Equazioni alle derivate parziali
Ciao a tutti, se consideriamo uno spazio di funzioni definite su un certo dominio, ad esempio un sottoinsieme di $RR^n$, che siano continue e derivabili il numero di volte che ci serve, vedi dopo, indichiamo il generico vettore di tale spazio con $phi(x_(i=1...n))$.
Consideriamo una equazione alle derivate parziali, lineare, e contenente derivate parziali anche miste fino all'ordine m_esimo, che genericamente identifichiamo $del_(x_(i=1...n))^(j))$, allora l'equazione è: $F(phi(x_(i=1...n)),del_(x_(i=1...n))^(j))=0$
In un certo senso potremmo considerare le derivate parziali come operatori che agiscono sulla funzione $phi(x_(i=1...n))$, quindi la combinazione lineare degli operatori di derivazione che costituiscono l'equazione è a sua volta un operatore, che chiamiamo $D$, l'equazione $F(phi(x_(i=1...n)),del_(x_(i=1...n))^(j))=0$
si può anche scrivere, applicando l'operatore alla funzione, come $Dphi=0$ quindi risolvere l'equazione significa cercare il nucleo di tale operatore $D$, ossia le soluzioni della funzione sono gli elementi di $kerD$.
Premesso che quanto sopra è una mia farneticazione, il discorso regge o c'è qualche falla mostruosa?
Consideriamo una equazione alle derivate parziali, lineare, e contenente derivate parziali anche miste fino all'ordine m_esimo, che genericamente identifichiamo $del_(x_(i=1...n))^(j))$, allora l'equazione è: $F(phi(x_(i=1...n)),del_(x_(i=1...n))^(j))=0$
In un certo senso potremmo considerare le derivate parziali come operatori che agiscono sulla funzione $phi(x_(i=1...n))$, quindi la combinazione lineare degli operatori di derivazione che costituiscono l'equazione è a sua volta un operatore, che chiamiamo $D$, l'equazione $F(phi(x_(i=1...n)),del_(x_(i=1...n))^(j))=0$
si può anche scrivere, applicando l'operatore alla funzione, come $Dphi=0$ quindi risolvere l'equazione significa cercare il nucleo di tale operatore $D$, ossia le soluzioni della funzione sono gli elementi di $kerD$.
Premesso che quanto sopra è una mia farneticazione, il discorso regge o c'è qualche falla mostruosa?
Risposte
"Fioravante Patrone":
[quote="david_e"]
Per sfatare una sorta di "mito", dovuto al fatto che queste cose si spiegano sempre in $L^2$, che la mappa di Riesz sia "l'identita'". Cosa che, ovviamente, nessun professore si sogna di dire, ma che molti studenti pensano (io stesso a un certo punto lo pensavo!).
anch'io lo pensavo!
è per questo che ho fatto l'esempietto su $l^2$
eh, i prof non capiscono mai i loro stud[/quote]
Gia', molto probabilmente gli analisti danno per scontato questo fatto, dato che ormai ci si sono ultra-abituati... magari qualcuno mi avesse fatto l'esempio su $l^2$ "ai miei tempi" (qualche mese fa)... queste cose diventano velocemente molto infide quando poi entrano in gioco le terne Hilbertiane e ci ho perso su un bel po' di ore a capire dov'era "l'inghippo"...

"david_e":
Per sfatare una sorta di "mito", dovuto al fatto che queste cose si spiegano sempre in $L^2$, che la mappa di Riesz sia "l'identita'". Cosa che, ovviamente, nessun professore si sogna di dire, ma che molti studenti pensano (io stesso a un certo punto lo pensavo!).
anch'io lo pensavo!
è per questo che ho fatto l'esempietto su $l^2$
eh, i prof non capiscono mai i loro stud
Anche io non credo vi siano problemi a estendere la definizione di differenziale secondo Frechet agli spazi non completi... solo che non voglio spingermi eccessivamente lontano con la generalita': di fatto poi si lavora sugli Hilbert. Ho parlato di spazi di Banach perche', per mia esperienza, dato che su $H_0^1(\Omega)$ ci sono due possibili definizioni di prodotto scalare, spesso si fa molta confusione nel passare dal differenziale al gradiente. Spesso si pensa, ad esempio che il funzionale $\Lambda$ tale che:
$ < \Lambda , v > = \int_{\Omega} \nabla u \cdot \nabla v d\omega$
corrisponda, tramite identificazione di Riesz, alla funzione $u$, ma questo non e' assolutamente vero se prendiamo il prodotto scalare:
$ ( u , v )_{H^1) = \int_{\Omega} \nabla u \cdot \nabla v d\omega + \int_{\Omega} u v d\omega $
invece e' vero se scegliamo come prodotto scalare:
$ ( u , v )_{H^1) = \int_{\Omega} \nabla u \cdot \nabla v d\omega $
su $H_0^1$ la disuguaglianza di Poincare consente di scegliere questo come prodotto scalare.
Per sfatare una sorta di "mito", dovuto al fatto che queste cose si spiegano sempre in $L^2$, che la mappa di Riesz sia "l'identita'". Cosa che, ovviamente, nessun professore si sogna di dire, ma che molti studenti pensano (io stesso a un certo punto lo pensavo!).
$ < \Lambda , v > = \int_{\Omega} \nabla u \cdot \nabla v d\omega$
corrisponda, tramite identificazione di Riesz, alla funzione $u$, ma questo non e' assolutamente vero se prendiamo il prodotto scalare:
$ ( u , v )_{H^1) = \int_{\Omega} \nabla u \cdot \nabla v d\omega + \int_{\Omega} u v d\omega $
invece e' vero se scegliamo come prodotto scalare:
$ ( u , v )_{H^1) = \int_{\Omega} \nabla u \cdot \nabla v d\omega $
su $H_0^1$ la disuguaglianza di Poincare consente di scegliere questo come prodotto scalare.
Per sfatare una sorta di "mito", dovuto al fatto che queste cose si spiegano sempre in $L^2$, che la mappa di Riesz sia "l'identita'". Cosa che, ovviamente, nessun professore si sogna di dire, ma che molti studenti pensano (io stesso a un certo punto lo pensavo!).

Grazie, come detto erano domande stupide, inoltre le "crochet" mi avevano fatto subito pensare ad un prodotto interno, data la rassomiglianza con i bra-ket della MQ.
Direi che con il prodotto scalare che hai definito il funzionale lo posso identificare con l'elemento di $l^2$ costruito come: $(0,1,0,0,0,0,2,0,...)$, giusto?
"GIOVANNI IL CHIMICO":
Scusa la domanda stupida, ma se $X$ è uno spazio di Hilbert $dF$ coincide con il prodotto interno tra il gradiente di $F$ ed $h$ ?
Inoltre non mi è chiaro se la scrittura $<\Lambda, x>$ rappresenta un prodotto interno ( penso di no perchè l'ambiente +è uno spazio di Banach, quindi senza prodotto interno) o se invece il prodotto interno lo stai indicando con le parentesi tonde.
Scusa la banalità delle mie questioni ma sto muovendo i primi passi in questi argomenti.
P.S. Se lo spazio $X$ non fosse completo la definizione di differenziale di Frechet non sarebbe ben posta?
mi sembra che david_e già abbia risposto a questo nel suo post.
Comunque, dico con parole mie (e notazioni le più possibili identiche a quelle di david_e). Magari serve.
Data $F:X \to RR$, il differenziale di $F$ in un punto $x_0$ dato è un funzionale lineare e continuo su $X$
Quindi, $dF$ non può essere quello che chiedi
Semmai lo è $< dF , h >$, che, in uno spazio di Hilbert e con opportuna identificazione (via Riesz), potrò scrivere come $(\nabla F,h)$.
Nota: uso, come david_e e come consuetudine, il "crochet" $< x' , x >$ per indicare il valore che un funzionale $x'$ assume in un punto $x$, e invece $(\cdot,\cdot)$ per indicare il prodotto scalare.
Quanto alla domanda che fai su spazio normato-Banach (incompleto-completo), ormai la mia ruggine è troppa (=> non ricordo al volo). Non vedo che problemi ci siano, senza la completezza, per garantire l'unicità del differenziale, se esiste. Mi pare sia facile provare per assurdo l'unicità. Se ce ne fossero due, si prende la def e si trova contraddizione.
Chiudo invece con un esempio stupidino rispetto al teorema di Riesz. Lo faccio perché spesso ci si dimentica di farne...
Prendo, come spazio di Hilbert, $l^2$.
Un elemento di $l^2$ è dunque una successione "di quadrato sommabile" $(x_1,x_2,\cdots,x_n,\cdots)$
Un funzionale lineare e continuo su $l^2$ è, ad esempio, il funzionale "duepiquattrovoltesette", così definito:
duepiquattrovoltesette$(x_1,x_2,\ldots,x_n,\ldots) = x_2 + 4x_7$
Che sia definito su $l^2$, lineare e continuo è verifica per il "lettore".
Con che elemento di $l^2$ lo posso identificare?
Banale: con $(0,1,0,0,0,0,4,0,\ldots)$
Naturalmente, se metto su $l^2$ il solito prodotto scalare
Ma se usassi invece il prodotto scalare (verifiche per il lettore):
$(x,y) = x_1 y_1 + x_2 y_2 + \ldots + x_6 y_6 + 2 x_7 y_7 + x_8 y_8 + \ldots$?
Lo identificherei con?
Scusa la domanda stupida, ma se $X$ è uno spazio di Hilbert $dF$ coincide con il prodotto interno tra il gradiente di $F$ ed $h$ ?
Inoltre non mi è chiaro se la scrittura $<\Lambda, x>$ rappresenta un prodotto interno ( penso di no perchè l'ambiente +è uno spazio di Banach, quindi senza prodotto interno) o se invece il prodotto interno lo stai indicando con le parentesi tonde.
Scusa la banalità delle mie questioni ma sto muovendo i primi passi in questi argomenti.
P.S. Se lo spazio $X$ non fosse completo la definizione di differenziale di Frechet non sarebbe ben posta?
Inoltre non mi è chiaro se la scrittura $<\Lambda, x>$ rappresenta un prodotto interno ( penso di no perchè l'ambiente +è uno spazio di Banach, quindi senza prodotto interno) o se invece il prodotto interno lo stai indicando con le parentesi tonde.
Scusa la banalità delle mie questioni ma sto muovendo i primi passi in questi argomenti.
P.S. Se lo spazio $X$ non fosse completo la definizione di differenziale di Frechet non sarebbe ben posta?
Allora su forze impulsive e concetto di azione di una funzione su una test preferisco lasciare la parola. Ci ho pensato un po', ma a parte l'esempio idiota della pallina contro il muro in cui salta fuori la $\delta$ di Dirach, non mi viene in mente niente di particolarmente illuminante...
Voglio provare a buttare giù qualche idea sul differenziale di Frechet (la derivata di Gateux la lascerei un po' perdere invece) e ricavare l'equazione di Laplace come soluzione di un problema di minimo in modo da chiudere il cerchio con ciò che ha detto elgiovo (nel senso che faccio la direzione opposta alla sua). Ovviamente ciò che sto per dire manca di qualunque pretesa di completezza e sistematicità e potrei anche dire delle emerite idiozie. Correggetemi nel caso.
Vorremo in particolare ricavare l'equazione:
$ {( - \Delta u = f \qquad \qquad \Omega),(u=0 \qquad \qquad \partial \Omega):} $
come caratterizzazione del minimo del funzionale:
$ J(u) = 1/2 \int_{\Omega} \nabla u \cdot \nabla u d\omega - \int_{\Omega} f u d\omega $
che rappresenta l'energia di una membrana elastica (tenuta fissa al bordo) il cui profilo e' dato da $u$ soggetta a una forza distribuita $f$.
Indico con la notazione $< \Lambda , x >$ l'azione di un funzionale $\Lambda$ su un elemento $x$.
Sia $X$ uno spazio di Banach. Consideriamo un funzionale $F : X \rightarrow RR$. Il differenziale di Frechet non è che l'estensione del concetto di differenziale di una funzione. Fissiamo un punto $x \in X$, se esiste un funzionale lineare e continuo $\Lambda$ per cui:
$ F(x+h) = F(x) + < \Lambda , h > + o(||h||) $
allora $\Lambda$ e' detto differenziale di Frechet di $F$ in $x$ ed e' indicato con $dF(x)$. L'applicazione $x |-> dF(x)$ e' detta differenziale di F secondo Frechet. Si dimostra banalmente che:
1. Se $F$ e' Frechet differenziabile allora il differenziale e' unico (ovvero la definizione di prima e' ben posta).
2. Se $F$ e' lineare allora $dF=F$.
Nel caso in cui $X$ sia uno spazio di Hilbert usando il teorema di Riesz possiamo identificare $X$ con $\text{X*}$ e quindi definire il gradiente di $F$ in $x$ come quell'elemento (se esiste) di $X$ per cui:
$ F(x+h) = F(x) + ( \nabla F(x) , h )_X + o(||h||) $
da notare come il gradiente e il differenziale siano due oggetti di natura diversa. Cio' accade anche con le funzioni di $RR^N$, ma negli spazi euclidei finito dimensionali c'e' una identificazione naturale, tramite la mappa "identita'", fra gli operatori lineari (covettori) e i vettori stessi, quindi spesso questo non viene marcato a sufficienza. Nel nostro caso l'unica cosa cui fare attenzione e' il fatto che il rappresentate di $dF$ cambia ogni qual volta scegliamo un diverso prodotto scalare per lo spazio su cui lavoriamo....
Ora vogliamo usare la derivata di Frechet per individuare il minimo di funzionali (ottimizzazione su tutto lo spazio, non vincolata). Per prima cosa notiamo che se $x$ e' un punto di minimo, allora appare intuitivo pensare che $dF(x)=0$, altrimenti si avrebbe:
$ F(x+h) \approx F(x) + < dF(x) , h > $
e per valori opportuni di $h$ si avrebbe $F(x+h) < F(x)$. Chiaramente questa non e' una dimostrazione, ma si puo' dimostrare che condizione necessaria perche' un punto $x$ sia di minimo e' che $dF(x)=0$.
[edit]
Ovviamente qui $F$ deve essere Frechet-differenziabile in $x$
[/edit]
A questo punto occorre dimostrare l'esistenza e l'unicita' di un minimo per il funzionale $J$ e poi usare la condizione necessaria per qualificarlo. Questo lo lascio a domani (se non ci sono dubbi e/o proteste su quello che sto' facendo) (e se non vuole farlo qualcun'altro).
Anticipo solo che la forma debole dell'equazione risultera' essere quella che si presta in maniera piu' naturale a qualificare la soluzione...
Voglio provare a buttare giù qualche idea sul differenziale di Frechet (la derivata di Gateux la lascerei un po' perdere invece) e ricavare l'equazione di Laplace come soluzione di un problema di minimo in modo da chiudere il cerchio con ciò che ha detto elgiovo (nel senso che faccio la direzione opposta alla sua). Ovviamente ciò che sto per dire manca di qualunque pretesa di completezza e sistematicità e potrei anche dire delle emerite idiozie. Correggetemi nel caso.
Vorremo in particolare ricavare l'equazione:
$ {( - \Delta u = f \qquad \qquad \Omega),(u=0 \qquad \qquad \partial \Omega):} $
come caratterizzazione del minimo del funzionale:
$ J(u) = 1/2 \int_{\Omega} \nabla u \cdot \nabla u d\omega - \int_{\Omega} f u d\omega $
che rappresenta l'energia di una membrana elastica (tenuta fissa al bordo) il cui profilo e' dato da $u$ soggetta a una forza distribuita $f$.
Indico con la notazione $< \Lambda , x >$ l'azione di un funzionale $\Lambda$ su un elemento $x$.
Sia $X$ uno spazio di Banach. Consideriamo un funzionale $F : X \rightarrow RR$. Il differenziale di Frechet non è che l'estensione del concetto di differenziale di una funzione. Fissiamo un punto $x \in X$, se esiste un funzionale lineare e continuo $\Lambda$ per cui:
$ F(x+h) = F(x) + < \Lambda , h > + o(||h||) $
allora $\Lambda$ e' detto differenziale di Frechet di $F$ in $x$ ed e' indicato con $dF(x)$. L'applicazione $x |-> dF(x)$ e' detta differenziale di F secondo Frechet. Si dimostra banalmente che:
1. Se $F$ e' Frechet differenziabile allora il differenziale e' unico (ovvero la definizione di prima e' ben posta).
2. Se $F$ e' lineare allora $dF=F$.
Nel caso in cui $X$ sia uno spazio di Hilbert usando il teorema di Riesz possiamo identificare $X$ con $\text{X*}$ e quindi definire il gradiente di $F$ in $x$ come quell'elemento (se esiste) di $X$ per cui:
$ F(x+h) = F(x) + ( \nabla F(x) , h )_X + o(||h||) $
da notare come il gradiente e il differenziale siano due oggetti di natura diversa. Cio' accade anche con le funzioni di $RR^N$, ma negli spazi euclidei finito dimensionali c'e' una identificazione naturale, tramite la mappa "identita'", fra gli operatori lineari (covettori) e i vettori stessi, quindi spesso questo non viene marcato a sufficienza. Nel nostro caso l'unica cosa cui fare attenzione e' il fatto che il rappresentate di $dF$ cambia ogni qual volta scegliamo un diverso prodotto scalare per lo spazio su cui lavoriamo....
Ora vogliamo usare la derivata di Frechet per individuare il minimo di funzionali (ottimizzazione su tutto lo spazio, non vincolata). Per prima cosa notiamo che se $x$ e' un punto di minimo, allora appare intuitivo pensare che $dF(x)=0$, altrimenti si avrebbe:
$ F(x+h) \approx F(x) + < dF(x) , h > $
e per valori opportuni di $h$ si avrebbe $F(x+h) < F(x)$. Chiaramente questa non e' una dimostrazione, ma si puo' dimostrare che condizione necessaria perche' un punto $x$ sia di minimo e' che $dF(x)=0$.
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Ovviamente qui $F$ deve essere Frechet-differenziabile in $x$
[/edit]
A questo punto occorre dimostrare l'esistenza e l'unicita' di un minimo per il funzionale $J$ e poi usare la condizione necessaria per qualificarlo. Questo lo lascio a domani (se non ci sono dubbi e/o proteste su quello che sto' facendo) (e se non vuole farlo qualcun'altro).
Anticipo solo che la forma debole dell'equazione risultera' essere quella che si presta in maniera piu' naturale a qualificare la soluzione...
ok, grazie lo stesso, intanto attendo la prossima puntata di David_e.
Io ho studiato sul Salsa - Equazioni a Derivate Parziali e sulle dispense aggiuntive reperibili qui:
http://web.mate.polimi.it/viste/student ... amento=263
http://web.mate.polimi.it/viste/student ... amento=263
no, li conosco, soprattutto Salsa, ma non lo conosco
non ti saprei suggerire un testo di EDP (c'era qualcosa di Amerio, se ricodo bene, ma sono ricordi vaghi)
non ti saprei suggerire un testo di EDP (c'era qualcosa di Amerio, se ricodo bene, ma sono ricordi vaghi)
mmmh io per le EDP sto usando il testo di Salsa e Pagani, lo conosci? Ci sono tante cose, però è un po caotico...
"GIOVANNI IL CHIMICO":
Il Lions Magenes è un testo di EDP?
sì:
J.L Lions, E. Magenes: Nonhomogeneous boundary value problems and applications, Vol. I. Springer, Berlin, 1972. MR 50:2670
non è un libro troppo abbordabile credo (mai letto: una vita passata ad evitare di sporcarmi le mani con le EDP. E, lavorndo a PV, non era facile!)
è nato da una serie di articoli pubblicati dai due autori
Il Lions Magenes è un testo di EDP?
"Fioravante Patrone":
[quote="david_e"][quote="Fioravante Patrone"]
2. perché non seguire altre strade? Ad esempio le inclusioni differenziali, che sono usate (Filippov e la teoria del controllo). Anche qui c'è il problema di un secondo membro discontinuo. Andrebbero citate anche le soluzioni nel senso di Caratheodory...
Non conosco affatto questo argomento... anche questo sul Lions-Magenes?
Per gli altri due potrei pensare di scrivere qualche cosa, anche se tutto questo meriterebbe una trattazione un po' più sistematica... se nessun'altro si propone posso provare a darne una spiegazione io più tardi...[/quote]
no, non è su Lions Magenes (o, meglio, se ci fosse mi stupirei)
per il resto, prenditela comoda

era un modo per sollecitare approfondimenti, da chiunque voglia, visto l'interesse dell'argomento[/quote]
Avevo capito

Attendo anche che qualche volenteroso mi spieghi il concetto di soluzione nel senso di Caratheodory che non conosco affatto...

"david_e":
[quote="Fioravante Patrone"]
2. perché non seguire altre strade? Ad esempio le inclusioni differenziali, che sono usate (Filippov e la teoria del controllo). Anche qui c'è il problema di un secondo membro discontinuo. Andrebbero citate anche le soluzioni nel senso di Caratheodory...
Non conosco affatto questo argomento... anche questo sul Lions-Magenes?
Per gli altri due potrei pensare di scrivere qualche cosa, anche se tutto questo meriterebbe una trattazione un po' più sistematica... se nessun'altro si propone posso provare a darne una spiegazione io più tardi...[/quote]
no, non è su Lions Magenes (o, meglio, se ci fosse mi stupirei)
per il resto, prenditela comoda

era un modo per sollecitare approfondimenti, da chiunque voglia, visto l'interesse dell'argomento
"Fioravante Patrone":
2. perché non seguire altre strade? Ad esempio le inclusioni differenziali, che sono usate (Filippov e la teoria del controllo). Anche qui c'è il problema di un secondo membro discontinuo. Andrebbero citate anche le soluzioni nel senso di Caratheodory...
Non conosco affatto questo argomento... anche questo sul Lions-Magenes?
Per gli altri due potrei pensare di scrivere qualche cosa, anche se tutto questo meriterebbe una trattazione un po' più sistematica... se nessun'altro si propone posso provare a darne una spiegazione io più tardi...
"david_e":
Io proporrei un paragone, un po' idiota lo ammetto, che mi è venuto in mente pensando al concetto di soluzione debole.
Consideriamo la domanda principe che si pongono quasi tutti i bambini intorno ai 6 anni: esiste Babbo Natale?
...
david_e, secondo me la tua risposta (interessante, naturalmente (*)) è parziale
"Ma Lax direbbe di si! Infatti ciò che conta in un ottica debole è l'azione che esercita una funzione su un'altra (una funzione test), ovvero l'azione che esercita Babbo Natale su ogni bambino. Un'azione che certamente è non-nulla. "
Ovviamente condivido quello che dici, sulla necessità di estendere la nozione di soluzione.
Mi pare però che manchino ancora dei pezzi fondamentali. Chi vuole rispondere...
1. la idea di "azione su", insomma, le funzioni test e l'integrazione per parti: possono sembrare un po' adhoccherie. Non si riesce a trovare qualche motivazione, qualche esempio fisico? Forze impulsive, urti, o cose similari. Cose che rendano l'dea che ci si muove nella giusta direzione?
2. perché non seguire altre strade? Ad esempio le inclusioni differenziali, che sono usate (Filippov e la teoria del controllo). Anche qui c'è il problema di un secondo membro discontinuo. Andrebbero citate anche le soluzioni nel senso di Caratheodory...
3. un cenno alle derivate nel senso di Frechet e Gateaux...
Insomma, è vero che il topic è interessante, ma ci sono ancora un sacco di cose interessanti da die.
Anche perché non si sta parlando di bruscolini (ricordo, per GIOVANNI IL CHIMICO e per ragioni "affettive", il classico "Lions-Magenes").
E così Camillo alla fine sarà ancora più contento, spero.
(*) nota figura retorica: captatio benevolentiae
Grazie a david_e e el giovo per le interessanti spiegazioni... questo thread sta diventando un piccolo corso sulle EDP

Grazie David_e per il bel chiarimento sulle soluzioni deboli.
Io ho sempre visto la questione in questi termini:
Principi primi della natura->Formulazione variazionale ( es la configurazione di equilibrio è quella per cui l'energia del sistema è minima, oppure il principio di minima azione per la lagrangiana di campo)-> EDP->FEM o Diff.Finite
Io ho sempre visto la questione in questi termini:
Principi primi della natura->Formulazione variazionale ( es la configurazione di equilibrio è quella per cui l'energia del sistema è minima, oppure il principio di minima azione per la lagrangiana di campo)-> EDP->FEM o Diff.Finite
Io proporrei un paragone, un po' idiota lo ammetto, che mi è venuto in mente pensando al concetto di soluzione debole.
Consideriamo la domanda principe che si pongono quasi tutti i bambini intorno ai 6 anni: esiste Babbo Natale?
Beh Cauchy direbbe di no. Non esiste alcun essere umano con tutte le proprietà necessarie per poter incarnare Babbo Natale.
Ma Lax direbbe di si! Infatti ciò che conta in un ottica debole è l'azione che esercita una funzione su un'altra (una funzione test), ovvero l'azione che esercita Babbo Natale su ogni bambino. Un'azione che certamente è non-nulla.
Al concetto di soluzione debole si arriva per poter studiare oggetti che Cauchy non considererebbe soluzioni ammissibili: ad esempio funzioni discontinue o non differenziabili in alcuni punti, ma intese come soluzioni di equazioni differenziali. Oggetti che non esistono in senso classico (che senso ha dire che una funzione discontinua è soluzione di un'EDP?).
L'esempio più semplice di formulazione debole è questo. Consideriamo il problema, in forma classica, o forte:
${(-u''(x)=f),(u(0)=u(1)=0):} $
se $f$ è regolare una soluzione classica deve essere differenziabile due volte con continuità, ma noi vogliamo costruire un prototipo di soluzione che sia anche solo derivabile una sola volta. Per questo scegliamo una funzione test $v \in H_0^1(0,1)$ moltiplichiamo l'equazione ed integriamo per parti. Troviamo:
$ \int_0^1 u'(x) v'(x) dx = \int_0^1 f(x) v(x) dx $
definiamo soluzione debole $u_d$ una funzione per cui la relazione precedente sia sempre verificata per ogni $v \in H_0^1(0,1)$. La teoria garantisce in questo caso l'esistenza di una unica soluzione debole se $f \in L^2(0,1)$, inoltre la soluzione debole coincide con quella classica(*) nel caso in cui tutto sia regolare. In generale però il concetto di soluzione debole è più generale di quello di soluzione forte (una soluzione forte è __sempre__ anche soluzione debole, ma non vale il vice-versa) e in molti casi le soluzioni deboli sono un po' dei "Babbi Natali" ovvero degli oggetti che, in senso classico, non è proprio possibile chiamare soluzioni.
-------------------------------
(*) Ovviamente sarebbe più corretto dire che la soluzione classica è un elemento della classe di equivalenza di $u_d$, dato che gli spazi su cui lavoriamo sono spazi di classi di equivalenza di funzioni. Questo crea un po' di magagne con le condizioni al bordo nel caso non Dirichlet omogeneo...
*** EDIT ***
@ elgiovo: non conosco molto bene il calcolo delle variazioni però si dal poco che ho visto è profondamente legato alla teoria delle EDP. Sinceramente non riporterei mai un problema alle derivate parziali ad un problema di minimo per risolverlo, ma forse perchè sono un po' un numerista e i metodi di discesa su funzionali in spazi di Banach sono costosi (calcolare il gradiente vuol dire risolvere una EDP ad ogni step)...
Consideriamo la domanda principe che si pongono quasi tutti i bambini intorno ai 6 anni: esiste Babbo Natale?
Beh Cauchy direbbe di no. Non esiste alcun essere umano con tutte le proprietà necessarie per poter incarnare Babbo Natale.
Ma Lax direbbe di si! Infatti ciò che conta in un ottica debole è l'azione che esercita una funzione su un'altra (una funzione test), ovvero l'azione che esercita Babbo Natale su ogni bambino. Un'azione che certamente è non-nulla.
Al concetto di soluzione debole si arriva per poter studiare oggetti che Cauchy non considererebbe soluzioni ammissibili: ad esempio funzioni discontinue o non differenziabili in alcuni punti, ma intese come soluzioni di equazioni differenziali. Oggetti che non esistono in senso classico (che senso ha dire che una funzione discontinua è soluzione di un'EDP?).
L'esempio più semplice di formulazione debole è questo. Consideriamo il problema, in forma classica, o forte:
${(-u''(x)=f),(u(0)=u(1)=0):} $
se $f$ è regolare una soluzione classica deve essere differenziabile due volte con continuità, ma noi vogliamo costruire un prototipo di soluzione che sia anche solo derivabile una sola volta. Per questo scegliamo una funzione test $v \in H_0^1(0,1)$ moltiplichiamo l'equazione ed integriamo per parti. Troviamo:
$ \int_0^1 u'(x) v'(x) dx = \int_0^1 f(x) v(x) dx $
definiamo soluzione debole $u_d$ una funzione per cui la relazione precedente sia sempre verificata per ogni $v \in H_0^1(0,1)$. La teoria garantisce in questo caso l'esistenza di una unica soluzione debole se $f \in L^2(0,1)$, inoltre la soluzione debole coincide con quella classica(*) nel caso in cui tutto sia regolare. In generale però il concetto di soluzione debole è più generale di quello di soluzione forte (una soluzione forte è __sempre__ anche soluzione debole, ma non vale il vice-versa) e in molti casi le soluzioni deboli sono un po' dei "Babbi Natali" ovvero degli oggetti che, in senso classico, non è proprio possibile chiamare soluzioni.
-------------------------------
(*) Ovviamente sarebbe più corretto dire che la soluzione classica è un elemento della classe di equivalenza di $u_d$, dato che gli spazi su cui lavoriamo sono spazi di classi di equivalenza di funzioni. Questo crea un po' di magagne con le condizioni al bordo nel caso non Dirichlet omogeneo...
*** EDIT ***
@ elgiovo: non conosco molto bene il calcolo delle variazioni però si dal poco che ho visto è profondamente legato alla teoria delle EDP. Sinceramente non riporterei mai un problema alle derivate parziali ad un problema di minimo per risolverlo, ma forse perchè sono un po' un numerista e i metodi di discesa su funzionali in spazi di Banach sono costosi (calcolare il gradiente vuol dire risolvere una EDP ad ogni step)...
