Ma secondo voi perché?

Ma secondo voi perché per così tanti anni risolvevano le equazioni lineari con il trial-and-error?

La regola della falsa posizione che usavano:
Supponiamo che vogliamo trovare la soluzione di \(ax+b=0\). Allora facciamo due tentativi \(x_1,x_2\) prendiamo \(y_1=ax_1+b\) e \(y_2=ax_2+b\). Calcoliamo poi \( x= \frac{y_1 x_2 - y_2x_1}{y_1-y_2} \). Già gli egiziani risolvevano le equazioni \( ax=b\) con una sorta di regola falsa. Facevano fondamentalmente tentativo \( ax_1=y_1 \) e poi correggevano e ottenevano \(x= \frac{b}{y_1} x_1\). Cioè ma non era più semplice fare \( \frac{b}{a}\)? Evidentemente no! Ma qual è il motivo per cui gli risultava difficile? Sicuramente il simbolismo li mancava (o almeno quello moderno), e scrivendo le equazioni in forma retorica vedi meno certe cose. Però insomma, vedere \(x= \frac{b}{a}\) mi sembra difficile tanto quanto vedere che \( x= \frac{b}{y_1} x_1\). Nel senso okay, viene sicuramente ancora usato il metodo trial-and-error, non critico il metodo in sé, ma oggi verrà usato con algoritmi per risolvere numericamente equazioni per cui non è possibile trovare soluzioni algebriche immagino, o computazionalmente molto complesse o che ne so. Però, ma le equazioni lineari? La cosa mi sorprende un pochino.

Secondo Smith, History of the Mathematics. L'umanità ha fatto fatica per secoli a risolvere \(ax+b=0\). Pure nel medioevo. E' stato trovato in lavori di al-Khowarizmi (persiano attorno al 800 d.C.). Ma anche Albanna (1300 d.C.). Gli arabi la chiamavano hisab al-Khataayn. E Pacioli nel libro del 1494 la chiamava el cataym, prendendola (probabilmente) da Fibonacci. Mi sembra strano per esempio che al-Khowarizmi non si fosse reso conto che \(ax+b=0 \) è equivalente a \(ax=-b\) ad esempio. D'altronde è il suo libro quello da cui deriva il nome di Algebra, dal termine al-jabr, che significava sostanzialmente "ripristinare" l'equazione riferendosi al trasporre un termine sottratto dall'altra parte del equazione diventando una quantità da aggiungere.

Risposte
gugo82
"FLovini":
Abbiamo troppe certezze sul passato, certezze che leggiamo in libri di storici che hanno scritto la loro opinione, sulla base dei pochi frammenti scritti arrivatici. Opinioni personali che poi diventano quasi dogmi riportati ad infinitum.
Senza contesto (orami perduto), siamo preda di pregiudizi derivanti dal presente.
Banalmente, a molte civiltà del passato NON INTERESSAVA uno studio analitico di tali equazioni. Erano esercizi di aritmetica per allenare dei contabili etc... Magari poi questi dovevano fare nella pratica questi calcoli a mente, anche quelli geometrici, per cui una soluzione approssimata ma facile da applicare "a spanne, su due piedi" era preferibile.

Stento a capire a chi o a cosa sia rivolta questa parte del post... Insomma, per dirla con Antonio Di Pietro: "che c'azzecca?". :|

otta96
Non sono così sicuro che fosse banale all'epoca di Zenone che una somma di infiniti termini potesse essere finita.

FLovini
"gabriella127":

Una cosa che mi ha colpito è che Lucio Russo sostiene, sempre su basi filologiche (anche se dice che non tutti sarebbero d'accordo) che Euclide non ha mai dato definizioni degli enti fondamentali come punto, retta, piano, etc. , e le definizioni presenti nelle edizioni degli Elementi sono apocrife, interpolazioni successive di epoca imperiale.
Ne parla dal minuto 21:17 circa di questa conferenza:
https://www.youtube.com/watch?v=bbBnXNaKj5A

E il teorema di Pitagora non è affatto di Pitagora.


Esatto. Russo è un punto di riferimento, orgoglio italiano a mio avviso. A parziale temperamento del mio entusiasmo verso Russo, ho scoperto che molte delle sue tesi sono riprese pari pari dagli scritti di Enriques. (citato).
Sulle (spurie) definizioni degli enti geometrici già Heath notava che Euclide non ne faceva mai uso nel prosieguo del testo. Stesso argomento su teoremi che mostrano un chiaro "crollo di rigore", tipo Euclide I.4 (congruenza SAS, oggi un assioma): l'argomento spurio della sovrapposizione delle figure non viene quasi mai utilizzato nel seguito, anche dove "risolverebbe" costruzioni elaborate. Quindi si tratta di un'altra probabile interpolazione di menti inferiori o disattente al rigore. Forse maestri di scuola in epoca bizantina, come suggerisce Russo.
Del resto fior di scienziati dell'antichità non apprezzavano la stringenza degli argomenti euclidei, o non ne erano interessati.

La cosiddetta "crisi dei fondamenti" è un esempio lampante delle sciocchezze che ci vengono narrate dai "cantori" della divulgazione, i vari "Barbero" della matematica (molti dei quali su youtube, fanno più danni che altro).
<>.

La questione è molto più sottile in realtà e ormai si può solo interpolare come dite sopra.
Per riassumere: L'incommensurabilità della diagonale al lato sorprende solo se si parte da segmenti formati da indivisbili (atomi).
Un altro esempio lampante di semplificazione distorcente è il trattamento dei cossiddetti "paradossi di Zenone". Chi pensa che Zenone e i suoi contemporanei non fosse in grado di sommare la serie geometrica di ragione 1/2 (come spesso viene "divulgata" la risoluzione moderna del paradosso), insulta l'intelligenza sua.
Banalmente con un regolo si vede che le somme parziali non supereranno mai il due. Zenone era uno sprovveduto?
Che il limite delle somme parziali di infiniti termini possa essere finito, è ed era banale anche allora.
Che si accettasse allora questo limite come definizione di somma di infiniti termini è già più delicato.
Nota: Anche oggi è controintuitivo definire "somma" il limite di serie semplicemente convergenti ma non assolutamente, non valendo la commutatività (teo. Riemann-Dini).

In realtà la critica di Zenone della scuola eleatica è molto più sottile e sembra assodato che si riferisse all'esistenza o meno di elementi infinitesimali nel sistema di calcolo adottato. (Campo archimedeo o meno).
Di elementi infinitesimali ne rimane traccia "fossile" anche negli Elementi, nel trattamento accennato degli angoli curvilinei (i corni), non poi ripresi nel seguito.
Zenone argomentava per assurdo e non è chiaro oggi se argomntasse l'esatto opposto della tesi che gli viene attribuita.
In particolare le sue critiche ci giungono solo da detrattori della sua scuola, rendendo impossibile ormai un lavoro filologico privo di assunzioni.

j18eos
Ricordo che, a un seminario divulgativo a UniRoma3, il relatore ci raccontò che a Diofanto non interessava determinare tutte le possibili soluzioni intere positive di alcuni problemi che si poneva; egli si limitava a trovare una soluzione.

Per giunta, Diofanto trovò una siffatta soluzione a uno dei suoi problemi, e nel 2010 si dimostrò (in una tesi dottorale) che questa è l'unica possibile!

Per ciò, io sono pienamente d'accordo nell'affermare che il mio paradigma matematico è completamente diverso da quello dei matematici antichi!

gabriella127
Sì, certo, non è che lo dice Lucio Russo, era un esempio. Lucio Russo dice che la dimostrazione è successiva a Pitagora, ma io non lo so per la verità.

@melia
Che il teorema di Pitagora sia precedente a Pitagora si trova su molti testi di storia della matematica. Sembra che Pitagora sia stato il primo a trovarne una forma di dimostrazione.

gabriella127
È vero che sulla storia della matematica antica sono arrivate a noi delle vulgata che hanno scarso fondamento filiologico, sono elaborazioni di autori successivi.
Uno storico della matematica che ha un approccio 'critico', nel senso di cercare di riportare la matematica antica a una correttezza filologica basata sulle fonti, è Lucio Russo.

Ad esempio Lucio Russo (e non solo lui), mi pare in La rivoluzione dimenticata, dice che la pretesa crisi della matematica e dei suoi fondamenti in seguito alla scoperta dei numeri irrazionali sono balle, non c'è nessuna fonte che lo attesti, anche perché non esistevano allora i 'fondamenti' quali noi li intendiamo.

Una cosa che mi ha colpito è che Lucio Russo sostiene, sempre su basi filologiche (anche se dice che non tutti sarebbero d'accordo) che Euclide non ha mai dato definizioni degli enti fondamentali come punto, retta, piano, etc. , e le definizioni presenti nelle edizioni degli Elementi sono apocrife, interpolazioni successive di epoca imperiale.
Ne parla dal minuto 21:17 circa di questa conferenza:
https://www.youtube.com/watch?v=bbBnXNaKj5A

E il teorema di Pitagora non è affatto di Pitagora.

FLovini
Abbiamo troppe certezze sul passato, certezze che leggiamo in libri di storici che hanno scritto la loro opinione, sulla base dei pochi frammenti scritti arrivatici. Opinioni personali che poi diventano quasi dogmi riportati ad infinitum.
Senza contesto (orami perduto), siamo preda di pregiudizi derivanti dal presente.
Banalmente, a molte civiltà del passato NON INTERESSAVA uno studio analitico di tali equazioni. Erano esercizi di aritmetica per allenare dei contabili etc... Magari poi questi dovevano fare nella pratica questi calcoli a mente, anche quelli geometrici, per cui una soluzione approssimata ma facile da applicare "a spanne, su due piedi" era preferibile.

Euclide stesso (che sembrerebbe in rottura con questa mateamtica "pratica") riporta nei suoi elementi libri sia geometrici che non, che erano già affermati. Non ha reinventato la ruota, li ha preservati e incorporati negli elementi con minime modifiche. Si noti che solo 2 teoremi (relativamente didattici) di tutti gli Elementi portano il suo nome.

Prova ne è che molte dimostrazioni dei primi libri sarebbero più semplici se solo anticipasse alcuni teoremi perfettamente anticipabili da un punto di vista logico.
Poiché però voleva preservare l'integrità storica e logica di manuali già affermati, ha mantenuto o completato dimostrazioni più "laboriose". Esempio chiaro ne è il primo libro, che culmina con quello che è oggi noto come teorema di Pitagora, la cui laboriosa dimostrazione sarebbe semplificata se solo si anticipasse un accenno alla teoria delle proporzioni del libro V (dovuta a Eudosso).
Il trattamento del libro I ricalca infatti un manuale pitagorico in ampia diffusione ai tempi di Euclide, precedente alla teoria delle proporzioni di Eudosso.

gugo82
"j18eos":
[quote="gugo82"] [...] Credo che un problema del tipo $ax + b = 0$ [...] con $ab < 0$ fosse fuori dalla portata dell'algebra egizia perché ha come soluzione un razionale negativo.
Con \(\displaystyle ab>0\). ;)[/quote]
E pure hai ragione... Errore di battitura.
Grazie per la segnalazione. :wink:

j18eos
"gugo82":
[...] Credo che un problema del tipo $ax + b = 0$ [...] con $ab < 0$ fosse fuori dalla portata dell'algebra egizia perché ha come soluzione un razionale negativo.
Con \(\displaystyle ab>0\). ;)

gugo82
Sì, fondamentalmente usavano ciò che conoscevano, cioè:

    [*:2ktd8o4m] l'aritmetica degli interi positivi,

    [/*:m:2ktd8o4m]
    [*:2ktd8o4m] la rappresentazione di frazioni assolute come somma di frazioni col denominatore unitario moltiplicata per un intero positivo,

    [/*:m:2ktd8o4m]
    [*:2ktd8o4m] le proporzioni.[/*:m:2ktd8o4m][/list:u:2ktd8o4m]
    Il metodo della falsa posizione (che per me è un obbrobbrio aritmetico) combinava queste tre tecniche per risolvere il problema.

    Credo che un problema del tipo $ax + b = 0$[nota]Lasciami usare la notazione moderna, anche se non coglie lo spirito dei vecchi problemi. Infatti i problemi più generali affrontati, ad esempio, nel papiro di Ahmes sono del tipo $x + ax = c$ oppure $x + ax + bx = c$, con $a$ e $b$ razionali assoluti e $c$ intero positivo.[/nota] con $ab > 0$ fosse fuori dalla portata dell'algebra egizia perché ha come soluzione un razionale negativo.

    ***

    EDIT: Corretto un errore di battitura. Grazie j18eos.

@melia
Sicuramente il simbolismo li mancava (o almeno quello moderno)


Oltre alla difficoltà di accettare i numeri negativi c'è sicuramente anche il problema del simbolismo.
Ho fatto la mia tesi sui libri di Algebra degli Elementi di Euclide. Dopo alcuni giorni di frustrazione perché riuscivo a leggere poche righe all'ora, ho preso un quaderno e ho cominciato a tradurre in linguaggio algebrico moderno tutte le proposizioni. Tutto è diventato molto, molto, molto più semplice.

gabriella127
Non so una risposta sicura, ma come ipotesi di primo acchitto andrei a cercare nella difficile e tardiva accettazione dei numeri negativi.
Ad esempio, qui sotto una scheda sintetica della problematica, che menziona anche le equazioni lineari:

https://docenti.unimc.it/doriana.fabian ... /lezione-6

Se mai ci penserò su meglio quando ho un attimo di calma.

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