L'importanza della mente aperta nel progresso della scienza

Lord K
Cito un articolo già citato in un altro topic, ma questa volta portando il discorso su una altra sfaccettatura. L'articolo è:

http://www.repubblica.it/2009/02/sezion ... sione.html

Questo potrebbe far cambiare un cardine nello studio della fisica ovvero la velocità della luce ed è un esempio molto pratico che, se fosse vero, il mantenere un modo di pensare "tradizionalista" non è costruttivo nell'ambiente scientifico.

Come dicevano alcuni, lo scienziato per me è un uomo (o donna) pieno di dubbi e che dubita ragionevolmente di tutto. Sia chiaro che questo è un esempio per aprire il discorso e non il fine del discorso, in sostanza c'è ragionare sul fatto che sempre e comunque mano mano che la situazione progredisce ci sono "dogmi" che piano piano vengono ridotti in frantumi: un tempo pilastri del pensiero ed ora ruderi che hanno fatto il loro tempo. (Pensiamo alla stessa meccanica classica sostituita poi dalla meccanica quantistica)

Voi pensate che la convinzione della "verità" sia un freno o no al progresso??? Voglio dire è giusto dubitare di tutto ragionevolmente oppure ci sono dei concetti che sono sempre immutabili???

Attendo volentieri il parere di tutti voi!

Risposte
GPaolo1
Dubito sostanzialmente di tutto. Tranne poche certezze. Dubito soprattutto degli esperti. Tranne che sull'esperienza di mio padre. Dubito che ci siano politici preparati scientificamente in grado di valutare conseguenze; non ne hanno bisogno, ricorrono ai pareri degli esperti. E qui c'è l'inganno. Gli esperti fanno sempre gli interessi di qualcuno....

stepper1
Premesso che il metodo scientifico dovrebbe essere un modo di ragionare diffuso fra tutti gli esseri umani, a partire ovviamente dalle nostre guide che sono i politici che ci governano; per spiegare il mio punto di vista faccio il seguente esempio. E’ partito il piano con cui si vorrebbe dotare anche l’Italia di centrali nucleari, come quasi tutti i paesi sviluppati del mondo. E’ abbastanza probabile che gli scienziati (fisici, ingegneri, matematici e così via) siano in maggioranza favorevoli a questo passo, pur con delle eccezioni. Al di là della valutazione economica intorno alla convenienza dell’energia nucleare, che in paesi dalla particolare conformazione geografica come l’Italia (simile in questo al Giappone, dove però la presenza di centrali nucleari non ha minimamente contribuito ad affievolire l’impatto della crisi economica globale) comporta una lievitazione dei costi per le opere pubbliche, rimane la considerazione circa la possibilità di mettere in atto una tecnologia da cui altrimenti l’Italia e i suoi ingegneri sarebbero esclusi, con perdita di “know-how”. Ma se questa è a ben vedere l’unica vera argomentazione valida perchè anche in Italia si realizzino centrali nucleari, le conclusioni che si possono trarre sono che ai nostri politici l’innovazione tecnologica non interessa veramente perché non è così che si contribuisce ad un avanzamento in campo nucleare. Non sarebbe meglio investire più fondi per risolvere i problemi che ancora impediscono di realizzare centrali nucleari di quarta generazione che sono in grado di utilizzare le stesse scorie come combustibile? O dare nuovo impulso alla ricerca sulla fusione nucleare, che rappresenterebbe una fonte di energia inesauribile e pulita? Ma tutto questo richiederebbe di mettere in dubbio le certezze e vincere gli scetticismi intorno a nuove rivoluzionarie visioni scientifiche, come se la storia della scienza non ci dica che questo è esattamente il suo modo di procedere. Eppure in Francia come in Italia ha vinto lo scetticismo, se non l’ignoranza.

boba74
A mio avviso credo sia giusto dubitare di tutto, ma come dici tu "ragionevolmente". Certe convinzioni sono valide solo in determinati contesti: prima che si iniziasse a parlare di velocità della luce, la teoria classica di Newton andava più che bene, e anche adesso va benissimo in un contesto quotidiano, fa acqua solo quando si va ad indagare certi fenomeni. Idem le attuali teorie della relatività e quantistica vanno bene per spiegare alcuni fenomeni, ma evidentemente più ci si spinge a scale molto piccole o molto grandi, e più anch'esse iniziano a fare acqua.
Ogni volta che l'intuizione e il coraggio porta a rinunciare a determinate convinzioni, può nascere una nuova teoria. Pur tuttavia secondo me i dogmi non vengono necessariamente ridotti in frantumi, solo magari perdono importanza, e vengono declassati a semplici casi particolari in cui però possono essere ancora utilizzati come tali. Una teoria non sostituisce necessariamente quella precedente, ma la completa o la perfeziona, perciò rinunciare a una convinzione di verità non è necessariamente un dramma psicologico, e non deve far crollare tutte le nostre convinzioni.
Ci deve essere un'apertura mentale, e non può esistere un modo "tradizionalista" di pensare, perchè significherebbe credere che tutto ciò che osserviamo sia già stato spiegato, cosa che non è vera, anzi è sotto gli occhi di tutti....
Poi tra il dire e il fare c'è una bella differenza, perciò viene spontaneo "difendere" le proprie convinzioni, a volte anche testardamente e a costo di negare l'evidenza, come successo sempre in passato, in tutti i campi, dalla fisica alla biologia. Darwin ha impiegato decenni prima di essere accettato (anzi, oggi c'è ancora qualcuno che si ostina a negare l'evoluzione), ma lo stesso vale per tanti altri.
L'importante è non ostacolare un processo creativo solo per difendere certe convinzioni, questo è sbagliato.

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