La mancanza di rigore nei fondamenti della fisica

Lorenzo Pantieri
Ciao a tutt! Vi sottopongo un altro problema che mi arrovella da anni (avete presente il classico "tarlo che rode"?).

Premetto che sono laureato in matematica e in fisica, anche se credo che il mio modo di pensare sia più simile a quello dei matematici che dei fisici...

Il tarlo che mi rode è il modo con cui vengono definite le grandezze fondamentali della fisica. Nel mio piccolo, ho sempre pensato che le definizioni che vengono proposte al liceo o all'università non siano rigorose.

Prendiamo, per esempio, il modo con cui viene definito il tempo. In tutti i testi che ho letto, da quelli scolastici a quelli univesitari, si dice che il tempo è "una grandezza fisica che si può misurare (operativamente) con un cronometro", e si descrive poi come si può costruire un cronometro (una clessidra, un orologio atomico... la sostanza del discorso non cambia), sfruttando un "fenomeno periodico" (il passaggio dell'acqua nella clessidra, l'oscillazione della radiazione emessa da una particolare transizione atomica, ...), che può quindi essere utilizzato come "unità di misura". "Periodico" significa naturalmente "che si ripete uguale in tempi uguali".

La circolarità di questa "definizione" mi sembra evidente (un po' come quella di probabilità classica secondo Laplace, "numero di casi favorevoli diviso numero di casi possibili, con questi ultimi equiprobabili").

Lo stesso problema si presenta nella definizione della lunghezza, come "grandezza fisica misurabile operativamente con un regolo rigido", dove "rigido" significa "di lunghezza costante". Se il regolo è fatto di metallo e si riscalda, e conseguentemente si dilata (come ci insegna la termodinamica), dobbiamo concludere che la lunghezza di ciò che viene misurato con esso si riduce?

Passiamo alla definizione di "forza", definita come una "grandezza misurabile staticamente con un dinamometro". Con questa definizione si passa ad enunciare la seconda legge di Newton. Poi però si fa riferimento a forze che dipendono
dalla velocità (come la forza di attrito dinamico, o la forza di Lorentz), per le quali è impossibile una misura statica: si dice che queste forze possono essere misurate "dinamicamente" attraverso la legge di Newton.

Analoghi problemi si hanno con la definizione di "sistema di riferimento inerziale", e così via.

Ho sempre pensato che il modo con cui i fisici definiscono i fondamenti della propria disciplina non sia affatto rigoroso: l'(ab)uso del linguaggio naturale, il ritornare sulle definizioni estendendole quando è necessario (che sa molto di "lavori in corso"), lo stesso concetto di "definizione operativa" (che non credo che un matematico potrebbe accettare), la mancanza di precisione rendono, a mio modesto parere, la struttura logica dei fondamenti della fisica davvero farraginosa.

Certo, la fisica è una scienza sperimentale: il suo fine è la spiegazione dei fenomeni naturali. Tuttavia non vedo come potrebbe nuocere alla disciplina (anche dal punto di vista didattico) una sistemazione rigorosa dei suoi concetti, così come si fa in matematica.

Che cosa ne pensate?

Lorenzo

Risposte
Lorenzo Pantieri
"kinder":

Concordo, con la sola obiezione che anche in matematica si fà uso di termini e concetti primitivi.

Certo.

"kinder":

Aggiungo, sempre tornando alla fisica, che certamente non si può dubitare del rigore logico del fisico; l'adozione da parte sua della matematica come uno dei suoi principali strumenti di indagine (insieme col laboratorio) e di espressione sta a darne piena testimonianza.
Secondo me l'approccio apparentemente approssimato nella definizione di alcuni termini o grandezze non è segno di scarso rigore; è conseguenza del fatto che il fisico non può liberamente ed arbitrariamente dotarsi di un sistema consistente di assiomi e concetti, proprio perché deve renderne conto alla natura che indaga. Un concetto può essere in fisica il risultato di una scoperta, o di una comprensione graduale, che si arricchisce e si modifica coll'acquisizione di ulteriori conoscenze. Il processo è simile, secondo me, a quello di un tiratore che si avvicina al bersaglio gradualmente, prova dopo prova.

Concordo, ma con qualche riserva! Copio/incollo l'ultimo paragrafo della mia tesi di laurea in matematica (sullo sviluppo storico del concetto di funzione e le origini della teoria delle distribuzioni):
L'approfondimento storico che ha caratterizzato lo studio condotto per la stesura di questo lavoro si è rivelato di particolare interesse in quanto in grado di evidenziare la differenza che intercorre fra la matematica come sistema organicamente strutturato e come disciplina \textit{in fieri}. I protagonisti della ricerca matematica sono uomini concretamente impegnati a ``far matematica'' in modi nuovi: tentano strade inesplorate, enunciano proposizioni, le saggiano, ritornano sugli enunciati, riprendono questioni apparentemente risolte per darne nuove soluzioni, con nuove prospettive. La matematica, nel corso del suo sviluppo storico, sembra molto più simile a una scienza sperimentale, che all'impalcatura ipotetico-deduttiva cui siamo abituati; quest'ultima appartiene alla fase di riorganizzazione logica delle teorie, più che al momento della scoperta vera e propria.

Nel suo sviluppo storico, anche la matematica procede per approssimazioni successive! Solo che, alla fine, in matematica si dà una bella sistemata ai concetti. Un po' come quando si costruisce una casa: durante la costruzione, si usano i ponteggi, ma alla fine si tolgono! Ecco, la fisica mi ha sempre dato l'idea di una disciplina in cui i ponteggi sono sempre lì... :wink:

Tuttavia, man mano che si è sviluppata questa discussione, ho maturato questa idea. Noi conosciamo che cosa sia la matematica e che cosa la caratterizza (precisione, rigore, sistema ipotetico-deduttivo, logica, inguaggio formale). Sappiamo che uno dei vantaggi di questa strutturazione è che si può arrivare a conclusioni "certe e condivise" (per esempio, data una teoria assiomatica e date due affermazioni contrastanti in quella teoria, si può stabilire chi ha torto). Tuttavia, forse, una discussione sul rigore della matematica vs il rigore delle altre discipline non è matematica, con tutte le "incertezze" che ne seguono! :roll:

Ciao,
L.

kinder1
"Lorenzo Pantieri":

...
1. Precisione nelle definizioni: tutti i termini che vengono usati nel discorso devono essere univocamente definiti all'inizio, una volta per tutte. In particolare, non si possono usare concetti che non siano stati prima definiti né usare lo stesso nome per due cose diverse.

2. Esplicitazione delle "regole del gioco" e coerenza: tutti gli assiomi devono essere specificati fin dall'inizio, non è possibile trarre alcuna conclusione che non segua coerentemente e logicamente dalle premesse.

Ecco, il rispetto di questi punti è essenziale per dire che una teoria matematica è rigorosa. Il fatto che la matematica usi un linguaggio formalizzato porta il vantaggio, rispetto al linguaggio naturale, di seguire i passaggi di un ragionamento in tutti i dettagli e aiuta moltissimo. Le altre discipline (filosofia, giurisprudenza, ...) mi sembrano un (bel) po' più "morbide", nel rispetto dei punti 1. e 2.



Concordo, con la sola obiezione che anche in matematica si fà uso di termini e concetti primitivi.
Aggiungo, sempre tornando alla fisica, che certamente non si può dubitare del rigore logico del fisico; l'adozione da parte sua della matematica come uno dei suoi principali strumenti di indagine (insieme col laboratorio) e di espressione sta a darne piena testimonianza.
Secondo me l'approccio apparentemente approssimato nella definizione di alcuni termini o grandezze non è segno di scarso rigore; è conseguenza del fatto che il fisico non può liberamente ed arbitrariamente dotarsi di un sistema consistente di assiomi e concetti, proprio perché deve renderne conto alla natura che indaga. Un concetto può essere in fisica il risultato di una scoperta, o di una comprensione graduale, che si arricchisce e si modifica coll'acquisizione di ulteriori conoscenze. Il processo è simile, secondo me, a quello di un tiratore che si avvicina al bersaglio gradualmente, prova dopo prova.

Lorenzo Pantieri
"kinder":

Se prendiamo queste due accezioni come buone per la discussione in corso, direi che parlare di rigore di una scienza o di una disciplina abbia poco senso, perché il problema trova applicazione solo se riferito alla pratica della singola persona...

Innanzitutto ti ringrazio per il tuo è un intervento, davvero molto stimolante. Tuttavia, non mi sento di condividerlo del tutto. Partiamo da alcune delle caratteristiche specifiche di ogni teoria matematica:

1. Precisione nelle definizioni: tutti i termini che vengono usati nel discorso devono essere univocamente definiti all'inizio, una volta per tutte. In particolare, non si possono usare concetti che non siano stati prima definiti né usare lo stesso nome per due cose diverse.

2. Esplicitazione delle "regole del gioco" e coerenza: tutti gli assiomi devono essere specificati fin dall'inizio, non è possibile trarre alcuna conclusione che non segua coerentemente e logicamente dalle premesse.

Ecco, il rispetto di questi punti è essenziale per dire che una teoria matematica è rigorosa. Il fatto che la matematica usi un linguaggio formalizzato porta il vantaggio, rispetto al linguaggio naturale, di seguire i passaggi di un ragionamento in tutti i dettagli e aiuta moltissimo. Le altre discipline (filosofia, giurisprudenza, ...) mi sembrano un (bel) po' più "morbide", nel rispetto dei punti 1. e 2.

"kinder":

Tornando invece al paragone tra matematica e fisica, mi limito solo a dire che in matematica la mente umana "se la canta e se la suona", nel senso che fa i conti solo con se stessa, dovendo render conto solo alla sua logica; la questione rimane quindi strettamente autoreferenziata. In fisica la mente umana si pone un obiettivo molto più ambizioso: capire come funziona il mondo. Ecco perché l'approccio assiomatico-deduttivo, da solo, porterebbe dalla fisica alla metafisica, e questo non ci interessa più, almeno da Kant in poi.

Certamente!

"kinder":
Propongo allora di rivedere il punto di partenza di questa discussione, che si riferiva, se non sbaglio, al rigore nelle definizioni delle grandezze fisiche. Direi che in fisica, i fisici siano gli unici a poter qualificare come rigorosa oppure no una definizione di una grandezza fisica (chi potrebbe altrimenti?). Io non sono un fisico, ma sospetto che la questione più importante per esso sia il capire quanto la sua definizione della grandezza fisica sia capace di descrivere quello scorcio di realtà sulla quale si interroga, piuttosto che la capacità di soddisfare i bisogni della logica.

Per un fisico, sicuramente è così. Come per un giurista, ha più importanza stabilire un quadro di riferimento che permetta di regolare le azioni degli uomini, piuttosto che di costruire una teoria astrattamente rigorosa.

Ciao,
L.

Lorenzo Pantieri
xxxxxx

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Se la logica del primo ordine è coerente e completa, allora potrei provare a costruire una fisica in qualche modo uno-uno con la suddetta logica, una fisica che avrà quindi anch'essa la proprietà di essere coerente e completa.

Il primo passo in questa direzione, secondo me, dovrebbe essere l'eliminazione dell'infinito.

Se immaginiamo un cronotopo quantizzato in "celle" di numero finito in cui si muove un numero finito di particelle, allora, forse, potremmo porre le basi per una fisica coerente e completa.

Ma come rinunciare alla definizione di infinito che è fra i più belli, affascinati e misteriosi parti della nostra mente ?

Un insieme è infinito se è equipotente ad un suo sottoinsieme proprio ... e qui, la logica del primo ordine cade miseramente ...

kinder1
due definizioni di "rigore" dal De Mauro:
4 AU rigidezza formale e severità di contenuto: r. della legge marziale | severità nell’applicazione di norme, regolamenti e sim.: regime basato sul r. poliziesco
5 AU precisione scrupolosa e rigida coerenza nella pratica di una disciplina, di un’arte: il r. della dialettica; logicità, chiarezza di un ragionamento, di un metodo: il discorso si sviluppa con incalzante r.

Le altre hanno a che fare col freddo, durezza di cuore etc. e non ci interessano. Tra gli esempi, viene citato il "rigor di logica".

Se prendiamo queste due accezioni come buone per la discussione in corso, direi che parlare di rigore di una scienza o di una disciplina abbia poco senso, perché il problema trova applicazione solo se riferito alla pratica della singola persona che può, oppure no, muoversi attraverso di essa in modo rigoroso. Possiamo allora pensare che ci siano matematici, fisici, ingegneri e avvocati poco rigorosi, se non applicano in maniera rigida e con precisione scrupolosa e coerente le regole e le prescrizioni della loro disciplina. Messa in questi termini, mi sembra che la questione abbia poco interesse, giacché in tutti gli ambiti professionali si ritrovano buoni e mediocri professionisti.

Tornando invece al paragone tra matematica e fisica, mi limito solo a dire che in matematica la mente umana "se la canta e se la suona", nel senso che fa i conti solo con se stessa, dovendo render conto solo alla sua logica; la questione rimane quindi strettamente autoreferenziata. In fisica la mente umana si pone un obiettivo molto più ambizioso: capire come funziona il mondo. Ecco perché l'approccio assiomatico-deduttivo, da solo, porterebbe dalla fisica alla metafisica, e questo non ci interessa più, almeno da Kant in poi. Propongo allora di rivedere il punto di partenza di questa discussione, che si riferiva, se non sbaglio, al rigore nelle definizioni delle grandezze fisiche. Direi che in fisica, i fisici siano gli unici a poter qualificare come rigorosa oppure no una definizione di una grandezza fisica (chi potrebbe altrimenti?). Io non sono un fisico, ma sospetto che la questione più importante per esso sia il capire quanto la sua definizione della grandezza fisica sia capace di descrivere quello scorcio di realtà sulla quale si interroga, piuttosto che la capacità di soddisfare i bisogni della logica.

Luca.Lussardi
Non c'è altro modo che appoggiarsi alla Logica, Lorenzo. Lo so bene anche io che la Matematica non è riconducibile alla Logica, ma è deducibile interamente per via logica dagli assiomi iniziali.

Non vedo un altro modo di distinguere il rigore matematico da quello delle altre scienze: la Matematica usa la logica, per cui il suo rigore è quello della logica. Che non sia rigore assoluto a causa di ben noti Teoremi di Godel è un'altra cosa. Ma è, ad oggi, il livello di rigore più alto che si possa concepire.

Lorenzo Pantieri
"Luca.Lussardi":
Qualcosa di assunto all'inizio ci deve essere;

Vero!

"Luca.Lussardi":
assumiamo che il rigore assoluto sia la Logica formale e le sue leggi.

Visto che, come sai, si dimostra (matematicamente!) che la matematica non è riconducibile alla logica, l'assunto rischia di essere "pericoloso"...

"Luca.Lussardi":
Allora la Matematica è la sola Scienza rigorosa, esclusa ovviamente la Logica; infatti la Matematica può essere costruita solamente usando la Logica da premesse iniziali assunte come vere, che sono gli asisomi, per esempio, della Teoria degli insiemi.

Anche così, il problema rimane. In fondo, non è difficile dimostrare qualcosa se si parte da premesse che coincidono (quasi) con la tesi.

"mirco59":
Penso che preliminarmente dovresti definire il termine 'rigoroso' perchè altrimenti rischi che la tua richiesta sia tautologica: la matematica è la più matematica delle discipline?

Come usciamo dal "paradosso" di mirco59? Altre idee per provare rigorosamente che "la matematica è la regina delle scienze"?

Aspetto con trepidazione!

Ciao e grazie a tutti per i vostri preziosi interventi,
L.

Luca.Lussardi
Sì, caro Arrigo, purtroppo il rigore assoluto non è perfetto. Solo la Logica (del primo ordine) è completa e coerente, quella sì è perfetta; bisogna poi vedere se interpreta correttamente il nostro modo di ragionare, è perfetta sulla carta...

Studente Anonimo
Studente Anonimo
D'accordo, ma poi si va a cadere inesorabilmente, per quel che ne so, nelle antinomie e nei problemi di completezza-coerenza ...

Temo che ci dovremo accontentare dell' "imperfezione" ... in fondo, non possiamo uscire dalla nostra mente che è soggette a leggi "imperfette" ...

Luca.Lussardi
Qualcosa di assunto all'inizio ci deve essere; assumiamo che il rigore assoluto sia la Logica formale e le sue leggi.

Allora la Matematica è la sola Scienza rigorosa, esclusa ovviamente la Logica; infatti la Matematica può essere costruita solamente usando la Logica da premesse iniziali assunte come vere, che sono gli asisomi, per esempio, della Teoria degli insiemi.

Lorenzo Pantieri
A parte gli scherzi: mi sembra di aver letto da qualche parte che "una teoria è tanto più rigorosa quanta più matematica c'è al suo interno". Se "rigoroso" significa "matematico", questa è una tautologia. Altrimenti, c'è il problema è definire che cosa significhi "rigoroso".

Per inciso, credo che il concetto di "rigore" non sia un concetto matematico, ma metamatematico.

Sono veramente perplesso... :roll:

Ciao,
L.

P.S. Vedo il calcio come un riposo mentale: se cambiano le regole, cambia il vincitore (Odifreddi docet)...

mircoFN1
Però funzionano, infatti sei contento del tuo barista anche se la percentuale di zucchero o il peso della pasta sono diverse giorno per giorno e probabilmente non sono mai 'esattamente' come le volevi! Non credo che sia ragionevole 'formalizzare' una pasta o un cappucccino.
Sei dell'Inter?
Se si, W l'Inter.... finalmente possiamo dirlo, senza essere considerati masochisti :wink: !!!

ciao

Lorenzo Pantieri
"mirco59":

Penso che preliminarmente dovresti definire il termine 'rigoroso' perchè altrimenti rischi che la tua richiesta sia tautologica: la matematica è la più matematica delle discipline?

E' proprio perché mi è venuto questo dubbio che ho riproposto la questione!

Il problema rimane. Del resto, io e il mio barista ci capiamo perfettamente: ordino un cappuccino, gli dico di quale pasta ho voglia, lo pago, mi dà il resto, ogni tanto parliamo anche dell'Inter... "Funziona" tutto! Tuttavia, i "discorsi da bar" non sono un modello di rigore (e non solo, di rigore matematico)

Ciao,
L.

mircoFN1
"Lorenzo Pantieri":

......
La mia domanda è: "La matematica (nella definizione dei suoi concetti e nell'articolazione del suo discorso) è più rigorosa delle altre discipline?". Se sì, "come si può dimostrare (rigorosamente!) questa affermazione"?

Ciao,
L.


Penso che preliminarmente dovresti definire il termine 'rigoroso' perchè altrimenti rischi che la tua richiesta sia tautologica: la matematica è la più matematica delle discipline? :-D

ciao

Lorenzo Pantieri
"mirco59":

... come reagiresti se qualcuno ti dicesse (tra l'altro usando la presunzione di chi deve rispondere solo a dio) che i fondamenti della tua disciplina non sono per niente rigorosi?

Se il mio atteggiamento è sembrato presuntuoso, sorry: non era questo il mio intento!

Torno all'intrigante "questione del rigore". Luca ha citato il caso della giurisprudenza. Anche la giurisprudenza ha le sue "definizioni", i suoi "assiomi", le sue "regole". Luca fa notare come la coerenza interna della giurisprudenza sia tutt'altro che impeccabile. Vero, in fondo un bravo avvocato riesce a districarsi fra le diverse leggi, ponendo l'accento su quelle che avvantaggiano il suo cliente. Il linguaggio con il quale sono definiti i concetti fondamentali della giurisprudenza, poi, è quello "di tutti i giorni", meno preciso rispetto alla matematica. Tutto questo naturalmente, non significa la giurisprudenza "non funzioni".

Che la matematica sia l'unica scienza puramente formale, non c'è dubbio. Che sia collegata alla fisica, pur restando da essa ditinta, nemmeno.

La mia domanda è: "La matematica (nella definizione dei suoi concetti e nell'articolazione del suo discorso) è più rigorosa delle altre discipline?". Se sì, "come si può dimostrare (rigorosamente!) questa affermazione"?

Ciao,
L.

Maxos2
Cosa intendi per collasso della funzione d'onda?

Cmax1
A parte il secondo volume de La fisica di Feynmann (che acquisterò il prima possibile), dove si può trovare una discussione degli "aspetti problematici" delle teorie fisiche che inidchi?


Non so se valga la pena di comprare il Feynman (abbastanza costoso) per questo argomento. Si tratta di una quindicina di pagine (il capitolo 28 Electromagnetic mass) che possono essere lette in biblioteca. Vedo se riesco a procurarmele e ad inviarle.
Per gli altri aspetti, ci sono diversi libri che ne parlano. Se ben ricordo, una prospettiva generale è brevemente tracciata in Hawking, Penrose, La natura dello spazio e del tempo, Rizzoli.
I paradossi della relatività ristretta sono riportati in modo chiaro e conciso in Boniolo (cura), Filosofia della fisica, Bruno Mondadori, dove è anche praticamente ripubblicato il lavoro di Ghirardi (Un'occhiata alle carte di Dio) sui problemi della meccanica quantistica non relativistica. A riguardo è anche consigliabile Penrose, La mente nuova dell'imperatore. Sono tutti testi nella categoria alta divulgazione e credo ora disponibili in edizione economica.

Luca.Lussardi
Concordo sia con Mirco che con Arrigo; è anche vero che (non sempre però) sono certi matematici che scatenano reazioni descritte di sopra nei fisici. Io conosco, per via indiretta, certi fisici e ingegneri che collaborano con miei colleghi del Dipartimento di Pavia e che se ne fregano altamente del rigore, mostrando solo risultati numerici, che per loro è una prova più che sufficiente. Non credo però che questo continuo loro atteggiamento sia derivato dal fatto che i matematici si atteggino in un qualche modo; ma almeno sono collaborativi, ovvero cercano aiuto dai matematici per capire la vera struttura matematica che sta sotto alle loro osservazioni, e questo va fatto.


Quanto alla mancanza di fondamenta rigorose, è un dato di fatto: la Fisica non ha delle fondamenta come la Matematica, nonostante, come giustamente diceva Arrigo, sia inscindibile da essa. Ma questo è un fatto "naturale": come già dicevo più volte la Fisica è una Scienza sperimentale, la Matematica è una Scienza formale. Non è la sola la Matematica ad avere delle fondamenta rigorose; la Logica è un'altra Scienza formale, ed ha delle fondamenta formalizzate. La Giurisprudenza, è una Scienza formale; c'è una specie di enorme Teoria assiomatica (purtroppo forse non coerente...) e il giudice formula dei "Teoremi" che si chiamano sentenze.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Ho sempre odiato, fin dai banchi di scuola, la divisione del SAPERE in scatole chiuse, in compartimenti stagni, in "materie scolastiche".

Per me il sapere è UNICO e se lo si divide in materie, lo si deve fare solo per motivi "pratici", di comodità di studio, senza mai dimenticare questa unità sostanziale.

Ribadisco la mia idea, a costo di essere pedante.

La fisica e la matematica, per me, sono un tutt'uno inscindibile. Ciascuna disciplina, presa separatamente, ha ovviamente un proprio "specifico", ma questo non toglie nulla alla loro unità profonda.

Chi fa della ricerca sulla natura dello spazio e del tempo, nell'ottica del tentativo di unificazione delle interazioni fondamentali (teoria delle stringhe ecc.), esperimenta in ogni momento questa inscindibilità.

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