Rapporto deficit/PIL...
Carissimi ragazzi, ahimè di economia non ne capisco tantissimo e le informazioni cerco di metterle assieme tra internet ed i resti di mia sorella, ma c'è una cosa di cui mi sfugge proprio il significato: il rapporto deficit/PIL. Più e più volte sento parlare di questo importante indicatore della situazione economica italiana, o in generale di un paese, sareste così gentili da elargirmi il significato? In attesa di una vostra risposta, ringrazio anticipatamente per la collaborazione.

Risposte
Ora qual è la soglia massima per l'Europa , o meglio ancora l'Eurozona?
Io rifletterei anche sul fatto che il Pil, a meno dell'inflazione dei prezzi, ha dei limiti che non possono essere superati. Se questo fatto lo si vede a livello globale si nota che un rapporto deficit/Pil positivo si può avere solo per un periodo transitorio. Nella situazione di equilibrio dell'economia, che secondo me dovrebbe essere l'obiettivo da porsi, il debito deve essere nullo.
Incrementi del Pil, se non sono dati da inflazione su prodotti e servizi già esistenti, devono essere dati dall'introduzione di nuovi prodotti e servizi, dalla crescita della popolazione, dall'esportazione. Sono tutti fattori che hanno dei limiti questi, di mercato, di risorse (come il territorio occupato dalla popolazione, l'impatto delle nuove attività introdotte..).
L'incremento del Pil per mezzo di beni e servizi interni al Paese comporta un incremento del costo della vita nel Paese stesso, così come anche l'inflazione su beni e servizi già esistenti, il che non favrisce le esportazioni.
Incrementi del Pil, se non sono dati da inflazione su prodotti e servizi già esistenti, devono essere dati dall'introduzione di nuovi prodotti e servizi, dalla crescita della popolazione, dall'esportazione. Sono tutti fattori che hanno dei limiti questi, di mercato, di risorse (come il territorio occupato dalla popolazione, l'impatto delle nuove attività introdotte..).
L'incremento del Pil per mezzo di beni e servizi interni al Paese comporta un incremento del costo della vita nel Paese stesso, così come anche l'inflazione su beni e servizi già esistenti, il che non favrisce le esportazioni.
Quindi per ogni paese, o meglio ancora area economica, vi sono determinati standard che definiscono il "bello ed il cattivo tempo"per l'economia. Perdonami, ma non sarebbe necessario che questi parametri di riferimento fossero "omologati" a livello mondiale, dacché l'economia parla la stessa lingua su tutto il globo?
Chiarissimo Sergio. Sì c'è una domanda che vorrei girarti: c'è un limite, in un certo senso massimo, che questo rapporto non può superare il che significherebbe "crack" per il paese in questione?
In un certo senso è come se indicasse quanto di quello prodotto (dunque il PIL) sia macerato dal debito?
Fai conto di avere del denaro accumulato, con il quale ci devi comprare tutto quello che occorre per vivere.
Parte delle spese che si fanno vanno allo stato, come percentuale di tasse, un'altra parte va a chi produce i beni e servizi di cui si dispone per soddisfare i bisogni.
Mettiamo che i soldi spesi non ritornino, almeno in tempi ragionevoli, con il lavoro svolto o come contributi da parte dello stato, perchè il lavoro svolto non è competitivo in termini di rapporto qualità prezzo (percepito), o lo stato è in debito con l'estero e deve pagare i relativi interessi, o i prodotti e servizi di cui ci si serve sono esteri e quindi alla spesa per soddisfare i bisogni corrisponde anche un flusso di ricchezza verso l'estero. Succede che i risparmi accumulati si riducono e prima o poi finiscono anche se non cambia nulla, il che porta ad una riduzione delle spese, minori entrate per lo stato, recessione.
Se succede che allo stato manca denaro, o lo stampa oppure si dichiara in fallimento, per cui vengono poste delle strette regole, dei limiti sugli indici, per cui c'è pericolo di fallimento imminente solo se vengono superati certi valori degli indici. Se non vengono superati il fallimento è più a lungo periodo e i creditori hanno maggiori possibilità di recuperare a spese del risparmio accumulato.
Se a questo si aggiungono anche i money transfert degli immigrati, ci si può rendere conto di quanto la situazione è critica.
I money transfert da parte di immigrati ammontano a 1 o 2 miliardo di euro all'anno, l'ho sentito una sera al tg, in un servizio proprio successivo a quello in cui si parlava del caso del cinese ucciso insieme alla figlia.
Parte delle spese che si fanno vanno allo stato, come percentuale di tasse, un'altra parte va a chi produce i beni e servizi di cui si dispone per soddisfare i bisogni.
Mettiamo che i soldi spesi non ritornino, almeno in tempi ragionevoli, con il lavoro svolto o come contributi da parte dello stato, perchè il lavoro svolto non è competitivo in termini di rapporto qualità prezzo (percepito), o lo stato è in debito con l'estero e deve pagare i relativi interessi, o i prodotti e servizi di cui ci si serve sono esteri e quindi alla spesa per soddisfare i bisogni corrisponde anche un flusso di ricchezza verso l'estero. Succede che i risparmi accumulati si riducono e prima o poi finiscono anche se non cambia nulla, il che porta ad una riduzione delle spese, minori entrate per lo stato, recessione.
Se succede che allo stato manca denaro, o lo stampa oppure si dichiara in fallimento, per cui vengono poste delle strette regole, dei limiti sugli indici, per cui c'è pericolo di fallimento imminente solo se vengono superati certi valori degli indici. Se non vengono superati il fallimento è più a lungo periodo e i creditori hanno maggiori possibilità di recuperare a spese del risparmio accumulato.
Se a questo si aggiungono anche i money transfert degli immigrati, ci si può rendere conto di quanto la situazione è critica.
I money transfert da parte di immigrati ammontano a 1 o 2 miliardo di euro all'anno, l'ho sentito una sera al tg, in un servizio proprio successivo a quello in cui si parlava del caso del cinese ucciso insieme alla figlia.