Sul metodo "urang-utang"

VINX89
Leggendo le giustissime critiche mosse da Fioravante Patrone circa la validità di questo metodo per risolvere le equazioni differenziali "a variabili separabili", mi sento di fare questa riflessione.
Io sono uno studente di fisica, e di procedimenti del genere ne ho fin sopra i capelli.
Spessissimo, durante i passaggi di una qualche dimostrazione, si moltiplicano e si dividono per dx o dt i membri allo scopo di portare l'equazione su cui si sta lavorando in una forma integrabile.
Capisco l'orrore di chi è un matematico ortodosso, ma io mi sento di giustificare in qualche modo questi metodi, almeno per quanto riguarda l'applicazione alla fisica (nella matematica non entro in merito); chiedo in anticipo scusa ai matematici per la praticità dei miei ragionamenti.
Una derivata è definita come il limite per "x che tende a x0" del rapporto incrementale di una funzione. Benissimo. Nella realtà fisica una certa grandezza può dipendere da un'altra secondo una certa funzione. Chiamando y e x queste grandezze, se divido una variazione infinitesima dy di y per una variazione infinitesima dx di x, non ottengo il coefficiente angolare di una retta secante al grafico della funzione estremamente vicina alla tangente, cioè alla derivata? In fisica è così che si ragiona: la notazione dy/dx non esprime il concetto vero e proprio di derivata, ma il rapporto vero e proprio fra due quantità. E' per questo che nei "nostri" passaggi matematici moltiplichiamo e dividiamo le equazioni per tali quantità.
La correttezza di questi metodi è verificabile: utilizzando le regole di derivazione e integrazione, si ricavano relazioni confermate sperimentalmente, spesso "con ottima approssimazione". Per, un fisico, infatti, andare "troppo in là" con le cifre decimali non ha molto senso (in generale).

Risposte
GIBI1
Mi sembra che la sezione tedesca di wikipedia sia più interessante.

Meglio lasciar perdere gli anglosassoni e i francesi.

Fioravante Patrone1
A proposito di indigesto...

In:
http://en.wikipedia.org/wiki/Separation_of_variables
viene detto (bold mio):


Suppose a differential equation can be written in the form

$\frac{d}{dx} f(x) = g(x)h(f(x)),\qquad\qquad (1)$

which we can write more simply by letting $y = f(x)$:

$\frac{dy}{dx}=g(x)h(y).$

As long as $h(y) != 0$, we can rearrange terms to obtain:

$\frac{dy}{h(y)} = g(x)dx,$

so that the two variables ''x'' and ''y'' have been separated.

=== Alternative notation ===

Some who dislike [[Leibniz's notation]] may prefer to write this as

$\frac{1}{h(y)} \frac{dy}{dx} = g(x),$

but that fails to make it quite as obvious why this is called "separation of variables".

Integrating both sides of the equation with respect to $x$, we have

$\int \frac{1}{h(y)} \frac{dy}{dx} \, dx = \int g(x) \, dx, \qquad\qquad (2) $

or equivalently,

$\int \frac{1}{h(y)} \, dy = \int g(x) \, dx $

because of the [[integration by substitution|substitution rule for integrals]].

If one can evaluate the two integrals, one can find a solution to the differential equation. Observe that this process effectively allows us to treat the [[derivative]] $\frac{dy}{dx}$ as a fraction which can be separated. This allows us to solve separable differential equations more conveniently, as demonstrated in the example below.

(Note that we do not need to use two [[arbitrary constant of integration|constants of integration]], in equation (2) as in

$\int \frac{1}{h(y)} \, dy + C_1 = \int g(x) \, dx + C_2,$

because a single constant $C = C_2 - C_1$ is equivalent.)


GIBI1
Caro Gugo82,
di Federico Cafiero ho solo il libro "Misura e Integrazione", un mattone talmente indigesto che per renderlo utile l’ho posto sotto la gamba di un vecchio tavolo traballante.

G.D.5
"Sidereus":

Incredibile :smt005


Di grazia, posso sapere cosa ti fa tanto ridere?

gugo82
"GIBI":
"Se solo i fisici perdessero un po' di tempo ad apprendere la Matematica da studenti ..."
Purtroppo perdono molto tempo, il problema è che la matematica l’hanno appresa dai ‘matematici’ ed ecco i risultati.

Leggiti il libro di Cafiero, poi ne riparliamo.

Sidereus1
"WiZaRd":
[quote="Sidereus"][quote="WiZaRd"]A parte il fatto che un infinitesimo non rispetta le proprietà 1) e 2) per il semplice fatto che anche se si volesse definire l'inifinitesimo come il limite, allora questo limite sarebbe $0$.


WiZaRd, devo essermi spiegato male.
Un infinitesimo è una variabile, non importa se dipendente o indipendente, che ha per limite 0.
Nessuno ha mai sostenuto che il valore di tale limite sia un infinitesimo.

Supponiamo di avere una funzione $f(h)$ positiva definita in $(0,a)$, dove $a>0$.

Se risulta

$lim_(h->0+)f(h)=0$, allora $f(h)$ è un infinitesimo.

Ciò vuol dire che $00$, ogni volta che $0
Sono proprio le proprietà 1) e 2), mi pare.[/quote]

Io direi di no, poiché la tua 2) è $0 00$.[/quote]

Incredibile :smt005

GIBI1
"Se solo i fisici perdessero un po' di tempo ad apprendere la Matematica da studenti ..."

Purtroppo perdono molto tempo, il problema è che la matematica l’hanno appresa dai ‘matematici’ ed ecco i risultati.

VINX89
"Gugo82":
[OT]

Ragazzo, mi fa piacere che apprezzi il sarcasmo.

Se solo i fisici perdessero un po' di tempo ad apprendere la Matematica da studenti... Guardacaso ho uno dei libri usati dai fisici negli anni '80, un po' prima che le idee anglosassoni entrassero nell'università italiana: l'aveva scritto "un certo" Federico Cafiero e, ti assicuro, non c'era traccia di primati di alcun tipo, nemmeno del genere urang-utang©.

[/OT]

Senza un pò di sarcasmo saremmo perduti...
Comunque sono d'accordo ovviamente: la fisica è una scienza sperimentale, ma senza una matematica rigorosa non avrebbe mai raggiunto i risultati che ha raggiunto. Dico anche questo: quando ho più opzioni per scegliere un testo universitario, alla fine opto sempre per quello scritto da autori italiani, in quanto li ritengo (in base alla mia breve esperienza con questi testi) più chiari e formali.
Io cercavo solo di fare un "innocente" ragionamento, partendo dalla questione delle equazioni differenziali. La matematica è l'unica scienza esatta, secondo me, perchè studia idee, non fatti empirici; un fisico, se deve conciliare la realtà sperimentale con il formalismo matematico, inevitabilmente è costretto a commettere errori di approssimazione, anche se piccolissimi. Inoltre, un fisico deve essere in grado, secondo me, di interpretare il "significato fisico" di concetti astratti matematici, altrimenti sarebbe un matematico, non un fisico. E' anche per questo, secondo me, che in fisica si utilizzano mezzi più "artigianali" e concreti, discutibili ma efficaci.

gugo82
[OT]

"VINX89":
[quote="Gugo82"][quote="VINX89"]Credo significhi talmente piccolo da rendere trascurabile ogni errore...lo ripeto, in Fisica c'è un limite alle cifre decimali che si prendono in considerazione

Noto con rammarico che in Fisica c'è anche un limite alla "piccolezza" delle divisioni.
In fondo il modo è "discreto" (siamo immersi tra quanti), siamo noi che ce lo immaginiamo continuo e perciò continuiamo ad usare i numeri reali.

Poi, mica colpa dei Matematici se la Fisica è rimasta al medioevo?
Esattamente nel medioevo c'era lo stesso problema che infastidisce WiZaRd; prendete Cardano e le radici dei numeri negativi... Non importava cosa fossero, l'importante e che alla fine i conti tornavano.[/quote]
La fisica è rimasta al medioevo? Un certo Tim Berners-Lee, fisico, ha inventato un giocattolo chiamato internet grazie al quale anche tu puoi esprimere la tua opinione.[/quote]
Ragazzo, mi fa piacere che apprezzi il sarcasmo.

Se solo i fisici perdessero un po' di tempo ad apprendere la Matematica da studenti... Guardacaso ho uno dei libri usati dai fisici negli anni '80, un po' prima che le idee anglosassoni entrassero nell'università italiana: l'aveva scritto "un certo" Federico Cafiero e, ti assicuro, non c'era traccia di primati di alcun tipo, nemmeno del genere urang-utang©.

[/OT]

Thomas16
ah ok mi sembrava... ora tutto torna alla normalità :wink: ...

Fioravante Patrone1
"Thomas":

cmq fioravante non ho capito: urangutang promosso o bocciato? :wink:
Ovviamente il metodo urang-utang© era e resta bocciato. Ribadisco quanto detto qui:
http://www.diptem.unige.it/patrone/urang-utang_bis.pdf
nella chiosa finale che riporto:
La mia indignazione nei confronti del metodo urang-utang© non è dovuta al fatto che venga
proposta una strada risolutiva traballante (a voler essere molto buoni!!). Ma è il fatto che questa strada,
infarcita di erroracci da fare accapponare la pelle, venga sbattuta in faccia al lettore, al discente, come se fosse
corretta! Questo porta a corrompere un sano spirito critico, scientifico. E, come tale, l’ho denunciata e va
denunciata.



Con quelle paginette ho solo voluto vedere come si possa "ripercorrere" la strada che percorrono gli scimmioni, semplicemente usando un sentiero che passa lì vicino. Il pregio di questo sentierino è che corre a due passi dallo stradone gradito e rovinato dagli urang-utang©: il che spiega quindi come è possibile che questi scimmioni talvolta riescano ad arrivare alla soluzione giusta.
Altro pregio di questo sentierino è che è convertibile facilmente in un percorso completamente corretto. Io mi sono limitato solo a tracciare la via col machete, ma chi vuole lo può dotare di tutti i comfort.

G.D.5
"Sidereus":
[quote="WiZaRd"]A parte il fatto che un infinitesimo non rispetta le proprietà 1) e 2) per il semplice fatto che anche se si volesse definire l'inifinitesimo come il limite, allora questo limite sarebbe $0$.


WiZaRd, devo essermi spiegato male.
Un infinitesimo è una variabile, non importa se dipendente o indipendente, che ha per limite 0.
Nessuno ha mai sostenuto che il valore di tale limite sia un infinitesimo.

Supponiamo di avere una funzione $f(h)$ positiva definita in $(0,a)$, dove $a>0$.

Se risulta

$lim_(h->0+)f(h)=0$, allora $f(h)$ è un infinitesimo.

Ciò vuol dire che $00$, ogni volta che $0
Sono proprio le proprietà 1) e 2), mi pare.[/quote]

Io direi di no, poiché la tua 2) è $0 00$.

Sidereus1
"WiZaRd":
A parte il fatto che un infinitesimo non rispetta le proprietà 1) e 2) per il semplice fatto che anche se si volesse definire l'inifinitesimo come il limite, allora questo limite sarebbe $0$.


WiZaRd, devo essermi spiegato male.
Un infinitesimo è una variabile, non importa se dipendente o indipendente, che ha per limite 0.
Nessuno ha mai sostenuto che il valore di tale limite sia un infinitesimo.

Supponiamo di avere una funzione $f(h)$ positiva definita in $(0,a)$, dove $a>0$.

Se risulta

$lim_(h->0+)f(h)=0$, allora $f(h)$ è un infinitesimo.

Ciò vuol dire che $00$, ogni volta che $0
Sono proprio le proprietà 1) e 2), mi pare.

Sidereus1
"WiZaRd":
Come può un matematico che formalizza tutte le sue pazzie mentali con il processo definizione-teorema-dimostrazione, lavorare con una cosa che non ha definito, i.e. la famigerata "lunghezza infinitesima"?


Penso che VINX89 non abbia torto.

L'integrale è per definizione

$lim_(\Delta->0) \sum_{k=1}^N f(\eta_k)\Deltax_k =\int_{a}^{b} f(x) dx$

dove $\Delta$ è il parametro di finezza della partizione ${a=x_0, x_1, x_2,........, x_N =b}$

Ne consegue che tutti gli addendi $f(\eta_k)\Deltax_k$ sono infinitesimi, poiché

$0<\Deltax_k <= \Delta$ per ogni $k$ ogni volta che $N$ è sufficientemente grande

G.D.5
"Sidereus":

Nella matematica tradizionale esistono oggetti che hanno le proprietà 1) e 2) scritte qui sopra: sono le variabili che hanno per limite 0. Infinitesimo è sinonimo di variabile che tende a 0.


Veramente gli infinitesimi sono funzioni che tendono a $0$ al tendere della variabile indipendente ad un punto di accumulazione $x_{0}$: tanto è vero che quando si dice che una funzione è un infinitesimo si deve anche specificare dove è un infinitesimo.

A parte il fatto che un infinitesimo non rispetta le proprietà 1) e 2) per il semplice fatto che anche se si volesse definire l'inifinitesimo come il limite, allora questo limite sarebbe $0$.

Thomas16
"WiZaRd":
@Fioravante Patrone

E' stupendo il "piccolissimissimerri" :-D :-D :-D


[quote="VINX89"]Prego...
Facendo questo, però, il fisico, secondo il mio modesto parere, non stravolge minimamente il significato di integrale definito così come lo intendono i matematici.
Anche loro, infatti, considerano rettangoli la cui base è il tanto amato e odiato dx: ma in questo caso dx non è solo un simbolo, ma una vera e propria lunghezza.
Anzi: una lunghezza infinitesima che tendendo a zero garantisce una approssimazione sempre migliore dell'area del sottografico.
Lo stesso ragionamento si può fare, ovviamente, anche quando si risolve una equazione differenziale a variabili separabili.
Perchè, quindi, un fisico ragionerebbe in modo così diverso da un matematico, se anche quest'ultimo è alle prese con lunghezze infinitesime?


Stai scherzando, vero? Era una battuta umoristica? Come può un matematico che formalizza tutte le sue pazzie mentali con il processo definizione-teorema-dimostrazione, lavorare con una cosa che non ha definito, i.e. la famigerata "lunghezza infinitesima"?[/quote]

evidentemente si intende che la lunghezza è considerata finita ma piccola e poi alla fine si deve fare un limite... del resto tutto è definito tramite limiti, il passaggio attraverso il finito lo potrai pur fare, no? poi ovviamente lo fai in maniera naive senza guardare le ipotesi che ti servono e si deve anche stare attenti a fare solo operazioni lecite ma questa è un'altra faccenda...

cmq fioravante non ho capito: urangutang promosso o bocciato? :wink:

Sidereus1
"Fioravante Patrone":
Continuate pure ad accapigliarvi :-D


Nel frattempo ho scritto quella risposta un po' più meditata di cui parlavo nella mia prima replica.
Non è l'unica risposta che può essere data, epperò credo che molti possano apprezzarne lo spirito.

La "risposta" è un po' lunga per essere postata qui. Ho predisposto un pdf (5 pagg.) per chi voglia curiosare:
http://www.diptem.unige.it/patrone/0000 ... simato.pdf

NB: al solito, commenti sono benvenuti.
E ringrazio VINX89 per avermi "stimolato" a scrivere queste note che volevo mettere giù da tempo!


Molto interessante... complimenti, prof :smt038

Sidereus1
"GIBI":
Che cos'é $dx$? semplice, è un numero che ha due proprietà:

1) $dx !=0;

2) $|dx|<\alpha$, per $AA$$\alpha \in $$RR^{+}$.

Nella matematica 'tradizionale' questo numero non esiste, ma cosa importa, basta che funzioni.


Nella matematica tradizionale esistono oggetti che hanno le proprietà 1) e 2) scritte qui sopra: sono le variabili che hanno per limite 0. Infinitesimo è sinonimo di variabile che tende a 0.

G.D.5
@Fioravante Patrone

E' stupendo il "piccolissimissimerri" :-D :-D :-D


"VINX89":
Prego...
Facendo questo, però, il fisico, secondo il mio modesto parere, non stravolge minimamente il significato di integrale definito così come lo intendono i matematici.
Anche loro, infatti, considerano rettangoli la cui base è il tanto amato e odiato dx: ma in questo caso dx non è solo un simbolo, ma una vera e propria lunghezza.
Anzi: una lunghezza infinitesima che tendendo a zero garantisce una approssimazione sempre migliore dell'area del sottografico.
Lo stesso ragionamento si può fare, ovviamente, anche quando si risolve una equazione differenziale a variabili separabili.
Perchè, quindi, un fisico ragionerebbe in modo così diverso da un matematico, se anche quest'ultimo è alle prese con lunghezze infinitesime?


Stai scherzando, vero? Era una battuta umoristica? Come può un matematico che formalizza tutte le sue pazzie mentali con il processo definizione-teorema-dimostrazione, lavorare con una cosa che non ha definito, i.e. la famigerata "lunghezza infinitesima"?

VINX89
Prego...
Un'altra riflessione: l'integrale può essere definito o indefinito.
Il primo nasce da considerazioni quasi "geometriche", in quanto tiene conto di una sommatoria di aree di rettangoli.
Il secondo, invece, è la semplice (per modo di dire) operazione inversa della derivazione.
Il teorema fondamentale del calcolo integrale in un certo senso "lega" le due tipologie in questione.
In Fisica, quando si integra, si utilizza il primo approccio: si considerano trasformazioni, processi o moti infinitesimi in partenza per arrivare poi a descrivere un fenomeno "finito".
Facendo questo, però, il fisico, secondo il mio modesto parere, non stravolge minimamente il significato di integrale definito così come lo intendono i matematici.
Anche loro, infatti, considerano rettangoli la cui base è il tanto amato e odiato dx: ma in questo caso dx non è solo un simbolo, ma una vera e propria lunghezza.
Anzi: una lunghezza infinitesima che tendendo a zero garantisce una approssimazione sempre migliore dell'area del sottografico.
Lo stesso ragionamento si può fare, ovviamente, anche quando si risolve una equazione differenziale a variabili separabili.
Perchè, quindi, un fisico ragionerebbe in modo così diverso da un matematico, se anche quest'ultimo è alle prese con lunghezze infinitesime?

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