E' importante sapere il nome delle cose?

mattiuzzobis
Ciao a tutti, sono un neoiscritto (matricola) universitaria, purtroppo il mio percorso di studio della matematica è iniziato tardi e non con poche lotte in famiglia. Provengo da una famiglia di amanti delle culture umanistiche e sono un po' la "pecora nera", infatti vengo da un classico in cui davvero ho studiato a malapena cose base.

Per questo negli ultimi anni ho deciso di fare da me e ho iniziato a leggere cose di vario tipo partendo da testi liceali e poi giungendo ad alcuni universitari nell'ultimo anno. Ho fatto un po' l'errore di iniziare dalla fisica e solo negli ultimi 6 mesi ho appreso e letto analisi, però mi manca molto e penso migliorerò nelle lezioni.



Rimanendo nel senso del topic, il punto è che sento di non avere forse solide basi (ma molto base), faccio un piccolo esempio stupido: sicuramente so tutte le proprietà delle proporzioni, però fino a qualche giorno fa non ricordavo assolutamente che si chiamassero medi, estremi, proprietà del comporre scomporre... eppure le sapevo tutte.
Oppure classificare una equazione di secondo grado monomia, pura spuria eppure "quella cosa" si risolve così so dirlo.

Mi rendo conto sia una domanda da scemo, però mi chiedo se queste mancanze si faranno sentire, perché sono tutte cose che ho imparato a modo mio e sicuramente non verranno riprese all'università e mi fanno sentire con una marcia in meno. Ripeto, io ho ripreso tutto il programma di anni e anni da solo, però temo di essere meno di uno che sa tutte queste definizioni e nomi a menadito (come fate a ricordarli, sono davvero molti e una volta capiti si sanno utilizzare mai nomi si perdono) e quindi mi chiedo come fare a "recuperare" e nello stesso tempo stare al passo, anche perché per quando mi sforzi la pura e spuria me la dimentico sempre :oops:, per dire.

Spero in un confronto con voi, mi piacerebbe parlarne.

Risposte
kaspar1
L'atto di apporre i nomi è primitivo nell'uomo, visto che il linguaggio è il modo in cui l'uomo si rappresenta le cose. Filosofeggiamento a parte: il fatto che tu dia nome ad una cosa significa che quel qualcosa a te è interessante ed hai deciso di porre attenzione; per chi scrive i nomi classificano e, se ci sono, vuol dire che si vuole orientare il lettore. Il punto è allora: cosa ti interessa? cosa stai facendo?
Tutti qui ti stiamo dicendo essenzialmente che va bene ricordare i nomi, va bene usarli, va bene insegnarli... ma non sempre c'è il bisogno di dare il nome a delle cose; molte volte se ne può fare a meno (se hai la memoria di un pesce rosso come la mia, ne vorrai fare a meno). La cosa più importante è la comprensione di ciò che accade, che rapporti instaurano le cose tra loro e i loro ruoli. Ma se assecondi la concezione secondo cui tutto è linguaggio, nomi? La questione comunque è complessa, non c'è una risposta univoca: uno ha le proprie ragioni e il proprio stile, conoscendo e praticando il proprio lavoro. In tal senso ti cito un pezzo di prefazione da uno degli autori più interessanti.
"Marco Manetti in Topologia":

[...] Vi renderete conto voi stessi, studiando questo libro, che la topologia generale somiglia più ad un linguaggio che ad una teoria. Ci sono molti nomi nuovi da imparare [...]

marco2132k
Un consiglio pratico: quando vorresti dire “teorema di *” (dove * := “Ruffini” | “Gauss” | “Cauchy” | “Weierstrass” | ...), conta fino a dieci, e poi dì piuttosto il suo enunciato completo. Questo ti evita fastidiosi problemi con l’environment.

solaàl
corrispondenza di Curry-Howard
more like corrispondenza di Curry-Howard-Lambek
more like corrispondenza di Curry-Howard-Lambek-de Brujin
...

più che come fare a ricordare i nomi delle cose, è meglio concentrarsi su "come fare a ricordarsi qual è il contenuto concettuale delle cose" in modo tale che la struttura degli asserti matematici ti si palesi per quel che è: una rete organica di interdipendenze in mutuo rapporto dialettico/creativo.

La ricetta è la solita: studiare molto, fare molte domande a sé stessi e agli altri, e aspettare (l'ingrediente principale della competenza è il tempo ben speso).

12provaCiao
"mattiuzzobis":
E' importante sapere il nome delle cose?

Sì e no, a mio parere.
Nel senso che sicuramente aiuta nella comunicazione tra esperti.
Ad esempio, io a fisica ho studiato il "teorema di Nyquist", quando poi sono andato a seguire un corso di elettronica mi sono trovato davanti il "teorema di Shannon": PANICO! Shannon, chi è costui?
Dopo che l'insegnante ha enunciato il teorema, mi sono reso conto di trovarmi davanti al "teorema di Nyquist-Shannon", che porta entrambi i nomi, ma i miei insegnanti ne usavano uno solo.

mattiuzzobis
Ho aspettato un po' a rispondere per leggere quante più risposte possibile, vi ringrazio e in alcune ho anche rispo.
Quella di gabriella è molto profonda e mi ha fatto riflettere.

Nel frattempo ho scpoerto che nel forum (usando cerca) qualcuno ci era già passato " anto_zoolander ": https://www.matematicamente.it/forum/vi ... 1&t=164338 con una riflessione simile. L'eterno ritorno del forum :-D .

Ovviamente altri commenti saranno ben accetti e li leggerò con grande interesse :).

Brancaleone1
"Faussone":
[...]
Non so se sei mai salito in barca:

"dovresti per favore tirare un poco quel laccetto che è dietro e che esce da quel rimando, non quello, un poco più dietro, non quello.... , ecco sì quello, grazie"

contro

"cazza un poco il paterazzo" (è una delle frasi che a me fa più ridere per questo l'ho scelta).

Si fa prima e si rischia anche meno di capirsi male, no?

D'altra parte non c'è nessuna ragione per chiamare "bugliolo", un secchio :-D.

Come non ricollegarsi a questo pezzo - o a qualunque altro della stessa risma! :lol:


Faussone
Intervento inutile il mio, però ci tenevo a sottolineare che concordo con la risposta abbastanza equilibrata e pragmatica di fab-30: un minimo di linguaggio tecnico è necessario, ma non è necessario sempre per forza....

Non so se sei mai salito in barca:

"dovresti per favore tirare un poco quel laccetto che è dietro e che esce da quel rimando, non quello, un poco più dietro, non quello.... , ecco sì quello, grazie"

contro

"cazza un poco il paterazzo" (è una delle frasi che a me fa più ridere per questo l'ho scelta).

Si fa prima e si rischia anche meno di capirsi male, no?

D'altra parte non c'è nessuna ragione per chiamare "bugliolo", un secchio :-D.

axpgn
Tutto vero, tutto giusto.
Però il linguaggio della Matematica è il più sintetico (e criptico) che ci sia e se non ne conosci le regole e i simboli bene bene, è dura :lol:

Cordialmente, Alex

gabriella127
p.s. Chi usa troppi termini tecnici senza avere una competenza vera della materia, fa la figura di quello che Fantozzi chiamava 'portatore sano di congiuntivi' :) .

gabriella127
Bella domanda e bella risposta.

@mattiuzzobis
Ti dico la mia opinione.
Dal punto di vista pratico: scordati 'puro' e 'spurio', non serve a niente, e in genere non pensare alla matematica del liceo, concentrati sulla matematica dell'università e su quello che ti può servire per quella.

Da un punto di vista più generale, ti riporto le parole di uno dei più famosi matematici del '900, Laurent Schwartz, tratte dalla sua autobiografia:
"In quali casi un matematico deve introdurre nel suo lavoro una nuova definizione e un nuovo termine matematico? Io cerco generalmente di non farlo. Quando sviluppo una teoria, enuncio esplicitamente le proprietà degli oggeti anche se risultano un po' lunghe. Se mi accorgo che quella proprietà compare più volte e che è fastidioso continuare a ripeterne la definizione, solo allora mi decido a dare un nome corrispondente a quella proprietà. Per esempio, ho introdotto il concetto di ipocontinuità per una mappa bilineare su un prodotto di spazi vettoriali topologici. All'inizio mi rifiutai di coniare la definizione di ipocontinuità e continuai a ripetere la lunga perifrasi corrispondente, ma a un certo punto mi sembrò inevitabile introdurne la nozione. Naturalmente, ogni buon matematico deve prepararsi a maneggiare un gran numero di nuove definizioni. Una parte del suo lavoro consiste proprio nel concepire nuove nozioni e le corrispondenti notazioni simboliche, là dove si rendessero necessarie."

Sk_Anonymous
Questione complessa.
Ci sono un sacco di persone che utilizzano termini tecnici completamente in modo improprio dando l'impressione agli altri, a torto, di essere esperti in un campo di cui non sanno nulla.
A volte utilzzare termini tecnici a sproposito ha risvolti comici: mi fa male qui, sul coccige (indicando il ginocchio) cit.
D'altro canto non puoi dire una frase intera ogni volta per indicare un concetto sintetizzabile in una singola parola tecnica.

Però bisogna pure considerare che all'interno di qualsiasi campo ci sono termini tecnici necessari ed altri meno.
Es: in matematica non sapere cosa significa la parola "dominio" riferita ad una funzione è molto grave
d'altro canto non sapere a cosa si riferisce il termine "spuria" associato ad un equazione pur sapendo come risolverla non ha importanza

Nelle sue lezioni online Leonard Susskind (non l'ultimo arrivato) NON usa le parole vettore covariante e controvariante ed ammette di non saperlo.
Si limita ad usare "upstairs" e "downstairs" index, e ovviamente sa usare tale strumento matematico.

Riassunto: a volte è necessario conoscere il termine tecnico, altre no.
Sperando che il neurochirurgo non dica mai "la dobbiamo operare a quella cosa molliccia e grigina che sta dentro quella cosa che sta sopra il gargarozzo, l'intervento è semplice!" :D

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.