Italia nelle mani delle banche?
Carissimi ragazzi, si sente tanto parlare in questi giorni di un'Italia nelle mani dei banchieri e dei principali possessori del capitale. Voi cosa ne pensate a riguardo? Non si tenta di guardare troppo spesso l'occulto, anche laddove non se ne registri il bisogno?
Risposte
"Sergio":
[quote="kinder"]Se il debito estero fosse la principale ragione di instabilità finanziaria potremmo pensare che un paese con, per esempio, un debito pubblico molto elevato ma contratto sono con residenti possa essere immune da rischi di insolvenza.
E infatti è proprio così.
Il Giappone viaggia da anni con un rapporto debito/PIL intorno al 200% ma non è sotto attacco speculativo e campa tranquillo. Il motivo? Il debito pubblico giapponese è quasi interamente in mano ai giapponesi, che sono anche creditori netti sull'estero (tra l'altro, il Giappone è il secondo detentore di bond americani).
E c'è pure la storia: «gli ultimi 20 anni sono segnati da ripetute tempeste sistemiche invariabilmente innescate da debolezze nei conti con l'estero. Dalla crisi della Tequila del 1994, passando per Asia 1997, Russia 1998, Brasile 1999, Argentina e Turchia 2001 i conti con l'estero sono detonatore di bufere che successivamente scuotono cambio, sistema bancario e conti pubblici. Ma una tempesta globale che nasca da conti pubblici non la si vede da periodi postbellici» (http://www.europressresearch.eu/html/fo ... =ITA&id=46)
Se nonostante questo preferisci inseguire le tue personali "visioni" su riti espiatori e titolarità del debito che c'entra poco, perdonami ma non intendo accompagnarti oltre nel tuo elogio dell'ignoranza.[/quote]
non ho elogiato nulla, ancor meno l'ignoranza di qualcuno (di quale sarebbe?). Se la incontrassi consapevole lo farei volentieri, ma non mi capita quasi mai.
In attesa di capire, ti faccio notare che molto meglio è seguire Cartesio, dubitando in modo sistematico. In economia è molto igienico, vista la diversità di opinioni espresse dai vari esperti su tutti i temi. Che il demome sia il debito estero è opinione solo di alcuni. Io che non mi faccio sacerdote di nessuna setta, non ne leggo i breviari e preferisco guardare i dati. Tra questi (lascio a te il piacere di trovarli), si rileva per esempio che l'Italia ha un debito estero pari al 118 % del PIL, gli USA 100%, l'Unione Europea 115%, la Francia 196%, la Germania 152%, la Gran Bretagna 409 %, Olanda 299%, Svizzera 210%.
Ma poiché tale indicatore non è da tutti considerato valido per qualificare da solo la sostenibilità del debito estero, ti dico pure come siamo messi come rapporto tra debito estero ed esportazioni, considerato da alcuni più utile (ma non concordano tutti): Unione Europea 824%, USA 1141%, Germania 421%, UK 2400%, Francia 1100%, Italia 600%, Olanda 486, Svizzera 237%.
Come forse anche tu puoi vedere, confondere la sostenibilità del debito di una nazione con quella del debito estero non è supportato dai dati, oltre che dalla logica. Inoltre, neanche il ritenere l'attacco speculativo connesso col debito estero non è supportato dai dati, oltre ad essere fantasioso.
Il peggioramento del rating di rischio dello stato italiano obbliga i gestori di fondi obbligazionari a ribilanciarli a favore dei titoli con miglior rating. E' l'unica cosa che possono fare per evitare di essere citati per danni dai loro clienti, per la negligenza che dimostrerebbero nella gestione del portafoglio. E' questo il motivo che determina il downtrend dei titoli, che si esprime collo spread. Non c'è speculazione; è asset management normale.
E il rating dipende dalla solvibilità del debitore, che a sua volta dipende dal suo cash flow attuale e prospettico. Le altre cose sono del secondo ordine. Lasciale perdere altrimenti non capisci cosa succede.
Resta ovviamente il peso di una crisi economia che si fa sentire e come, ovviamente, in modo più forte, sul groppone dei ceti medi e bassi.
Io manterrei la discussione su toni più pacati. In effetti sono molti i fattori che possono portare alla crisi un Paese: le spese senza criterio della politica, la corruzione, l'evasione fiscale, le azioni senza criterio di banche, il bilancio negativo di importazioni e esportazioni e le sue ripercussioni sul Pil e quindi sul bilancio dello stato in termini di percentuale sul Pil prelevata con le tasse e in termini di ammortizzatori sociali erogati, il debito pubblico con i relativi interessi che può essere anche conseguente ad una o più di queste diverse componenti.
"Sergio":
E quindi affermare, come fai tu, «Una nazione va a gambe all'aria sia nel caso di default dello stato sia in caso di default del privato. Il prodotto non cambia» ricorda un po' troppo «la notte buia in cui tutte le vacche sono nere» di Hegel.
Meglio accendere la luce: se il male è il debito estero e se la terapia riguarda solo il debito pubblico, il malato non può guarire.
Se il debito estero fosse la principale ragione di instabilità finanziaria potremmo pensare che un paese con, per esempio, un debito pubblico molto elevato ma contratto sono con residenti possa essere immune da rischi di insolvenza. Ma che succede in un caso del genere, se una congiuntura economica negativa determina un disavanzo nel bilancio dello stato? Siamo certi che sarebbe immune da avvitamenti quali quelli citati da me su? Io credo che la principale differenza starebbe nel fatto che a pagarne le conseguenze sarebbero principalmente i residenti! Il problema del rischio sul credito sta tutto, secondo me, nelle garanzia che il debitore dà di onorare gli impegni. Questa capacità, per uno stato, dipende da tante cose ma, alla fine, da come è gestito il suo bilancio. Se uno stato mette in atto politiche sociali che portano ad espandere la spesa oltre le reali capacità di fare entrate stabili, c'è poco da fare, finisce a gambe all'aria. Anche per gli stati vale il fatto che non si può fare il passo più lungo della gamba. I paesi ora in difficoltà hanno avuto tutti grossi limiti nel misurare il loro passo. A cominciare dall'Italia del craxismo. Io non nego l'impatto del debito estero. Quello che intendo dire è che pensare che sia il padre di tutti i problemi sia un rito espiatorio per nascondere le politiche scellerate fatte per comprarsi i voti ed il consenso delle classi che hanno beneficiato dall'espansione del debito, sapendo bene che i nodi sarebbero venuti al pettine dopo. Infatti ora la maggior parte di chi ha comprato quei voti (ricordi Craxi che diceva "la nave va"?) non ne risponde più. Ora ci siamo noi che ci dobbiamo lambiccare il cervello pensando a come risolvere il problema iperstatico di una necessaria espansione economica non supportabile col debito pubblico. Siamo giunti in un momento in cui sarebbe massima la necessità di usare la leva del debito pubblico per rilanciare l'economia attraverso grandi progetti e investimenti infrastrutturali (non per finanziare la spesa corrente), e invece ci troviamo con un debito al 120% del PIL, non ulteriormente espandibile. In tutto questo la titolarità del debito c'entra poco. Se anche avessimo il 100% del debito contratto con l'estero, ma al livello del 60% del PIL, ci dispiacerebbe certamente di mandare all'estero i relativi (e modesti sia per volume del debito sia per tasso molto probabilmente basso) interessi. Ma avremmo un polmone a disposizione per rilanciare l'economia di dimensioni immense. Invece non l'abbiamo.
Caro garnak, io ho sempre pensato che dietro queste agenzie ci sono solo grossi poteri, con enormi conflitti di interessi.
Salve menale,
personalmente aggiungerei anche le agenzie di rating le quali si nascondono dietro le loro "personali opinioni"; l'occulto più volte, penso, che possa diventare anche paranoico :
http://www.video.mediaset.it/video/matr ... 1-c1-o1-p1
Cordiali saluti
personalmente aggiungerei anche le agenzie di rating le quali si nascondono dietro le loro "personali opinioni"; l'occulto più volte, penso, che possa diventare anche paranoico :
http://www.video.mediaset.it/video/matr ... 1-c1-o1-p1
Cordiali saluti
Vorrei passare ad una ulteriore semplificazione del problema, già proposta.
A me sembra evidente che l'indebitamento possa essere conveniente per una azienda solo se questa prevede nel futuro una crescita. Chiaro anche però che non tutte le aziende possono crescere indefinitamente. Ci si possono inventare i mestieri, i prodotti e servizi più astrusi e inutili nella corsa all'incremento del Pil, ma prima o poi si raggiunge il limite. Quindi la tendenza è che, se ci sono aziende che crescono, lo fanno a scapito di altre.
Perchè alcune aziende crescono mentre altre no? Le risposte si possono ritrovare secondo me, semplificando, nelle differenze sul rapporto effettivo qualità/prezzo di prodotti e servizi e nel modo in cui queste differenze vengono percepite dai consumatori, che non sempre valutano in maniera oggettiva.
Il costo dei fattori produttivi, di trasporto e distribuzione di prodotti e servizi, gioca un ruolo molto importante in questo senso, che fa la differenza. Queste possono essere semplici differenze nel costo della vita, da cui dipendono gli stipendi, differenze nelle tecniche di produzione (organizzazione diversa, maggiore o minore attenzione al valore dell'ambiente)...
A me sembra evidente che l'indebitamento possa essere conveniente per una azienda solo se questa prevede nel futuro una crescita. Chiaro anche però che non tutte le aziende possono crescere indefinitamente. Ci si possono inventare i mestieri, i prodotti e servizi più astrusi e inutili nella corsa all'incremento del Pil, ma prima o poi si raggiunge il limite. Quindi la tendenza è che, se ci sono aziende che crescono, lo fanno a scapito di altre.
Perchè alcune aziende crescono mentre altre no? Le risposte si possono ritrovare secondo me, semplificando, nelle differenze sul rapporto effettivo qualità/prezzo di prodotti e servizi e nel modo in cui queste differenze vengono percepite dai consumatori, che non sempre valutano in maniera oggettiva.
Il costo dei fattori produttivi, di trasporto e distribuzione di prodotti e servizi, gioca un ruolo molto importante in questo senso, che fa la differenza. Queste possono essere semplici differenze nel costo della vita, da cui dipendono gli stipendi, differenze nelle tecniche di produzione (organizzazione diversa, maggiore o minore attenzione al valore dell'ambiente)...
"Sergio":
[quote="kinder"]http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Economia%20e%20Lavoro/2010/crisi-grecia/approfondimenti/grafico-interattivo-composizione-debito.shtml?uuid=6f8d172c-5205-11df-92be-7a8b1f1c5244
Dal grafico si può notare che la Grecia aveva un debito pubblico (rispetto al PIL) minore di quello dell'Italia e che Irlanda e Spagna stavano nettamente meglio di Francia e Germania.
Come si faccia a dire che il vero problema è il debito pubblico lo sanno solo i "tecnocrati" dell'euro...[/quote]
Mah...forse è il risultato della smania di semplificazione.
Io, da ignorante di macroeconomia, mi limito a applicare ai dati disponibili gli strumenti concettuali che uso in azienda, che sono semplici ma pragmatici e privi di fronzoli e inquinamenti politici e/o mediatici.
La mia semplificazione del quadro è che siamo in una situazione in cui i debitori hanno difficoltà ad onorare gli impegni presi coi creditori, tanto da dover spesso ricorrere all'ulteriore indebitamento per far fronte agli interessi e/o alle rate in scadenza. Questo è il dato macro. Naturalmente si declina nelle varie forme e distinzioni a seconda dei paesi, nei quali il debitore a rischio è lo stato o il privato, o entrambi. L'elemento sottostante comune a tutti è l'economia, che genera i mezzi per onorare i debiti. Nel caso dei privati lo fa assicurando reddito, nel caso del pubblico assicurando base imponibile. Ma sotto c'è e rimane l'economia reale. E' questa che stenta, almeno in occidente.
Ci sono casi, vedi l'Irlanda, in cui forse è stato concesso credito anche quando il "business plan" era irrealistico o inaffidabile. Questi sono i casi peggiori, secondo me, perché non si può sperare che i problemi vengano risolti col passaggio ad una congiuntura economica più favorevole (se e quando arriva).
In azienda il solo dato del livello di indebitamento e del costo del capitale non sono ritenuti sufficienti. Un investimento è valutato in base alla sua capacità di generare flusso di cassa operativo, col quale si pagano interessi (il WACC) e tasse. Quando un'azienda va male può aver bisogno di accedere al credito. Ma se va male lo capisce (o dovrebbe capirlo) anche la banca, la quale vorrà compensare il rischio con un tasso adeguato. Se la situazione di difficoltà operativa dell'azienda non rimane un fatto limitato nel tempo allora l'azienda si può avvitare nel circuito vizioso difficoltà=>fabbisogno=>alti tassi=>maggiore difficoltà etc. Quindi il fallimento. E' da questo che devono guardarsi i vari paesi. E devono farlo indipendentemente dal fatto che il debitore sia lo stato o il sistema imprese+famiglie. Una nazione va a gambe all'aria sia nel caso di default dello stato sia in caso di default del privato. Il prodotto non cambia.
"Sergio":
d) Esiste il Gruppo Bilderberg (http://www.bilderbergmeetings.org/index.html; v. anche la voce su Wikipedia, più equilibrata di tante altre che si trovano in Rete); si sa che esiste dal 1954, si sa dove si tengono le riunioni annuali e chi sono i partecipanti.
"Wiki":
The Bilderberg group's unofficial headquarters is the University of Leiden in the Netherlands.[12]
accidenti, mi trovo al centro della cospirazione mondiale. devo iniziare a guardarmi intorno con sospetto.
"Sergio":
[quote="kinder"]Non sono così sicuro della tua conclusione.
Ti concedo che l'argomento è controverso, tuttavia ti prego di non interpretare la crisi irlandese partendo da quella che è la sua situazione attuale, visto che la crisi è iniziata nel 2008, cioè tre anni fa.
Una lettura "alternativa", coerente con quello che dici, si trova qui:
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002089.html
La replica di Alberto Bagnai è qui:
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002090.html
Ti cito alcuni passi:
«Sintesi: l’Irlanda ha un problema di debito estero [NB: che ti piaccia o no, sono debito estero anche gli investimenti diretti dall'estero]. Senza contestarlo, Spampinato sostiene che invece (?) il problema è la bolla: tutti si sono messi a comprare case, i prezzi sono cresciuti, ecc. Ma gli irlandesi i soldi per gonfiare la bolla dove li hanno trovati? Risposta: in banca. Perché, segnala Ragazzi, in Irlanda “le passività delle banche sono salite fino a 5 volte il Pil”. Va bene, ma allora le banche irlandesi i soldi dove li hanno trovati? Se hanno espanso indiscriminatamente i prestiti, cioè il debito (privato) dei loro clienti, finanziando bolle, evidentemente disponevano di liquidità esorbitante, che non poteva provenire solo dai risparmi di 4 milioni di irlandesi. E infatti proveniva dall’estero: in particolare, la raccolta all’esterno dell’eurozona è aumentata del 708 per cento nel decennio 1999-2008. Se risaliamo la catena causale, dalla bolla si arriva al debito estero».
«Io segnalo che agli irlandesi sono arrivati troppi soldi dall’estero, Spampinato aggiunge che li hanno usati male. Un dato consequenziale, non alternativo, al mio. Che le banche, pur di non tenere inutilizzato un eccesso di liquidità, lo prestino a debitori (privati) non solvibili è purtroppo nella logica delle cose ed è già successo in tutti i paesi alluvionati da capitali esteri, nei quali, è risaputo, si sono ovviamente sviluppate bolle: Thailandia, Islanda, Spagna, Stati Uniti... Di converso: senza alluvione di capitali, ci sarebbero stati soldi per gonfiare la bolla?»[/quote]
mi sembra condivisibile quanto riporti. Non ho letto nulla sul risparmio in Irlanda, ma mi sembra verosimile che, anche con un debito pubblico limitato, il livello di indebitamento privato sia tale da non essere facilmente copribile col risparmio nazionale, dovendo essere quindi coperto con debito estero. Le quote di debito interbancario negli stati patrimoniali delle banche sono sempre un numero rilevante. Semmai intuisco, rimanendo convinto che la gestione del credito sia stata molto imprudente in Irlanda, che le banche nel negoziare il credito tra di loro non utilizzino la stessa severità nei criteri di valutazione della solvibilità che in genere viene utilizzata quando il debitore è un'altra azienda o un privato.
"Sergio":
Caso 2: l'Irlanda ha favorito enormemente gli investimenti esteri, al punto che è arrivata a dover pagare "interessi" (cioè profitti di compentenza di non residenti) per oltre il 32% del PIL. E ha fatto il botto
Non sono così sicuro della tua conclusione. Da qui http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLi ... 8b1f1c5244 vedo che l'Irlanda è il paese della lista col debito totale maggiore ad aprile 2010. In particolare mi sembra rilevante il debito delle società, pari al 133% del PIL. Le società non contraggono debito perché liquidano i dividendi agli azionisti, anche se esteri. Si osserva anche che l'Irlanda ha il primato, sempre nella lista, del maggior debito dei risparmiatori. La conclusione a cui arrivo è che in Irlanda c'è stata una gestione del credito eccessivamente funambolica. E sempre in questi casi si finisce col c... a terra, se l'economia sottostante non è robusta e consolidata da tempo. Dai dati si capisce semplicemente che la crisi irlandese non c'entra nulla con quella italiana. I soggetti a rischio di insolvenza sono diversi. Anzi, Irlanda ed Italia sono chiari esempi di casi opposti.
Ulteriori dubbi sull'euro e sul cambio dei governi in Italia e Grecia espressi dall'europarlamentare inglese Nigel Farage
http://www.youtube.com/watch?feature=pl ... -vgp0g42xI
Non dico che abbia ragione ma semplicemente che potrebbe essere interessante ascoltarlo, anche solo per sentire un parere un po' diverso.
http://www.youtube.com/watch?feature=pl ... -vgp0g42xI
Non dico che abbia ragione ma semplicemente che potrebbe essere interessante ascoltarlo, anche solo per sentire un parere un po' diverso.
"Sergio":
Come vedi, la dinamica della coppia (debiti, interessi passivi) è molto simile a quella della coppia (investimenti esteri, profitti passivi). Quindi dire che gli investimenti esteri sono debiti non è solo un "tecnicismo contabile"....
Il fatto che il capitale debba essere remunerato non era in discussione. Ne deriva che il riconoscimento di utili o interessi non è in discussione. Continuo però a vedere come distinti conferimenti di capitale a titolo di rischio o quelli a titolo di credito: tutto qui. Sono convinto che la distinzione tra queste forme di finanziamento di un'iniziativa sia significativa al di la dell'origine dei capitali (nazionali o esteri).
Dopo questa discussione dalle plurime sfumature, concluderei dicendo: speriamo nel futuro!
Ad majora!
Ad majora!

"vict85":
Mah, secondo me è un po' assurdo tutta questa fretta a mandare i conti in pari. Saranno almeno 50 anni che sono gestiti da cani eppure ora sembra che se non si raggiunge la parità in 6 mesi è un disastro. Soprattutto considerando che siano in un momento di stagnazione. In questo modo si rendono solo più difficili gli investimenti strutturali (di cui se ne parla da almeno 20 anni) e si impedisce la crescita. Una cosa di questo tipo ha senso solo se si cerca il default.
Le riforme strutturali, l'eliminazione di vari sprechi, un sistema tributario più equo (e non basato su tasse straordinarie), e altri possibili miglioramenti del sistema sono prioritari rispetto ai conti. Se si ritiene che un paese crescerà allora in teoria dovresti fidarti a finanziarlo. Personalmente trovo che un qualsiasi piano che pensi di azzerare il deficit di bilancio in meno di 5 anni sia destinato a fallire. Ma questa è un'opinione. Ovviamente dopo che aver raggiunto la parità sarebbe sensato se si cercasse di mantenerla. Anche perché il nostro debito pubblico è davvero enorme (non diversamente da molti altri paesi europei).
Ti prego di notare che un debito di circa 2000 miliardi di euro costa 20 miliardi per ogni 1% di tasso di interessi. L'attuale costo medio si aggira intorno al 4%, grazie al fatto che i tassi sono stati molto bassi negli ultimi anni, prima dello scoppio della crisi. Se per assurdo l'attuale livello di tassi dovesse mantenersi per i 7 anni di vita residua del debito pubblico italiano, ciò comporterebbe che l'intero turnover dello stesso avverrebbe con un tasso medio di circa 7% (nell'ipotesi ottimistica che nel frattempo non sia subentrato il default), cioè 3% ti tasso in più, ovvero altri 60 miliardi di interessi passivi, da finanziare con altrettante entrate (cioè tasse). Mi sembra evidente ed al limite del banale che un qualunque governo debba mettere in atto tutte le azioni necessarie per dare fiducia ai mercati di capitale, facendo migliorare il rating di rischio dell'Italia, che determina fortemente il tasso con cui ci si approvvigiona. A chi non ha dimestichezza con questi semplici concetti suggerisco almeno di osservare la preoccupazione con cui si è mosso Napolitano negli ultimi tempi. E penso che la maggior parte delle persone potrà riconoscere al Presidente della Repubblica l'integrità, l'indipendenza e la competenza nel ruolo. Voglio sperare che l'italica dietrologia non vorrà candidare anche Napolitano per l'iscrizione nello stretto gruppo di poteri forti che mirano a speculare a danno di tutti, Italia compresa.
"Sergio":
[quote="kinder"]b) speculazione: io alla speculazione non credo minimamente. Ma questo porta off topic;
Non vedo perché sia off topic. Comunque, alcune volte la speculazione ha nomi e cognomi; è famoso, ad esempio, l'attacco portato da George Soros alla sterlina nel 1992. Puoi trovare prime notizie qui:
http://it.wikipedia.org/wiki/George_Soros
Un solo uomo riuscì a costringere l'Inghilterra a far uscire la sterlina dallo SME. Poté farlo perché la sterlina era comunque debole, ma lo fece speculando, cioè vendendo allo scoperto più di 10 miliardi di dollari in sterline e guadagnandoci poi oltre un miliardo di dollari. Se questa non è speculazione, cos'è?[/quote]
Quando dico che non credo alla speculazione non mi riferisco alle attività reali dei mercati dei capitali, espressi nelle varie forme. Mi riferisco a questo fantasma di cui ogni tanto politici o stampa faziosa tira fuori come se avesse scoperto in quel momento ciò che accade da secoli, ovvero che esistono mercati di vari beni, nei quali agiscono investitori col principale obiettivo di trarne profitto. Chiunque può andare su un qualunque sito che fornisce dati sul trend di vari beni (dalle commodities ai bond, azioni, valute, derivati etc.) e può scoprire che da sempre i titoli di stato sono sul mercato e vengono trattati come tutti gli altri titoli, esprimendo il loro trend e la loro volatilità. La speculazione non è una parolaccia. Tutti gli investitori si aspettano di ricavare da un investimento un capital gai più i dividendi (o equivalenti nel caso di titoli di debito). Per fare ciò naturalmente scommettono sul fatto che il titolo si apprezzerà nel tempo. E non sempre accade. E questo lo fa anche l'investitore che compra azioni per 1000 euro.
Neanche i derivati sono una parolaccia. Quando sono nate le opzioni hanno svolto un ruolo importantissimo nel facilitare il commercio in condizioni logistiche molto rischiose. Ma questo è un altro film.
Neanche la vendita allo scoperto è una parolaccia. Chi vende allo scoperto paga le commissioni e si assume il rischio della perdita, visto che anche un calo di un titolo non è un fatto certo.
Io credo che stia succedendo una cosa che accade spesso. Ovvero, dato un problema, c'è chi si dà da fare a gridare che il problema è un altro. Ora è di moda parlar male della speculazione, dei derivati e delle vendite allo scoperto, solo per tacere sul fatto che l'impatto sulla volaitilità di movimenti di capitale in queste operazioni è il sintomo di un sistema economico fragile, sul quale ci si dovrebbe concentrare. Il gridare alla speculazione e l'impedire le vendite allo scoperto è come far prendere l'aspirina ad uno che ha la polmonite. Un sistema economico robusto e redditizio attirerebbe più capitali (nell'equity), rappresentando un opportunità di investimento a minor rischio. Sottrarrebbe spontaneamente liquidità alle altre forme d'investimento. In giro ci sono tanti soldi, in attesa di essere investiti.
"Sergio":
[quote="kinder"]e) investimenti da parte di soggetti stranieri: non credo che un investimento operato sul territorio nazionale da parte di un soggetto non residente sia da classificare come debito estero
Se un privato porta soldi in una banca, i soldi restano suoi anche se li detiene la banca, quindi per la banca i depositi sono debiti (e infatti stanno nel passivo del bilancio). Analogamente, se un privato investe in un paese i soldi che ha investito restano suoi, quindi costituiscono un debito per il paese.[/quote]
Forse ho capito cosa intendi, ma mi pare che punti ad una finezza. Sebbene patrimonio netto e posizione finanziaria netta sono entrambi voci del passivo patrimoniale mi pare (o per lo meno vale per me) di poter distinguere nettamente tra l'investimento in titoli di debito ed in equity. Insomma, a me non sembra molto diverso se un francese compra una villa in Versilia o il 51% delle azioni della Parmalat; molto diverso mi sembra il caso in cui compri BTP a 5 anni o bond emessi da Finmeccanica. Sono questi ultimi due casi che io considero realmente debito con l'estero. Ciò non toglie che da un punto di vista prettamente "tecnico" io non possa sbagliarmi.
"vict85":
Mah, secondo me è un po' assurdo tutta questa fretta a mandare i conti in pari. Saranno almeno 50 anni che sono gestiti da cani eppure ora sembra che se non si raggiunge la parità in 6 mesi è un disastro. Soprattutto considerando che siano in un momento di stagnazione. In questo modo si rendono solo più difficili gli investimenti strutturali (di cui se ne parla da almeno 20 anni) e si impedisce la crescita. Una cosa di questo tipo ha senso solo se si cerca il default.
Le riforme strutturali, l'eliminazione di vari sprechi, un sistema tributario più equo (e non basato su tasse straordinarie), e altri possibili miglioramenti del sistema sono prioritari rispetto ai conti. Se si ritiene che un paese crescerà allora in teoria dovresti fidarti a finanziarlo. Personalmente trovo che un qualsiasi piano che pensi di azzerare il deficit di bilancio in meno di 5 anni sia destinato a fallire. Ma questa è un'opinione. Ovviamente dopo che aver raggiunto la parità sarebbe sensato se si cercasse di mantenerla. Anche perché il nostro debito pubblico è davvero enorme (non diversamente da molti altri paesi europei).
Il mio parere è che non si cerchi una ripresa dell'economia del Paese, ma si cerchi di sfruttarlo facendo cacciare tutto quello che c'è prima che venga dichiarato il fallimento, con perdita di interessi e debito da parte di Paesi esteri.
Questa però è solo una mia impressione, nessuno può avere la certezza su cosa passi per la mente di altre persone.
"Sergio":
[quote="kinder"]e) investimenti da parte di soggetti stranieri: non credo che un investimento operato sul territorio nazionale da parte di un soggetto non residente sia da classificare come debito estero
Se un privato porta soldi in una banca, i soldi restano suoi anche se li detiene la banca, quindi per la banca i depositi sono debiti (e infatti stanno nel passivo del bilancio). Analogamente, se un privato investe in un paese i soldi che ha investito restano suoi, quindi costituiscono un debito per il paese.[/quote]
Più che in termini bancari, sul fatto di dove vada messa la voce nel bilancio, la vedrei in termini più pratici di economia reale.
Se l'investitore si porta nel suo Paese della ricchezza, può rispenderla nel suo Paese incrementando il suo Pil (Pil su cui lo Stato del paese estero a della entrate), visto che lo scopo ultimo della ricchezza non è la ricchezza in se stessa, ma quello che ci si può comprare.
Questo ragionamento lo trovo valido non solo per investitori, ma anche per imprese estere che si stabiliscono in un Paese, soprattutto per quelle che hanno com scopo la vendita di prodotti finiti, come ad esempio le automobili, per cui vengono a mancare tutte le componenti di entrata per lo Stato che sarebbero presenti se la produzione di questi prodotti venisse fatta da imprese locali.
Mah, secondo me è un po' assurdo tutta questa fretta a mandare i conti in pari. Saranno almeno 50 anni che sono gestiti da cani eppure ora sembra che se non si raggiunge la parità in 6 mesi è un disastro. Soprattutto considerando che siano in un momento di stagnazione. In questo modo si rendono solo più difficili gli investimenti strutturali (di cui se ne parla da almeno 20 anni) e si impedisce la crescita. Una cosa di questo tipo ha senso solo se si cerca il default.
Le riforme strutturali, l'eliminazione di vari sprechi, un sistema tributario più equo (e non basato su tasse straordinarie), e altri possibili miglioramenti del sistema sono prioritari rispetto ai conti. Se si ritiene che un paese crescerà allora in teoria dovresti fidarti a finanziarlo. Personalmente trovo che un qualsiasi piano che pensi di azzerare il deficit di bilancio in meno di 5 anni sia destinato a fallire. Ma questa è un'opinione. Ovviamente dopo che aver raggiunto la parità sarebbe sensato se si cercasse di mantenerla. Anche perché il nostro debito pubblico è davvero enorme (non diversamente da molti altri paesi europei).
Le riforme strutturali, l'eliminazione di vari sprechi, un sistema tributario più equo (e non basato su tasse straordinarie), e altri possibili miglioramenti del sistema sono prioritari rispetto ai conti. Se si ritiene che un paese crescerà allora in teoria dovresti fidarti a finanziarlo. Personalmente trovo che un qualsiasi piano che pensi di azzerare il deficit di bilancio in meno di 5 anni sia destinato a fallire. Ma questa è un'opinione. Ovviamente dopo che aver raggiunto la parità sarebbe sensato se si cercasse di mantenerla. Anche perché il nostro debito pubblico è davvero enorme (non diversamente da molti altri paesi europei).
"Sergio":
[quote="kinder"]Ma sempre riprendendo una mia precedente considerazione, dico che se queste interferenze possono servire a garantire una gestione più oculata anche degli altri 1000 miliardi di euro di risparmi degli italiani, allora l'irritazione che istintivamente mi ingenerano le interferenze esterne si attenua un bel po'.
Se non intendo male, vuoi dire che se queste eventuali interferenze ci aiutano a risolvere il problema del debito, dello spread ecc., allontanando i rischi di insolvenza, allora ci si può anche stare.
Il problema è che non ci credo, per motivi già illustrati in altri topic.
In estrema sintesi:
a) è falso che il debito pubblico in sé sia un problema (il Giappone viaggia tranquillo da anni sul 200% del PIL);
b) è falso che la speculazione abbia attaccato i paesi europei col più alto rapporto debito/PIL; quanto all'Italia, sono vent'anni che il rapporto debito/PIL supera il 100%, e allora perché l'attacco speculativo proprio ora?
c) è vero, invece, che la speculazione ha attaccato i paesi con problemi di debito estero; quanto all'Italia, la speculazione ha iniziato a colpire quando il saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti è peggiorato di circa un punto del PIL, come avvenne in occasione dell'attacco speculativo del 1992:
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002453.html
http://www.borsaforextradingfinanza.net ... 64594.html
d) è ovvio che "sanare" il debito pubblico non risolve i problemi di debito estero;
e) è vero che liberalizzazioni e privatizzazioni aumentano il debito estero, nella misura in cui creano opportunità di investimento per capitali esteri (un investimento dall'estero è un debito, i cui "interessi" sono i conseguenti redditi che varcano la frontiera; per capirci: quando Gucci, Edison, Upim erano italiane i loro profitti facevano parte del reddito nazionale italiano, ora che appartengono a PPR, EDF, Simply i profitti fanno parte del reddito nazionale francese - e così peggiorano i redditi netti da capitale, proprio quello che era successo nel 1992 e succede ora).
Per tutti questi motivi non credo proprio che Monti riesca a risolvere i problemi (soprattutto perché non ha minimamente parlato del debito estero), quindi la domanda "perché vuole liberalizzare e privatizzare?" rimane senza risposta. A meno che...
Ti propongo un piccolo "esercizio". Alcune novità che si annunciano riguardo le professioni: abolizione delle tariffe minime e possibilità di costituire società di professionisti (aperte a soci solo investitori). Riusciresti a spiegarmi come tali novità potrebbero ridurre il debito pubblico e il rischio di insolvenza? Riusciresti a spiegarmi cosa c'entrano con l'emergenza che giustificherebbe il governo "tecnico"?[/quote]
i tuoi post sono impegnativi

Allora, provo a dire qualcosa sui tuoi punti:
a) debito: il debito è un problema per più di una ragione. Intanto, banalmente, costa. Dal bilancio pluriennale dello stato (http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VE ... rovato.pdf) si legge che nel 2012 gli interessi sul debito si prevedono pari a 89 miliardi di euro, ovvero il 17,4 % della spesa totale. A parte che non so (non ho letto l'intero documento) su quali ipotesi di interessi si poggi tale valutazione, dico che in ogni azienda un peso degli interessi passivi di questo tipo sarebbe difficilmente sopportabile. Aggiungo anche, di striscio, che metà di questi interessi è pagato all'estero, visto che metà del debito è in mano a non residenti. E poiché questi interessi sono pagati dalle entrate, sostanzialmente generate dagli italiani, capisco che 44 miliardi dei soldi spillati agli italiani non torneranno nelle loro tasche, ma andranno nelle tasche di risparmiatori stranieri. Osservo invece in un altro documento (http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VE ... o_2009.pdf), che il patrimonio netto dello stato era nel 2009 pari a -1425 miliardi di euro. Sottolineo il meno. Tu sai bene che una qualunque azienda non può avere patrimonio netto negativo. Se lo stato fosse un'azienda avrebbe portato i libri in tribunale chissà quanto tempo fa. Ammetto di non essere in grado di dire se ciò è "normale" e se, per esempio, ciò accade allo stesso modo in tutto il mondo. Dico però, continuando a ragionare come se lo stato fosse un'azienda, che il debito dello stato non può essere garantito dal patrimonio, per almeno 1425 miliardi di euro. Di per se questa è una posizione che mi sembra ad altissimo rischio. Mettendo allora da parte il patrimonio, rimane come garanzia solo la capacità di fare flusso di cassa. La legge di bilancio che ho citato prima ci dice che lo stato è un soggetto ad altissimo rischio anche dal punto di vista del cash flow, visto che per quest'anno si prevede che dovrà ricorrere ad ulteriore indebitamento per 40 miliardi, e l'anno prossimo per 11 (speriamo bene). Insomma, in questi pochi numeri c'è un quadro disatroso. Un qualunque soggetto in uno stato del genere non otterrebbe credito neanche dal più pio degli istitui pii. Anzi, pensandoci bene non capisco come riesca lo stato a collocare ancora titoli!
b) speculazione: io alla speculazione non credo minimamente. Ma questo porta off topic;
c) come b)
d) non so commentare
e) investimenti da parte di soggetti stranieri: non credo che un investimento operato sul territorio nazionale da parte di un soggetto non residente sia da classificare come debito estero, anche se poi i dividendi se li porta a casa sua. Il PIL è un valore aggiunto, di cui l'utile netto è solo una piccola parte. Costi della manodopera, ammortamenti, proventi e oneri finanziari e tasse rimangono in Italia.
Esercizio.
Secondo me privatizzazioni e liberalizzazioni sono connesse al debito pubblico (al rapporto debito/PIL in particolare) solo nella misura in cui sono volano per la crescita del PIL. Aggiungo che secondo me sono tematiche che dovevano essere affrontate già molto prima, indipendendemente dal problema del debito, che ora svolge solo il ruolo di sprono a procedere.