Miglior approccio per il concetto di limite
Vorrei tanto capire come insegnare in maniera efficace il concetto di limite di una funzione, senza che gli studenti debbano necessariamente imparare a memoria la definizione $\varepsilon-\delta$.
Premessa: sto dando ripetizioni a un ragazzo che si impegna come un matto a studiare la matematica, senza però raggiungere i risultati da me sperati. Lui conosce a menadito la definizione, infatti non appena gliela chiedo, inizia:
Definizione data dall'insegnante del corso
Sia $f:X\subseteq\mathbb{R}\to\mathbb{R}$ una funzione definita su $X$, sia $x_0$ un punto di accumulazione per $X$. Diremo che $\lim_{x\to x_0}f(x)=l\in\mathbb{R}$ se e solo se $\forall\varepsilon>0, \ \exists\delta_{\epsilon}>0$ tale che $\forall x\in X\cap I_{x_0}(\delta_{\varepsilon})-\{x_0\}$ si ha che $|f(x)-l|<\epsilon$, dove con $I_{x_0}(\delta_{\epsilon})$ è un intorno di $x_0$ di raggio $\delta_{\epsilon}$.
Ebbene è la definizione standard che si dà anche alle scuole superiori, probabilmente con qualche orpello notazionale in più. Quali sono le difficoltà? Nel momento in cui chiedo qual è il nocciolo della definizione, lui mi risponde convinto: $|f(x)-l|<\varepsilon$. Di tutta la definizione, la sua attenzione cade esclusivamente su quella disuguaglianza. Non riesco a fargli capire invece che l'importanza risiede nell'esistenza di quel $\delta_{\varepsilon}$ che rende vero ciò che segue.
Non c'è stato verso: gli ho tradotto la definizione nel linguaggio degli intorni; gli ho fornito l'interpretazione geometrica; gli ho rigirato la frittata con tutti i metodi che conoscevo. Niente, non gli vuole entrare in testa.
Mi sono accorto di questa sua mancanza proprio nel momento in cui dovevano dimostrare i vari teoremi sui limiti (unicità, permanenza del segno, limiti di una somma, prodotto, quoziente...) in cui la sua insegnante fissava $\varepsilon$ e considerava il $\delta$ associato: lui puntualmente: "E questo $\delta$ da dove viene fuori?".
So benissimo che il concetto di limite sia effettivamente uno dei più difficili da mandare giù per uno studente del primo anno, però c'è "un limite a tutto" [nota]Che poi 'sta cosa è falsa per un matematico[/nota]. Suggerimenti?
Premessa: sto dando ripetizioni a un ragazzo che si impegna come un matto a studiare la matematica, senza però raggiungere i risultati da me sperati. Lui conosce a menadito la definizione, infatti non appena gliela chiedo, inizia:
Definizione data dall'insegnante del corso
Sia $f:X\subseteq\mathbb{R}\to\mathbb{R}$ una funzione definita su $X$, sia $x_0$ un punto di accumulazione per $X$. Diremo che $\lim_{x\to x_0}f(x)=l\in\mathbb{R}$ se e solo se $\forall\varepsilon>0, \ \exists\delta_{\epsilon}>0$ tale che $\forall x\in X\cap I_{x_0}(\delta_{\varepsilon})-\{x_0\}$ si ha che $|f(x)-l|<\epsilon$, dove con $I_{x_0}(\delta_{\epsilon})$ è un intorno di $x_0$ di raggio $\delta_{\epsilon}$.
Ebbene è la definizione standard che si dà anche alle scuole superiori, probabilmente con qualche orpello notazionale in più. Quali sono le difficoltà? Nel momento in cui chiedo qual è il nocciolo della definizione, lui mi risponde convinto: $|f(x)-l|<\varepsilon$. Di tutta la definizione, la sua attenzione cade esclusivamente su quella disuguaglianza. Non riesco a fargli capire invece che l'importanza risiede nell'esistenza di quel $\delta_{\varepsilon}$ che rende vero ciò che segue.
Non c'è stato verso: gli ho tradotto la definizione nel linguaggio degli intorni; gli ho fornito l'interpretazione geometrica; gli ho rigirato la frittata con tutti i metodi che conoscevo. Niente, non gli vuole entrare in testa.
Mi sono accorto di questa sua mancanza proprio nel momento in cui dovevano dimostrare i vari teoremi sui limiti (unicità, permanenza del segno, limiti di una somma, prodotto, quoziente...) in cui la sua insegnante fissava $\varepsilon$ e considerava il $\delta$ associato: lui puntualmente: "E questo $\delta$ da dove viene fuori?".
So benissimo che il concetto di limite sia effettivamente uno dei più difficili da mandare giù per uno studente del primo anno, però c'è "un limite a tutto" [nota]Che poi 'sta cosa è falsa per un matematico[/nota]. Suggerimenti?
Risposte
Partendo dalle successioni e dal "definitivamente" da $n_0$ in poi?
C'è ancora $epsilon$ ma il $delta$ diventa $n_0$
C'è ancora $epsilon$ ma il $delta$ diventa $n_0$

Mmm, potrebbe essere un'idea, però... dovrei insegnargli cos'è una successione e che cos'è il limite di una successione. Non avrei il tempo materiale per farlo.
Bene o male è la stessa definizione di limite finito all'infinito, che però ha recepito allo stesso modo. Il blocco è comunque mentale: probabilmente non riesce a capire l'importanza dei quantificatori in questo contesto. Come faccio a sbloccarlo?
Per fargli capire un po' la questione dei quantificatori gli ho fatto un esempio: "se è vero che per ogni uomo esiste una donna con cui creerà una famiglia, per *nome dello studente* esisterà una donna con cui creare una famiglia?" Il silenzio che ha seguito questa domanda mi ha quasi imbarazzato.
Bene o male è la stessa definizione di limite finito all'infinito, che però ha recepito allo stesso modo. Il blocco è comunque mentale: probabilmente non riesce a capire l'importanza dei quantificatori in questo contesto. Come faccio a sbloccarlo?
Per fargli capire un po' la questione dei quantificatori gli ho fatto un esempio: "se è vero che per ogni uomo esiste una donna con cui creerà una famiglia, per *nome dello studente* esisterà una donna con cui creare una famiglia?" Il silenzio che ha seguito questa domanda mi ha quasi imbarazzato.
Beh, non è che devi insegnargli tutta la teoria delle successioni, devi fare solo un'introduzione delle cose essenziali.
E poi è vero che è un concetto simile a quello del limite all'infinito ma a parer mio è più semplice con le successioni, infatti dovrebbero insegnarlo al contrario
Infine: non fare domande imbarazzanti
(voglio dire: quanto ne sa di logica?)
E poi è vero che è un concetto simile a quello del limite all'infinito ma a parer mio è più semplice con le successioni, infatti dovrebbero insegnarlo al contrario

Infine: non fare domande imbarazzanti

Hai ragione, forse il mio esempio non è stato dei migliori (troppo personale, a mia discolpa dico che con questo ragazzo siamo in confidenza, ci conosciamo da 15 anni, lui ne ha 19).
È esattamente quello il punto dolente: non credo conosca la logica proposizionale e ricordando le tempistiche universitarie probabilmente la docente avrà dedicato sì e no 3 massimo 4 ore sull'argomento (non le do una colpa, deve arrivare fino allo studio dei massimi e minimi di funzioni di più variabili entro fine semestre).
È esattamente quello il punto dolente: non credo conosca la logica proposizionale e ricordando le tempistiche universitarie probabilmente la docente avrà dedicato sì e no 3 massimo 4 ore sull'argomento (non le do una colpa, deve arrivare fino allo studio dei massimi e minimi di funzioni di più variabili entro fine semestre).
È esattamente quello il punto dolente: non credo conosca la logica proposizionale e ricordando le tempistiche universitarie probabilmente la docente avrà dedicato sì e no 3 massimo 4 ore sull'argomento
Ma sì dai... Cosa serve la logica?! 3 ore bastano e avanzano... Forse sono troppe. È una situazione assurda. Ma quando si arriverà a capire che la definizione di limite è pura logica? Si pensi che lî dentro ci sono entrambi i quantificatori e connettivi! E non sono cose da poco. Ha più senso [strike]fargli sbattere la testa[/strike] farlo riflettere di più sulla definizione (che teatralmente parlando si svolge in tre atti...).
Ma visto che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare... la didattica! Come ti è stato suggerito, capire l'ottica con cui si affronta un qualcosa non può che far bene: le successioni oltre ad essere una classe più semplice di funzioni \(X \mapsto \mathbb R\) con \(X \subseteq \mathbb R\), il limite di queste è quasi più "naturale" (si pensi ad Archimede...). In questa fase non c'è il bisogno di essere strarigorosi e straformali, quanto introdurre e gradualmente arrivare a definire il concetto di limite. In tal senso la definizione di limite diventa più accessibile o, se vuoi, più sopportabile.
Innanzitutto ringrazio entrambi per i suggerimenti. Tenterò l'approccio per successioni, vediamo che cosa succede: vi terrò informati. Se qualcun altro ha altri approcci, non si faccia problemi a scrivere.
@Indrjo Dedej: in teoria, la logica proposizionale è argomento di primo anno delle scuole superiori, però ho notato che la maggior parte dei ragazzi dimenticano tutto una volta arrivati al quinto anno. Gli insegnanti universitari devono svolgere programmi immensi in tempi strettissimi: sono praticamente obbligati a sorvolare su alcuni argomenti.
Non a caso, un docente universitario si augura che gli studenti che presenziano alle sue lezioni siano sufficientemente maturi da approfondire autonomamente sui libri.
@Indrjo Dedej: in teoria, la logica proposizionale è argomento di primo anno delle scuole superiori, però ho notato che la maggior parte dei ragazzi dimenticano tutto una volta arrivati al quinto anno. Gli insegnanti universitari devono svolgere programmi immensi in tempi strettissimi: sono praticamente obbligati a sorvolare su alcuni argomenti.
Non a caso, un docente universitario si augura che gli studenti che presenziano alle sue lezioni siano sufficientemente maturi da approfondire autonomamente sui libri.
Scusa Mathita, ma se la risposta è “è questo $delta$ da dove esce fuori?” credo il problema sia a monte: il ragazzo non sa interpretare ciò che legge.
Tu puoi farci poco.
Deve mettersi a riflettere su ciò che legge, da solo.
Deve mettersi a fare qualche verifica di limite con la definizione, da solo.
Deve saperti descrivere le sue difficoltà e, per farlo, deve cominciare ad affrontarle, da solo.
Deve capire a cosa gli è servito studiare le disequazioni in seconda liceo (a proposito, che scuola ha fatto?), da solo.
Deve riflettere se ciò che gli viene chiesto di studiare per laurearsi lui vuole veramente studiarlo, e deve farlo da solo.
Lo studio universitario è studio autonomo e fatto sulla base di forte interesse e convinzione personale.
In mancanza di ciò, è meglio fare altro.
Tu puoi farci poco.
Deve mettersi a riflettere su ciò che legge, da solo.
Deve mettersi a fare qualche verifica di limite con la definizione, da solo.
Deve saperti descrivere le sue difficoltà e, per farlo, deve cominciare ad affrontarle, da solo.
Deve capire a cosa gli è servito studiare le disequazioni in seconda liceo (a proposito, che scuola ha fatto?), da solo.
Deve riflettere se ciò che gli viene chiesto di studiare per laurearsi lui vuole veramente studiarlo, e deve farlo da solo.
Lo studio universitario è studio autonomo e fatto sulla base di forte interesse e convinzione personale.
In mancanza di ciò, è meglio fare altro.
Effettivamente me ne rendo conto, Gugo82, d'altro canto il mio obiettivo consiste proprio nel fargli capire la definizione di limite. E se ti dicessi che studia come un matto? Che tenta di riflettere su ciò che legge autonomamente? Che fa (quasi) tutti gli esercizi che gli propongo?
È proprio la teoria Matematica che non riesce a digerire, tant'è che se gli fornisco gli strumenti per risolvere un esercizio standard, lo svolge senza troppe difficoltà, se però gli propongo un esercizio leggermente più teorico, va nel panico. Finora, con il sudore che grondava dalla fronte, è riuscito ad assimilare molti dei concetti di base (estremo superiore/inferiore, massimi/minimi, elementi di topologia reale), però i limiti...
La scuola di provenienza? Un discreto liceo scientifico, nel quale ha mantenuto un'ottima media in Matematica per tutti i cinque anni[nota]E sinceramente non mi meraviglia affatto! Con le equazioni, disequazioni, calcolo di limiti anche molto complicati si trova a suo agio.[/nota]. Si è iscritto a Ingegneria e purtroppo per lui dovrà affrontare anche l'orale, oltre al classico scritto (che non avrà problemi a svolgere, se è simile a quello degli anni precedenti). È evidente che se non comprende la definizione di limite in tempi brevi, si troverà costretto a imparare a memoria pressoché tutte le dimostrazioni - Follia.
Intanto mi sento di fronte a un bivio: devo rispettare i suoi tempi, oppure dev'essere lui ad adeguarsi alle tempistiche imposte dall'insegnante?
È proprio la teoria Matematica che non riesce a digerire, tant'è che se gli fornisco gli strumenti per risolvere un esercizio standard, lo svolge senza troppe difficoltà, se però gli propongo un esercizio leggermente più teorico, va nel panico. Finora, con il sudore che grondava dalla fronte, è riuscito ad assimilare molti dei concetti di base (estremo superiore/inferiore, massimi/minimi, elementi di topologia reale), però i limiti...

La scuola di provenienza? Un discreto liceo scientifico, nel quale ha mantenuto un'ottima media in Matematica per tutti i cinque anni[nota]E sinceramente non mi meraviglia affatto! Con le equazioni, disequazioni, calcolo di limiti anche molto complicati si trova a suo agio.[/nota]. Si è iscritto a Ingegneria e purtroppo per lui dovrà affrontare anche l'orale, oltre al classico scritto (che non avrà problemi a svolgere, se è simile a quello degli anni precedenti). È evidente che se non comprende la definizione di limite in tempi brevi, si troverà costretto a imparare a memoria pressoché tutte le dimostrazioni - Follia.
Intanto mi sento di fronte a un bivio: devo rispettare i suoi tempi, oppure dev'essere lui ad adeguarsi alle tempistiche imposte dall'insegnante?
"Mathita":
Intanto mi sento di fronte a un bivio: devo rispettare i suoi tempi, oppure dev'essere lui ad adeguarsi alle tempistiche imposte dall'insegnante?
Questa è facile

Devi andare al suo passo ma guidando tu ovvero devi essere tu a capire quando puoi accelerare o quando devi frenare o è meglio ritornare sui propri passi o saltare via qualcosa ...
"Mathita":
Effettivamente me ne rendo conto, Gugo82, d'altro canto il mio obiettivo consiste proprio nel fargli capire la definizione di limite. E se ti dicessi che studia come un matto? Che tenta di riflettere su ciò che legge autonomamente? Che fa (quasi) tutti gli esercizi che gli propongo?
Non arriverei a suggerire che Ingegneria probabilmente non fa per lui, ma gli direi di andar piano almeno all’inizio.
Probabilmente è in uno stato d’ansia, nel quale non riesce a capire bene cosa fare e perché le strategie che gli hanno consentito di mantenere una “ottima media” presso un “dignitoso liceo scientifico” non funzionano più.
D’altra parte, sintomi da spaesamento nel cambio di passo nella Matematica sono oggetto di parecchia letteratura didattica: si verificano quasi sempre nel passaggio tra scuole di diverso ordine (o ad ogni cambio di docente) ed in particolare nel passaggio all’università, in cui è richiesto un livello di formalizzazione più accurato e le abilità di calcolo sono date per acquisite dalle scuole.
Il ragazzo deve elaborare un metodo di studio nuovo per adattarsi alla nuova situazione: proprio per questo, nel post precedente, insistevo sul fatto che facesse esperienze (buone, ma anche fallimentari) da solo.
Innanzitutto, devi aiutarlo a riflettere su come studia, come legge, come capisce (se capisce) e perché non capisce (quando non capisce) le cose.
Ad una domanda del tipo “E questo $delta$ da dove esce fuori?” sforzati di rispondergli con “Perché?”, fallo sforzare a spiegarti la sua difficoltà.
Fagli domande; costringilo a spiegare a te i concetti che non gli sono chiari, così sarà costretto a trovare una strategia per spiegarli prima a se stesso.
Ci impiegherà tempo (direi almeno sei mesi) ma probabilmente a luglio supererà Analisi.
È proprio la teoria Matematica che non riesce a digerire, tant'è che se gli fornisco gli strumenti per risolvere un esercizio standard, lo svolge senza troppe difficoltà, se però gli propongo un esercizio leggermente più teorico, va nel panico. Finora, con il sudore che grondava dalla fronte, è riuscito ad assimilare molti dei concetti di base (estremo superiore/inferiore, massimi/minimi, elementi di topologia reale), però i limiti...![]()
La teoria non va assimilata, non è un cibo che devi mangiare per forza anche se non lo digerisci.
Della teoria serve avere padronanza.
E, per avere padronanza della teoria, non basta seguire, leggere e fare gli esercizi! Uno studente deve:
- [*:cpu23z0b] impegnarsi a ricostruirsi le dimostrazioni da sé,
[/*:m:cpu23z0b]
[*:cpu23z0b] impegnarsi a produrre controesempi,
[/*:m:cpu23z0b]
[*:cpu23z0b] impegnarsi a organizzare il proprio pensiero in un discorso logico e coerente, che proceda per passi e deduzioni,
[/*:m:cpu23z0b]
[*:cpu23z0b] impegnarsi a scrivere ciò che sta pensando su un foglio di carta (che è il più grande amico del Matematico) in forma sempre più elaborata,
[/*:m:cpu23z0b]
[*:cpu23z0b] impegnarsi a trascrivere gli appunti che prende in aula integrandoli, lì dove serve, col testo che usa (a proposito, qual è?),
[/*:m:cpu23z0b]
[*:cpu23z0b] etc...[/*:m:cpu23z0b][/list:u:cpu23z0b]
È l’impegno costante che premia.
L’impegno, però, sottointende sforzo; e tale sforzo è meglio sopportabile se lo studente è ben motivato nella scelta.
La scuola di provenienza? Un discreto liceo scientifico, nel quale ha mantenuto un'ottima media in Matematica per tutti i cinque anni[nota]E sinceramente non mi meraviglia affatto! Con le equazioni, disequazioni, calcolo di limiti anche molto complicati si trova a suo agio.[/nota]. Si è iscritto a Ingegneria e purtroppo per lui dovrà affrontare anche l'orale, oltre al classico scritto (che non avrà problemi a svolgere, se è simile a quello degli anni precedenti). È evidente che se non comprende la definizione di limite in tempi brevi, si troverà costretto a imparare a memoria pressoché tutte le dimostrazioni - Follia.
Sai meglio di me che il calcolo non è un’abilità fondamentale in Matematica.
Prova a chiedere al ragazzo di motivare i passaggi, ad esempio, di un esercizio di cavolo e valuta le sue risposte. Di qui tirerai fuori indicazioni importanti.
Intanto mi sento di fronte a un bivio: devo rispettare i suoi tempi, oppure dev'essere lui ad adeguarsi alle tempistiche imposte dall'insegnante?
La risposta è dipende da lui.
Se vuole superare l’esame di Analisi per levarselo da davanti ai piedi, fagli imparare le cose a memoria e via. In questo modo, lui passa l’esame, è contento e poi... Affronterà lo stesso problema over and over again studiando altro.
Se vuole capire come studiare, ci metterà necessariamente di più... Ma almeno avrà imparato una lezione che sfrutterà durante tutta la vita.
Grazie mille a tutti, e grazie mille Gugo! I tuoi consigli sono sempre ben accetti e cercherò di farne tesoro. Per rispondere alla domanda sul libro: se non ricordo male dovrebbe essere il Marcellini Sbordone. Il condizionale è d'obbligo perché non so se sia effettivamente il testo di riferimento del corso o lo abbia scelto lui sotto consiglio dei suoi colleghi.
Aggiornamento 1.
Oggi non ho avuto modo di sentirlo ma da quello che mi ha detto ieri, avrebbe dedicato l'intera giornata a Fisica 1. Vi terrò informati su eventuali sviluppi futuri.
Ancora grazie a tutti!
Aggiornamento 1.
Oggi non ho avuto modo di sentirlo ma da quello che mi ha detto ieri, avrebbe dedicato l'intera giornata a Fisica 1. Vi terrò informati su eventuali sviluppi futuri.

Ancora grazie a tutti!
Mathita, io non mi fiderei tanto di quello che ha fatto al liceo, tantomeno non di quello che ha fatto di logica matematica, non me vogliate male. Gli insegnanti spesso e volentieri la trascurano e questo contribuisce rafforzare l'idea dello studente che matematica è calcolo. Detto questo, non importa da dove vieni e quanto bravo eri alle superiori. Il cambiamento sarà drastico, ma importante.
Se hai la possibilità: fagli un "ripasso" delle basi di logica, che male non fa.
Sulla didattica quello che ha detto gugo82 è validissimo e sicuramente ti potrà consigliare meglio di uno studente quale sono io. Permettimi di enfatizzare ancora di più uno dei punti del suo post: fai parlare lui, è lui che deve capire e deve aiutarsi (insieme a te) a capire. Tu incalzalo, proponendo esercizi e teoremi da dimostrare. Come? Con la socratica domandina che costringe a riflettere: «Perché?». L'allievo proporrà delle spiegazioni: le prime saranno quelle che saranno (tu tieniti bland* con le tue soluzioni) ma avvertirà in sé che quelle risposte non lo soddisfano appieno e quindi si affinerà piano piano cercando di completarsi o correggersi. Ti sembra un discorso astratto? Non lo è invece. Prova a fagli fare un esercizietto semplice che magari sa già fare. Ad ogni passo che fa (non esagerare troppo, eh) frenalo e «Perché?». Lui di fronte a questa richiesta si sentirà un po' stranito data la semplicità. Invece no, sarà costretto a scavare più a fondo ed ad affinare la propria conoscenza dell'argomento. Procedi via via con esercizi più difficili chiedendoli di fare delle dimostrazioni per esercizio. E tu incalzalo sempre. Lui stesso d'altra parte dovrà imparare a chiedersi il perché delle cose, no?
Se hai la possibilità: fagli un "ripasso" delle basi di logica, che male non fa.
Sulla didattica quello che ha detto gugo82 è validissimo e sicuramente ti potrà consigliare meglio di uno studente quale sono io. Permettimi di enfatizzare ancora di più uno dei punti del suo post: fai parlare lui, è lui che deve capire e deve aiutarsi (insieme a te) a capire. Tu incalzalo, proponendo esercizi e teoremi da dimostrare. Come? Con la socratica domandina che costringe a riflettere: «Perché?». L'allievo proporrà delle spiegazioni: le prime saranno quelle che saranno (tu tieniti bland* con le tue soluzioni) ma avvertirà in sé che quelle risposte non lo soddisfano appieno e quindi si affinerà piano piano cercando di completarsi o correggersi. Ti sembra un discorso astratto? Non lo è invece. Prova a fagli fare un esercizietto semplice che magari sa già fare. Ad ogni passo che fa (non esagerare troppo, eh) frenalo e «Perché?». Lui di fronte a questa richiesta si sentirà un po' stranito data la semplicità. Invece no, sarà costretto a scavare più a fondo ed ad affinare la propria conoscenza dell'argomento. Procedi via via con esercizi più difficili chiedendoli di fare delle dimostrazioni per esercizio. E tu incalzalo sempre. Lui stesso d'altra parte dovrà imparare a chiedersi il perché delle cose, no?