Non ho capito granchè

cammeddru
salve ,
come da titolo , sto rispecchiando, andando avanti, un senso di vuoto conoscitivo. Sarà che frequento matematica per l'ingegneria e non matematica pura , però mi sto perdendo nelle varietà e i diversi aspetti della matematica. Per gli esami che faccio io , molto simili a quelli di ingegneria (se non uguali) basta capire come far di conto per potere superarli e forse ciò mi provoca delle lacune.
Sono franco , non ci ho capito granchè della matematica. Sono al 3 anno , ma ancora non capisco per esempio come si collegano algebra e analisi, per esempio l'utilizzo del concetto di funzione nell'algebra mi stranizzò non poco . Poi non mi so giostrare fra i vari settori , non trovo qualcosa di unificante o che si rispecchi l'un altra!!! Ho provato a studiare un pò di logica ma dopo averla studiata non ho fatto altro che confondermi le idee , poichè adesso non capisco quando eseguo un ragionamento se esso sia valido o meno , se la conseguenza logica è giusta o meno , perchè c'è sempre troppa paura di errore o sbaglio che si tramuta nella non "credenza" della dimostrazione in poche parole. Tra l'altro , mi confondo quando provo a utilizzare l'intuizione geometrica e la successiva "algebrizzazione" , come se non riuscissi a mettere le cose in chiaro. C'è un pò di confusione e vorrei sapere se è una normale sindrome passegera oppure un problema mio.

Risposte
12provaCiao
"solaàl":
Semmai sono i filosofi ad avere una visione puerile e antiquata della matematica

Fare di tutta l'erba un fascio non è un granché maturo da parte tua. Giorello, per dirne uno, rientra in questi canoni?

solaàl
Semmai sono i filosofi ad avere una visione puerile e antiquata della matematica, e più alla larga della conoscenza nella sua totalità; ma transeat, non è un argomento pertinente a questa discussione (o sì, ma allora merita più di un epigramma).

12provaCiao
"solaàl":
Ma c'è qualcuno qua dentro dentro che sappia in cosa consista il lavoro di un filosofo impegnato nella ricerca?
Nel fare affermazioni assai opinabili a proposito di concetti su cui non ha la minima pertinenza?

Senza offesa, ma è una visione puerile ed antiquata della filosofia.

solaàl
Ma c'è qualcuno qua dentro dentro che sappia in cosa consista il lavoro di un filosofo impegnato nella ricerca?
Nel fare affermazioni assai opinabili a proposito di concetti su cui non ha la minima pertinenza?

Ancona1
[ot]
La crescita è un qualcosa di personale: ciascuno ha il suo percorso e in questo impara. Tralasciando questo, dubito che sia una cosa così comune come la fai tu quello che è stato espresso nel punto (2). Quantomeno prova ad apprezzare i passi.


Il fatto che un dubbio sia comune non significa che sia stupido. Io ho detto solo che quel dubbio è solo un dubbio, che hanno in tanti, e non è sintomo di qualcosa di particolare. Questo dovrebbe essere tranquillizzante per OP, non è certo un insulto. Il fatto che quel dubbio specifico non sia sintomo di $C$ non è una valutazione su $C$ in generale.


Onestamente è una cazzata, dettata forse dall'opinione che «il lavoro di un filosofo consista nel ciarlare a vanvera, tutt'altra cosa fa il matematico». (Ma c'è qualcuno qua dentro dentro che sappia in cosa consista il lavoro di un filosofo impegnato nella ricerca? Indovino: no.)

Anche qua, se uno ha un dubbio motivato da $F$ il cui oggetto di riferimento è qualcosa che pertiene a $M$, è possibile che per risolverlo debba studiare più $M,$ bilanciando $F$. Non mi sembra una valutazione di merito su $F$.[/ot]

cammeddru
Vedete il mio problema , lo sto notando più adesso che altre volte , è idealizzare le situazioni o i fatti. Per idealizzare intendo immaginare ,a lavoro compiuto ,come dovrei sentirmi e come dovrei essere. Ciò mi arreca danno e mi crea confusione. Ho idealizzato lo studio della matematica e la matematica stessa , il mio corso di laurea , il mio futuro...ecc.
Infatti quello che immaginavo era poco o per niente simile a quello che realmente ho provato/sentito.
Lo noto perchè vedo in me stesso che idealizzo lo studio e poi mi scontro con la realtà della mia pigrizia , idealizzo il sapere e la conoscenza e poi mi scontro con il reale infinito non sapere / non conoscere.
Giustamente credo che scrivendo pochi possano intepretare perfettamente i miei problemi e quindi è inutile scrivere all infinito senza neanche aver prima definito quello che è il problema. Bhe che dire ,questa volta secondo me il problema stà a monte e dopo un brusco bagno di realtà forse sono vicino ad averlo realmente compreso.

Indrjo Dedej
Mah... diciamo che argomenti come questi in un certo contesto hanno una conclusione abbastanza prevedibile: un inizio tutto sommmato tranquillo; un intervento iniziale incisivo quasi ad accentrare a sè (volenti o nolenti) l'attenzione; altri interventi; dibattiti su questi interventi con polemiche (a volte una questione d'onore quasi); irrimediabile infine il più o meno rapido collasso in un silenzio funereo. In definitiva l'OP rimane sospeso, quasi scacciato dalla sua stessa discussione.

Un buon suggerimento te l'hanno già dato: parla con qualcuno. Solàal ti ha suggerito qualcuno, che a suo dire è aperto. Altrimenti va bene anche qualcuno che con l'orientamento universitario ha a che fare, con studenti che studiano Matematica, con professori, con qualcuno che pensi ti possa aiutare...
[ot]Se è possibile, parla direttamente. Non è una scemenza o una cosa di poco conto. La comunicazione scritta è di sua natura più razionale e molto più organizzata rispetto a quella orale, con il rischio a volte più di seppellire che di mostrare: ciò che scrivi viene rivisto, corretto, riaggiustato...; mentre nel parlato quando dici una cosa non la puoi cancellare, emergono dettagli non da poco su quello che vuoi dire e come lo dici. Insomma nel parlarsi faccia a faccia è tutto diverso, invece di stare davanti a un schermo che non capisce. Comunque fai tu.[/ot]

Suggerimento spassionato: se ci tieni, riprenditi la discussione. Incomincia con l'intervenire, col dire le tue sensazioni, cosa hai deciso, quali sono i tuoi dubbi. È importante. Anche perché chi è intervenuto, lo ha fatto (ciascuno a modo suo) per te.

[ot]
"Ancona":

Forse [...] hai studiato troppa filosofia e troppo poca matematica.
Onestamente è una cazzata, dettata forse dall'opinione che «il lavoro di un filosofo consista nel ciarlare a vanvera, tutt'altra cosa fa il matematico». (Ma c'è qualcuno qua dentro dentro che sappia in cosa consista il lavoro di un filosofo impegnato nella ricerca? Indovino: no.)[/ot]

"Ancona":

Il dubbio che ho evidenziato al punto 2) è in realtà estremamente, estremamente comune, e non significa che stai crescendo [...]
La crescita è un qualcosa di personale: ciascuno ha il suo percorso e in questo impara. Tralasciando questo, dubito che sia una cosa così comune come la fai tu quello che è stato espresso nel punto (2). Quantomeno prova ad apprezzare i passi.

[ot]Comunque c'è un qualcosa dietro le parole che mi fa sorridere. Uno si presenta con un muro di post, finendo per sminire anche i più timidi passi di OP (oppure OP si sente sminuito, come non farlo del resto?), un altro dice che lui non sta crescendo (un granché). E immancabili a questo punto le prescrizioni "mediche" (fai questo, leggi questo, ...), come se la ricetta fosse quella. Insomma per quanto grandi Matematici possiate essere ora, inizialmente anche il vostro percorso sarà stato lento, i vostri passi timidi, che avete impiegato il tempo che ci è voluto per imparare qualcosa. Lasciate crescere, piuttosto che dire:
"solaàl":

"la matematica è questo, ma nemmeno noi ci abbiamo capito granché perciò stai tranquillo e non sentirti uno stupido. Te la faccio vedere. Guardala, decidi se ti piace, senza che uno psicologo o un corso di studi ti influenzino, il resto è un corollario di cosa avrai deciso a quel punto."
[/ot]

Ancona1
2) la scoperta banale riguardo l esistenza di logiche diverse da quelle classiche e di come in realtà le regole di inferenza siano anch esse dettate dall uomo , quindi ammettendo che le regole riguardo la formalizzazione della matematica e l inferenza che si fa su di essa è dettata da regole che abbiamo scelto convenzionalmente.


Lo studio della teoria dell'inferenza è stato storicamente (e probabilmente sta tornando ad essere con la logica computazionale) uno degli scopi principali della Logica. La mia opinione (non sono un logico, non faccio logica) è che la visione per cui la logica sia un qualcosa che deve stare a monte, rispetto alla matematica, è figlia di una visione superficiale di entrambe.

Ho sempre visto la logica come parte della matematica applicata, molto più affine nell'approccio alla fisica matematica che a parti considerate più "pure". Il punto è che l'oggetto di studio sia del logico matematico che del fisico matematico è qualcosa che sta, alla fine, al di fuori della matematica.

Forse, visto che dici che provieni da filosofia, hai studiato troppa filosofia e troppo poca matematica. Il dubbio che ho evidenziato al punto 2) è in realtà estremamente, estremamente comune, e non significa che stai crescendo, significa solo che hai studiato troppa poca logica e troppo poca matematica, un qualcosa a cui si rimedia facilmente.

Leggi qualcosa di teoria della dimostrazione, studia cos'è un "calcolo logico", studia i vari concetti di validità, completezza, completezza refutazionale , indecidibilità, etc. . Visto che fai ingegneria, guarda come diversi calcoli logici possono essere implementati per risolvere problemi reali, studia logica computazionale.

Oppure, sul lato della matematica, guarda come logiche diverse da quella classica emergano naturalmente come logiche interne a varie categorie.

E' inutile provare a farti consigliare da gente che ne sa meno di te.

solaàl
Ma no, sei tu che attribuisci alle mie parole un intento polarizzante: "cambia facoltà" o "vai da uno psicologo" sono inviti a fare qualcosa di drastico.

Dire "la matematica è questo, ma nemmeno noi ci abbiamo capito granché perciò stai tranquillo e non sentirti uno stupido. Te la faccio vedere. Guardala, decidi se ti piace, senza che uno psicologo o un corso di studi ti influenzino, il resto è un corollario di cosa avrai deciso a quel punto." invece lo lascia libero di fare la stramadonna che vuole.

Però no, bisogna per forza che delle parole meditate nascondano dietrologie, secondi fini, proselitismo. Calmàtevi :) e basta co' sta discussione che non c'entra nulla.

kaspar1
@cammeddru
"cammeddru":
Io mi sono affacciato alla matematica, passando dalla filosofia , considerandola come una idea platonica di teoria generale e universale , poi però ho scoperto che molte cose erano dettate dalla convenzione umana.

Filosoficamente (e Matematicamente anche) stai crescendo e, come in qualsiasi crescita, ci sono dei traumi. È un sentimento sano, tuttavia.

"cammeddru":

Quello che mi ha scombussolato in realtà riguarda più cose.
1) il fatto che contrariamente al detto che la matematica non sia un opinione , ho riscontrato che molte volte essa lo è [...]

2) la scoperta banale riguardo l esistenza di logiche diverse da quelle classiche e di come in realtà le regole di inferenza siano anch esse dettate dall uomo [...]

"cammeddru":

Non è che ciò non mi piace , sono lontano da sostenere ciò [...] mi sono trovato un pò spiazzato.
Cioè mentre prima accettavo tutto come un modo di pensare normale, una logica normale , ora sò e sono cosciente che è una logica convenzionale . Fare attenzione a questo piccolo ma grande dettaglio tuttavia mi provoca un senso di inadeguatezza [...]
Sì, stai crescendo, e a volte sono dolori... :)


"Sergio":

cammeddru è passato dalla filosofia alla matematica per ingegneria. Da un lato ha trovato un'impostazione più orientata al "far di conto" di quanto avrebbe voluto, dall'altra teme di non poter trovare nella matematica pura la "teoria generale e universale" che cercava.
Condivido pienamente l'impressione.

@solaàl
"solaàl":
Mi sembra che tra chi consiglia ad OP di cambiare corso di studi, e chi gli consiglia uno psicologo, si stia facendo tutto tranne che forzarlo a una scelta drastica.
Illuminaci, allora, dall'alto della tua scienza. No. Nessuno deve forzare nessuno a fare cose. Io da parte mia ho tirato in ballo una possibilità. A me non interessa imporre qualcosa a qualcuno. OP deve capire cosa cerca e solo lui può farlo, noi possiamo al massimo consigliarlo come spettatori esterni. Tu al contrario polarizzi eccessivamente la discussione, dimenticando che tu sei tu, che vuoi quello che vuoi tu, OP è un'altro e che sta cercando di fare chiarezza in sé.

@Sergio
"Sergio":

Forse una sede in cui avesse modo di ragionare a voce alta, invece che fissando uno schermo, sarebbe più efficace.
Lo trovo un buon consiglio (per ovvii limiti di comunicazione in un forum).

solaàl
Certo, era chiarissimo dal tuo messaggio cosa intendessi:
Molte università offrono servizi di consulenza psicologica
E' evidente che intendessi
centri di (ri)orientamento universitario
come ho potuto non capirlo?

parliamo più noi (soprattutto tu) che lui
haha :) almeno parlo di qualcosa di cui ho contezza. Ciao.

solaàl
Non è semplice discutere di queste cose su un forum.
Significa "non dovremmo provarci"?

Mi sembra che tra chi consiglia ad OP di cambiare corso di studi, e chi gli consiglia uno psicologo, si stia facendo tutto tranne che forzarlo a una scelta drastica.

Sono tutti consigli in buona fede, ma non sarebbe meglio pilotare la discussione verso il parlare di matematica, invece che di psicologia o di scelte di vita, (è esattamente ciò a cui questo forum serve, no?)?

Il mio punto era proprio lenire lo sconforto di OP, che si sente stupido perché gli sembra di non aver capito davvero cos'è la matematica; in realtà, queste domande vibrano ancora forte tanto quanto la prima volta in cui sono state pronunciate, venticinque secoli fa; nessuno le ha risolte completamnte ma c'è uno stuolo di giganti del pensiero da cui imparare a che punto siamo. Se sente questa urgenza, che venga a contatto con quelle idee. Fa meno male della psicoterapia cui ti sottopone, a volte, un incompetente[1].

La matematica dell'aquila è complementare a quella della rana; ma i problemi che si pone la prima sono più urgenti e viscerali; è normale che chi la fa abbia gli stessi dubbi di OP e le sue curiosità; ed è normale che chi ha i dubbi di OP si rivolga a quella matematica per avere risposte, e non ad altra, più da vil meccanico.
Sta vedendo la seconda, e si sta rendendo conto che è una versione focomelica della prima; noi mostriamogli la prima. Dopo, deciderà lui cosa fare con la sua vita e la sua psiche, no?

[1] E parlo per esperienza personale: sentii dire a una lacaniana, anni fa, che una certa malattia genetica poteva avere una origine psicosomatica e andava, perciò, curata con la psicoterapia e non coi farmaci.

gabriella127
Ciao cameddru. Ti stai semplicemente scontrando con quella che è stata la storia della matematica e della riflessione filosofico-metodologica sulla matematica.

Non esiste una matematica astratta fissata una volta per tutte. La storia e la filosofia della matematica sono costellate di punti di vista, tentativi, errori, c'è chi ha creduto di fondare la matematica sulla logica, chi ha contestato questa impostazione.
Quelle che a noi sembrano levigate formulazioni della matematica, come se i matematici passassero con naturalezza da un teorema all'altro, non rispecchiano la realtà della storia dei concetti matematici, e della 'logica concreta' della scoperta matematica.
La loro genesi è stata difficile e tormentata. Anche ciò che si intende per 'rigore' è variato nel corso del tempo e dipende dalle opinioni.
Non c'è una matematica che proviene da assiomi scolpiti nella pietra a priori. Lo stesso Hilbert, considerato padre del formalismo, dice che l'assiomatizzazione è un punto di arrivo, di una teoria matura, che riesce ad un certo punto ad identificare gli assiomi 'giusti'.

Citi il concetto di continuità di una funzione, è stato uno dei concetti più difficili da definire per più di un secolo.
Tu dici che vieni da filosofia, quindi nello studiare matematica hai visto delle difficoltà che non sono tue, ma proprio della natura della materia.
Abbi pazienza, ma questa complessità è anche interessante, le cose in parte si chiariranno, e se ti andrà, puoi leggere cose di filosofia e storia della matematica.
Per esempio, se già non lo hai letto, c'è un classico, anni '60, della filosofia della matematica, Lakatos, Dimostrazioni e confutazioni, che dà una idea sulle problematiche della matematica, filosofiche e della pratica matematica, in forma non pesante, ma profonda, è un dialogo immaginario tra un professore e studenti.

Però tutta questa complessità e relativizzazione secondo me non inficia la bellezza delle costruzioni matematiche.
Come diceva Gauss, l'architetto quando ha finito la costruzione, le impalcature le leva, e resta la forma della costruzione. Così per teorie matematiche, di cui possiama ammirare la bellezza, l'eleganza e la profondità dei risultati, una volta che siano state tolte le 'impalcature' della tormentata genesi di certi concetti.

cammeddru
Sono convinto che tutti i miei problemi derivino da una scarsa attenzione all argomento , però alcune cose ve le dico lo stesso , non certo per cercare scuse ma per argomentare altri miei fardelli.

Io mi sono affacciato alla matematica, passando dalla filosofia , considerandola come una idea platonica di teoria generale e universale , poi però ho scoperto che molte cose erano dettate dalla convenzione umana.

Quello che mi ha scombussolato in realtà riguarda più cose.
1) il fatto che contrariamente al detto che la matematica non sia un opinione , ho riscontrato che molte volte essa lo è , per esempio nell introduzione del concetto di limite , oppure quando si deve specificare il concetto di funzione continua ( per esempio il problema dell iperbole e del suo dominio). Soprattutto nella teoria dei numeri complessi e poi nella sua successiva formalizzazione per il calcolo integrale e differenziale ,ho tastato un pò il suolo della teoria distaccata dalla semplice intuizione.

2) la scoperta banale riguardo l esistenza di logiche diverse da quelle classiche e di come in realtà le regole di inferenza siano anch esse dettate dall uomo , quindi ammettendo che le regole riguardo la formalizzazione della matematica e l inferenza che si fa su di essa è dettata da regole che abbiamo scelto convenzionalmente.

Non è che ciò non mi piace , sono lontano da sostenere ciò , ma la varietà di teorie e argomenti che poi ho avuto modo di conoscere mi hanno fatto capire che oltre ai semplici assiomi c è anche altra teoria che va creata per poter fare matematica. Questo ingenuamente non l avevo capito e mi sono trovato un pò spiazzato.
Cioè mentre prima accettavo tutto come un modo di pensare normale, una logica normale , ora sò e sono cosciente che è una logica convenzionale . Fare attenzione a questo piccolo ma grande dettaglio tuttavia mi provoca un senso di inadeguatezza , come una forzatura a ragionare in quel modo, con quelle regole, ecco perchè adesso mi confondo.

kaspar1
@solaàl
"solàal":

Ci sono molti esempi di persone cresciute in tal modo; spesso, sapere due cose invece che una li rende persone di sensibilità più ricca del normale. Perché tu non dovresti essere una di queste?
Ci possono essere sostanzialmente quanti esempi vuoi. Ed essenzialmente dipende da persona a persona. Io aspetterei una risposta di chi ha aperto la discussione, perché il taglio che si può dare a questa è molteplice; e visto che si sta parlando di lui, è utile capire lui, non dire cosa pensiamo noi.

"me stesso":

Forse, anche, dovresti scegliere dato che il tuo interesse è certamente ortogonale al tuo percorso universitario.
Ho messo un «forse» appositamente, perché il quadro proposto da cammeddru nel primo post accenna solo per un po' il suo percorso di studi, mentre il resto è questo:
"cammeddru":

Sono franco , non ci ho capito granchè della matematica. Sono al 3 anno , ma ancora non capisco per esempio come si collegano algebra e analisi, per esempio l'utilizzo del concetto di funzione nell'algebra mi stranizzò non poco . Poi non mi so giostrare fra i vari settori , non trovo qualcosa di unificante o che si rispecchi l'un altra!!! Ho provato a studiare un pò di logica ma dopo averla studiata non ho fatto altro che confondermi le idee , poichè adesso non capisco quando eseguo un ragionamento se esso sia valido o meno , se la conseguenza logica è giusta o meno , perchè c'è sempre troppa paura di errore o sbaglio che si tramuta nella non "credenza" della dimostrazione in poche parole. Tra l'altro , mi confondo quando provo a utilizzare l'intuizione geometrica e la successiva "algebrizzazione" , come se non riuscissi a mettere le cose in chiaro. C'è un pò di confusione e vorrei sapere se è una normale sindrome passegera oppure un problema mio.
Per questo ho tirato in ballo la possibilità di fare qualcosa di "drastico", perché ho avuto l'impressione che potesse essere in effetti una possibilità. Ma non leggendo ancora nella mente delle persone, bisogna solo aspettare degli interventi da parte sua.

[ot]Puoi pure mettere in OT il post precedente...[/ot]

@cammeddru
"cammeddru":

Ho provato a studiare un pò di logica ma dopo averla studiata non ho fatto altro che confondermi le idee , poichè adesso non capisco quando eseguo un ragionamento se esso sia valido o meno , se la conseguenza logica è giusta o meno , perchè c'è sempre troppa paura di errore o sbaglio che si tramuta nella non "credenza" della dimostrazione in poche parole.
Diciamo che è normale fare logica in questo modo: ti sembra di esserti messo in testa solo confusione, ti senti che devi riflettere sui "passaggi logici" più del dovuto (mentre un Matematico di norma fa ciò con molta non chalance), con la conseguente insoddisfazione per la forma e lo scheletro logico di quello che fai. Perché questo è: piano piano impari la forma e il rigore (a volte anche eccessivamente, ammetto...), fino a che «la forma [per te] diventa un modo per cristallizzare la sostanza». Diciamo che è normale. :)

solaàl
"otta96":
[quote="solaàl"]l'idea per cui la dimensione temporale influenzi quella spaziale, definendone la sorte, è più antica sia di lui che di Einstein.

Puoi espandere questo commento? Mi interessa.[/quote] Spostandosi nello spazio a velocità sempre più alta, il tempo proprio rallenta perché una certa quantità (la norma di un vettore in una certa metrica indefinita) deve mantenersi costante; o almeno, questo è il modo in cui mi spiego questo frammento di relatività. Quindi, non c'è da una parte lo spazio e dall'altra il tempo, le due quantità sono, piuttosto, dipendenti l'una dall'altra. Husserl, senza sapere la matematica, disse lo stesso per l'algebra e per la geometria.

L'analogia non è la stessa (il "modo" in cui il tempo dipende dallo spazio è che lo spazio \(E\) è il dominio di un fibrato \(E\to \mathbb R\) -o qualsiasi sia il modello di tempo che scegli, con la sua topologia- e la fibra tipica sopra \(t\in\mathbb R\) è uno spazio euclideo \(E_t\) che è "l'universo al tempo $t$"), ma era un'osservazione interessante.

L'analogia tra algebra e geometria si presenta sotto forma di una "dualità" (per la precisione, dualità "di Gel'fand"; un concetto completamente analogo alla dualità di Pontrjagin, o di Stone): se da una parte metti in una scatola "tutte" le cose geometriche, per esempio gli spazi T2 localmente compatti, e in un'altra scatola "tutte" le cose algebriche, per esempio le \(C^*\)-algebre commutative, tra le due scatole c'è un isomorfismo.

Da un lato, se $X$ è uno spazio, l'insieme delle sue funzioni continue \(f : X \to \mathbb C\) è una C*-algebra; dall'altro, se \(\mathfrak A\) è una C*-algebra, l'insieme \(S\mathfrak A\)dei suoi ideali massimali, con la topologia *-debole, è uno spazio T2 localmente compatto.

Questo crea un dizionario tra algebra e geometria:
- Ogni funzione continua $f :X \to Y$ tra spazi T2 e localmente compatti induce un omomorfismo di algebre $f : C(Y)\to C(X)$ (aver girato il verso non è un errore); ogni omomorfismo di algebre poi manda induce una mappa tra \(S(\mathfrak B)\to S(\mathfrak A)\) che è *-debole-continua.
- \(\mathfrak A\) è unitaria (nel senso di algebra 1, teoria degli anelli) se e solo se \(S(\mathfrak A)\) è globalmente compatto; questo perché la funzione che vale costantemente 1 "esiste" solo quando lo spazio è compatto.
- Uno spazio $X$ è sconnesso se e solo se \(R=C(X)\) risulta dal prodotto di due anelli quoziente
- I chiusaperti di $X$ corrispondono biiettivamente agli idempotenti di $C(X)$
- un modulo per \(\mathfrak A\) corrisponde per certi versi a un fibrato sopra \(S(\mathfrak A)\), e un fibrato sopra $X$ corrisponde a un modulo per \(C(X)\)
- etc, etc, etc: inventati una proprietà geometrica, e vai a vedere a quali algebre corrisponde; inventati una proprietà algebrica, e vai a vedere a quali spazi corrisponde.

La dualità di Stone dice la stessa cosa: le cose geometriche sono gli spazi di Stone (T2 compatti e totalmente sconnessi) e le cose algebriche le algebre di Boole; la dualità di Pontrjagin dice la stessa cosa:
In logica, la dualità di Gabriel-Ulmer dice la stessa cosa: le cose algebriche sono le teorie (nel senso della teoria dei modelli), e le cose geometriche sono i modelli di quelle teorie, ossia i "luoghi" dove le "equazioni" della teoria possono avere "sottoinsiemi degli zeri". L'analogia è usata: chi si occupa di teoria dei modelli a volte parla dell'insieme di soddisfacibilità di un insieme di formule \(\varphi \in \mathcal L\) come del luogo degli zeri di \(\varphi\).

otta96
[ot]
"solaàl":
l'idea per cui la dimensione temporale influenzi quella spaziale, definendone la sorte, è più antica sia di lui che di Einstein.

Puoi espandere questo commento? Mi interessa.[/ot]

solaàl
Forse, anche, dovresti scegliere dato che il tuo interesse è certamente ortogonale al tuo percorso universitario.
Il prodotto scalare tra questi interessi può avere modulo piccolo, ma non penso sia zero. Una buona idea sarebbe contattare gente che si occupa di matematica applicata con un sapore strutturale. In Italia, qualcuno c'è: ad esempio a Roma, Davide Bernardini "si interessa anche a temi di ricerca di carattere più matematico/concettuale che sono emersi in oltre 10 anni di interazione scientifica con il prof. F. W. Lawvere. Tra questi: le applicazioni della teoria delle categorie ai fondamenti della meccanica, la geometria differenziale sintetica, i fondamenti e la storia della termomeccanica dei continui, le applicazioni dell'analisi convessa allo studio dei fenomeni dissipativi." https://sites.google.com/a/uniroma1.it/ ... ernardini/ E' una persona squisita e molto disponibile, innamorata della matematica che fa, e soprattutto abbastanza realista da poter concertare con te una strategia razionale se gli scrivi un'email.

Ci sono molti esempi di persone cresciute in tal modo; spesso, sapere due cose invece che una li rende persone di sensibilità più ricca del normale. Perché tu non dovresti essere una di queste?

Insomma, dopo tante parole, che ti piaccia la matematica è sintomo di sanità di spirito: è una storia avvincente e inesauribile; non vale la pena far soccombere un interesse sincero alla logica dei crediti universitari. Puoi cambiare d'improvviso, ma esistono strategie conservative che non sono per forza dei sacrifici completi.

La versione breve della storia che ho delineato, poi, è facile da scrivere: stai tranquillo, nemmeno i matematici sanno cos'è la matematica nel suo complesso. Imparano una o due storie e poi cercano di raccontare quelle, convincendosi -come in fatti è- che il viaggio stesso sia già la meta. (Che non è un detto Wodaabe, ma funziona comunque)

kaspar1
La situazione è complessa e per il caso citato da te, sono state spese tante parole. Devi avere un po' di pazienza, «l'uomo cresce camminando» (detto Wodaabe), quindi pazienta. Forse, anche, dovresti scegliere dato che il tuo interesse è certamente ortogonale al tuo percorso universitario.


Sono franco , non ci ho capito granchè della matematica.


Per quel che vale il parere di un novellino per gran parte della Matematica, il tuo è un sano sentimento. Va bene.

[...] vorrei sapere se è una normale sindrome passegera [...]
Non so. Dipende sempre da com'è il tuo sentire e dalla tua sensibilità.

gugo82
@ solaàl: [ot]Dobbiamo tirare ad indovinare chi abbia scritto il post?[/ot]

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