Matematica dolce: perché gli iperreali?
Stavo scegliendo un manuale per le mie classi in una scuola privata non paritaria, e avrei tanto voluto adottare Matematica Dolce 5 per i licei non scientifici. Purtroppo però le scuole dove gli studenti sosterranno gli esami utilizzeranno (come credo sia giusta che sia) l'analisi standard, mentre il libro fa uso dell'analisi non standard e dei numeri iperreali.
Perché questa scelta? L'opera è davvero ammirevole e lodevole, ma così se ne preclude l'utilizzo nella stragrande maggioranza dei casi...
Perché questa scelta? L'opera è davvero ammirevole e lodevole, ma così se ne preclude l'utilizzo nella stragrande maggioranza dei casi...
Risposte
Scelta personale.
Tra l’altro, c'è un errore madornale e grave a pag. 81, inizio del par. 5.1.
Spero non ci siano molti altri errori del genere, che pregiudicano la lettura e la comprensione del testo.
Tra l’altro, c'è un errore madornale e grave a pag. 81, inizio del par. 5.1.
Spero non ci siano molti altri errori del genere, che pregiudicano la lettura e la comprensione del testo.
"gugo82":
Scelta personale.
In netto contrasto con la (quasi?) totalità delle scuole d'Italia e le indicazioni nazionali.
Mi domandavo se ci fosse un motivo un po' più alto del "perché a me piace così".
Credo, da quello che ho letto, che l'uso dell'analisi non standard nella didattica sia perché si pensa che gli infinitesimi siano più intuitivi delle definizioni dell'analisi standard, tipo $epsilon-delta$.
Probabilmente è un approccio utile per insegnare cose di analisi a non matematici. Ricordo di avere letto tempo fa un articolo sul Bollettino dell'Unione Matematica Italiana sulla possibilità e legittimità di introdurre le derivate senza fare i limiti, e diceva che era possibile e legittimo (non è che parlasse di analisi nonn standard, però). Potrebbe servire a insegnare le derivate a gente che non ha ancora fatto analisi, ad esempio c'era a economia la annosa questione se ai primi esami di economia si dovessero usare le derivate o no, in genere si propende per il no. Però introdurle in maniera intuitiva senza tutto l'apparato formale dei limiti potrebbe essere una soluzione di compromesso.
Probabilmente è un approccio utile per insegnare cose di analisi a non matematici. Ricordo di avere letto tempo fa un articolo sul Bollettino dell'Unione Matematica Italiana sulla possibilità e legittimità di introdurre le derivate senza fare i limiti, e diceva che era possibile e legittimo (non è che parlasse di analisi nonn standard, però). Potrebbe servire a insegnare le derivate a gente che non ha ancora fatto analisi, ad esempio c'era a economia la annosa questione se ai primi esami di economia si dovessero usare le derivate o no, in genere si propende per il no. Però introdurle in maniera intuitiva senza tutto l'apparato formale dei limiti potrebbe essere una soluzione di compromesso.
"gugo82":
Tra l’altro, c'è un errore madornale e grave a pag. 81, inizio del par. 5.1.
Spero non ci siano molti altri errori del genere, che pregiudicano la lettura e la comprensione del testo.
Intendi che manca l'intervallo $]-3,1[$?
Se è così sei esagerato...sono errori che capitano a tutti e si correggono segnalandoli.
Sull'estensione di Robinson a infinito e infinitesimi, devo dire che avevo letto qualcosa a riguardo poco tempo fa e le critiche mosse avevano senso...e al contempo IO penso che siano "infondate".
Mi spiego meglio (e vado a memoria), ricordo che Robinson prese spunto da una frase di Leibnitz riguardo gli infinitesimi: nella sua visione dovevano essere un'estensione naturale dei reali.
Dal mio punto di vista, la cosa più semplice da fare è insegnare entrambi i punti di vista con una panoramica storica...prendendo proprio il lavoro di Leibnitz a riferimento (arrivando anche a derivare le regole di derivazione come fece Leibnitz...liberando subito la mente dal modello $y=text(qualcosa)$).
Saranno gli stessi studenti a porre la fatidica domanda che per più di un secolo non ebbe una risposta soddisfacente, ovvero "ma che diavolo è una quantità piccola a piacere ma che non è zero?"
Insomma il tormentone matematico dei critici al calcolo.
Solo dopo aver ragionato come fece Leibnitz e presentando il problema di cui sopra e la risposta di Cauchy-Weirstrass comprenderanno meglio anche la necessità e l'eleganza del concetto di limite IMHO.
Alla fine avranno il meglio dei due "mondi"
"Bokonon":
Intendi che manca l'intervallo $]-3,1[$?
No, penso che gugo intendesse questo …
"... Per un certo valore di $x$ potrebbe anche non essere definita, ma cosa succede quando $x$ si avvicina infinitamente a quel valore? … "
In merito al topic … mi sono imbattuto negli iperreali un po' di anni fa, per caso, leggendo un libro di H.J.Keisler (forse allievo di Robinson?) dal titolo "Elementary Calculus - An Infinitesimal Approach" e l'ho trovato subito divertente e piacevole (lo so, non sono termini a cui si pensa quando si parla di un libro di Analisi, pardon, Calculus


Solo due o tre anni fa ho scoperto che "l'analisi non standard", di cui sentivo parlare e mi capitava di leggere anche qui e che credevo fosse una cosa del tutto astrusa, da Matematica UltraExtraSuperiore, era questa "roba" qui

Comunque, secondo me, val la pena di leggere le due pagine di prefazione di Keisler al suo libro, se potete


Cordialmente, Alex
"axpgn":
No, penso che gugo intendesse questo …
"... Per un certo valore di $x$ potrebbe anche non essere definita, ma cosa succede quando $x$ si avvicina infinitamente a quel valore? … "
Credo di aver svelato l'arcano. Quando ho visto i link sono andato direttamente al repository ed ho visto che era uscita la versione 1.9 (m_d_licei_19_5.pdf). Quella linkata era la 1.8.
Adesso è così:

Era così anche nell'altra versione? Perchè è chiaro cosa intenda con infinitamente dalla frase precedente.
P.S. Comunque resta l'altro errore
"axpgn":
[quote="Bokonon"]Intendi che manca l'intervallo $]-3,1[$?
No, penso che gugo intendesse questo …
"... Per un certo valore di $x$ potrebbe anche non essere definita, ma cosa succede quando $x$ si avvicina infinitamente a quel valore? … "[/quote]
Intendevo proprio ciò che cita Bokonon.
"axpgn":
In merito al topic … mi sono imbattuto negli iperreali un po' di anni fa, per caso, leggendo un libro di H.J.Keisler (forse allievo di Robinson?) dal titolo "Elementary Calculus - An Infinitesimal Approach" e l'ho trovato subito divertente e piacevole (lo so, non sono termini a cui si pensa quando si parla di un libro di Analisi, pardon, Calculus) ma ho pensato che fosse uno dei tanti "alternativi"
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Solo due o tre anni fa ho scoperto che "l'analisi non standard", di cui sentivo parlare e mi capitava di leggere anche qui e che credevo fosse una cosa del tutto astrusa, da Matematica UltraExtraSuperiore, era questa "roba" qui
In realtà, ci vuole “poco” a costruire $**RR$, ma poi ci vuole tanto a mostrare che non si sta definendo qualcosa di totalmente privo di senso o un ambiente nel quale non si possono provare “tutti” i teoremi dimostrabili in $RR$.
Se uno non va troppo per il sottile, non c’è nulla di male… A parte il fatto di buttare nel dimenticatoio qualcosa come 250 anni di Storia della Matematica se poi ci si dimentica di rileggere tutta la teoria dei limiti anche nella forma $epsilon-delta$.
"axpgn":
Comunque, secondo me, val la pena di leggere le due pagine di prefazione di Keisler al suo libro, se potete(e anche il suo libro
)
Tempo fa ci avevo dato uno sguardo.
Lo andrò a ripescare quando potrò.
"gugo82":
… o un ambiente nel quale non si possono provare “tutti” i teoremi dimostrabili in $RR$.
Cosa intendi con ciò?
Che a priori non è detto che l’insieme creato sia una “buona” estensione di $RR$.
Difatti, $RR$ ha già una struttura ottima (algebrica e d’ordine, che interagiscono bene) ed ampliandolo, ogni qual volta si guadagna qualcosa, si perde altro.
Ad esempio, l’ampliamento algebrico standard di $RR$, ossia $CC$, pur conservando la struttura di campo ed avendo in più la proprietà di essere algebricamente chiuso, perde la possibilità di essere ordinato compatibilmente con le operazioni di campo; quindi, sebbene in $CC$ l’Algebra sia bellissima e sebbene su $CC$ si possa mettere una struttura d’ordine (anche totale), essa non si tiene insieme con le operazioni di campo.
Lo stesso accade con i numeri iperreali? Boh, lo devo dimostrare.
In realtà, quello che si vede è che con gli iperreali accade questo: sono vere in $text()^**RR$ tutte le proprietà vere in $RR$ che sono espresse con un linguaggio “del primo ordine”. Ad esempio, $AA x!=0, 3x != x$ è vera in $text()^**RR$ come in $RR$, perché (detto rozzamente) il quantificatore agisce su un elemento (cioè $x$).
Tuttavia, non tutte le proposizioni espresse in linguaggio “d’ordine superiore” che sono vere in $RR$ risultano vere in $text()^** RR$, il che (detto sempre rozzamente) significa che non tutte le frasi che contengono quantificatori agenti su insiemi e vere in $RR$ sono automaticamente vere in $text()^**RR$.
Un altro problema è il seguente: la struttura d’ordine in $RR$ consente, facilmente, di definire una metrica (via valore assoluto) ed una struttura standard di spazio metrico mediante l’individuazione di una base (fatta dalle palle aperte, che coincidono con gli intorni simmetrici aperti); ciò non si può fare in $text()^**RR$.
La topologia di $text()^** RR$ viene sempre definita attraverso l’ordine, ma attraverso l’individuzione di una sottobase (formata dalle semirette aperte) che genera la topologia mediante una costruzione standard.
Visto che $RR$ è il primo esempio di spazio metrico e che la struttura metrica è decisamente importante in tutta l’Analisi, preferire approcciare ai limiti in $text()^**RR$ piuttosto che in $RR$ può avere i suoi limiti.
Difatti, $RR$ ha già una struttura ottima (algebrica e d’ordine, che interagiscono bene) ed ampliandolo, ogni qual volta si guadagna qualcosa, si perde altro.
Ad esempio, l’ampliamento algebrico standard di $RR$, ossia $CC$, pur conservando la struttura di campo ed avendo in più la proprietà di essere algebricamente chiuso, perde la possibilità di essere ordinato compatibilmente con le operazioni di campo; quindi, sebbene in $CC$ l’Algebra sia bellissima e sebbene su $CC$ si possa mettere una struttura d’ordine (anche totale), essa non si tiene insieme con le operazioni di campo.
Lo stesso accade con i numeri iperreali? Boh, lo devo dimostrare.
In realtà, quello che si vede è che con gli iperreali accade questo: sono vere in $text()^**RR$ tutte le proprietà vere in $RR$ che sono espresse con un linguaggio “del primo ordine”. Ad esempio, $AA x!=0, 3x != x$ è vera in $text()^**RR$ come in $RR$, perché (detto rozzamente) il quantificatore agisce su un elemento (cioè $x$).
Tuttavia, non tutte le proposizioni espresse in linguaggio “d’ordine superiore” che sono vere in $RR$ risultano vere in $text()^** RR$, il che (detto sempre rozzamente) significa che non tutte le frasi che contengono quantificatori agenti su insiemi e vere in $RR$ sono automaticamente vere in $text()^**RR$.
Un altro problema è il seguente: la struttura d’ordine in $RR$ consente, facilmente, di definire una metrica (via valore assoluto) ed una struttura standard di spazio metrico mediante l’individuazione di una base (fatta dalle palle aperte, che coincidono con gli intorni simmetrici aperti); ciò non si può fare in $text()^**RR$.
La topologia di $text()^** RR$ viene sempre definita attraverso l’ordine, ma attraverso l’individuzione di una sottobase (formata dalle semirette aperte) che genera la topologia mediante una costruzione standard.
Visto che $RR$ è il primo esempio di spazio metrico e che la struttura metrica è decisamente importante in tutta l’Analisi, preferire approcciare ai limiti in $text()^**RR$ piuttosto che in $RR$ può avere i suoi limiti.
Ok, mi è chiaro il messaggio.
Che ne pensi di un approccio "iniziale" con gli iperreali (quantomeno alle superiori) per poi passare (più o meno gradualmente) alla modalità "classica"? Detto così è un po' rozzo, ovviamente andrebbe fatto in un modo didatticamente "efficiente" (da quel che ho capito Keisler fa così); quali controindicazioni vedresti (in primis la confusione, presumo … )?
Comunque questa
Cordialmente, Alex
Che ne pensi di un approccio "iniziale" con gli iperreali (quantomeno alle superiori) per poi passare (più o meno gradualmente) alla modalità "classica"? Detto così è un po' rozzo, ovviamente andrebbe fatto in un modo didatticamente "efficiente" (da quel che ho capito Keisler fa così); quali controindicazioni vedresti (in primis la confusione, presumo … )?
Comunque questa
"gugo82":è bellissima
… preferire approcciare ai limiti in $ text()^**RR $ piuttosto che in $ RR $ può avere i suoi limiti.

Cordialmente, Alex
"gabriella127":
Credo, da quello che ho letto, che l'uso dell'analisi non standard nella didattica sia perché si pensa che gli infinitesimi siano più intuitivi delle definizioni dell'analisi standard, tipo $epsilon-delta$.
Questo probabilmente è vero, ma finché i programmi scolastici non virano in tal senso non credo sia una buona idea scrivere un libro poco utilizzabile.
"axpgn":
Che ne pensi di un approccio "iniziale" con gli iperreali (quantomeno alle superiori) per poi passare (più o meno gradualmente) alla modalità "classica"? Detto così è un po' rozzo, ovviamente andrebbe fatto in un modo didatticamente "efficiente" (da quel che ho capito Keisler fa così); quali controindicazioni vedresti (in primis la confusione, presumo … )?
Detto in maniera “tradizionalista”, questo approccio non rende giustizia alla vera natura dell’Analisi Matematica la quale, citando qualcuno che non ricordo, fondamentalmente è l’arte delle disuguaglianze (e ciò si comprende proprio da subito guardando in faccia la definizione di limite -o di estremo inferiore e superiore, se vuoi-).
"axpgn":è bellissima
Comunque questa [quote="gugo82"]… preferire approcciare ai limiti in $ text()^**RR $ piuttosto che in $ RR $ può avere i suoi limiti.

La cosa bella è che (contrariamente al solito) non l’ho pensata.
"gugo82":
Tuttavia, non tutte le proposizioni espresse in linguaggio “d’ordine superiore” che sono vere in $RR$ risultano vere in $text()^** RR$, il che (detto sempre rozzamente) significa che non tutte le frasi che contengono quantificatori agenti su insiemi e vere in $RR$ sono automaticamente vere in $text()^**RR$.
Fai un esempio di una formula al second'ordine che non è vera in $text()^**RR$?
Mi sembra che rimuoverne alcune (per esempio la proprietà archimedea) sia proprio lo scopo che la teoria si pone; per questo non lo chiamerei un "difetto".
Ho letto un po' di cose, e mi sembra che
- il fatto che l'estensione \(^*\mathbb C\) di \(\mathbb R\) fatta dalle coppie \((x,y)\) con somma componente per componente e prodotto dato da \((a,b)(c,d)=(ac-bd,bc+ad)\) sia un campo si scrive al primo ordine, e quindi, per il principio di transfer, deve essere vero per \(^*\mathbb R\); così come il fatto che \(^*\mathbb C\) è un campo algebricamente chiuso. Tu cosa ti stavi chiedendo?
-
In un campo totalmente ordinato i quadrati sono maggiori di zero, no?
- gli unici enunciati al second'ordine che mi vengono in mente sono in positivo, ossia cose che non si possono dimostrare false al primo ordine, e quindi hanno speranza di esistere in \(^*\mathbb R\)... non ne trovo uno negativo!
- il fatto che l'estensione \(^*\mathbb C\) di \(\mathbb R\) fatta dalle coppie \((x,y)\) con somma componente per componente e prodotto dato da \((a,b)(c,d)=(ac-bd,bc+ad)\) sia un campo si scrive al primo ordine, e quindi, per il principio di transfer, deve essere vero per \(^*\mathbb R\); così come il fatto che \(^*\mathbb C\) è un campo algebricamente chiuso. Tu cosa ti stavi chiedendo?
-
sebbene in $CC$ l’Algebra sia bellissima e sebbene su $CC$ si possa mettere una struttura d’ordine (anche totale), essa non si tiene insieme con le operazioni di campo.
Lo stesso accade con i numeri iperreali? Boh, lo devo dimostrare.
In un campo totalmente ordinato i quadrati sono maggiori di zero, no?
- gli unici enunciati al second'ordine che mi vengono in mente sono in positivo, ossia cose che non si possono dimostrare false al primo ordine, e quindi hanno speranza di esistere in \(^*\mathbb R\)... non ne trovo uno negativo!
@Gugo: [strike]Per gli ultraprodotti penso esistano risultati generali che dimostrano che producono "buone estensioni" (insomma sono uno strumento piuttosto standard per creare estensioni elementari[nota]Lo avevo studiato, ora ricordo molto poco.
[/nota]). Inoltre, i filtri sono usati anche in topologia come estensione del concetto di successione ed c'è molta teoria a riguardo (anche se personalmente mi piace più la teoria delle net che quella degli ultrafiltri). Insomma, visto dal punto di vista della teoria dei modelli, tutti questi aspetti sembrano banali[/strike]
(anche se il concetto di limite è certo più intuitivo di qualsiasi cosa della teoria dei modelli
).
Non sono comunque un amante dell'analisi non standard. Il problema del concetto di limite viene infatti risolto abbastanza elegantemente in topologia generale. La versione analitica, espressa con le dimostrazioni \(\varepsilon\)-\(\delta\) non la trovo parimenti apprezzabile, ma funge comunque da introduzione alla definizione più generale. L'analisi non-standard ha solo il vantaggio di dare un senso al concetto di infinitesimo e quindi di rendere meno vaghe e informali tutta una serie di affermazioni che vengono propinate agli studenti con la speranza che capiscano qualcosa di un concetto ritenuto complesso. D'altra parte il concetto di infinitesimo non è poi così intuitivo negli iperreali.
[EDIT] OK, era esattamente quello che intendevi con equivalenza delle teorie del primo ordine. Certo che la mia teoria dei modelli è proprio arrugginita...



Non sono comunque un amante dell'analisi non standard. Il problema del concetto di limite viene infatti risolto abbastanza elegantemente in topologia generale. La versione analitica, espressa con le dimostrazioni \(\varepsilon\)-\(\delta\) non la trovo parimenti apprezzabile, ma funge comunque da introduzione alla definizione più generale. L'analisi non-standard ha solo il vantaggio di dare un senso al concetto di infinitesimo e quindi di rendere meno vaghe e informali tutta una serie di affermazioni che vengono propinate agli studenti con la speranza che capiscano qualcosa di un concetto ritenuto complesso. D'altra parte il concetto di infinitesimo non è poi così intuitivo negli iperreali.
[EDIT] OK, era esattamente quello che intendevi con equivalenza delle teorie del primo ordine. Certo che la mia teoria dei modelli è proprio arrugginita...
