Consiglio analisi

Corpeli
Salve a tutti, sto trattanto una tesina su argomenti relativi al nulla e allo zero ed avrei delle domande e spero tanto che qualcuno riesca a rispondere almeno a parte di esse, ma sono tutte collegate:
1. Cosa ha provocato il passaggio dall'algebra all'analisi? Qual è il problema di cui si sono accorti per il quale hanno "rivoluzionato" la matematica? Cosa mancava all'algebra e alla geometria?
2. Come c'entra con questo il concetto di limite?
3. E ancora, il problema riguardava anche lo zero, e magari la divisione per zero? Perché l'hanno risolto con il limite? (esiste una dimostrazione matematica?)
4. E infine, Se hanno risolto il problema di una divisione per zero con il "tendere a zero", perché il limite si applica anche per il "tendere a qualsiasi altro numero"? Io posso benissimo svolgere un limite per x che tende a 3, come uno per x che tende a zero o a infinito, ma perché sono arrivati a fare un limite per x che tende a 3? Qual è la necessità di prendere un intorno di tre invece che tre? E per lo zero?

Scusate forse la complessità, forse la futilità delle domande, ma sto leggendo libri su libri e non trovo qualcuno che spieghi il nocciolo della questione. Ormai la mia curiosità è alle stelle! Ed il tempo stringe.

Grazie mille a tutti in anticipo, specialmente chi riuscirà a rispondermi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Risposte
vict85
Io direi che l'analisi non è IN NESSUN modo derivante dall'algebra. I problemi che si risolvono con l'analisi non sono quelli di algebra ma quelli di geometria. L'analisi è cioè nata per risolvere più efficacemente problemi che prima venivano risolti con metodi geometrici complessi (e molto diversi dai metodi geometrici moderni). Tutto sommato lo studio dell'algebra vera e propria è successivo alla nascita dell'analisi e piuttosto indipendente (anche se probabilmente i problemi dell'analisi hanno stimolato la nascita di uno studio dei campi più profondo). La maggior parte degli algebristi moderni considererebbe la tua quasi come un insulto, quella che si fa alle superiori NON è algebra, è qualche nozioncina di calcolo letterale e risoluzione di sistemi ed equazioni (più qualcosa di elementare sui polinomi ed eventualmente l'algebra lineare in 3 dimensioni). L'algebra vera e propria spesso non si va prima del secondo anno di università (algebra lineare a parte).
Prova solo a vedere quand'è che è nata la nozione di reali di Dedekind rispetto alla discussione sulla paternità dell'analisi da parte di Newton e Leibniz... L'algebra lineare che a volte è fatta in 4° è nata quasi nel 900 e in gran parte sviluppata in questo secolo ed è per certi versi superiore all'analisi nella risoluzione di alcuni problemi...

Riguardo la divisione per zero la risposta è semplice: perché in analisi non si divide per zero. Tu analizzi come si comporta vicino a quel punto.

Corpeli
Ho capito perfettamente cosa intendi ed hai ragione: non sono riuscita a spiegarmi.
Il mio problema è il seguente:
sto trattando dal punto di vista filosofico le controversie che ci sono sul nulla. esiste il nulla o è solo un'idea utile insita nella mente umana?
è assodato che nella vita comune al nulla viene associato molto spesso lo zero. E di qui il problema dello zero, che è argomento molto complesso per poter essere trattato.
Cos'è realmente? può essere considerato un numero, un'entità, cosa? Voglio incentrare il discorso sulla matematica, ed in particolare sullo zero ed il suo uso nell'algebra e nell'analisi (che è la matematica che studio).
Cosa cambia dallo zero in algebra allo zero in analisi?
mi sono espressa male nella prima domanda: come "passaggio" intendevo quello che dici tu, ovvero l'evolvere dei dubbi con l'evolvere dell'umanità (purtroppo stando in un 5 scientifico pni, ove fino in 4 si fa algebra e in 5 analisi, lo vedo come un passaggio erroneamente perchè ti si risolvono tutti i dubbi di quattro anni!). a tal proposito, una delle tante questioni potrebbe essere questa: perché quando arrivo a studiare analisi, la divisione di zero su n ha senso? All'inizio dell'anno ti dettano le forme indeterminate risolvibili con i limiti, ma quale concezione c'è dietro, all'origine!? è questo il passaggio che mi manca, che sia un reale passaggio o meno dall'algebra: cosa c'è all'origine del diverso ruolo che assume lo zero in questa matematica.
Perché dici che la divisione è un'operazione che non è un'operazione (la definizione che so non mi aiuta)?

ps: questo video (guardalo da 1.30 in poi se puoi) http://www.youtube.com/watch?v=L2or5tDAnu0 (e spero si possano mettere link nel forum, non lo so, nel caso lo levo) può essermi utile nel capire perché lo zero assume un senso in analisi?

Scusa le imprecisioni ed il resto, mi rendo conto dell'inesperienza in materia, ma se puoi aiutarmi a capirne di più te ne sono davvero grata. Spero di essere stata più chiara, mi interessa troppo e non voglio cambiare argomento per la tesina e prenderne uno più facile..

grazie

G.D.5
Non c'è stato un passaggio dall'Algebra all'Analisi: messa così sembra che l'Analisi sia lo stadio successivo dell'Algebra (sembra cioè che l'Analisi sta all'Algebra come la Geometria di Hilbert sta a quella di Euclide). Il punto è che oltre all'Algebra c'è anche l'Analisi. Perché? Perché la Matematica non nasce da esigenze di tipo astratto, la Matematica non ebbe inizio con la Teoria dei Campi, ma iniziò col contare le pecore, col misurare i campi, col contare le ore. Man mano che il genere umano si è evoluto ed è stato capace di pensieri più complessi, l'attenzione è passata dal concreto all'astratto e qui le creazioni sono state maggiori. Ogni creazione porta un problema ed ogni problema porta una creazione per la sua soluzione ed ogni soluzione richiede delle tecniche precise. E' ovvio allora che man mano che si va avanti cresce tutto l'impianto (necessità pratiche, necessità stratte, creazioni, problemi, soluzioni, strumenti) e si finisce col creare dei settori in cui è divisa la disciplina. Una sola persona non sarebbe capace di fare tutto.

Non so se ho reso l'idea.

Quando parli di rivoluzione della Matematica a cosa ti riferisci? Alla Crisi dei Fondamenti? Alla necessità di definire un impianto logico di base sufficientemente solido da evitare le aporie?

Il limite non risolve il problema della divisione per lo 0. La divisione è una cosa, il limite un'altra. E la divisione è, invero, una cosa che non è una cosa: la divisione è un'operazione ma è un'operazione che non è un'operazione. Perché? La risposta sta nella definizione di operazione: la conosci?

Qual è la necessità di prendere un intorno del punto in cui passi al limite anziché il punto stesso? Beh, a cosa servirebbe dire che il limite di una funzione è il valore della funzione in un certo punto? Aggiungeresti qualche informazione a quelle che ti vengono fornite dalla definizione della funzione stessa?

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