di \(\sigma\)-algebra, le definizioni di funzione ed insieme misurabili [nota]Peraltro da dove cavolo salta fuori la definizione di insieme misurabile? Qual è il significato di quello "spezzarsi additivamente"?[/nota] etc...). I principali "problemi" che la teoria di Riemann presenta mi paiono (almeno) tre:
1. La classe delle funzioni Riemann-integrabili non è ben caratterizzata, nel senso che vi sono delle condizioni sufficienti di integrabilità di facile verifica (la continuità, per esempio), ma con la definizione vera e propria (somme superiori ed inferiori) non ci si fa un tubo;
2. Lavorare con le sole funzioni continue ( - parlo ancora di continuità in senso "classico" perché la terminologia quasi ovunque credo sia stata introdotta insieme al oppure dopo il concetto di misura... quindi siamo pre-Vitali-Lebesgue) limita pesantemente l'operato dei matematici;
3. Lo spazio su cui si può giocare con l'integrale di Riemann è uno solo, \((\mathbb{R}, | \cdot |)\). Anche qui si vorrebbe poter lavorare in condizioni più generali (spazi vettoriali \(n\)-dimensionali o meglio ancora spazi con misura).

C'è del giusto in quanto ho detto?

Risposte
vict85
Penso che il principale stimolo sia stato il tentativo di formalizzare la teoria della probabilità. Il secondo risiede nell’aumento dell’interesse per gli spazi di funzioni (la teoria della misura può essere visto da un punto di vista puramente funzionale).

gabriella127
Delirium ha scritto:"Peraltro da dove cavolo salta fuori la definizione di insieme misurabile?Qual è il significato di quello 'spezzarsi additivamente'?

Quella è la 'costruzione di Carathéodory' di insieme misurabile. Vi sono altri modi per definire un insieme misurabile, ma in genere si studia questa costruzione.
Il problema che si pone dopo avere definito la misura esterna di Lebesgue, è che non è additiva, cioè ci sono insiemi disgiunti $ A $ e $ B $ per i quali
$ m°(Auu B) Se si usa la definizione di Carathéodory di insieme misurabile (un insieme misurabile, si dice, 'spezza bene' ogni altro insieme) la disuguaglianza stretta precedente non può avvenire se uno dei due insiemi è misurabile, anzi per gli insiemi misurabili vale l'additività numerabile. Anche se poi la misura di Lebesgue, a differenza della misura esterna, non è definita per tutti i sottoinsiemi di R, per guadagnare l'additività si lasciano fuori alcuni insiemi, quelli non misurabili.

retrocomputer
Lo spazio delle funzioni su $[a,b]$ a quadrato integrabile secondo Riemann non è uno spazio di Hilbert, al contrario di $L^2$. Credo che questo sia stato uno dei motivi del lavoro di Lebesgue.

gugo82
@ Delirium: Il tuo punto 1 è basato su un'intuizione che non ha controparti concrete.
Infatti, il criterio di Riemann fornisce una completa caratterizzazione delle funzioni limitate integrabili secondo Riemann, così come (con la sola definizione di insieme trascurabile secondo Lebesgue) fa pure il Teorema di Vitali-Lebesgue. Insomma, le caratterizzazioni ci sono e sono pure precise.
Ma anche il punto 3 è discutibile (una construzione dell'integrale à la Riemann si può fare comunque, anche in spazi più generali di \(\mathbb{R}^n\)).

L'unico punto che corrisponde a verità è il 2. Il fatto di funzionare "bene" solo con le funzioni continue (ma dire questo è già generoso: in verità, l'integrale di Riemann non funziona "bene" nemmeno con le funzioni continue...) è una pesante limitazione.
I problemi che hanno portato all'evoluzione del concetto di integrale ed ad una sua fondazione sulla Teoria della Misura sono sostanzialmente tre:

[list=i][*:3gs1ex9z] l'integrale di Riemann e la nozione di funzione integrabile non si comportano "bene" con i passaggi al limite;

[/*:m:3gs1ex9z]
[*:3gs1ex9z] esistono funzioni derivabili con derivate limitate, le quali non sono integrabili secondo Riemann, sicché il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale -che garantisce la possibilità di ricostruire una funzione conoscendone la derivata prima- non vale in generale (i.e., detto rozzamente, integrazione e derivazione non sono una l'inversa dell'altra);

[/*:m:3gs1ex9z]
[*:3gs1ex9z] non è possibile dare buona definizione di integrale multidimensionale senza basarsi, quanto meno, su una Teoria della Misura "ingenua" (leggi Teoria di Peano e Jordan).[/*:m:3gs1ex9z][/list:o:3gs1ex9z]

Questi tre punti deboli hanno portato all'elaborazione del moderno concetto di integrale, ad opera di Jordan, Borel e Lebesgue.
Di lì in poi c'è stato tutto un fiorire di Teorie Moderne dell'Integrazione più o meno conosciute (ed esotiche), nelle quali il rapporto tra derivazione ed integrazione si è andato via via rafforzando.


@ retrocomputer: Non credo che Lebesgue si ponesse quel problema... Anche perché il Metodo Diretto del CdV era, all'epoca, ancora in fase molto lontana dall'essere perfezionato e l'Analisi Funzionale non esisteva ancora in una forma intellegibile.


@ vict85: L'assiomatizzazione della Probabilità sul modello della TdM è degli anni '30, quindi ben più di 20 anni dopo la tesi di Lebesgue.

Sk_Anonymous
Bene, le mie super****le quotidiane le ho sparate :-D
Ringrazio tutti gli intervenuti.

Vikhr
E pensare che la teoria del maestro di Isaac Newton, Isaac Barrow, riconosciuta come la prima del calcolo differenziale, è accusata di scarso formalismo matematico...

vict85
@ Gugo: Io mi riferivo alle ragioni per cui si è sviluppata la teoria, non perché è nata.

gugo82
@ Vikhr:
"Vikhr":
E pensare che la teoria del maestro di Isaac Newton, Isaac Barrow, riconosciuta come la prima del calcolo differenziale, è accusata di scarso formalismo matematico...

A ragion veduta, direi... :wink:


@vict85: Non capisco il senso dell'obiezione.

vict85
Intendevo dire che l'evoluzione della teoria attuale della misura è stato influenzato dalle necessità del calcolo delle probabilità e dalla crescita dell'analisi funzionale. Non mettevo in dubbio che la teoria della misura fosse precedente all'assiomatizzazione del calcolo delle probabilità.

gugo82
@ vict85: Ah, ecco... Ora ho capito.
E, beh, sì: dopo l'assiomatizzazione della Probabilità sul modello della TdM, è chiaro che tale ambito abbia imposto nuove linee di ricerca in TdM.
Se non ricordo male, ad esempio, la teoria delle misure finitamente additive nasce da questioni (filosofiche, per lo più) di Probabilità. Ed in questo campo cambia un po' tutto quelloo che è invece assodato per le classiche misure numerabilmente additive (e.g. gli spazi \(L^p\) non sempre sono completi rispetto alla norma \(\|\cdot\|_p\)).

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.