La riforma

*marcellopedone
Scuola, la riforma porterà venti licei
Pronto il decreto sul secondo ciclo, gli indirizzi si moltiplicano

ROMA - Venti licei, riduzione della flessibilità sugli orari e della relativa autonomia delle scuole, istituti professionali che passano alle Regioni e percorsi liceali che restano sotto la giurisdizione statale: sono le novità più evidenti che emergono dallo schema di decreto legislativo sul secondo ciclo dell'istruzione che, insieme ai nuovi quadri orari e i programmi allegati, è stato preparato dai tecnici del Miur ed è arrivato in questi giorni sulla scrivania del titolare di Viale Trastevere, Letizia Moratti. Un documento che riguarda il sistema dei licei e quello dell'istruzione e formazione professionale, secondo il principio della «pari dignità» sancito dalla legge di riforma. Sull'approvazione del decreto attuativo si gioca il round decisivo per la riforma della scuola. Il secondo ciclo è materiale da maneggiare con moltissima cura: non a caso proprio su questo scoglio si sono infranti tutti i tentativi di riforma della scuola negli ultimi cinquant'anni. Adesso ci prova il ministro Moratti che, consapevole dei rischi, ha chiesto e ottenuto dal Parlamento lo slittamento dei termini per varare il riordino dei cicli: da marzo a ottobre 2005. Sono sei mesi di ulteriore ossigeno per un percorso che si annuncia in salita e non privo di ostacoli. Il ministro ha annunciato nei giorni scorsi che dopo le vacanze di Natale partirà il confronto con le parti sociali. Il nuovo modello di secondo ciclo, secondo lo schema di decreto, dovrebbe esordire nell'anno scolastico 2006/2007. Ma la vicenda presenta molti nodi che potranno essere sciolti soltanto se tra Miur e Regioni si riuscirà a trovare un'intesa sulle risposte alle molte domande. Per esempio: se alle Regioni passerà soltanto l'istruzione professionale e, si presume, il personale in essa impiegato, come sarà trattato l'attuale personale inserito nelle graduatorie permanenti? Licei. L'intero progetto dovrà tenere conto della riforma del Titolo V della Costituzione, che affida alle Regioni la competenza della gestione del personale e dell'organizzazione scolastica, in particolare tutti i percosi tecnico-professionali. Un provvedimento che potrebbe portare anche all'assorbimento, da parte delle Regioni, delle funzioni finora svolte dagli uffici scolastici regionali. Allo Stato sarebbero affidati i percorsi liceali. Ed è proprio quest'ultima prerogativa che sembra aver scatenato per i licei una proliferazione di indirizzi: quattro per l'economico, sette per il tecnologico, tre per l'artistico e, di fatto, due per il coreutico e musicale. Una "liceizzazione" strisciante, sostengono alcuni, dettata dal tentativo di non rientrare nella sfera di competenza delle Regioni. Così a queste ultime resterebbe soltanto l'istruzione professionale. Il modello Moratti della nuova scuola secondaria superiore prevede il liceo artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico e scienze umane. Poi i rispettivi indirizzi, a partire dal secondo biennio di ogni liceo. Abbiamo quindi arti figurative; architettura, design, ambiente; audiovisivo, multimediale e scenografia, per il liceo artistico. Quello economico si distribuisce tra economico-aziendale e economico-istituzionale. Il liceo tecnologico offre ben sette indirizzi: meccanico; elettrico ed elettronico; informatico e della comunicazione; chimico e biochimico; sistema moda; agrario; costruzioni e territorio: quest'ultima configurazione sembra riproporre per intero quella degli attuali istituti tecnici industriali. La somma porta, considerando la diversificazione di materie e programmi, a venti indirizzi con altrettanti titoli di studio. Quasi lo stesso scenario delle attuali sperimentazioni. Materie. Non è prevista nessuna particolare variazione per le materie di studio del liceo classico e dello scientifico. La novità più rilevante riguarda lo studio della filosofia che attraverserà in maniera trasversale tutti i licei, dal classico a quello tecnologico. Stesso discorso per l'apprendimento della seconda lingua comunitaria: sarà obbligatorio in tutti gli indirizzi. Secondo l'allineamento all'Europa del sistema d'istruzione italiano, voluto dalla riforma. Modello orario. Spazio fortemente ridotto per l'autonomia degli istituti su questo fronte. Infatti, mentre nel decreto sul primo ciclo, già in vigore, è esplicito il riferimento a 198 ore annuali di attività opzionali facoltative, nella bozza sul secondo ciclo non c'è altrettanta chiarezza. Modello organizzativo. Lo schema di decreto ripropone l'attuale modello "biennio più triennio": una decisione che potrebbe complicare l'applicazione della riforma per quanto riguarda l'organizzazione del quinto anno. In effetti per l'orientamento - funzione che dovrebbe essere svolta proprio nel quinto anno di studi - sono previste soltanto tre ore nei licei senza indirizzi (classico, scientifico, scienze umane e linguistico), mentre per quelli che hanno indirizzo, di fatto, l'orientamento appare fortemente condizionato dalla scelta (dell'indirizzo, appunto) da compiere al terzo anno. Secondo alcuni, inoltre, la rigidità oraria rischia di non consentire i passaggi tra i vari licei previsti dalla riforma. LUIGI ILLIANO

Da il sole24ore.com
Venerdí 10 Dicembre 2004

Marcello Pedone

Risposte
Cheguevilla
Io, povero ex studente di liceo scientifico, ora laureando in economia, vorrei poter tornare a scuola in questo momento.
In parte perché mi divertivo un sacco, ma in parte perché spinto dall'irrefrenabile desiderio di poter scegliere che scuola fare.
Avrei tanto desiderato che ai miei tempi ci fosse il liceo dell'imballaggio delle merendine o il liceo per la raccolta delle banane o ancora il liceo per l'alta moda.
No, allora c'era il liceo scientifico.
Questa è un'ulteriore farsa di questo governo che cambia il nome alle cose per eludere la legislazione vigente. Non credo che cambiare il nome all'attuale ragioneria per farla diventare liceo economico serva a qualcosa di più che a mantenere ad indirizzo statale una scuola che altrimenti, per la riforma degli articoli 118 e 119 della Costituzione, sarebbe di competenza concorrente, quindi delle regioni.
Il governo, una cui parte ha fatto bandiera dell'attuato federalismo, muove in realtà verso la parte opposta, verso un centralismo e un dirigismo retrogradi di decenni, con il suo solito metodo: fornire un prodotto esternamente agghindato e decorato, ma completamente vuoto al suo interno. Questa "pseudo-riforma".
Non intendo qui fare politica, ma vorrei che fosse chiaro che il tema della riforma non è certo la riforma dell'istruzione in sé.
Attraverso nuovi nomi altisonanti, si vuol vendere un prodotto vecchio e ormai obsoleto. Del resto, da un imprenditore non ci si poteva aspettare, politicamente, cosa diversa.
In questi anni alla facoltà di economia di Genova, mi è stato sempre spiegato che il vantaggio competitivo per il prodotto è la qualità percepita dal cliente, non quella intrinseca del prodotto. Questa è la politica di questa riforma (come altre): offrire un prodotto di qualità scadente, ma reclamizzato e lanciato come un grande successo. È cosa simile a quanto successo due secoli orsono, quando gli imprenditori italiani davano un nome tedesco alla propria impresa perchè era simbolo di qualità del prodotto. Ma il prodotto continuava a restare ciò che era sempre stato...
Nel frattempo, io nella mia facoltà continuo ad offrire il mio aiuto a prezzi popolari agli studenti che sono in difficoltà con le materie matematiche. In quasi quattro anni passati a dare ripetizioni, sacrificando parte del tempo necessario per lo studio, ho conosciuto ed aiutato ormai più di 60 persone, non solo ragazzi e non solo studenti di questa facoltà. E il problema che spesso mi pongo è sempre lo stesso: come può essere arrivata ad iscriversi all'università al corso di economia una persona che ha difficoltà a risolvere equazioni di 1° grado?
I primi tempi ci ridevo sopra, pensavo di aver incontrato solo un paio di casi disperati nella massa; ma dopo quattro anni, sto cominciando a capire che la massa è un caso disperato, che sono moltissime le persone che non hanno nemmeno un briciolo di concetto matematico in testa. Tutti mi chiedono "ma non c'è un modo più semplice per passare quest'esame?".
Poi se la prendono con il professore che, a loro avviso, fa un esame troppo difficile. A mio parere alternativo a quanto accade altrove, ma tutt'altro che difficile!
La sostanza è che esiste un lassismo eccessivo, e vige, per un meccanismo politico-economico complicato, basato sulla distribuzione dei fondi alle facoltà, un principio secondo cui "tutti si devono laureare".
È vero che l'Italia tra i paesi industrializzati è uno tra quelli con il minor tasso di laureati, ma non è questa la strada per invertire la tendenza. A cosa serve la laurea se non è prova dell'acquisizione di un certo numero di conoscenze?
E così, ricchi di qualità apparente, poi ci si chiede perchè i cervelli italiani fuggono all'estero. E spero che sia anche il mio destino; a me che piacerebbe entrare nel campo della ricerca operativa, questa è l'unica strada rimasta. Già , perché la tesi che sto facendo, di ricerca operativa, sta diventando più un esercizio di traduzione dall'inglese che un lavoro matematico, vista la totale assenza di documenti in italiano; perchè sarà abolito il ruolo del ricercatore ("inutile spesa pubblica").
E poi, ci si chiederà perché le nostre imprese non hanno affermati settori di ricerca e sviluppo e tra i loro bilanci, nelle immobilizzazioni immateriali, la grande maggioranza dei brevetti posseduti risulta acquistata all'estero invece che sviluppata internamente.
È un vero peccato che l'economia venga utilizzata solo come strumento di marketing convenientemente manipolato per giustificare a posteriori le manovre politiche e non, al contrario, come l'elemento dalla cui analisi dovrebbero comprendersi le adeguate manovre da mettere in atto.

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